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domenica 19 dicembre 2010

Bibliotecari necessari a Sala Borsa

La nuova canzone di Daniele Silvestri



mi sembra il migliore commento alla storia dei bibliotecari necessari di Bologna. Come raccontano qui (peccato che il sito non sia proprio l'optimum della leggibilità), in questi giorni si stanno definendo i tagli al servizio per il prossimo anno. Chiusura della grande biblioteca pubblica bolognese di Sala Borsa il lunedì - la domenica è già chiusa - probabili riduzioni dell'orario di apertura anche per le altre biblioteche pubbliche bolognesi. Sala Borsa è una biblioteca particolare, un punto di riferimento per tantissime persone. C'è chi ci ambienta dei racconti. Per molti dei bibliotecari che sono precari e lavorano tramite la cooperativa Working la chiusura significa una riduzione dell'orario lavorativo del 25% e ovviamente una riduzione dello stipendio. Significa inoltre riduzione dell'orario dedicato a lavori che fanno quando la biblioteca è chiusa (così ha deciso il committente), come la ricollocazione dei libri sugli scaffali (stiamo parlando di una biblioteca che effettua 2500 prestiti al giorno) e che adesso andranno svolti in minor tempo - mezz'ora raccontano i bibliotecari. Grazie alla facilità di modificare i contratti di lavoro del personale esternalizzato, la sempre vantata - anche nei manuali di biblioteconomia - "razionalizzazione delle spese" si traduce così in una mera riduzione dell'orario di lavoro e nell'intensificarsi dei ritmi del medesimo.
L'alternativa strategica dei bibliotecari necessari propone invece un ragionamento complessivo sulla politica bibliotecaria e in senso più lato, culturale. I finanziamenti per la cultura vanno, ovviamente, aumentati, rientrando in un capitolo di bilancio senza essere delegati a interventi sporadici e volontaristici di fondazioni o privati. A loro volta gli aumenti devono essere utilizzati per potenziare e migliorare strutture e servizi esistenti, quindi quelli di base, costantemente utilizzati da tutti i lettori. Assolutamente da evitare che le risorse siano adoperate per i cosiddetti "eventi" o per nuove strutture delle quali non si può garantire il funzionamento a lungo termine e magari non si sono nemmeno pianificate le funzioni in temini di politica culturale del territorio. Proprio in una prospettiva di valorizzazione delle strutture e dei servizi che io chiamerei "quotidiani", che reggono nella realtà il peso delle esigenze informative e culturali dei cittadini, cioè, quando si tratta di biblioteche, le loro richieste di informazione, cultura, studio e svago, si deve puntare a una stabilizzazione del personale precario, dato che questi bisogni non solo non si comprimono a fisarmonica, ma andrebbero come ogni buon bibliotecario sa, portati alla luce e indirizzati verso le biblioteche (per dirla in marchettese, promossi).
"Ah, ma la cultura non si mangia", dice qualcuno.
Provate l'ignoranza.

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