Per far le cose perbene, due come noi non potevano che partire in verticale, nel senso letterale della parola. "La valigetta è lassù", fa lei additando sconsolata la porta del soppalco che chiude uno spicchio di sottotetto della sua casa dai soffitti altissimi. Già perché Stella è una forte camminatrice, mille volte più di me, ma soffre di vertigini. E poi non ama i ragni ( io invece ci vado a nozze, si sa, e pare che i ragni invece adorino quel ripostiglio). Stella trovami una scala acconcia e te la prendo io la valigetta, ma a che cosa serve? Beh non vorrai mica fare un fuoco dove capita e incendiare tutto il Trentino? Per carità, io incendierei chi fa male al Trentino, l'unico pezzo d'Italia che riesca a sopportare. Così quatte quatte andiamo a rapinare la scala di sua sorella, una come si deve, da muratore e io vado a disturbare l'intimità di 45 coppie di ragni in due metri quadrati per scaricare giù dalla scala una valigetta nera che fa molto piani segretissimi della guerra atomica, se solo non fosse che dà nell'occhio perché al solo sfiorarla partono tutti i clin clang della scala dodecafonica e soprattutto è molto, molto piena di ragnatele. Aggiungiamoci un sacchetto di carbone già mezzo aperto che neanche la Befana e i duri cominciano a giocare.
Il posto è quello dell'ultima volta (dopotutto si tratta di celebrare la tradizione prima ancora del resto), quando griglia e tutto erano stati dimenticati e si era cucinato nel modo che preferisco: tutti intorno alle braci con uno stecco in mano. Gli stecchi flessibili e freschi erano stati fabbricati lì per lì, nell'emergenza, da qualcuno che se n'è andato, ma sono legati al mio cuore e alla mia memoria, purtroppo sei anni non sono bastati a staccarli né a rifarli.
Se non altro qui siamo sul greto di un fiumicello e non dovremmo dare fuoco a granché, che già di piromani volontari e non imbranati l'Italia non manca. La prima scena imperdibile era stata però dal macellaio del paese. Tra pasciuti clienti ambosessi la nostra ordinazione: 4 costine e una braciola - no due/no una - che le salamelle le abbiamo già, era finita d'ufficio negli annali della cronaca a futura memoria da parte di tutti gli astanti, mentre attorno a noi partivano speck e carré interi, arrosti da qualche chilo, collane di salami e pentole di spuntature. Ma dopotutto siamo solo due, con due soli stomaci. E nel cestino infilo anche melanzane, zucchine, pomodori, pesche (cose da donne, no?).
Il posto è quello solito, Stella che è padrona di casa di lunga esperienza, sfodera con mano sicura la famosa valigetta che si rizza d'incanto su quattro piedini, la pianta tra i graniti con la disinvoltura d'una vera montanara,
impugna le settimane enigmistiche senza schema degli ultimi sei anni conservate all'uopo - senza schema perché le altre non sono abbastanza divertenti, ovvio - e si dà all'accensione di tutte le scorte di fosforo dal '18 in poi. Io che sono non solo più imbranata, ma anche più pigra, rimpiango di non avere una scorta di
Il fatto è che nessuna di noi ha mai prestato attenzione a come si fa un fuoco: ci mancano le basi, la teoria, la pratica, l'epistemologia, il metodo, lo stage, il training, il progetto e la manutenzione. A essere sincera ci sono sempre sembrate operazioni troppo lunghe e noiose rispetto alla gioia di godersi la luce il calore le fiamme e le leccornie. Ma le donne possono fare tutto, no? Allora, mentre lei insiste con opportuna ostinazione nell'irrisolto indovinello di accendere carbonella per enigmi, io chiamo a raccolta tutto quello che ho mai letto intorno ai fuochi che nella mia infanzia fiammeggivano sempre dai rami resinosi... e direi che siamo anche nel posto giusto, perché se una cosa non manca in Trentino sono i legni resinosi. Con tutti i soldi che ho speso per darti un'istruzione, mi direbbe la mia prozia, una sorta di manico di scopa la cui conversazione faceva piegare in due chiunque le passasse accanto nel raggio di cinque miglia. Così io mi improvviso, con fede, provveditrice di microramoscelli ben secchi, che un ramo di abete bianco e uno di rosso hanno avuto la magnifica idea di venire a seccare proprio lì e lei diviene fuochista attenta e sudata.
