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per gli scribi

Toulouse en érasmienne

venerdì 31 luglio 2020

Per quelle due che mi hanno scritto

e a cui sono riuscita a rispondere solo ora. Perché sì, il mio ipad mi impedisce di commentare sul mio blog e sulla maggior parte degli altri blog, quasi tutti quelli di wordpress e la maggior parte di quelli di blogger.
E quindi per poterlo fare devo aspettare di avere a disposizione la linea del pc che siccome serve anche per lavoro e pago io (manco a dirlo) non posso usare per andare a zonzo, pena il rischio che mi finisca, perché ha i giga contati e quando son finiti, fine fino alla scadenza dell'abbonamento mensile.
E no, non passo a... spendo fin troppo così.

E comunque la famosa indennità di accompagno quant'è per il 2020? 520 euro.
Sì.
Dopo avere compilato moduli umilianti e ridondanti, dopo avere portato una persona malata a visita medica ovviamente nelle ore di lavoro, dopo tutte le più raffinate trafile.
Boeri che tu sia maledetto, per l'eternità.
Maledetta sia l'istituzione che ha imposto la redditività dei servizi pubblici e che non cessa di chiedere, famelica, i tagli alle pensioni, in nome di una insostenibilità che non esiste e che infatti non è mai stata dimostrata. Maledetta, non ci sono vie di mezzo, non ci sono mediazioni, non ci sono compromessi. Punto.

Questa estate partirò con la mamma per quella che sarà forse la sua ultima vacanza come persona ancora senziente e relativamente autonoma. Anche se ormai dimentica tutto, non solo i discorsi, ma anche le informazioni pratiche, l'organizzazione del tempo, confondendo ciò che è accaduto a lei con ciò che è accaduto ad altri.

La ritrovo piena di angosce che limitano anche quelle poche cose che potremmo concerderci. Era nostra abitudine passare in luoghi diversi le vacanze sulle Alpi; lei ama particolarmente una remota vallata dove andava con suo marito. Quest'anno ha avuto paura di spostarsi, sostenendo che "la sua salute" (fisicamente è più o meno una roccia) le impedisce di allontanarsi da Roma. Perché? Non si sa.

Dopo due settimane di tregenda è riuscita a scovare un posto in una regione che non piace né a lei né a me ma che è abbastanza vicina a Roma, dove si bolle sui 40° da giorni, per rassicurarla.
E sia.
Poi cominciano le quote: "Non posso salire oltre i 600 m". La cardiologa le ha raccomandato i 1200, ma niente da fare, di lì non la smuovi. Era l'altitudine a cui doveva rimanere mio nonno, dopo avere avuto il primo ictus, 600 metri.
Mi immagino escursioni attaccate all'altimetro, ansie, ossessioni varie.

Dovrebbe essere abbastanza gestire tutto questo e quel che di peggio verrà, senza avere il minimo, ma il minimo affanno di tipo logistico-economico legato a una simile patologia, che ti strappa ai tuoi cari mentre vi vedete e vi toccate ancora.
In una società civile.
Ma rendere difficile la vita delle persone anziane e far loro consacrare le energie dei familiari in una schiavitù senza senso non si accorda forse perfettamente con questo lucido piano di riforma economica: (sì, proprio quello del caro Prodi, portatore di miseria e di precarietà con il pacchetto Treu del 1997, che introdusse il parasubordinato quasi senza contributi pensionistici. Questo fu il governo Prodi. Non lo dimentichiamo.  Come potremmo? ha incancrenito i contributi tre generazioni della mia famiglia, ormai - mia mamma, io e due dei miei cugini che potrebbero essere i miei figli. Una è emigrata, uno fa un lavoro dequalificato, precario.)
"Cento, cinquanta anni fa il lavoro era necessità; la buona salute, dono del Signore; la cura del vecchio, atto di pietà familiare; la promozione in ufficio, riconoscimento di un merito; il titolo di studio o l’ apprendistato di mestiere, costoso investimento. Il confronto dell’ uomo con le difficoltà della vita era sentito, come da antichissimo tempo, quale prova di abilità e di fortuna." Da legge della giungla, appunto.

