La moda è per le foglie colorate, così. Non sono ancora fiori, solo foglie, ma ne fanno l'effetto, sui boulevard del 13e.
Nel cortile invece cominciano a scaldarsi le rose:
Mughetti, niente. Le piantine ci sono, ma non fioriscono praticamente mai. Vero è che di solito io parto alla fine di aprile, Raro che possa godermi una primavera e un'estate parigine. Quest'anno sarà così perché non ho potuto arrivare a novembre come previsto e recupererò in parte fino alla fine di luglio. Un 21 giugno e un 14 luglio qui, spero. Dovrò tornare prima qualche giorno, recalcitrante, per un concorso inutile che non vincerò, che devo fare perché un altro non ci sarà mai, e che soprattutto se vincessi mi esporrebbe alla possibilità di perdere il posto più di quanto già non faccia il probabile commissariamento dell'Italia per crisi bancaria e per
questa bella roba qui che ci regala la UE Ma noi per carità mai rifletteremo e defletteremo dalla restaurazione neofeudale che le politiche economiche della UE medesima comportano, meglio prendersela con "le tasse". (Ah, per quelli che ancora vogliono credere che il problema sia il debito pubblico, il vicepresidente della BCE! ha ammesso già da un paio d'anni che non è così. Del resto bastava vedere i dati dei paesi più in crisi per saperlo. A volerlo sapere. Allora, a chi serve oggi il controllo esiziale sui conti pubblici?)
Non lavoro bene in questi giorni, dopo una splendida partenza in Normandia. Comincio a essere senza risorse e senza forze; soprattutto non vedo una strada in futuro. Né qui né tantomeno in Italia, dove mi sento da sempre soffocare e dove non faccio nulla che sia ritenuto utile abbastanza in un'amministrazione incapace di valorizzare quel che posso fare perché il lavoro qualificato non le serve. Ce n'è troppo a prezzi da svendita, oltretutto. Qui avrei avuto possibilità, se non avessimo tutti scelto di ubriacarci a morte nel supremo sballo di regalare denaro e diritti, istruzione e ricerca comprese, alla restaurazione liberista del dio mercato, via tecnica moneta unica.
Piaceva molto anche a Mussolini questo. Le cosiddette "novità" che mettono in crisi le persone perché "devono abituarsi alle sfide della globalizzazione" hanno oltre cent'anni e l'apparato mentale grazie a cui ce le vendono data da millenni. La privazione e la miseria devono essere accettate con gioia, nello spirito di sacrificio che ci hanno insegnato, perché sono parte dell'ordine naturale delle cose e una "sfida" alle nostre capacità. Forse quelle di meritarci il paradiso dopo averlo regalato in terra a chi ci ha sfruttato da sempre. Henrich Böll, scrittore tedesco del secolo scorso, illustra bene metodi e meriti dei poveri e dei signori, in un racconto che è consigliabile leggere, se si avessero ancora illusioni sulla moneta con cui ci stanno pagando:
La bilancia dei Balek.
Ma chi ci ha fatto accettare questo linguaggio aderente alla realtà meno di quello del peggiore marchettaro?
Ma preferiamo non sforzarci di capire, ché è difficile e poi populista, contessa. La Grecia non ci ha fatto rinsavire, né quel che è seguito altrove.
