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per gli scribi

Toulouse en érasmienne

venerdì 24 giugno 2016

Greatexit!!!



Bravo! Bravo les Britons.
La scritta recita "Tout le monde deteste tourner en rond." Place de la Bastille, 23 juin 2016, dopo una manifestazione contro la loi travail prima proibita e poi autorizzata su un anello di un chilometro sbarrato da griglie antisommossa.

Il mandante di tutte le loi anti-travail del continente, Grecia, Spagna, Portogallo, Italia, Francia è uno solo: la UE.
Il responsabile di anni di distruzione del tessuto economico del continente, grazie a politiche che sostengono unicamente la rendita e l'abbassamento del costo del lavoro, è la UE.

Ah, ma ci ha dato la pace. La pace? La pace dei sepolcri!
Altro che pace: la UE è la guerra continua e inesausta del forte contro il debole, del ricco contro il povero. La UE nasce istituzionalmente per distruggere il welfare e lo dichiara senza infingimenti nel Libro bianco a firma di Jacques Delors, ex presidente della Commissione UE, nel 1991. Subito dopo la caduta del muro, il welfare in questa parte del mondo non serviva più.

Potevamo tornare a morire di miseria, vedi l'abbassamento della speranza di vita alla nascita constatato dall'ISTAT l'ultimo anno dopo tante belle riforme che dovevano salvarci, e di ignoranza come prima. Non so se avete fatto caso al crollo di immatricolazioni nell'università, in un paese che già non aveva un'alta percentuale di laureati, negli ultimi anni.

Qualunque, qualunque cosa spazzi via questa macchina da guerra di odio sociale, questo consapevole e disumano carnefice dei popoli, ben venga.

Il problema è che ha già distrutto troppo. Le Costituzioni reggono ancora,  ma i codici del lavoro no. In Francia il 28 passerà la loi travail. Da noi c'è il mortifero Jobs Act, pacchiano fino nel nome. Tuttavia è dalla resistenza delle Costituzioni, che da noi potrebbe essere garantita da una vittoria al referendum in ottobre, che si potrebbe ripartire per ricostruire un sistema di protezione del lavoro. Come ben sapeva il vicepresidente del MEDEF, la Confindustria francese, il quale dichiarava "Il faut sortir de 1945", le Costituzioni del dopoguerra proteggono il lavoro salariato. Da quel fondamento si potrebbe ripartire per ricostruire sulle macerie. Ma occorre liberarsi dalla sottomissione giuridica e psicologica soprattutto, alla UE, prima che faccia altri danni, completando la sua opera di morte, il suo principale scopo: la distruzione dei diritti del lavoro (e la libera circolazione dei capitali con le speculazioni che si porta dietro, ma questa è altra storia).

P.S.: la questione UE ha messo fine al potere tatcheriano. Di nuovo la questione UE ha causato le dimissioni di Cameron. Non deve portare benissimo ai conservatori. Pare che la regina invece abbia sempre poco apprezzato la UE.

mercoledì 22 giugno 2016

Ritratti

Se dovessi descrivermi.














