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per gli scribi

Toulouse en érasmienne

domenica 29 giugno 2014

Post vagamente autoreferenziale

FIFA. FIFA. FIFA! FIFA!! FIFA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Blu, sia chiaro, non rotonda.
Fifa. Fifa. Fifa. Fifa.Fifa. Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.
Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.Fifa.
Ho la fifa da abstract.
Pigliatevelo cossì com'è e per cortesia non fatevi più vivi fino al giorno cruciale.
Non posso fare una relazione 4 mesi prima dopo averne fatta un'altra due settimane fa, consegnato una scheda domani, e lavorando a tempo pieno.
Fifa. Lasciatemi del tempo.

lunedì 23 giugno 2014

Visita medica: "Quante volte figliola?"

Nulla di paragonabile, ovvio a quel che descrive Squat (avercene, di servizi così). Però in Italia, per legge, vivaddio, una visita medica bisogna farla. C'è persino in un film una Stefania Sandrelli operaia visitata da un ambiguo medico giallo che ovviamente non vede la malattia che si porta dentro, ma vuole mettere alla prova la sua compenetrazione aziendale, diciamo.
Nulla a che fare con personaggio, situazione (per fortuna) e nemmeno fisico... La mia visita ricorda piuttosto la confessione.
"Allora... quanti caffè?"
"Non bevo caffè. Non mi è mai piaciuto". Non val la pena raccontare che l'unico caffè apprezzato dal mio palato è stato quello portatomi dal mio primo amore, crudo, in un cesto di paglia intrecciata, dallo Yemen del Nord, tantissimi anni fa. Dolce, aromatico, lieve, ricco. Un ricordo come un sogno.
"Beve?" "..."
"Un bicchiere ai pasti?" "Hmm... no." "La sera?" "Saltuariamente..." "Il week-end?" "No." "Insomma, quando?" "Mah, forse due o tre volte al mese. Un bicchiere di vino. Se la cena lo merita." "Vino???" "Sì, i superalcoolici non mi piacciono, la birra ben poco..." Sul momento dimentico totalmente il sidro inglese, ma ho l'impressione  che non sia quel che vuole sapere. L'ultima volta che ho assaggiato un superalcolico dev'essere stato per una grappa trentina un anno fa. Non che non mi piacciano in assoluto, ma devono essere davvero ottimi, e in quanto tali, sono fuori dalla mia portata. E in ogni caso, sempre in dosi omeopatiche.
Il dottore non demorde.
"Fuma?"
Mi faccio una risata: "No. Mai fumato in vita mia. Però ogni tanto bevo un the, ora che ci penso."
Ride anche lui. "Insomma, lei non fuma, non beve. I suoi anni se li porta benissimo. Ma faccia ginnastica!".

Postilla.
Essì che mi piacerebbe fare ginnastica. Se solo: 
1) non dovessi fare due lavori nel corso di 24 ore: guadagnarmi il pane prima, studiare poi, dormire quando la tensione lo permette e magari disfare le valigie ancora sotto il letto, il cambio di stagione, lavar per terra...
2) avessi un magnifico giardino a cinque minuti da casa dove praticarla, perché le palestre, con la luce al neon, la musica che non mi appartiene, scavate sottoterra, con spazi risicati, mi danno angoscia e tristezza. L'attività fisica per me è la montagna con i suoi sentieri, il mare con le sue acque, il mio corpo che entra nella natura, nella luce, nell'aria...
3) nel suddetto giardino, o ove che sia, ci fosse un armadietto noleggiabile per non dover fare ogni volta avanti e indietro con le mie cose
4) le tariffe fossero possibili per un salario che basta a pagare le bollette, l'automobile (che uso solo per i lunghi tragitti in estate e in transumanza verso il pays de coeur), i ticket e del cibo un po' più sano e fresco di quello del supermarket.

