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Toulouse en érasmienne

sabato 10 gennaio 2015

Je suis Charlie 3 - Sang

Sangue, ancora sangue. Ancora sangue gente mia, paese dell'anima e del cuore. Basta, fermati,
  rifletti. Guarda il tuo passato, il tuo presente. Progetta il tuo futuro. Non te lo lasciar strappare. "Ouvrez des écoles, vous fermerez des prisons": ce lo avete detto voi, noi?  La compostezza della tua gente, lacrime sul ciglio e fermezza nel contegno. C'è anche chi trova tutto questo troppo retorico, troppo strumentalizzato dai politici a caccia di consensi. "I principi repubblicani" che soffio d'aria pura rispetto a un paese feudale e bigotto come il nostro, in cui già si è partiti con i distinguo su cosa si può satireggiare e cosa no, e su quanto la sappiamo lunga noi politically correct scaltriti sull'odio razziale povero bruttosporcoecattivo, eh - ma no?
E quanto tutto questo sia fuori dal mondo rispetto al palpito di chi qui piange senza volersi esibire, di chi si sorride timidamente tra sconosciuti per strada, tra chi si sente di dire: "Non siamo d'accordo, bene, non importa. L'importante è poterlo dire", tra chi silenziosamente con sé stesso, apertamente con gli altri e in pubblico dice senza cedimenti no, non qui. Con l'emozione che nasce dalla lucidità della ragione. "Charlie Hebdo n'était pas ma tasse de thé, et alors?" sottinteso: permettiamo che qualcuno pigli e spari? Ci fermiamo a fare distinguo tra chi lo trova bello e chi no? Non si spara sulle matite e sulle opinioni è un valore pubblico ed acquisito che va difeso, un fondamento di condivisione sociale, un pilastro della convivenza; la propria opinione sul valore di una rivista di satira è un fatto personale, del tutto legittimo ovviamente, che viene molto dopo. Soprattutto, sta su tutt'altro piano. Altra scala.
Ieri sera su France 3, che in questi giorni ha sempre "Je suis Charlie" sui suoi programmi, è stato trasmesso il documentario Caricaturistes fantassins de la démocratie di Stéphanie Valloatto, in cui dodici vignettisti di tutto il mondo raccontano il loro mestiere. Plantu di Le Monde, ricordando di essere stato considerato di volta in volta islamofobo e islamofilo, antisemita e filoisraeliano, fascista e comunista e chi più ne ha più ne metta, dice: "Oggi il vero problema del caricaturista [ovviamente in Europa] non è tanto la censura, ma il politically correct. Questa falsa gentilezza, questa falsa uniformazione, questo falso rispetto: una maniera ipocrita di essere educati e corretti." Non riesco a non avvicinarlo al "Non giudicare" che va di moda oggi. Che detto così non vuol dire nulla, e fa semplicemente il gioco del più prepotente, del più menefreghista, e del più forte. Non dovrei dirlo, perché non ho letto il suo libro, ma Indignez vous mi sembra più interessante come motto. Perché implica una scelta e un'attività di comprensione, non il tacitare i propri dubbi, le proprie incertezze, le proprie legittime domande. Il silenzio uccide, il silenzio non è mai rispetto. Il silenzio è isolamento, o autoisolamento.
Mercoledì 14 gennaio Charlie Hebdo uscirà come al solito, in tiratura eccezionale di un milione di copie. La redazione decimata ha scelto di preparare questo numero con le sole forze restanti, malgrado le offerte di tanti disegnatori e giornalisti. Speriamo le copie vadano esaurite tutte. Brutto o bello, non è quello il punto. Nemmeno un po'. Qui la maggioranza lo dà per scontato. Da noi siamo assai lontani.
Continua.