Ovviamente non può mancare un'eco a contante imprese: un teutonico di passaggio decide di provare su di noi la sua nuova telecamera e armeggia per circa mezz'ora con pose equivoche nella nostra direzione. "Mi dà un fastidio, quello lì" sbotta la fuochista disturbata nella sua concentrazione. Chissà come usciremo dagli archivi Deutschland, nere di carbone e con le scintille intorno. Poi la palla passa al lato italiano, che intanto s'è fatto quasi mezzodì e i turisti fanno due passi per prepararsi al pranzo nel ristorante poco lontano. Arriva un quartetto lombardo-pugliese di mezz'età e si siede sui sassi: "Difficile eh,?" esordisce il capofamiglia n. 1, semipelato e con l'aria di chi ha sempre qualcosa da dire. "Ma volete accendere il fuoco?" si assicura una delle consorti, piuttosto affannata. "Sapete cosa? Dovreste prendere quella cosa, come si chiama? La diavolina, no? Non la conoscete?" viene generosamente in soccorso l'altra, mentre il quarto sogguarda il fiume con torva impazienza, in silenzio. Mentre fuochista e provveditrice raddoppiano i loro sforzi, perché non si può mica perdere la faccia ora, e soprattutto non si può ammettere di avere una fame da morire e una rabbia ancor più grande all'idea di tornarcene con le braciole ancora nel sacco, il capofamiglia n. 1 concede, magnanimo: "Ci piacerebbe farvi compagnia, ma sa, forse è il caso di preferire il ristorante: ci aspettano". Ma prego, è il pensiero delle due selvagge. Bruciano, ma non accendono, borbotta intanto la fuochista del mio approccio letterario al pino, scatendanomi una gran voglia di contestazione. Ah sì?
Comincio ad armeggiare nel sacco del cibo, perché dai miei disprezzati ramoscelli si levano fiammate già di tutto rispetto e al diavolo, mangeremo bruciato ma non crudo, penso. Dispongo tutto sulla griglia e appena le salamelle si sono un po'scaldate, il fuoco parte ovviamente arzillissimo in un grande abbraccio. Olio sul fuoco, no?
Ne approfittano anche le zucchine e le melanzane tutt'intorno. Ma non abbiamo né olio né sale, protesta Stella ormai incontentabile nel suo perfezionismo. Importa davvero? Gastronomicamente parlando, la scoperta - o la conferma - di questa giornata è: no, assolutamente no. A parte che io metto già poco sale e poco olio in generale, ma con buoni ingredienti e questa tecnica di cottura non se ne sente davvero il bisogno. A distrarre la perfezionista dalle immagini bibliche del condimento arriva la soddisfazione. "Sta venendo, sta venendo": dopo circa due ore di soffi, sbuffi, baruffe il fuoco forma le sue brave braci. Sì, le donne Stella possono fare di tutto, anche un fuoco improvvisato con ostinazione e reminescenze letterarie... non è forse il colmo della più deliziosa perversione? Consapevole di questo risultato, e dell'aver spazzolato, nell'ordine, salamella, costine, braciola, verdure e formaggio ammorbidito sulla brace, la fuochista si lascia andare su un tronco in pose da Babette alla fine del pranzo con un bicchiere di vino in mano.
Io, intanto, mi preparo una pesca in tono col resto del pranzo:
appena scottata, succulenta. La tradizione è salva.
La contestazione, pure.
Non ho potuto immortalarli, ma eccoli arrivare: un quartetto di bravi figlioli con l'aria del milanese parvenu in caricatura. Pantaloni e maglietta appena usciti da un negozio di abbigliamento sportivo, scarpe da ginnastica bianche senza nemmeno un'ombra, Iphone branditi come un'arma, e totalmente smarriti all'idea di mettere il piede sulla luna, vale a dire il greto di un ruscelletto semi in secca data la stagione. Il più audace dei giovanissimi decide con sprezzo del pericolo di portare la sua bella sull'altra sponda per farsi fare una foto dai due rimasti indietro e colpiti dalla quasi sconvenienza dell'impresa. L'operazione si compie come se si stessero attraversando i fiumi tibetani in piena al momento del disgelo. Quando gli elementi danno tregua e ci scappa qualche occhiata che solo l'educazione potrebbe far definire perplessa verso le due marziane che evidentemente siamo, la voglia di provocazione prende il sopravvento. Ho l'aria di una squatter: brassière, pantaloncini stinti, scarponi scoloriti, (dato che non son andata a un défilé) ma vivaddio due passi sui sassi d'un fiume li so ancora fare. Scalza, attraverso a metà il ruscelletto e data la giornata caldissima anche lì, il fuoco, la sudata e la mangiata, cosa faccio? Mi lavo! Vale a dire, mentre i 4 annaspano e sospirano barcollando in bilico su cinque cm d'acqua, mi sdraio letteralmente nel ruscello come se ci volessi fare le flessioni dentro e mi getto acqua ovunque, dai capelli alle caviglie. Che sollievo! indovino più che vedere le facce inorridite dei bravi ragazzi: se prima eravamo marziane ora siamo, sono, una via di mezzo tra una zingara e un non so nemmeno cosa. Una cosa pericolosa, comunque. :-)
P.S.: ora sono partita... ma l'ultima immagine è quella della valigetta lustrata dalle mani di Stella che riposa sul pavimento del bagno per asciugarsi bene. E l'ultimo ricordo quello delle mie valli amate.
degli amici:
dei boschi, dei monti, dei colori:
e infine della nuova moda di quest'anno: il mitico "modello Oetzi"!
Vero Francesco, Massimo, Paolo, Massimiliano? ;-)
A presto.