sabato 11 giugno 2016

Come non erano

Un film strappacore degli anni Settanta, pardon, una commedia romantica USA, sarebbe stato trasmesso alla televisione italiana nei giorni scorsi. Trama: l'incompatibilità di carattere in una coppia dagli stili di vita e dalle idee politiche diverse che si incontra negli anni Trenta e si separa negli anni Cinquanta, attraversando il periodo del maccartismo. Attori protagonisti e regista tre ottimi professionisti, simboli del cinema appena increspato di critica ma che voleva passare per rivoluzionario del periodo. Prodotto adattissimo a sollevare gemiti e rimpianti in chiunque abbia trovato sulla sua strada un irresistibile individuo che comportasse le medesime diversità di quelli del film, rivelatesi impossibili da superare. Naturalmente con un finale consolatorio quanto basta: lei si risposa, vivendo non si sa di cosa perché simili dettagli sono evidentemente secondari al momento di rifarsi una vita da ragazza madre per di più di sinistra sotto il maccartismo, lui passeggia con ragazzotte cui il suo lavoro e la sua posizione sociale fanno più colpo che problemi. Si amano ancora verosimilmente, ma che vuoi farci la vita è così.
Forse questa storia alla fin fine intimista avrebbe dovuto avere tutt'altro significato. Sarebbero state girate diverse scene tagliate alla prima proiezione, cosa abituale nel cinema Usa. Stavolta però sotto i tagli rimane proprio quella che spiega la reale e brutale situazione dell'impossibile convivenza tra i due: data l'attività politica di lei, al marito era stato posto l'aut aut tra lasciarla o perdere il lavoro come sceneggiatore in California. Oppure ovviamente, cambiare lavoro o cambiare paese. Lui aveva scelto, come dire, la carriera?
Personaggio e storia ne escono molto diversi. Conservandone unicamente il sostrato di origine, consapevole fino a un certo punto della differenza sociale e culturale, ma privo della ragione che metteva il protagonista maschile davanti alla scelta definitiva, si crea una romantica commedia sulle "belle cose che finiscono" che possono causare pianti ma non eccessivi, eh, ché domani mattina si lavora, là dove si tentava di parlare di uno dei momenti più oppressivi e bui della recente storia statunitense.
Non male come stratagemma per deviare la tensione e l'attenzione da quanto è determinato da una causa sociale verso la sempiterna tentazione anglosassone delle responsabilità individuali. Certo il protagonista maschile ha la responsabilità di una scelta in entrambi i casi, ma il contesto sociale e politico nella versione originale, rimane presente nella forma più oppressiva e invasiva, e l'individuo del ceto medio alto, che non si ritroverebbe in miseria perché benestante d'origine, palesa un conformismo che grazie ai tagli gli viene risparmiato.
Il film diventa in questo modo una sorta di antenato di un'altra storia che ha fatto versare lacrime e balbettamenti davanti al candore del protagonista, distratto da piume che volteggiano. Anche lì viene rappresentata una sorta di coppia che attraversa i decenni simbolizzando due mentalità che si dividono gli USA. I protagonisti però stavolta vengono dalla piccola borghesia, quindi sono di ceto inferiore rispetto a quelli del primo film. La loro consapevolezza del periodo che attraversano è molto minore; lei anziché un'attivista è piuttosto una sbandata tossicomane. Negli anni Novanta le motivazioni sociali che potevano essere allettanti al botteghino degli anni Settanta sono del tutto scomparse Trionfa la storia dei traumi prettamente individuali, nello stile del pastone visivo e di sceneggiatura del cinema locale, lo stesso che sterminerà anni dopo uno dei più bei testi letterari, ricchissimo di sfumature e dettagli, quello tolkeniano, in una brutta macchina da videoclip.
Ma il taglio ricorda anche una serie di lacrimosissimi e angosciantissimi libri e film in cui il non detto rendeva incomprensibile lo svolgimento del tema dell'incompatibilità di coppia, trattandosi spesso dell'omosessualità del protagonista, nota alla sua cerchia ma non ai lettori o agli spettatori (vedi Il tè nel deserto), la cui repressione avrebbe dato materia di comprensione e di analisi di ben altro peso a tanto deprimente dolore grondante da ogni sillaba.
L'incompatibilità di coppia diventa la più affascinante delle scappatoie davanti alla censura o all'autocensura, alimentando il mito probabilmente inesistente del "non c'è un perché". C'è sempre un perché, più spesso manca il coraggio di assumerlo.
I primi due film sono dei begli spettacoloni, intendiamoci, meglio recitato il primo che il secondo, sono macchine che funzionano nella loro raccolta indifferenziata di situazioni commoventi. Il terzo è una giustapposizione di scene che hanno il solo scopo di favorire lunghe panoramiche di scontri tra mostriciattoli cari al regista e si suppone ai produttori, praticamente assenti nel testo originale.
Ma quello che funziona egregiamente in tutti e tre è il meccanismo di condizionamento dell'immaginario: la scomparsa di ogni complessità dalle storie e dai contesti storici o dalle strutture letterarie e stilistiche alla base delle trame, per farne una rassicurante melassa da cui si esce impiastricciati ma salvi. Soprattutto senza domande: bastano i rimpianti ad occupare la mente,
In ciò adempiono perfettamente alla funzione del cinema hollywoodiano: da questo punto di vista li si può definire ideologicamente dei capolavori.


giovedì 9 giugno 2016

E

oggi c'è il sole! Dopo venti giorni di nubi piogge e nebbie. Si ritorna a respirare. Era apparso domenica pomeriggio, ma nella foschia, e per brevi attimi. Oggi si dichiara in un'aria fresca e netta. Tempo di cambiare abiti.