8 commenti:

  1. La libertà. Un dilemma, perché questa va a scontrarsi fatalmente con i confini della libertà altrui.
    La libertà di una rivista di satira di insultare è più forte della libertà di colui che viene offeso dall'insulto? E' una bella domanda, e se dovessimo fare un banale conto democratico, basandosi sulle teste, probabilmente la libertà delle poche decine di migliaia di lettori varrebbe poco contro quella di centinaia di migliaia insultati. E quindi, che si fa?
    Io credo ci voglia intelligenza nelle cose, come sempre: non tutto quello che è possibile è lecito, al di la delle leggi. Anche se nessuna legge lo vieta, non è detto che sia lecito prendere in giro un gruppo di persone - magari pure vasto, ben di più del gruppo dei miei sostenitori - su questioni religiose, sull'identità sessuale, sul dolore. Non credo sia giusto perché il diritto al rispetto, per me, è superiore a quello di risata. Ma credo anche che sarebbe opportuno, per la società, che non sia necessario sancirlo come legge dello stato. Per questo Charlie Hebdo, secondo me, era spesso spazzatura e non satira - stessa ragione per la quale ho smesso di comprare "il male" - però aveva tutto il sacrosanto diritto di esistere, e di essere anche ferocemente criticato per la sua mancanza di etica.

    Ed ora parliamo delle reazioni. Non dubito della tua cronaca, faccio però sommessamente notare che 1/4 della popolazione francese ha votato un partito che non proclama esattamente le libertà e l'eguaglianza della rivoluzione; e oltre quel quarto ce n'è altrettanto che sostiene quel Sarkozy che, da ministro dell'interno, era riuscito a far deflagrare la rivolta delle banlieues (me lo ricordo bene perché circolavo per Parigi in quei giorni, e coincidenza alloggiavo proprio a porte de Vincennes). Insomma, i distinguo ci sono - e pure beceri - anche in Francia, come è normale che sia. Noi abbiamo Salvini, Belpietro e Ferrara (ma anche tante pennuncole sul Corriere, che in questi giorni sta dando il peggio di sé), ma anche la Francia non sta da meno. Il problema, fortunatamente, non sta nella nazione, né nella cultura comune, ma nella capacità di leggere ed informarsi, che sventuratamente si alimenta attraverso l'istruzione. Se è mancata quella, mancherà per sempre la capacità di critica personale, e aumenterà la possibilità di essere preda di facili letture semplificatrici della realtà, come sono sempre le ideologie e le religioni.
    E comunque leggere in questi giorni Libero o il Giornale fa vacillare la convinzione di dover garantire la libertà di espressione a tutti i costi...