Eh ma le pensioni sono diventate insostenibili. Ancora una volta sono le carte stesse del moloch a smentire la propaganda:
qui nel 2011 
e qui nel 2012
cioè in documenti tecnici, come le norme esaminate nel post sul MES, le pensioni italiane vengono giudicate perfettamente sostenibili.

E completato da questa riflessione: la longevità rischia di far aumentare il debito pubblico. Ora, qual è il valore dei parametri impostici sul debito pubblico? Nessuno. Il famoso divieto del deficit oltre il 3% nasce a caso e a naso, come parametro che gli industriali francesi - NON le esigenze della macroeconomia - avrebbero accettato da parte del governo francese come sostegno pubblico ai salari diretti. Oggi questo limite è strettamente legato all'esistenza della sola zona euro ed è totalmente ignoto al resto del mondo.  Il parametro dell'80% di debito rispetto al PIL non ha maggior valore. Pare sia rispettatissimo in Senegal o giù di lì.
Peccato che poi i sengalesi siano così felici e prosperi con il loro debito in regola da rischiare di annegarsi nel Mediterraneo per arrivare nel paese del 160%, dove il Parlamento ha appena mandato a processo qualcuno che avrebbe voluto impedire l'entrata dei migranti dall'Africa in Italia.
E che nella mia casa in Francia sia appena arrivato un senegalese ospitato gratuitamente dal padrone di casa per completare studi che in patria non avrebbe potuto permettersi, perché non c'erano e in UE nemmeno, perché non avrebbe potuto pagarsi il soggiorno.
Bizzarre scelte 'sti senegalesi DAL BILANCIO SANO.

E no, la scelta non è nemmeno quella di ridurre alla disperazione economica le persone finché la morte paia loro preferibile alla vita, perché l'assistenza è lasciata sulle loro sole spalle o quasi, e il costo e le ristrettezze diviengono così insopportabili da far invocare la morte o addirittura il suicidio.

Cos'altro si può fare se non combattere fino in fondo chi sostiene simili aberrazioni. Non sono necessità economiche, ma politiche: quelle legate alla distruzione dei servizi pubblici fino al punto in cui diventeranno redditizi per il privato che subentrerà.


Morale a parte: leggetevi le carte per conoscere la situazione economica. Non i giornali.

domenica 19 luglio 2020

Magniloquente, o sia Montessori e no

Alle elementari e per una parte dell’asilo ho frequentato una scuola Montessori. Pubblica, perché per portafogli e per valori mai la mia mamma mi avrebbe mandato in una scuola privata. Tra i motivi della scelta c’era anche la laicità della medesima, e quando le maestre provarono comunque a farci recitare la preghierina in prima elementare (il democristianisstimo tra i ministeri si montessorizzava a modo suo), piovvero le folgori. Le malcapitate provarono a dire che io ero esentata, ma si finì con una rivolta generale delle famiglie e le preghiere rimasero nella dimensione dove dovrebbero stare: quella privata. Benedetta sia la Francia da questo punto di vista.

Non fu la scuola ideale, ma non vorrei averne frequentata nessun’altra.
Di certo fu la scuola dove appresi di più, università esclusa: rigore ma mai colpevolizzazione; curiosità libera; attenzione a episodi di bullismo che mi presero di mira e finirono con l’espulsione mascherata del capobanda, “spontaneamente” trasferitosi in un’altra sede, rompendo così il legame perverso che aveva instaurato con i piccoli complici. Tra i quali si annoverava il mio amichetto del cuore: erano infatti i miei amici che mi aveva aizzato contro. Si seppe dopo che il bambino persecutore viveva, manco a dirlo, una situazione familiare lacerata, con i genitori in rotta tra loro. Questo non giustifica né lui né alcun altro adulto minimizzatore, se non per il fatto che la causa della persecuzione non era “il carattere del bambino” né tantomeno il mio o la “mia maniera di reagire”, le solite frasi fatte degli adulti scansafatiche e scansa problemi, bensì la famiglia cieca e negativa dell’individuo aggressore.

