Oggi

"Data">Data Rivoluzionaria

pellegrinablog,chiocciolaquindi,gmail.com

per gli scribi

Toulouse en érasmienne

venerdì 30 ottobre 2020

Perché questa primavera ero contenta e ora a esser chiusa dentro schiumo di irritata esasperazione

 Dopo le corse di ieri, scattato il corpifuoco, mi chiudo dentro e mi sento così fuoriosa che mi accorgo solo in ritardo di avere divorato mezzo salamino e un quarto di barattolo di cioccolata.

Certo in primavera il confinamento mi ha sorpreso mentre ero malata, la malattia era ancora sconosciuta, la mia situazione al lavoro insopportabile. Oggi sono in Francia, i miei pochi mesi di studiosa libertà li ho pagati a caro prezzo, ne ho già perso uno a causa della macchina e di un’estate così pesante e afosa da lasciarmi senza fiato finché non sono sbarcata qui.

In poche peraltro faticose settimane, il lavoro intellettuale qui ha preso per minuscole mosse a rimettersi a girare, nella mia testa almeno, e i suoi elementi a raggiungere un ordine quasi apprezzabile e quasi sensato, malgrado qualche inquietudine logistica.

Ora il confinamento mi strappa tutto questo, che è qualcosa a cui tengo in modo attivo, mentre a primavera, sapendo che avrei comunque conservato l’impiego anche lavorando da casa (finché le belve alla Ichino o alla Giannino non l’avranno vinta, ovviamente), l’unica cosa di cui ero privata, non potendo comunque concedermi nessun consumo di nessun genere, erano le ripicche meschine della collega invidiosa di ciò che non la riguarda, perché si occupa di altro e non saprebbe né vorrebbe del resto fare il mio lavoro, e le angherie insensate di una gerarchia tanto incapace e disinteressata a sostenere e comprendere la funzione del mio lavoro quanto smaniosa di controllarlo attraverso una miriade di adempimenti inutili quanto sadici che sono i soli che per propria insipienza padroneggi. Per tacere delle umiliazioni della seconda gerarchia, fautrice in ultima analisi della mia impotenza. Insomma un ambiente malsano, mentre qui è del tutto diverso. 

Parigi e la Francia sono un luogo dove l’ampiezza del servizio pubblico e l’alto numero di dipendenti pubblici (uno dei più alti d’Europa per abitante, mentre quello italiano è, contrariamente alla propaganda interessata uno dei più BASSI, con buona pace di quel farabutto di Cottarelli) rendono ancora possibile vivere intellettualmente anche con un reddito che non permette lussi. L’offerta culturale anche gratuita o quasi è talmente straordinaria che ogni giorno ti struggi per aver perso qualcosa di essenziale. Biblioteche, archivi, conferenze, seminari, mostre sono accessibili in tale quantità e qualità di proposte, da tenerti fuori casa quattordici ore senza aver esaurito  un’infinitesima parte di quello che vorresti fare. Le persone sono generalmente di grande accoglienza e cortesia.

Di corteggio l’offerta di luoghi di ritrovo di ogni tipo è talmente ampia, per non parlare delle attività da fare a pagamento, che tutta la vita si svolge all’esterno, fuori casa.

Che è il vero punto dolente per il parigino, anche temporaneo. Alloggi sfitti ce ne sono troppi anche qui, ma quello che impedisce di avere un’ « home » decente è l’assoluta non corrispondenza tra entrate e affitti. Ormai tutti vivono in coabitazione, in case troppo piccole e inadatte, e le famiglie, non potendo reggere la concorrenza, lasciano la città per le zone périurbaine della campagna o quasi. 

Ma psicologicamente reggi questa scomodità - e questa ingiustizia - perché sei ricompensato da una vita ancora appagante sul piano intellettuale e dello svago; e puoi permetterti di non starne troppo lontano e di uscire tutti i giorni dalla porta di casa trovandoti proiettata in un luogo pieno di animazione, bellezza e di stimoli. Quello che hai sempre sognato, quello di cui non puoi fare a meno.

