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per gli scribi

Toulouse en érasmienne

domenica 6 dicembre 2020

Galiani

 E insomma bisogna venire a patti con il fatto che non tornerò a Parigi. La situazione non si presta e io non ho più i mezzi per sostenerla senza appoggi. Speravo di farcela un altro anno e di riuscire in seguito a impostare una routine di meno tempo, due mesi al massimo, ma senza un alloggio è impossibile e i prezzi di mercato non posso permettermeli.

L’idea di rinchiudermi a Roma nel posto da cui manco fisicamente da quasi un anno (grazie all’epidemia ho potuto almeno lavorare da casa) a fare nulla di realmente incisivo mi è altrettanto insopportabile. Mi sembra di scoppiare, sia per l’inutilità condita di umiliazioni cui sono condannata, sia per il blocco della carriera, sia per una serie di decisioni eleganti che penalizzano fortemente il mio settore intero dentro l’istituzione, sia perché mi sento profondamente lontana dagli indirizzi presi dalla gerarchia, che puntano a l minimo livello di servizio, specialmente per i compiti affidati a una ciurma che deve soprattutto rimanere tale e non turbare niente e nessuno di color che possono per investitura divina.

Ho ancora molto tempo da passare lavorando e nessun particolare anelito per andare in pensione, anche se possedessi requisiti che non ho. Non li ho per motivi anagrafici, anzitutto, anche senza la porcheria ignobile della Fornero che accettò di battere cassa a conto Monti-Sarkozy-Merkel per tirar fuori i miliardi da mettere nel primo MES, con cui pagare le banche tedesche e francesi per i crediti incautamente da esse concessi alla Grecia.

Ma per quanto riguarda più modestamente la mia pensione, vi si aggiunge il fatto che il così amato e meritevole Prodi, con le sue magnifiche leggi sulla precarizzazione parasubordinata senza contributi datate 1997 (proprio il ritorno dell’Italia nello SME « credibile »: senza dubbio un caso), ha fatto sì che i miei sia pur minimi contributi di svariati lustri di lavoro parasubordinato non siano cumulabili con quelli da lavoro dipendente che per mia fortuna (e forse anche tigna, dopo tre anni passati facendo un concorso al mese da Roma in su) ho infine raggiunto. Di fatto un furto dei contributi versati al fondo dei parasubordinati, perché coprono troppi pochi anni per dare diritto a un assegno purchessia e appunto, non sono cumulabili con quelli da lavoro dipendente che ho per fortuna ottenuto dopo, ma sempre troppo tardi per avere mai i 43 anni di contributi versati oggi necessari per maturare la pensione come lavoratore dipendente. Contributi da lavoro parasubordinato peraltro ridicoli come entità, dato che i contratti di collaborazione furono inventati per legalizzare l’evasione contributiva delle aziende nel settore privato e permettere allo stato di continuare a avere personale al posto di quello andato in pensione senza violare i fangosi parametri di Maastricht né tutte le altre infami raccomandazioni sulla spesa pubblica supposta chissà perché « improduttiva ». Come se i servizi che diamo fossero fatti di aria e non servissero appunto a rendere le persone anche più produttive, oltre che in grado di condurre un’esistenza più dignitosa. Come se non fossero i tagli continui al personale pubblico a rendere difficile erogare servizi realmente inclusivi e a alimentare la guerra fra poveri. No, ma siccome quello ce lo chiede la Ue e mamma Ue è buona saggia e previdente come tutte le mamme, e scevra da qualunque calcolo ideologico come quello della redistribuzione dei redditi dal lavoro al profitto, ciò che le Costituzioni postbelliche avevano in Europa sancito come inaccettabile, allora va bene così, il problema non è lo smantellamento del welfare ma l’antieuropesimo. 

La sottoccupazione di massa introdotta da quelle leggi, poi peggiorate da destra come da « sinistra » fino all’infamia del JA renziano, anch’esso richiesto dalla Ue, sono un tradimento dei ceti medio-bassi e un’infamia politica e personale per cui Prodi, il PD e qualunque loro alleato non saranno mai, non dico perdonati, ma perdonabili.

Ma quello stesso taglio che ha colpito i miei contributi costringendomi per anni allo spreco mortale del precariato ha anche devastato l’ampiezza e la qualità - là dove esisteva - dei servizi pubblici, rendendo il lavoro in essi una sequela di tamponamenti non risolutivi a situazioni compromesse, impedendo di progettare e costruire il futuro, provocando di conseguenza una infinita agonia del cervello in chi vi lavora perché crede nel servizio e ne fa fonte di soddisfazione professionale. Bloccando infine qualsiasi sviluppo e mobilità professionale, come hanno bloccato la mobilità sociale.

Situazione che non sopporto più. Ma sono troppo giovane per tapparmi tutta la faccia e aspettare la pensione in silenzio guardando il soffitto, pensando agli uccellini che cantano o alle foglie che cadono, come una volta le mogli sopportavano un matrimonio finito.

Il lavoro è per me troppo importante per pensare che trentasei o quaranta ore a settimana di reclusione del mio corpo più le svariate ore in cui i pensieri professionali si insinuano nel cervello anche fuori dall’ufficio senza essere chiamati non abbiano altra funzione che quella di « passare ». 

Oltretutto mi sembra uno spreco per tutti: per me, la mia formazione, per il da ciascuno secondo le sue possibilità a ciascuno secondo i suoi bisogni. Per tutto.

In Francia non era così, o almeno non lo era ovunque, e lo era in misura minore. Oggi è diverso, Sarkozy avendo agito in seguito da par suo e Hollande non avendolo mai smentito fino in fondo. Adesso sta mordendo, con le leggi di quell’altro ceffo europeista di Macron che hanno distrutto i diritti del lavoro nell’ultimo paese in cui resistevano all’interno della magnifica istituzione volta al progresso che è la Ue, e scatenato le proteste di un popolo da tempo più laico, quindi meno domo e più cosciente, cui M ha risposto con leggi che vietano di fatto la libertà di manifestare e limitano il diritto di cronaca. Ma siccome va bene a mamma Ue allora anche Macron... (vedi sopra).

Se avessi potuto arrivare in Francia con qualche anno di anticipo avrei probabilmente trovato un posto qui, intendo un posto stabile, non potendo di certo permettermi di partire alla ventura. Adesso non ci sono più le condizioni da nessuna parte. 

Ma almeno trovare una situazione diversa nel quotidiano.

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