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Toulouse en érasmienne

venerdì 9 marzo 2012

Convegni comparati

Ricevo stamattina l'annuncio di un convegno dall'Italia. Si sollecita persino la mia presenza tra il pubblico, ohibò. Un bel convegno, relatori da diversi paesi, persone che han qualcosa da dire, interessante il tema.
Poi scorro il programma e sbatto le ciglia.
Nessun relatore è sotto i cinquanta e la media li batte largamente.
Qui in Francia, è del tutto normale, diciamo pure routine, che i convegni presentino i lavori di diversi dottorandi e ricercatori alle prime armi: perché sono una palestra per loro, non un teatrino per mostri sacri, perché le loro ricerche che in genere muovono una gran quantità di dati rispetto a una relazione concepita per l'occasione e quindi possono portare più novità che è interessante conoscere, perché il lavoro di ricerca si fa insieme senza questo tipo di paratie (ce ne sono, ovvio, ma queste no) e soprattutto perché uno studente o un dottorato che vuol fare ricerca non è più un bambino in un perpetuo stato di minorità come in Italia.
E mi dico una volta di più: ma che senso ha vivere come si fa in quel paese feudale e represso. Perché reprime la libertà di sperimentare, di osare, di crescere, di essere autonomi.