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Toulouse en érasmienne

mercoledì 29 febbraio 2012

29 febbraio

E' la fine di febbraio, non si può più scherzare. Sessanta piccoli giorni soltanto alla fine. La fine della libertà, della felicità di vivere in un paese civile e di fare quello che mi fa sentire viva. Un grosso lavoro da terminare prima di allora e tutto ancora per aria, per ariissima. Troppo. Un'insana mancanza di concentrazione mi occupa fin troppo spesso.
Fine della mia libertà. La vita che ho condotto in questi due anni (e scema me che avrei potuto farlo per tre e che per un senso del dovere non ne ho profittato quando era il tempo) sarebbe parsa a tanti dissennata, insostenibile, insana, eremitica. Soprattutto a questi ritmi. Non m'importa. Per due anni ho vissuto con la mia dignità e non è poco, l'ho conosciuta troppo poco nella mia vita la dignità. In questi due anni i dispiaceri veri mi sono venuti solo e soltanto dall'Italia. Ora devo tornare a un paese che non amo e non ho mai amato, dove mi sono sempre sentita straniera, che sta precipitando nella povertà e nell'abbrutimento da epoca vittoriana di ritorno che sta demolendo le sue università, la sua cultura. Siccome non ci si deve lamentare, diciamo che ho sviluppato l'arte di rimuovere lo strazio fino a un attimo prima dello schianto, quindi reggo e penso al lavoro. Ma sono difronte a un muro altissimo e senza spiragli. Certo, la prospettiva che ho è di ritornare qui, nel mio paese dell'anima, dopo sei mesi, per sei mesi, ma il futuro della longue durée non si vede all'orizzonte. E gli anni pesano sulle mie spalle, sul mio cervello, sul mio corpo sulla mia energia (soprattutto sui miei mancati contributi).
Vorrei almeno finire bene il mio lavoro, anzi tutti quelli che ho iniziato e intuito in questi anni, al punto che mi sembra di esserne plurigravida senza ancora riuscire a partorire. Sarò mica un pitone che ha divorato un branco di elefantesse per merenda? Rotondità sinusoidali (e rotondetta lo sono, in effetti, ma sinusoidale no, però!).




Quella torretta lassù che magari è solo un lucernario circondato da minacciosi, fumosi comignoli, io me la immagino come una grande stanza luminosa e ariosa. Vorrei che la mia casa fosse così: piena di sole, con tutti gli orizzonti aperti e liberi davanti a sé, in alto, librantesi nell'aria, pronta per spiccare e sperimentare nell'ignoto, con la vista amplia a abbracciare sempre tutto il mondo già noto.

13 commenti:

  1. Ogni volta che ti leggo vorrei lasciarti un commento all'altezza del post e quindi spesso rinuncio. Ma ti leggo sempre e amo il modo in cui accosti le parole.

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  2. Grazie, mi lasci senza parole! Questo commento in tempo reale mi fa montare la testa. Chi scrive, comunque lo fa sempre per un pubblico e una risposta non può che essere un grande piacere :-)

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  3. L'unica cosa che si può fare è lottare, fare bene, fare meglio, non mollare. Non siamo in pochi.

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    1. Beh, grazie, davvero, di cuore. Diciamo che ci sto provando. E sai cosa? Da quando è passata la legge 240 (Gelmini), tempo un mese e qui non si sentiva parlare che italiano. Non solo nei tanti posti dove studio, ma ovunque. Terrificante.

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  4. Capito qui per caso e non conosco la tua situazione, però ti volevo incoraggiare :) Anche io tempo fa ho vissuto un ritorno in Italia un po' traumatico, ma, nonostante i problemi, si riesce a sopravvivere dignitosamente anche qui ;)
    E poi chissà, non è detto che in futuro tu non riesca a trasferirti definitivamente nel paese che hai adottato come patria!

    P.S. Anch'io vorrei tanto vivere in una casa piena di luce, con tante finestre aperte su un bel panorama!

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    1. Grazie Robin delle tue parole e della visita, speriamo nel futuro. Una casa con il sole non ha prezzo secondo me :-)

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  5. e invece no, dai, non partire già disillusa (anche se capisco che sia difficile non farlo...).
    Questo paese ha bisogno di energie, di speranza, di capacità, di giovane coraggio e resistenza.
    dai che ci si prova.

    e grazie per tutti i messaggi che mi hai lasciato sul blog :)

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    1. Divertente il tuo blog e simpatico il modo con cui descrivi la tua coppia. Grazie dell'incoraggiamento e della visita. Purtroppo credo che il nostro paese abbia estremo bisogno di tutto quel che tu dici, ma non offra le condizioni minime di vita decente se non a pochissime persone, forse il 20% dei suoi abitanti. E non dà segno di voler cambiare strada...

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  6. La verità è che ho un marito che ha due figli e per questo non schioda da qui. Alteimenti ora sarei a Berlino.

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  7. Perchè ho studiato tedesco. Durante la specializzazione ho voluto andare all'estero un anno e ho scelto berlino dove ero stata a fare la studentessa di reparto un'esrate qualche anno prima - forse l'estate più bella della mia vita. E Berlino ti fa innamorare...

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    1. Berlino, eh? Il mio primo (infelice) amore è stato un berlinese. Infelice nel senso di non corrisposto. Vedendo cos'è diventato l'oggetto delle mie brame, forse meglio così. Berlino fa innamorare dall'apfelkuche allo zoo, compreso il suo coté bohemien, oggi molto meno vivace, ma anni fa impressionante. Tedesco non l'ho studiato ma ricordo un'appassionante serata di teatro in appartamento a base di poemi del XVI secolo in altotedesco (tanto lo sai già che sono perversa...). Attore bravo e biondo e atletico, grandi spalle e maglioncione blu, il che non guastava ;-). Purtroppo non ho visto Sans souci che per una francofila porta il ricordo di Voltaire e Casanova. Sono sempre più perversa, stasera. Meglio andare a letto.
      Com'è lavorare negli ospedali tedeschi?

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