Insomma: le città dovrebbero essere progettate in modo tale che in ogni quartiere, raggiungibili in non più di 10' a piedi, ci fossero - e fossero pubblici:
1) una piscina coperta e scoperta
2 ) un parco con sezioni separate per cani e umani, abbastanza ampio da poter essere utilizzato come palestra e pista da corsa senza smog
3) una biblioteca
4) un cinema, un teatro, una sala per musica e iniziative varie (in Francia nei piccoli comuni isolati c'è sempre).
5) piazze pedonali con panchine e verde, spazi coperti anche autogestiti dove poter stare insieme in un ambiente confortevole senza dover per forza andare al bar
6) un servizio efficiente di nettezza urbana (il mio quartiere è ormai una vera fogna, grazie alla maleducazione dei padroni dei cani che lasciano l'inimmaginabile. In compenso una gigantesca gru, visibile da mezza città, sta portando avanti una gigantesca speculazione edilizia in un quartiere ormai divenuto storico e piuttosto particolare.)
7) un giardino-orto per i coltivatori hobbysti
E se non ci sono queste cose, non ci sono i permessi per costruire. Point. Barre.
Pare proprio di essere a Roma, nell'Italia del 2014.
Ah, ma tanto, ci sono i mondiali. Così pare.
 

domenica 22 giugno 2014

Al di là dei monti, tra i fiumi, per una settimana soltanto

Per una settimana soltanto, e sono già tornata.
Ci saranno 50° all'ombra, l'aria è pesante. Il 5 piano di vetro cemento è in pieno sole, male isolato: cuociamo a bagno maria. Siamo avviticchiati a libri carichi d'anni mentre un sorridente funzionario appaga tutte le nostre curiosità. Nessuno demorde, nessuno scappa: tutti restiamo fino alla chiusura. E tutto sommato, oserei dire, siamo felici. Troppo assorti nelle nostre passioni, nel nostro lavoro, per essere infelici per un po' di caldo. Io almeno lo sono.
 La sera uno scroscio m'infradicia e mi ridona il respiro. All'ingresso di un'antichissima abbazia, una locanda dagli anni immemorabili offre verdure rinvigorenti e piatti robusti. Scrivo al tavolo fino a tardi.
Giorni di fatica e di studio profondo, di sintesi, di parole ben dette, di soddisfazione, di felicità. Di sonni brevi e intensi. Di indimenticabili passeggiate notturne sull'argine del fiume, sotto la luna piena in cerca di una catena, nel vento della sera. Purtroppo anche di ritardi, di rabbia e paura che escono dal petto in modo sbagliato. La frustrazione di questi anni d'incertezza prende la mano, si manifesta a sproposito, in un discorso confuso, speriamo di poter rimediare, scriviamo una lettera più ragionata. No, non ho insultato nessuno, ho solo fatto un discorso sconclusionato e persino sgarbato quando hanno sollecitato il mio parere nel secondo appuntamento della settimana. Sono più forte scientificamente ma più debole personalmente: le due cose cozzano e non combinano la migliore delle impressioni. L'incertezza, la mancanza di status, di mezzi, di riposo, di sostegno, l'accumulazione di mille urgenze e necessità di creare, ma senza sbocchi sicuri, hanno il loro effetto, devastante agli occhi miei che mi sento traballare per la tensione senza soste senza soste mai.
Ma ricevo anche complimenti, apprezzamenti, ammirazione, regali, consigli, incoraggiamenti. Ed è importante.
Il giorno della partenza, da sola, faccio una passeggiata tornando all'antica abbazia. Un frugoletto nerissimo, tutto treccine crespe, vestito della festa bianco e blu, mi guarda correndo sul marciapiede, incerto sulle gambotte. Ride come solo i bambini che scoprono il mondo sanno fare. Si ferma esitante. Gli apro le braccia e lui corre, corre per trenta metri buoni ridendo di felicità per gettarvisi dentro. Lo stringo, lo alzo, gli faccio fare un giro volando. Mi resta in braccio contento, rilassato, a prendersi calore e carezze. Poi si divincola e chiede di essere posato a terra, com'è naturale, per correre verso nuove avventure. Lo prendo come augurio e benvenuto, per tutti e due.
Così dovrebbero essere gli umani, se non li guastassimo con le nostre ossessioni e paure.