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    1. Rispondo per ora alla seconda parte. Mi sembra che a furia di voler far vedere quanto siamo smaliziati davanti a cose tutto sommato inedite - una sparatoria mortale nella redazione di un giornale che oltretutto non si occupava, che si sappia, di mafia o intrighi politici, ma che su tante cose era invece una realtà di mediazione, a comicnaire dalle identità più che miste di chi ci lavora e lavorava, come di diffusione di idee non necessariamente conformiste - e che vogliamo per forza interpretarle con filtri nati su altre circostanze. Questa cosa è un vecchio vizio dei chiamiamoli progressisti italiani, e porta veramente a non capire qualunque discorso esca dalla necessità primaria di ribadire il nostro schieramento soprattutto in base alla situazione che viviamo noi in Italia, o a quei personaggi o organizzazioni che riteniamo in Italia essere non solo gli avversari - passi, perché spesso lo sono realmente - ma,e questo lo trovo un gesto di cecità e stoltezza molto grave - l'unico metro e orizzonte su cui confrontarsi con tutto il resto. Insomma un delenda Carthago che ci assicura di essere molto politically correct, per il nostro metro, ma niente affatto di stare rispondendo in maniera realmente distinguente e non saccentemente distinguente alle questioni di volta in volta sul tappeto.
      Bella scoperta che in Francia c'è il FN (peraltro messo da parte persino nella minifestazione di unità nazionale di oggi) e bella scoperta che ci sono gli elettori di Sarkozy. Quello che proprio non si penetra è la lunghezza d'onda in media proprio diversa che si percepisce stando fra le persone. Certo sto parlando di persone mediamente colte, perché quelle conosco, ma anche di chi incontri per strada, che mi sembra generalmente molto meno becero forcaiolo e soprattutto meno ignorante (e qui ci ritroviamo) di quel che appariamo noi. pure con i nostri distinguo. C'è un livello culturale diverso, eroso certo dalle politiche alla Merkel larghissimamente intese, ormai, dramma e degrado europeo, ma il livello di base di civiltà e di rispetto, come di laicità, nati anche dall'istruzione e dalla storia di tolleranza e di rivoluzione, è profondamente diverso da quello cui noi siamo intimamente abituati, al punto di non cogliere quanto sia parte della mentalità maggioritaria di questo paese. E qui sta anche l'incomprensione della satira, o meglio del suo diritto a esistere e di quello altrui a discordare e ignorarla - il cui livello estetico è cosa insisto tanto risaputa quanto secondaria in questo contesto. Perché la satira si fa sull'idiozia, sull'abbaglio, sul ridicolo e l'inverosimile, fondamentalmente, e contro l'idiozia come fai a discutere, come dicono qui, Tutto questo lo si percepisce anche adesso, pur nella Alsazia dove mi trovo che è stata l'unica regione tre anni fa a restare sarkoziana... ma allora sappiamo anche che i voti a certi personaggi vengono dalla speranza di conservare una dinigtà di vita che chi si diceva un tempo intenzionato a difendere ha ora deciso di sacrificare a vantaggio di sé stesso. Qui comunque si sgolano, i politici intendo, nel raccomandare di evitare generalizzazioni ecc. Poi ci sono anche televisioni come Direct che incitano veramente, pur senza dirlo esplicitamente, alla paura e alla repressione. Funzionali certo a un modello, ma operano in un contesto che avrebbe ogni anticorpo per reagire, se ve ne fossero le condizioni organizzative, in una società che è stata cresciuta per essere molto lontana da tutto questo, molto più egualitaria in condizioni di vita e autonomia di pensiero della nostra, e che sta venendo progressivamente impoverita economicamente e depauperata culturalmente benché non selvaggiamente come da noi. Per ora.
      La lettura della stampa italiana al momento non me la sento di infliggermela, per quanto istruttiva possa essere, ma se ci riesci hai uno stomaco di struzzo.

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  2. E' proprio sul fatto di quale sia l'obiettivo che non siamo d'accordo: il valore dell'azione scellerata, e della reazione delle persone, non è e non può essere legata ad un giornale, alla satira. Hanno attaccato il diritto di satira, olé! No, è ben altro che hanno attaccato, e cianciando solo su quattro vignette ci stiamo perdendo di vista l'obiettivo, e malamente. Basta guardare i fatti: dalle dichiarazioni di uno degli attentatori, le due squadre erano coordinate; una si occupava di Charlie, l'altra di poliziotti ed ebrei. Forse i frequentatori del negozio kosher erano vignettisti pure loro? Oppure vignettisti ed ebrei erano entrambi obiettivi visibili, all'interno di una strategia differente? Io continuo ad attendere che chi ha visto questi fatti come un attentato alla libertà di parola mi spieghi l'ammazzatina nel negozio, oppure l'accanirsi contro la vigilessa. Il fatto evidente, dichiarato dagli stessi attentatori, che i due episodi fanno parte dello stesso disegno dovrebbe fare porre domande di altro tipo. Forse questa è la cosa che in Italia si è vista con più chiarezza, pur se la soluzione è stata, come sempre, devastante, riesumando nel migliore dei casi gli scritti della Fallaci che - a mio parere - voleva si misurare il mondo con il metro suo.
    Io credo, come ho già detto, che la spiegazione sia evidente, e noi italiani la dovremmo ben conoscere: terrorismo. Chi è minoritario, come può fare per imporsi, mediaticamente e nei fatti? Seminare il terrore è uno dei mezzi storicamente più efficaci. Stiamo vivendo, temo, l'inizio della fase di esportazione del terrorismo mediorientale nella nostra europa, perché in medioriente non provoca più sufficiente eco mediatica. E il terrorismo inizia sempre con obiettivi simbolici, e poi deriva verso la gente. Per questo simbolo era Charlie, simbolo era van Gogh, simbolo sono gli ebrei (lo sono stati e lo sono un po' per tutti, d'altronde, ieri ed oggi).
    Della grande manifestazione di Parigi io ho colto la voglia di dire "No", di non farsi impaurire. La stessa voglia, uguale, che ricordo di aver vissuto trentacinque anni fa, al funerale di quattro poliziotti in sant'Ambrogio, uccisi dalle BR. Saltammo le lezioni all'università, tante persone presero mezza giornata di permesso, tutta la zona attorno a sant'Ambrogio era invasa da persone silenziose, presenti, che facevano sentire che i terroristi erano l'infezione da espellere dal corpo della società, non perché etichettabili in altro modo, ma per quel disegno che portavano avanti. Noi ci si mise parecchio allora per arrivare al dunque; stavolta i Francesi sono stati molto più pronti di quanto lo fummo noi, forse anche perché, in fondo, alcune delle idee delle BR erano condivise.