Con ogni probabilità il 2017/2018 sarà il mio ultimo anno di Francia.
Spero di riuscire a combinare qualcosa da qui ad allora, concludendo quanto intrapreso. Terminando altre cose da tempo trascurate e poi vedendo cosa succede. Sono stordita e non dalla gioia. L'Italia non mi rappresenta più, non ci sono mai stata bene, non l'ho mai amata, non mi piace il modo di vivere, il bercio superbioso e ignorante onnipresente a Roma, la scarsità di servizi pubblici rispetto a quanto ho vissuto qui, la politica culturale dell'ignoranza. Molto dipende da quanto si usano i servizi pubblici nell'opinione che si ha di un paese. La media borghesia che ne profitta poco, magari per vezzo, magari perché nell'evitarli con cura ci vede un mezzo di distinzione sociale (il che la dice lunga su quanto si senta sempre parvenu), ne risente molto meno. Per me scoprire come possono e dovrebbero essere è stato passare da una situazione di perenne irritazione a una di normale vita quotidiana, scoprendo quanto sia faticoso e degradante vivere in condizioni che in Italia si considerano normali o persino fortunate. Cantino gli altri le lodi del nostro sistema, a me stare qui ha ridato la vita. Tranne nel mio paesino trentino d'adozione nella penisola mi trovo sempre a disagio. Ma quello è un altro mondo. Se però come probabile non potrò restare qui, troppe le circostanze avverse in un momento storico senza senso (grazie UE ancora una volta delenda nunc et semper), cercherò di raggiungerlo. Le montagne sono più pulite. Sono più oneste. Non giocano sporco: conosci i rischi, quelli sono, sono concreti e quelli puoi assumere.
Sperando che la UE mi conceda abbastanza per reddito per scaldarmi l'inverno. Quello sì per una freddolosa è un bel problema.

Ma riprendiamo da quel venerdì scorso...

domenica 5 giugno 2016

Sera di festa rigorosamente in lana

Asciutta dall'alto della sua butte, la zona dove abito si festeggia. Così stasera, tirata da un'amica: "C'è un gruppo sudamericano, bossa nova, si va allo stadio" esco senza entusiasmo, pensando che uffa, avrei potuto finire quel libro ché sono in ritardo, tanto i gruppi latini che ho sentito finora in queste situazioni non brillavano per eccellenza. Invece, come nel più classico dei casi, ci ritroviamo, lei che con un filo di cortese impazienza mi rimane accanto in piedi per tutto il concerto, mentre io ballo fino a grondare come mio solito per un paio d'ore, con tanto di fuochi d'artificio alla fine. Finalmente una salsa decente. Tradizionale, un po' jazz, non rap, non disco, non toonz, no, una bella roba seria da bei tempi andati di una volta.  Evviva!
Solo che io sono vestita come in questi giorni è d'obbligo, date le intemperie e la mia freddolosità estrema. Maglione blu in pelo di yak, comprato al Salon de l'agriculture, di Missègle, favolosa

