Ma ma ma: possibile che un'oltremontana debba spiegare agli autoctoni che non saranno belgi come quelli delle patatine di Asterix ma insomma celti sì cosa sia il saindoux?
Quando si è grafomani logorroici come chi scrive scopiazzare la ricetta di un blog indiano risulta molto comodo, perché grazie ai fusi diversi lui ti risponde mentre dormi e viceversa. In realtà apprezzo le chiacchiere appassionate e senza barriere su qualsiasi argomento coinvolga realmente gli interlocutori e da questo punto di vista lui è ideale, perché ha tempo, curiosità, competenza, disponibilità e interesse per intavolare una vera conversazione.
Caduto l'occhio su questo monumentale sformato con altrettanto monumentale carica emotiva ho capito che contrariamente al solito ci avrei perso un po' di tempo volentieri.
M'incuriosiva l'aspetto di preparazione storica e tradizionale da un lato e dall'altro una serie di dettagli (eretici) cui non avevo mai riflettuto e che ora mi balzavano agli occhi.
Abbiamo sempre realizzato dei piatti del sud con un ingrediente che è prettamente del nord: il burro e un altro del centro nord: il parmigiano.
A lume di naso questi prodotti potrebbero essere stati usati largamente al sud a partire dagli anni '60 del '900, quando le tradizioni si andavano stemperando, sparendo in una sorta di colonizzazione economica e culturale di tutta la penisola che faceva imporre prodotti dell'industria alimentare del nord impiantandoli nella tradizione alimentare del sud. Destinata a imbastardirsi e a scomparire quasi del tutto.
Così dopo un po' di botta e risposta con l'autore mi è venuta voglia di provare a decostruire la vulgata odierna e ricostruire da inesperta e a tentoni come potesse essere realizzata la preparazione prima dell'innesto di un riso lombardo su un piatto franco-napoletano.
Io mi limito a precisare le mie varianti.
Il piatto è ricchissimo e deve esserlo, sia che lo si voglia interpretare come robusto cibo su tavole padronali che come celebrazione dell'abbondanza del giorno di festa su quelle più modeste.
Io però non ce l'ho fatta a farlo altrettanto ricco. Filologico magari sì, ma un po meno clinquant, absit iniuria verbis ché già la salsa francese ci aggiunge del suo.
Roba da poco, sia chiaro: ho solo eliminato la pancetta sia dal ripieno che dal sugo.
Ho ridotto di un terzo la dose di burro che va nel riso, anche perché non di burro si trattava ma di saindoux che diventa facilmente stucchevole.
Ho ridotto di un terzo la dose di burro della salsa, e ho eliminato il pezzetto di burro aggiunto alla fine ché a me la pellicina in un piatto così non dà problemi.
Nello stesso spirito ho utilizzato del caciocavallo al posto del parmigiano. Purtroppo non l'ho trovato stagionato quanto avrei voluto, ma quando ti intestardisci a fare un piatto con prodotti di un altro paese va messo nel conto.
Nel riso ho messo tre uova più il mezzo avanzato dalle polpette anziché quattro e con mia grande gioia si è incollato allo stampo nel modo giusto ugualmente.
Nel brodo ho aggiunto chiodi di garofano e cannella che hanno profumato meravigliosamente anche la casa.
Nelle polpette cannella e piment de la Jamaique. Nel risultato finale si sentono nettamente e si amalgamano bene.
Ho persino trovato delle melanzane sottili e lunghe come serpenti della taranta che vanno sotto il nome di "napoletane" e sotto il prezzo di collier di Chaumet. Ora, solo l'India poteva convincermi ad acquistare una cosa così platealmente fuori stagione, ma in Italia ci sono state due settimane di caldo estivo e magari qualche cosa è spuntato anzitempo... raccontiamocela così, ma che non si ripeta!
Dopodiché ho iniziato a disobbedire, anzi a contestare, no a ribellarmi sul serio. Niente e nessuno mi farà acquistare dei pomodori [sic!] tra novembre e luglio, tanto più se bretoni o nordafricani. Eh, poco da fare: la mia religione me lo proibisce. Si sappia che la mia salsa è fatta con dei nobilissimi pelati, oltre al concentrato, ma i pomodori freschi ad aprile in India forse ma qui proprio no.
Però restava un punctum dolens.
La frittura di polpette e melanzana, separatamente.
Ora, il saindoux è nato per quello.
Ma anche le eresie devono aver un limite. Perché sarà pure eretico e anarchico ma per l'olio d'oliva salirebbe sulle barricate, scatenerebbe i cieli e non so come la metterebbe con gli oceani.
E tutto sommato meglio così, perché effettivamente il saindoux con la melanzana sarebbe uno choc culturale quanto l'olio di oliva nel knaidelach!!!
Ultima tappa l'ansia da stampo. Non avendo quello filologico troncoconico anzi avendone uno solo, di vetro e cilindrico quello s'è usato. Salvo poi farsi venire i patemi: si sformerà? Rovinerà? L'ho fatto aspettare un bel po' prima di provarci, passando un coltello lungo il bordo esterno per liberarlo di qualche crosticina. La tecnica pangrattato burro (questa volta sì) l'ha avuta vinta e complice forse un po' di umidità formatasi tra vetro e riso, è uscito perfettamente.
Che dire: il padrone di casa si è precipitato a metterne due fette in un luogo sicuro, precisando che finalmente non è quella cucina sana tutta verdure che di solito gli passa sotto al naso (cosa ahimé falsa, ma lasciam andare). Io direi che finisce con il sembrare, non si sa come, equilibrato (!!!) e che la pancetta sarebbe stata di troppo, ma forse nemmeno così stucchevole come avrei temuto.
Una parola sulla salsa francese al pomodoro (con un po' di Germania...): data l'origine del piatto è meno eretica di quel che sembra. A me ha ricordato due salse lombarde, cioè imbastardite francesi, di questo libro che mischia la cucina francese tradizionale come utilizzata nelle case alto borghesi del '900 a quella tradizionale lombarda. In particolare il sugo fatto con l'estratto di carne e la salsa Gioconda cotta a lungo e lentamente ben chiusa con tante verdure poi passate. Probabilmente lo stemma riporta a questa famiglia di salse.
Va ricordata una cosa, preziosa: il bouquet garni doveva essere a dominante timo. E la salsa sa di timo!!! Davvero.