Quando ti chiudono dentro, però, tutto questo crolla e svanisce. E siccome il dentro è deprivato e a volte orribile e freddo, la tua capacità di trovare comunque una soluzione per lavorare, senza luce, senza tavolo, in mezzo agli oggetti altrui, accartocciato sul piano di una cassettiera, con uno schermo così piccolo per scrittoio da contorcerti il corpo, la douce vie que je m’étais faite svanisce anche lei.

Qui io mi sento dentro alla vita collettiva, al senso di una città e di un paese, sia pure in maniera anonima e atomizzata, come e più tanti altri, ma dentro. In Italia no. Mai.

E che mi venga chiuso fuori da me mi sbriciola di desolazione e di impazienza.

Anche perché, francamente, mezzi per evitarlo (ad esempio con il Piano di sorveglianza nazionale che il link pubblica in dettaglio, opportunamente adattato) ce ne sarebbero stati (p. 37-38). Non tentati di fatto né in Italia né in Francia perché ristabilire un forte servizio pubblico territoriale di igiene vorrebbe dire sovvertire permanentemente la tagliola di Maastricht. E questo a lungo termine è il tabù che nessuno vuole affrontare, perché lederebbe troppo gli interessi dell’attività economica privata. Cui la politica ha servito da maggiordomo particolarmente zelante appunto dall’Atto unico della libera circolazione dei capitali predisposto da Jacques Delors durante la sua presidenza della Commissione europea adottato nel 1986 in poi. In Italia più che in Francia, e infatti salta agli occhi nelle disastrose differenze delle condizioni di vita.

Ad oggi, l’abilità di un governo e soprattutto di un partito guida (il PD, numeri o no) e dei suoi satelliti che ci si ostina ancora a difendere per partito preso, è quella di prorogare indefinitivamente uno stato di emergenza che permette di esautorare quei parlamenti, cioè quel potere legislativo, che secondo Monti andavano « istruiti » a dovere e che secondo le grandi banche d’affari vanno ridimensionati perché tolgono troppo potere all’esecutivo, molto più facile da controllare. (Vedi il famoso The euro area adjustement only an halfway there, praticamente il manifesto di distruzione del welfare e della rappresentanza popolare pubblicato da JP Morgan nel 2012 che ho linkato tante volte.) La halfway ha conosciuto in seguito le chiusure ospedaliere renziane, il JA renziano ed è ora arrivata trionfalmente anche in Francia, con Hollande e con Macron, ex ministro del primo. Distruttore del diritto del lavoro, delle pensioni, del servizio pubblico e della stessa capacità produttiva, con la privatizzazione delle ferrovie e la svendita delle grandi aziende di stato e no al capitale estero e l’acquiscenza alla delocalizzazione.

In Italia come in Francia, dove infatti i parlamentari si lamentano di essere esautorati.

Ma la Francia ha resistito meglio e più a lungo e quindi ha meglio serbato, malgrado una pressione molto più forte di povertà alimentata dalla disoccupazione, un senso civile e di dimensione di vita collettiva che in Italia non è nemmeno mai esistito.

Quindi esserne tagliati fuori è orrendo. Vederlo smantellare ad opera del salvatore di non si sa cosa, perché è tanto europeista quindi bravo e buono per definizione anche quando massacra chi chiede dignità come ha fatto per due stagioni, è straziante per un paese che dignità me l’ha data, a me pure straniera, finché possibile. Il refuge.

Perdere i pochi giorni e settimane da passare qui chiusa in un appartamento inadatto è uno spreco di tempo e di energia di vita cui si sa di non avere le risorse economiche per poter rimediare in futuro.

:-/

giovedì 29 ottobre 2020

Sto bene, non sto a Nizza né a Tolone e nemmeno in un lazzaretto

 ... sono solo molto arrabbiata perché mi chiuderanno FUORI da qualsiasi biblioteca.

Mentre è ovvio che, in caso, avrebbero dovuto chiuderci rigorosamente DENTRO.

mercoledì 28 ottobre 2020

Per tutti gli insegnanti e per chi ha lo spirito libero


Una storia di ignoranza, di miseria, di tristezza, sfruttamento e morte.

P.s. Posso tradurre se serve.

venerdì 23 ottobre 2020

Concedersi la vista e un thé

 Seduti in uno dei posti che mi rasserenano di più quando esco dalle biblioteche.