marca di fibre naturali, che cito volentieri perché dovrebbe essere cara a qualsiasi freddolosa e perché me l'hanno praticamente rifatto su misura senza sovrapprezzo, morbidissime calze di cachemire e mohair (idem), gonna di pura lana, stivali imbottiti e cappotto, per fortuna abbandonato sulla staccionata provvidenziale dello stadio. Però tanto sono freddolosissima quando sto ferma, tanto vado immediatamente in ebollizione appena mi muovo. Così, dopo le prime due canzoni, agguanto la mia amica perché mi faccia da paravento e mi spoglio della maglia che porto sotto al maglione. Ballare con gli stivali imbottiti su un prato inzuppato da dieci giorni di pioggia richiede una certa originalità comunque.
Seul bémol come al solito: les hommes. Ma possibilemaichecaspitachequestivadanotuttiaunconcertodimusicadaballoperrestarerigorosamenteimmobili???????
Ecco, quando si dice esseri inutili.  Ecco, a costoro andrebbe fatto un rigoroso corso prematrimoniale: fisiologia femminile, contraccezione e ballo. L'essenziale, insomma. Altrimenti niente nozze.
Ho potuto ahimé constatare che sotto questo aspetto i francesi non sono più entusiasmanti degli italiani. I quali sono un pianto. I Francesi però sono più gentili, come sempre, e più educatamente curiosi. Se non altro quando vedono che ti diverti un mondo a saltellare da sola, ti guardano con un po' di invidia e ammirazione e sorridono. Gli italiani normalmente ti guardano con diffidenza, trombonaggine e con la puzza sotto al naso: non è che questa ADESSO vorrà PURE qualcosa da ME che sono ME, abbiamo capito sì? ho detto addirittura ME!!! Oddioddioddiio....

Decisamente no!
Il cantante dedica l'ultima canzone alla fraternité e alla République...
Ora devo correre a infilarmi sotto una doccia calda, altrimenti rischio la polmonite.
E bonne nuit a tutti i danzatori.

giovedì 2 giugno 2016

Non in pentola

Le anatre della Senna non rischiano di finire in pentola, ma lui è sempre impegnato nella sua passeggiata verso quella città gelosa della propria autonomia, fanatizzata dai predicatori francesi e italiani che gli chiuse le porte lasciandosi assediare per anni, a costo di morire di fame e di stenti.
Dietro di lui una presenza incombente della Parigi dei nostri giorni: due gru così alte da, si dice, dover portare lucine di segnalazione notturne per gli aeroplani di passaggio. Una recente legge ha tolto ai sindaci il potere di decidere autonomamente in campo urbanistico: le scelte verranno compiute dal governo. Dove e come costruire sarà deciso altrove. Così può accadere che persino in pieno centro, un luogo che sarebbe stato un tempo implacabilmente tutelato, si vedano speculazioni di alveari in vetrocemento di questo tipo.
A cavallo volta le spalle al Louvre, dove una notte fu chiamato a fianco del re suo cognato, unico scudo all'assassinio patito dai suoi compagni perpetrato all'interno del palazzo reale, in violazione alle leggi dell'ospitalità, su ordine del re e del suo consiglio. Solo l'arcaico legame di sangue lo protesse, lo stesso legame che un giorno lo avrebbe riportato al primo posto in quel palazzo. Certo, salvò la vita, allora, eppure mi chiedo con un po' di melodramma cosa possano essere state  per lui quelle ore che nessuna cronaca o lettera ci ha raccontato. Vedere o sentire cadere scannati gli amici, i compagni, la sua gente, senza potersi muovere né intervenire per mutarne la sorte, come se li avesse traditi. Tentare di capire attimo per attimo come restare vivo, come sopravvivere, come resistere. Convivere con il pensiero di avere involontariamente contribuito a portarli tutti al macello, disarmando le loro diffidenze. Costringersi a coabitare per due anni accanto a coloro che avevano dato l'ordine dell'uccisione. Dicono che la prima cosa che fece fu di gettarsi in una relazione improbabile con una delle tante ragazze di corte, molto graziosa, trascurando la moglie che gli avevano appena dato, troppo diversa, troppo vicina a chi massacrò la sua gente. Finzione di frivolezza, disperazione, impotenza, rimozione non si sa.
Oggi nella piazza antistante al palazzo il carillon della mairie del 1 arrondissement rintocca tutti i giorni (qui il programma) per ricordare alla sua vicina, la chiesa di Saint-Germain l'Auxerrois, quando furono le sue campane a rintoccare scatenando la terza infinita parte di quella notte di sangue.






Intorno tutto è sott'acqua. Su quella che era la punta di un'isola dove far penzolare le gambe sul fiume la chioma degli alberi più bassi del giardinetto emerge appena.

La corrente scorre rapida. Passano lunghi tronchi semisommersi per il loro stesso peso.
























L'acqua la sfiora la bella tra le belle. Il giardino è chiuso.


