Per me era innanzitutto l'autore di due stupendi libri, stupendi prima di ogni altra valutazione più razionale e compiuta. E della prefazione a un altro fondamentale libro, in cui giustamente inveiva contro un funzionario ministeriale che per commemorare l'invenzione della stampa aveva pensato bene di sbrigarsela con un opuscolo intitolato "Libro e uomo".
Tutto il peggio della incultura italico-democristiana, tutta la democrazia incompiuta del nostro soffocante paese si legge in controluce in questi suoi libri.
Oggi pirato questo testo troppo breve di Luciano Canfora dal Corriere della Sera.
Molto triste.
«Illustre signor presidente, con questa lettera le invio le mie formali dimissioni da membro della Medieval Academy of America (…). Le mie convinzioni politiche e la mia stessa coscienza mi impediscono di continuare ad avere una qualsiasi forma di rapporto con l’America ufficiale. Oggi, agli occhi dei miei compagni di lotta e della stessa opinione pubblica borghese di ogni Paese d’Europa e del mondo, gli Usa, il loro presidente, la loro classe dominante appaiono come la vivente reincarnazione della Germania fascista, del suo feroce capo, della crudele e assurda gerarchia nazista. (…) Oggi è giusto troncare ogni rapporto con gli Usa che, nell’uso spietato della forza, nel massacro generalizzato di un popolo, identificano i propri principi e regole di comportamento». In piena guerra degli Stati Uniti (presidenza Nixon) contro il Vietnam, Armando Petrucci scrisse e inviò questa nobile e lucida lettera, apparsa sul «manifesto» del 22 dicembre 1972 e su «Belfagor» nel fascicolo di gennaio del 1973.
Era Armando Petrucci, scomparso il 24 aprile a Pisa all’età di 86 anni, non soltanto uno dei maggiori storici della civiltà scrittoria, ma anche una coscienza civile di rara coerenza. Virtù in estinzione. Riconosciuto come uno dei maggiori medievalisti e paleografi nel panorama mondiale, prendeva in tal modo le distanze da un ambiente, quello statunitense, che suole considerarsi largitore insindacabile di riconoscimenti di per sé gratificanti e perciò compratore a buon mercato di coscienze ambiziose.
Petrucci, che è stato per eccellenza «uomo del libro», aveva incominciato ventitreenne, nel 1955, come archivista di Stato, poi bibliotecario-conservatore dei manoscritti alla Corsiniana, quindi docente a Roma con breve parentesi a Salerno e dal 1991 alla Scuola Normale pisana. Lo spazio non consente di ripercorrere la sua vastissima produzione (in cui hanno un posto di rilievo le splendide voci per il Biografico degli italiani) e perciò si impone che io dica qui il senso profondo e durevole del suo generoso insegnamento. Lo si potrebbe, a mio avviso, cogliere attraverso un raffronto dal quale egli esce vincente. Nel celebre saggio Paleografia quale scienza dello spirito Giorgio Pasquali impresse una svolta epocale ad una disciplina, la paleografia, soffocata dal tecnicismo. Fu una svolta che ricompose l’assurda frattura tra paleografia e critica testuale, giovando ad entrambe. Una svolta necessaria e, si potrebbe dire, aristocratica: feconda di effetti all’interno di una res publica di eccelsi artigiani della critica. Petrucci, uomo non incompiuto o a sviluppo parziale come tanti accademici pur capaci, uomo in cui studio (e di quale livello) e intelligenza storica (e perciò politica) si fondevano e alimentavano a vicenda, andò molto più avanti. Per lui, storia del libro, storia della scrittura e della diffusione contrastata e problematica di quello strumento che continua a rivoluzionare il mondo, divennero storia sociale in senso completo: storia dell’analfabetismo e lotta per le biblioteche da ultimo inselvatichite da nuove tecnologie escludenti e banalizzanti (fu strenuo difensore dei cataloghi a scheda, beni culturali essi stessi). Dei suoi libri vorrei ricordare: Scrivere e no (Editori Riuniti, 1987); Primo: non leggere (Mazzotta, 1976); Scrivere lettere, una storia plurimillenaria (Laterza, 2008), dei cui capitoli citerò solo «L’epistola come orazione», «Scriversi nel moderno», «Dall’epistola barocca alla sobrietà della lettera borghese (1583-1789)». A sintesi e coronamento di un cammino lungo e coerente Petrucci aveva fondato nel 1977 una rivista dal titolo emblematico: «Scrittura e civiltà».
24 aprile 2018 (modifica il 26 aprile 2018)
(La lettera che apre il pezzo mi ricorda che mio padre aveva fatto nel 1965 un sopralluogo in Vietnam per un film che non fu mai girato. Se fosse vissuto qui avrebbe forse potuto farlo, come accadde a un altro regista.)
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