Questa stagione è la più bella a Parigi. Se proprio si dovesse fare una scelta. Gli alberi sono già dorati e con il grigio nuvoloso del mattino sono cromaticamente perfetti.


Domenica andrò a caccia di foto, che vorrei tanto postare ma non posso perché il telefono che ho infine comprato non funziona in Francia. Praticamente ho comprato una macchina fotografica pesante e ingombrante che non serve ad altro, se si vuole fare un ingrandimento sgrana e non è nemmeno facile trovare una chiave usb per trasferire le foto e postarle qui come avrei voluto. Ah, ma basta non volere le grandi marche per ostentazione consumistica e le cose funzionano lo stesso e costano meno. Oppure comprare usato... bisogna accontentarsi...

Eccome!

Con gli smartphone che per principio amo poco, non ho mai avuto la mano felice. Mi hanno regalato un iPhone giustamente piccolo e ricondizionato. Andava bene, ma dopo sei mesi è esplosa la batteria, portando con sé un paio di centinaia di foto. Allora, dopo avere giurato mai più, in attesa che cali di prezzo il telefono che finalmente si piega, ne ho comprato un altro per « soli » 185 euro. Era il primo telefono che compravo di persona, me li hanno regalati tutti, nuovi o riciclati. La speranza era un forfait a ricarica con tariffa uguale per Francia e Italia, una macchina fotografica e uno scanner tutto in uno, che mi permettesse di sospendere per un po’ l’uso e il forfait del telefonino vecchio ma indistruttibile che in rete non ci andrà mai. Ma quello nuovo ama la Francia quanto io l’Italia e lui con i gestori francesi non ci parla. Tiè.

A nulla è valso andare in uno di quei negozi che promettono di smontare e rimontare un telefono da cima a fondo. Tenuti generalmente da oriundi arabi (non sono capace di distinguerli meglio) trovano qualsiasi cosa o quasi e sormontano qualsiasi inghippo. O quasi. Il tipo, molto gentile, è riuscito a scovare un nuovo caricatore per il mio prezioso nokietto che andava in deliquio ogni due ore, mi ha suggerito indirizzi dove spacciano ancora le batterie dei vecchi Nokia per poveri e per amatori.

Ha armeggiato per dieci minuti sullo schermo, dopo averlo regolarmente disinfettato. Poi ha dovuto concludere: « Madame, delle volte i telefoni stranieri funzionano e delle volte no ». Eh.

Pazienza, la passeggiata sarà bella lo stesso. Ma ci voleva Parigi perché lo fosse.



La sera si avvicina. Meglio tornare a casa, dove pare riuscirò a restare ancora un po’, evitando di prendere freddo che domani ancora si torna qui dietro e si lavora.

martedì 20 ottobre 2020

Dalla mamma

 Il caminetto è acceso. La pappa è sul fuoco. M manda baci.

Felice percorso. M pensa sempre.

Le stelle ci sono tutte nel cielo. Il caminetto è acceso. Ascoltiamo concerto alla radio. Mozart, musica massonica.

P.s. Non si possono conservare tutti gli sms.

domenica 18 ottobre 2020

L’arrivo a casa, senza casa

 Quest’anno doveva essere quello della solitudine qui a Parigi. Finita la casa nel villaggio, chiuse le porte, e peer fortuna che almeno Bianchina, che ogni anno mi trasporta fin qui, avrebbe potuto continuare a proteggersi nella corte vicina.

Ma io avrei trovato una stanza di rimedio, per pochi



mesi e e ormai quasi per l’ultima volta, dentro alle amate mura - di macchine, più che altro - del 75.

Sembrava incredibile arrivare a piedi quasi ovunque e sentirsi più fresca di forze con un considerevole numero di km in meno sulle spalle ogni sera.

Erravo felice per questi luoghi che sempre e comunque hanno il potere come nessun altro di farmi sentire a casa.

Ma la soluzione non era bella come sembrava. Lo fosse stata, non sarebbe costata così poco. Diciamo che spero di non ritrovarmi all’addiaccio prima dei tre mesi e mezzo che ancora mi restano di vita qui.

Ché poi a Roma non è nemmeno più vita...



sabato 3 ottobre 2020

Il momento

 Del giorno in cui spieghi agli altri come funziona la loro biblioteca...

:-)