Si erano sposati sul sagrato. Poi lei, vestita di velluto, era entrata in chiesa per ascoltare la messa.
Lui in chiesa non era entrato. Con il suo seguito, era andato al vescovado ad aspettarla. Prove di convivenza civile subito interrotte. Feste, giostre, teatro, danze: la ricerca di un'armonia spezzata. Com'era quella vignetta di Vauro? "Cosa mi è saltato in mente di inventare la religione?" Anni dopo ci entrerà, da vincitore, ma ai suoi amici consiglierà tutto sommato di non farlo. E si metteranno a lavorare sulle macerie di un paese distrutto, affamato. Senza dimenticare la potenza, le donne e la guerra...
Su un'altra isola, si trovano per me le più belle case di Parigi: quai de Béthune, in fondo, verso destra.
 Davanti tutto il lungo Senna è sott'acqua.












A sinistra invece si trovano la scala e il lampione più famosi di Parigi. L'accesso è sbarrato.
Non c'è più traccia degli argini che tanti anni fa mi videro in eccitante compagnia. Oggi ci corteggeremmo nuotando fra la corrente, i capelli tuffati nell'acqua.

 Ma non è finita qui. Cielo e terra, ovunque li si guardi, non promettono niente di buono.


L'aria quasi pregna di umidità tutta nordica, stranamente calda, prepara nuove gocce.
E fa le prove.

Neppure le rose dapprima liete e brillanti nella pioggia reggono più. A casa le ritrovo ancora belle solo come effimero tappeto nel minuscolo giardino.

Continua...



mercoledì 1 giugno 2016

Felici le anatre

Silenziosi e discreti, ma armati di macchine fotografiche, telefoni e tablettes, i parigini all'uscita dal lavoro oggi sono andati a dare un'occhiata alla grande piena della Senna. In molti altri luoghi la piena è diventata un'inondazione, le difficoltà sono grandi. Qui però l'innalzamento del livello di quattro metri rimane ancora altrettanti metri al disotto della grande piena del 1910, che qualche epigrafe commemora qua e là. Niente a che vedere con le piene del biondo, beninteso, al loro posto fa quasi sorridere. Ma la Senna è un tantino più larga e vederla sfiorare gli archi dei ponti, dopo averne sommerso i pilastri, fa un certo effetto.

Tutto ciò che nuota o galleggia ha l'aria soddisfatta:

Chi ha meno disinvoltura bada a non farsi chiudere fuori casa: gli elementi metallici appoggiati alla spalletta a destra sono l'estremità di una scala che si arrampica verticalmente alla fine della passerella, appoggiata al muro dell'argine.

compresi i pompieri, decisamente meglio attrezzati:

Dalla settimana scorsa ad oggi ha piovuto talmente tanto, che ci si crederebbe in una primavera italiana anziché in un'estate nordica. Pioggia fitta, continua battente, du jamais vu per Parigi, dove la pioggia o dura pochi attimi e bagna fino al midollo oppure è fine, lenta, costante. Stavolta no, stavolta è stata battente e implacabile per giornate intere. Le notti ci si addormenta sotto il suo fruscio che prosegue nel silenzio.
Penso a un amico che per hobby va in canoa: chissà se gli piacerebbe passare di qui, piroettando sotto al Louvre. In realtà la navigazione sulla Senna è stata bloccata. Persino i battelloni turistici non partono più, e stan lì. ormeggiati accanto al parco dell'Ile de la Cité.


Dopotutto chi sta messo peggio è lui, il povero Condorcet, sovrastato da prefabbricati, transenne e traffico. Lui che è diventato uno slogan per le manifestazioni di questi giorni: un popolo che ha la libertà ma è ignorante è un popolo schiavo, porta scritto sulle spalle qualcuno.

Le passeggiate lungo Senna sono interrotte perché le berges sono completamente sommerse, ma c'è sempre chi gioca a spingersi il più vicino possibile all'acqua, su pochi metri di acciottolato asciutto:



 Anche senza scendere dagli argini si può cominciare una dolcissima passeggiata in un'aria piena di foschia, eppure dolce, in una giornata di tregua come oggi. La luce è insolita, morbida, attutita. Il fiume attira la curiosità di uomini, signore, ragazzi abbracciati, amiche con la macchina fotografica in mano, lettori solitari.
Intanto corre verso la Normandia...
Continua...