La sensazione più forte è quella di essere spossessata della mia vita e della mia possibilità di prendere decisioni. Il merito in tutto questo è un'illusoria trappola, non perché in Italia sia più o meno apprezzato, ma perché semplicemente le risorse per arrivare a prestare interesse al merito non vengono investite, punto, né si presta importanza al lavoro qualificato o al servizio di alto livello. Questo era vero in passato, ancora più lo è oggi, perché la società viene rimodellata su una diversa struttura economica che redistribuisce la ricchezza a solo vantaggio della rendita. Il lavoro qualificato viene riservato a pochissimi, perché, oltretutto, non c'è più un destinatario. Quindi i minimi spiragli di vita non bruta che lo scorso secolo aveva aperto al "popolo", ai ceti poveri, stanno venendo richiusi sopra di noi dalla reazione liberista (qui nella sua forma sovranazionale che sorpassa grazie a questa caratteristica giuridica le Costituzioni progressiste del dopoguerra, esautorandole) di cui il nostro ceto politico è ormai totalmente complice, senza più tentare difesa alcuna. La nostra situazione è quella di chi vede richiudersi su di lui il cielo per ritornare nel fondo della miniera di Germinale, e invece di fermare la macchina se la prende con il vicino o con i propri peccati che evidentemente meritano la morte. L'altra mia angoscia è quella oltre che per me, per come potrò un giorno curare i miei vecchi, in un sistema sanitario totalmente smantellato e privatizzato; perché il mio salario mai sarà sufficiente a dare a loro ciò che hanno dato a me. C'è chi è inquieto per i propri figli; e lo capisco, ma lo strazio di dover abbandonare qualcuno alla morte per mancanza di cure, perché come metteva nero su bianco il volenteroso carnefice Padoa Schioppa "la buona salute, dono del Signore", non è da meno.
Stiamo ritornando sudditi, economicamente sudditi, senza più dignità. C'è chi rimuove e si volge verso "le piccole cose", e cambia canale in televisione. C'è chi dice meglio non pensarci tanto non cambia niente. Io non riesco a farmi sommergere senza guardare in faccia l'onda, senza sapere chi la muove e perché. Solo conoscere può consentire di resistere, di capire.
Ma ci si sente soli e terribilmente impotenti, data la scarsa consapevolezza e conoscenza collettiva, in primo luogo, data poi l'assoluta impossibilità per gli individui di opporsi ai sommovimenti sociali, specialmente quando questi sono mossi dalle forze economiche vincenti, data l'assoluta mancanza di opposizione consapevolmente organizzata e attrezzata. Lo spazio dell'individuo non potrà mai sopperire a tutto questo. Ne sono un esempio le diversioni sui matrimoni omossessuali (doverosi) che paiono rappresentare l'essenza del dibattito politico: ma vatti a sposare se non puoi pagarti un tetto sulla testa, vai a accendere un mutuo se il tuo contratto è rescindibile con una semplice mancetta di tre mesi, vai a adottare un figlio se non sai come potrai pagargli le medicine o l'istruzione, né hai idea se e come gli potrai dedicare del tempo, perché il tuo orario sarà sempre e solo a discrezione del datore. Vai, vai, e illuditi che questa sia la libertà, genitore eterossessuale o omosessuale che tu sia.
Ci si sente in trappola, e la trappola scatta prima e più duramente sui ceti bassi di cui per estrazione faccio parte, che dispongono oltretutto di meno relazioni e di meno entrature per salvarsi altrove.
Quindi lavoro peggio. Inutile e dannoso, ovviamente. E neppure questo migliora le cose.
Persino in una radiosa mattina di maggio.
P.S.: non mi venite a dire che "bisogna godere delle piccole cose, eh, ma noi ci lamentiamo troooooppo e abbiamo taaaaaaaanto".
Altra sonora marchettata che tutti, ma proprio tutti, stiamo comprando a man bassa. Quando hai
i diritti costituzionali assicurati, (artt. 1 e 35-47, leggeteveli, non mordono, anzi fanno capire molte cose in dieci minuti scarsi, compreso perché si sia tolta l'educazione civica dalle scuole, ma risparmiare è virtuoso, signora mia, dobbiamo far i sacrifici e lo Stato è ladro) allora sì, puoi, fors'anche devi, saper godere delle piccole cose. Quando temi per la tua vecchiaia, per quella dei tuoi cari, dei tuoi figli, quando il primo diritto, quello al e del lavoro (asini o complici alla Fornero astenersi) viene demolito a vantaggio di chi il nostro lavoro lo compra, quando non sai se potrai curarti, scaldarti, quando non puoi permetterti una vacanza, allora non puoi godere più fino in fondo neppure di una giornata di sole. Perché te lo stanno rubando. Non solo: ti stanno pure vendendo l'idea che ne devi cercare la colpa in te stesso.
E tu stai accettando di comprare, zitto, e a testa bassa. Piccole cose, queste?
Fine.
Avevo dimenticato loro:
i lillà.