Oggi

"Data">Data Rivoluzionaria

pellegrinablog,chiocciolaquindi,gmail.com

per gli scribi

Toulouse en érasmienne

sabato 2 marzo 2019

Si’, pero’...

Lo diceva spesso una mia collega che ritenevo affine, quando asciugava le lacrime di una persona in difficoltà. E lo faceva spesso in quei primi anni dopo l’assunzione, anche lei con lustri di precariato parasubordinato True-Biagi non alle ma sulle spalle, pur se con un marito libero professionista a temperarne le conseguenze drammatiche. Quel che accadde dopo inutile narrarlo ora, ma non fu bello né incoraggiante. Il titolo mi è venuto in mente per un post di un giorno di malumore anziché di festa carnevalesca, una luna che mi ha tenuta in casa tutto il soleggiato giorno lasciandomi ancora più di cattivo umore.
Si’ pero’... alla fin fine ieri ci sono state due scene non da poco: una persona cara che si è distaccata del tutto da una situazione che lei stessa aveva creato, un sorriso negli occhi sparito à jamais; un’altra persona cui mi ero affidata per una questione seria di lavoro che dopo diversi mesi ha ugualmente scaricato in malo modo chi avrebbe dovuto tutelare; una terza persona, di coloro che ti giurano assistenza in eterno, evitare con supposta eleganza il rischio di una richiesta che l’avrebbe impegnata per mezza mattinata a piacere; la consapevolezza che la mia carriera è bloccata pur avendo l’idoneità a un concorso che calcoli biechi hanno deciso di far decadere malgrado la congiuntura favorevole allo scorrimento delle graduatorie!; una situazione lavorativa in cui sono ridotta a esultare perché dopo tre anni e due mesi di suppliche sono riuscita a far rottamare una serie di oggetti che ingombravano un locale per colpa di qualcun altro cui nessuno in futuro impedirà di replicare la prodezza; l’idea di dovermi accontentare che la situazione non peggiori per i prossimi venti anni ciechi senza prospettive di sviluppo; neppure più arrivare a percepire le reali proporzioni delle riuscite e delle paralisi, per cui ottenere una minima dotazione di cancelleria o la sostituzione di un oggetto rotto del valore di pochi euro (che secondo alcuni colleghi dovremmo ricomprarci di tasca nostra) finiscono col passare per una grande riuscita professionale: ma a quale perversione del giudizio sto e stiamo soggiacendo, senza che nessuno attorno a me paia rendersene conto? Rendersi conto che il lavoro nel settore pubblico debba essere qualcosa di diverso, che i rapporti umani non debbano essere trincee e ritirate, paure e lotte, dominio e sopraffazione... che è molto più divertente scovare e costruire il meccanismo in cui ognuno trovi un ragionevole ruolo che partire dal presupposto che distruggere l’altro sia il solo mezzo di raggiungere il proprio benessere, di fare il proprio vantaggio.
Insomma dopotutto se oggi non sono riuscita a mettere a profitto una bella giornata sprecandola non è dovuto a una mia particolare indegnità, forse dipende da circostanze esterne cui mi è mancata l’energia di controbattere, anche se lasciarsi abbattere cosi’ non è la scelta più intelligente e più sana.

È tornata lei, con i suoi riccioli e la sua grinta, per riprendere il lavoro. Ce l’ha fatta lei e ce l’ho fatta io che ho cercato di arrivare a questo risultato. È arrivata sorridente e felice: “Ce l’abbiamo fatta!” Se avesse osato mi avrebbe abbracciata. Ha ritrovato la pila che aveva messo da parte a dicembre. Ieri abbiamo lavorato insieme cinque ore tirate di formazione su casi difficili. Alla fine era stremata e felice di quello che aveva fatto, un po’ seccata di darsi per vinta ma bisognosa di concludere la giornata.
Bellissima persona, presenza utilissima per la struttura, ma a volte le gratificazioni devono venire anzitutto da chi riconosci tuo pari, o rimangono come sospese. La mattina era passata lavorando con una persona delle categorie protette. Me l’avevano mandata per non sapere dove metterla, tra il compatimento generale, mentre nel contesto a me era subito parsa assai utile per ricoprire un ruolo specifico, pur non potendo lavorare del tutto in autonomia. Il mio scopo era che lavorasse con dignità, come tutti dovremmo, facendo qualcosa di utile e non per carità. Dopo un incontro diffidente e spazientito adesso sorride, comincia a capire i suoi compiti e quasi non sbuffa più. Forse si è sentita accolta e non sopportata, fatto sta che ha preso la decisione di rimandare un compito in un altro ufficio per finire quello che deve fare con me.

Ma quel tarlo della solitudine, dell’isolamento, dello iato con tutto cio’ che ti circonda, non smette di rodere, a volte, certi giorni, quando vorresti ritrovare e cerchi...

Dopotutto la prossima settimana sarà la partenza (illusoria e temporanea ormai lo so). E all’idea risento malgrado tutto un fremito di eccitazione attraversarmi come l’acqua che scorre al disgelo.