Questo me lo scrive una poetessa. E io le dedico questa lettura sulle lagrime di Averroè, perché la poetessa ama anche molto insegnare.
Ma ricevo anche lunghi commenti da due blogger (uno ha appena annunciato degli spiedini di maiale - aiuto! e se fosse un insulto? - e io ho appena comprato il necessario per farli) e mi rendo conto che per replicare nei commenti non basterebbe un lenzuolo. Perciò, dopo avere risposto ad alcune osservazioni puntuali sotto i rispettivi post, le riflessioni più generali che ne sono scaturite le scrivo anche qui.
La tutela della libertà
di espressione serve proprio ad evitare che simili suscettibilità facciano
legge. Stabilendo peraltro che qualora sorgano delle discriminazioni oggettive
o dei danni oggettivi a singoli o a gruppi dall'uso di questa libertà, esso può
essere sanzionato.
Difficile rintracciare
questi estremi nella vicenda CH - il giornale fu processato e assolto per le
vignette in questione - che non ha mai incitato all'odio, né obbligato alcuno a
leggerlo, ma si è limitato a commentare la cronaca nei suoi lati assurdi
e ridicoli, senza basarsi, come altra stampa fa, sull'insulto onnicomprensivo fine a
sé stesso prendendo di mira qualcuno senza motivo e senza occasione. Lo fa da
giornale satirico, ovvio. Quindi esagerato, perché deve colpire, spiazzare le
proprie certezze e far pensare. Far ridefinire i propri valori. Far riflettere
sulle proprie reazioni. Un credente o chiunque invece di
scandalizzarsi, innanzitutto si gioverebbe del riflettere e ribadire più articolatamente ciò in cui crede avendo sormontato gli
eventuali attacchi alle sue certezze e alla sua tranquillità quotidiana che la
lettura può avergli dato. Lì sta la forza delle idee o della fede: nella
capacità di ridefinirle anche davanti a chi le mette in difficoltà.
Tra i balordi che hanno
distrutto tante vite comprese le loro e chi gli ha armato la mano e lavato il
cervello di acqua sotto ai ponti ce ne passa. CH vendeva 20mila copie:
figuriamoci se era la prima preoccupazione di piccoli criminali disoccupati e
quant'altro delle borgate parigine. Ma qui c'è una lunga storia che parte da
Rushdie ed arriva ad oggi: ed è quella appunto di voler far sentire il controllo sulle
discussioni e gli argomenti ammissibili nello spazio pubblico dei paesi occidentali.
Spostando su di essi la questione dei rapporti di potere tra stati (non tra civiltà, attenzione). Farne oggetto di azione politica e questione essenziale per i credenti a livello universale, prima di ogni altra cosa. Nello stesso tempo ricompattando tante tensioni all'interno dei paesi arabi (detto sbrigativamente, l'Iran non è arabo) e
additando come causa di tutti i mali interni ed esterni non tanto l'Occidente
come sistema, (che le sue responsabilità le ha, purtroppo), ma qualche inerme personaggio
armato solo dell'intelligenza e purtroppo sempre più bisogna dire del coraggio,
e proprio non dovremmo, no, mai, pensare che ci debba volere del coraggio per
questo, per scrivere o disegnare su qualcosa che è anche un simbolo religioso. Che poi è anche molto
altro, e non appartiene ai soli musulmani - pensiamo se sulla Chiesa potessero
parlare solo i cattolici o sulla Bibbia solo gli ebrei, finiremmo col creare
una serie di argomenti tabù senza il minimo senso: sulla mafia solo i
mafiosi? Cioè il controllo degli individui, delle loro mentalità, delle loro scelte quotidiane, cosa che le religioni comprendono e manipolano benissimo e i paesi teocratici praticano comunemente come mezzo di controllo politico (vedi post precedente).
Questione molto più complessa ciò che
realmente si proponevano gli attentati, gli attentatori e i mandanti di Parigi.
Non sarei certissima che tutti volessero e vedessero le stesse cose allo stesso
modo. Rimpiango l'impossibilità di ascoltare la versione degli esecutori, di
decifrare le loro spinte e le loro mentalità. Sarebbe molto utile, per il
presente e per il futuro. Resto comunque convinta che nella complessità interna e senza dubbio internazionale che
può circondare questo attentato, esso si iscriva in quella linea di pensiero variamente poi attuata, ripresa, riutilizzata in contesti diversi, che parte
dalla fatwa di Komeini contro Rushdie e che ha fatto infinite vittime in giro
per i paesi arabi se non nell'Occidente. Vale a dire la ridefinizione di ciò
che è lecito discutere o vivere nello spazio pubblico, specialmente se di
rilievo internazionale, ma non necessariamente. Ciò per me è la cosa più
rischiosa: perché hai ben a esecrare chi mette bombe a caso, ma attentati come questi
sono profondamente divisivi delle comunità fra loro, respingendole in un
contesto di appartenenza e di valutazione su un fatto privato come la religione, come
puntualmente si verifica con tutti i distinguo su CH, anziché pubblico, come la
cittadinanza e i suoi valori condivisi. Cioè praticamente annullando quello che
ha fatto di meglio il mondo europeo. Con limiti, incompiutezze, contraddizioni,
ma la cosa non mi sorprende, né mi paralizza: sono concetti che hanno 300 anni e implicano
ridefinizioni dei contesti economici e sociali, le religioni istituzionalizzate, molto meno rivoluzionarie da questo punto di vista, quanti? Dovremmo
rinforzarli e dargli tempo, invece di concentrarci sulle identità religiose e
sulla separatezza dei discorsi leciti, come se giustapporre monadi silenziose
insegnasse a convivere.