Ma non è di questo che intendevo parlare.
Arrivata in prima media avevo l’abitudine di fidarmi degli adulti e di parlare liberamente con loro, specialmente se insegnanti, in classe.
“La mole magniloquente del Vittoriano...” lessi quel giorno a voce alta durante la lezione di geografia. Alzai il nasetto dalla pagina: “Lola - così si chiamava la professoressa di lettere e così la chiamavamo se volevamo - ma cosa vuol dire ‘magniloquente’?”.
Ne seguirono spiegazioni che non mi chiarirono completamente il concetto, e il compito assegnatoci quel giorno fu un’indagine sul termine. Cosa si poteva definire “magniloquente”?
Peccato che la professoressa, peraltro da me abbastanza amata anche se non come l’adorata Maria Lazzari che la sostituì l’anno successivo per poi scomparire, atroce abbandono, nelle scuole toscane, venendo sostituita dalla più laida opra nomata Italia (sic), non ci abbia indirizzati dapprima a un vocabolario, spiegandoci di tal fonte il senso e l’uso: del resto in classe non ce n’erano. Simili lussi a scuola? Suvvia.

Qualche tempo dopo le nuove compagne di scuola, tutte gomitatine e risatine sforzate e nervose, mi esplosero contro: “Ma perché tu fai le domande? Così poi ‘Lei’ ci dà i compiti!”.
Ecco: la scuola, quella con la S maiuscola.
Che orrore.
Che ottundimento dei cervelli.
Che macchina da guerra per produrre soldati furbi, ignoranti e ottusi.
Che spreco.
 

lunedì 6 luglio 2020

Sgambettare felici

A loro non tocca, possono non preoccuparsi troppo. Se lo prendono guariscono, pare, senza problemi. E sono diventati un passaporto.
I bambini piccoli. Quelli proprio piccoli che vanno ancora in giro in braccio, in marsupio, in passeggino. “Ils poussent” diceva un signore anziano che a Parigi incontravo in ascensore commentando i nuovi nati della primavera.
Una cosa bella di questa epidemia, posto che ce la dovessimo proprio prendere, è stata la relativa sicurezza che ha circondato i popi.
Che a me piacciono moltissimo, finché gli adulti non li guastano con le loro ossessioni, paure e irregimentazioni. Si sono visti ovunque appena è stato possibile, branditi nelle braccia rilassate dei genitori, portati finalmente all’aria aperta senza timore.
Paffuti, mezzi svestiti, ridenti, scalcianti, sgambettanti. Curiosi, assorti, giocosi. Chiacchieroni, esploratori, ciangottanti.
Due mesi fa la riapertura a Roma: si poteva muoversi per fare attività motoria e visitare persone care e vicine.
Il primo giorno, lunedì 4 maggio, lunghissima passeggiata per la gioia di sentirsi camminare.
In giro tante coppie anche insieme, tutte dotate di fagotti morbidi e tondi. Piedini e cosciotte nude, braccine all’aria, occhioni spalancati.
E ancora oggi, nei giardini, sui prati, tra un fulgore di erba e di fiori, esaltati da una primavera infine priva di gas di scarico. Che non vedremo mai più, purtroppo. Oleandri, bougainvillee, tigli profumati, gelsomini da stordire, sia mediterranei, discreti e persistenti, sia indiani, grande éclat ma poca sostanza. Cieli smaltati e oro del sole.
E un altro tipo di coppie, quel giorno: mamme con le figlie già grandi, quasi adulte, o decisamente mature. Una visione abbastanza inedita, una scelta di vicinanza spontanea e poco prevista.  
Questo virus ha ribaltato il “prima le donne e i bambini” e ciò ha malgrado tutto messo un pizzico di noncuranza nell’ansia generale. Almeno qui, dove la tragedia non è stata grande come nelle zone industriali del nord.

P.S.:
Non posso ancora commentare sul mio blog, per cui risponderò fra un po’ ai commenti al post precedente.