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    2. Molto rapidamente: la prima richiesta di Coulibaly ai militari mentre era asserragliato nell'alimentari casher è stata: "Vous ne devez plus vous attacher aux frères Kuoachi [in quel momento assediati per l'attentato a Charlie Hebdo], sinon je tue tout le monde".
      A un ostaggio che tentava di distrarlo dice: "Qu’il connaissait bien les frères Kouachi. Qu’il agissait au nom de l’Etat islamique. Il nous a même dit qu’il n’avait rien contre les juifs, mais qu’on payait nos impôts à l’Etat français et donc qu’on le cautionnait."
      Nei primi momenti del sequestro, Coulibaly, irritato per le informazioni date sull'attentato dalle tv, fa una prima telefonata alla rete BFM TV per alcune precisazioni, soprattutto quella relativa alla presenza di morti. In quell'occasione chiede il ritiro dei soldati francesi da tutti gli stati islamici.
      http://www.liberation.fr/societe/2015/01/11/coulibaly-nous-a-dit-voila-pour-ceux-qui-tentent-de-se-defendre_1178632
      Per il resto a dopo.

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    3. Terrorismo: da un lato qui il terrorismo non ha la percezione che può aver in Italia, dato che è sempre stato molto occasionale - guerra d'Algeria. Ma dire che solo oggi si esporta il terrorismo in Europa? E' dagli anni '70 almeno. Mi viene in mente Monaco, ma non è detto che sia il primo episodio. Comunque il terrorismo ha sempre uno scopo, non è il mostro che sorge dal nulla e che non vuole nulla.

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    4. Confesso che la Fallaci non sono mai riuscita leggerla, ma da tempi non sospetti, da quando bambina mi trovai tra le mani una sua prefazione a Il richiamo della foresta di Jack London. Quando cominciò a esternare la possibilità di una sua convivenza con lo scrittore in tempi più favorevoli mi dissi che qualcosa zoppicava. Non ho mai più trovato l'energia di necessaria per affrontarla. Quindi, per serietà, meglio che taccia, in attesa che mi venga.

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    5. P.S.: per quanto riguarda la manifestazione di Milano non l'ho ovviamente vista e non saprei dire. Forse quello di una dimensione cittadina da voi era molto sentita, più che da dove vengo io. Però non c'ero... Quanto al terrorismo che deriva verso le gente, insomma. Diversi attentanti ci sono stati in Occidente verso la gente, nelle metropolitane ad esempio e anche a Parigi; se mai erano obiettivi simbolici di valori pubblici e non statuali come questo a essere poco toccati finora. Per quanto riguarda casa nostra poi nel mucchio s'è sempre sparato: il terrorismo fascista l'ha fatto dal 12 dicembre. O da Portella delle Ginestre?

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