Plus fort que le glaive est mon esprit, leggevo per tutti questi giorni su un muro ogni mattina, andando a lavorare.
Ciò posto, resta la domanda (posta da uno dei due blogger) del cui prodest, e se ovviamente per Komeini si trattava di compattare un paese in cui veniva imposto uno stato profondamente repressivo e dove una guerra lunga e sanguinosa si era appena conclusa con un nulla di fatto (i territori occupati dagli iracheni non erano stati restituiti), dietro l'idea che il male venisse da un fuori corrotto e ostile, il che gli dava anche l'occasione di porsi come leader per i musulmani del mondo, oggi la cosa è meno decifrabile, per me, nel senso che non ne so abbastanza. Sono abbastanza convinta però che quella fatwa abbia svolto il ruolo di ridare alienata perversa e letale dignità allo sfogo di frustrazioni nate altrove, e in cui ovviamente la religione c'entra zero. Ma questo lo avevo già scritto. Però di nuovo fa sentire importanti poter dare la colpa a una matita da spezzare (o pensare di fare da appoggio alla fuga di chi l'ha spezzata). L'anello di congiunzione che scatena l'occasione di oggi, quello non lo conosco. Comunque il terrorismo ha sempre uno scopo, non è il mostro che sorge dal nulla e che non vuole nulla. Per questo penso che la risposta debba passare per parole d'ordine più articolate del "no alla violenza": vogliamo dimenticarci quanto esecutori e mandanti ma anche molti simpatizzanti parziali conoscano un contesto violento dalla nascita? Che possono recepire da un mero "no alla violenza"? Su quale prospettiva? su quale alternativa? Quali parole positive di incontro trovare per loro e per tutti? Per questo ritengo assolutamente indispensabile smontare il presupposto mentale dell'Occidente che insulta l'Islam, sia perché non si tratta di realtà monolitiche, sia perché solo rilanciando su un valore più ampio e più complesso quale la libertà reciproca di fare e non obbligare (e secondo me la reazione spontanea dei Francesi per cui questi sono sostanzialmente valori profondamente sentiti e condivisi era soprattutto in difesa di ciò) smonterai quel meccanismo infernale di identificazione del nemico e autoidentificazione comunitaria nell'antibuoncostume da abbattere per essere riconosciuto in casa e in paradiso.
Oltre a tutta una serie di questioni sociali, ovviamente, ma di questo se n'è parlato a iosa.
Plus fort que le glaive est mon esprit, leggevo per tutti questi giorni su un muro ogni mattina, andando a lavorare.
Ciò posto, resta la domanda (posta da uno dei due blogger) del cui prodest, e se ovviamente per Komeini si trattava di compattare un paese in cui veniva imposto uno stato profondamente repressivo e dove una guerra lunga e sanguinosa si era appena conclusa con un nulla di fatto (i territori occupati dagli iracheni non erano stati restituiti), dietro l'idea che il male venisse da un fuori corrotto e ostile, il che gli dava anche l'occasione di porsi come leader per i musulmani del mondo, oggi la cosa è meno decifrabile, per me, nel senso che non ne so abbastanza. Sono abbastanza convinta però che quella fatwa abbia svolto il ruolo di ridare alienata perversa e letale dignità allo sfogo di frustrazioni nate altrove, e in cui ovviamente la religione c'entra zero. Ma questo lo avevo già scritto. Però di nuovo fa sentire importanti poter dare la colpa a una matita da spezzare (o pensare di fare da appoggio alla fuga di chi l'ha spezzata). L'anello di congiunzione che scatena l'occasione di oggi, quello non lo conosco. Comunque il terrorismo ha sempre uno scopo, non è il mostro che sorge dal nulla e che non vuole nulla. Per questo penso che la risposta debba passare per parole d'ordine più articolate del "no alla violenza": vogliamo dimenticarci quanto esecutori e mandanti ma anche molti simpatizzanti parziali conoscano un contesto violento dalla nascita? Che possono recepire da un mero "no alla violenza"? Su quale prospettiva? su quale alternativa? Quali parole positive di incontro trovare per loro e per tutti? Per questo ritengo assolutamente indispensabile smontare il presupposto mentale dell'Occidente che insulta l'Islam, sia perché non si tratta di realtà monolitiche, sia perché solo rilanciando su un valore più ampio e più complesso quale la libertà reciproca di fare e non obbligare (e secondo me la reazione spontanea dei Francesi per cui questi sono sostanzialmente valori profondamente sentiti e condivisi era soprattutto in difesa di ciò) smonterai quel meccanismo infernale di identificazione del nemico e autoidentificazione comunitaria nell'antibuoncostume da abbattere per essere riconosciuto in casa e in paradiso.
Oltre a tutta una serie di questioni sociali, ovviamente, ma di questo se n'è parlato a iosa.
La poetessa ringrazia per la dedica e sottoscrive ogni frase.
RispondiEliminaPosso mandarti un abbraccio?
Scusa se non son passata prima.
Gli abbracci sempre! :-)
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