Mi arriva un avviso di concorso. Peccato non avere i requisiti di ammissione. Non ha nulla a che fare con ciò che ho fatto finora, ma il livello di esasperazione è tale che andrei a fare il finanziere di corsa, ché poi è anche un lavoro divertente a modo suo. Una collega disgustata quanto me dalla situazione dell’istituzione in cui per anni entrambe ci siamo bruciate neuroni e decenni di studio per nulla, c’è riuscita. Non a fare il finanziere, ma, dopo avere indirizzato i suoi sforzi per anni verso altro, ha avuto la fortuna, complice la sospensione di quella follia targata UE (ovvio) che è il patto di stabilità, di rientrare nello scorrimento di una graduatoria per un ottimo posto che è poi diventato letteralmente d’oro e pure interessante professionalmente. La sua vita è cambiata del tutto, ma non rimpiange niente. Partiva da condizioni diverse e con una situazione meno svantaggiata della mia, ma credo che le mie sensazioni sarebbero esattamente le stesse. Altre persone sono scappate in tutti i modi possibili.
Paradossalmente mi piacerebbe andare a fare il lavoro che faccio adesso, mutatis mutandis, proprio in sede UE. Sarebbe molto formativo e appassionante. Lo farei con divertimento e dedizione. Ma non sono lettone né tedesca e di stage non ne faccio certo più.
Per recuperare il respiro ho bisogno di sfuggire alla meschinità altrui. Poi alla povertà mia, per trovare serenità, attuale ma soprattutto futura, vale a dire aumentare i contributi, in maniera non simbolica, entro due anni. (Grazie Dini, Amato, amatoProdi che avete escogitato il sistema contributivo puro e il parasubordinato perché serviva alla UE, dannando alla miseria irrecuperabile ormai due generazioni, dai cinquantenni in giù. Come dimenticarvi, come dimenticarlo.)
Imprese che paiono impossibili. Più probabile che mi arrivi un serio malanno di salute, data la tensione degli ultimi tempi. Ieri avevo voglia di morire, a costo di uccidermi, talmente mi sento in trappola in una situazione da cui tutti i miei sforzi di anni e di decenni, di studio e di lavoro, non valgono a estrarmi, sentendomi solo più sommersa ogni momento da incombenze di ogni tipo e priva di mezzi e fin di una casa degna di questo nome. Non è questione psicologica, ma pratica. Non posso dare i dettagli qui, lo ripeto, ma questo stato d’animo ha motivazioni concretissime, economiche e lavorative, che mi stanno sommergendo in una mancanza totale di prospettive. « Un coup du sort » mi diceva ieri un francese, cui ho potuto, a differenza di qui, spiegare la mia situazione. Non ho potuto fare bene il mio lavoro neanche lì, talmente ho dovuto dedicare di attenzione e di energie a ciò che avviene dove mi dovrei guadagnare un pane che neanche si vede più.
Nessun commento:
Posta un commento