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Toulouse en érasmienne

venerdì 16 gennaio 2015

Je suis Charlie - Aux kiosques citoyens

Mi piacerebbe riportare il nome del disegnatore che inventato quest'arma, oltretutto complicatissima da imbracciare per chi volesse farlo in maniera ortodossa. L'immagine è pubblicata dall'agenzia di stampa Reuters, ma il nome dell'autore, come troppo spesso accade, non compare. Si può supporre che sia sudamericano.
Mercoledì sera all'edicola della stazione di Strasburgo un cartello scritto a penna informa che Charlie Hebdo è terminato. Ma "ci saranno consegne giovedì e venerdì" prosegue, per poi aggiungere sotto, di mano diversa "e sabato".  La prima tiratura del settimanale, che resterà eccezionalmente in edicola quindici giorni, è andata esaurita. Speriamo continui così. L'edicolante ha allestito un piccolo stand con tutto ciò che è uscito sulla vicenda Charlie Hebdo. Faccio incetta di varia altra carta stampata e a p. 13 di questo quotidiano trovo una piccola citazione. "Un cittadino che si interroghi sul wahhabismo in Arabia Saudita o lo sciismo in Iran è automaticamente considerato blasfemo. Può essere condannato a mille colpi di frusta e dieci anni di prigione, come Raif Badawi in Arabia Saudita o alla pena di morte, come Soheil Arabi in Iran (la sentenza è stata confermata in dicembre)." (Joelle Fiss.) Oggi la notizia della condanna di Badawi è visibile anche sul sito internet. In quei paesi, prosegue il giornale cartaceo di mercoledì 14, le leggi antiblasfeme servono a rinforzare le dottrine teologiche di stato, in cui cioè la religione è parte inscindibile dell'organizzazione statuale e pubblica. Se ti salta in mente di aprire un blog per discutere anche di religione, potresti ritrovarti accusato di slealtà verso il sovrano, attentato alla giustizia e creazione di organizzazione non autorizzata. Peggio ancora di apostasia, che prevede la pena di morte. «Dès qu’un penseur commence à exposer ses idées, on peut trouver des centaines de fatwas l’accusant d’être un infidèle, simplement parce qu’il a eu le courage de discuter de certains sujets sacrés», faisait-il par exemple remarquer sur son blog. «Je suis vraiment inquiet à l’idée que les penseurs arabes puissent migrer ailleurs pour trouver de l’air frais et échapper au glaive des autorités religieuses.» Ou: «La laïcité est le meilleur refuge pour les citoyens d’un pays(sottolineature e grassetto miei). A pensarci bene, i post di Badawi non erano nemmeno del tutto esenti da sarcasmo. Secondo Amnesty international che ne racconta la storia, uno dei capi di accusa era l'aver parlato della festa di San Valentino. concludendo addirittura così: "Grazie alla Commissione per la vigilanza del vizio e la protezione della virtù e alla sua volontà che tutti i Sauditi vadano in paradiso." Eh, qui da me avrebbero sospirato. "On ne fait pas le bonheur des gens malgré eux." San Valentino, poi. Una festaccia, lo so: spesso il colmo del peggior cattivo gusto commerciale gratuito che insulta e profana la nostra religione con rappresentazioni offensive di gadget privi di rispetto per il sacro. E poi, tutto quel parlare di sesso e vita sessuale. Ma che volete farci? Bisogna tollerare, tollerare... oppure, ad esempio, provare a firmare la petizione di Amnesty per ls sospensione della pena, qui. O chessò, pubblicare una vignetta per chi è capace di disegnare... Oppure diffondere la notizia. Basta non stare zitti.
Ma il caso di Badawi non sarebbe isolato. Blogger, cittadini, associazioni per i diritti civili sauditi sarebbero sempre più controllati per la loro attività in rete. 
Anche quando semplicemente raccontano.
"Alla fin fine serve a reprimere le minoranze religiose o atee, i dissidenti politici, o qualsiasi intellettuale che discuta o si beffi della teologia ufficiale dello Stato", conclude Fiss.
L'ambasciatore saudita era presente alla manifestazione di domenica a Parigi. Al di là del rituale diplomatico - lutto nazionale, una partecipazione è di dovere - diversi governanti di paesi arabi hanno sfilato. Anche in quei paesi ci sono organizzazioni integraliste: persino in Arabia Saudita vi sono stati attentati. Oltre a mostrare solidarietà e a manifestarsi estranei agli attentatori di Parigi quelle presenze vorrebbero indicare la non disponibilità a livello ufficiale a coprire certi gesti. Non necessariamente un atteggiamento di apertura all'interno di quegli stati.
Intanto in Francia una rivista gesuita, Etudes, ripubblica le tevvvvibili caricature del sulfureo Charlie sul papa emerito innamorato di una guardia svizzera, su Gesù che vuole votare al conclave per non essere lasciato fuori dalla sua Chiesa, sul papa in carica abbigliato da travestito a Rio per acchiappare clienti, invitando con molto buonsenso i cattolici a non prendersi troppo sul serio: l'humour è un sano antidoto al fanatismo e poter ridere di sé stessi è un segno di forza. Allo scandalo "dei piccoli" si reagisce con il senso critico e la riflessione.
Ma no? Dove ce l'eravamo dimenticato? in quale abisso di ignoranza, di debolezza e di paura? E l'insulto? La profanazione?
Se a Sant'Ignazio ne è scorsa di acqua (e se ne sono fatti di sentieri) dall'Encyclopédie, altrove si sta tornando indietro.
Putiferio. La rivista cancella la pagina con le vignette. Rimane un commento di perfida abilità: in cui si riesce a assolvere, anzi a difendere fermamente, il principio in maniera impeccabile e a ribaltare la responsabilità di quelle dodici morti: un pretesto. Istruttivo. Pacificatorio. Solvente. Da leggere.
I lettori, improvvisamente balzati a cifre record, discutono accanitamente. Seguitate, via, bravissimi, avrebbe cantato il poeta.
Qui commentano: "Mais qu'ils [Charlie hebdo] crottent qui veulent. C'est tout."

In questo giorni sto leggendo una quantità di stampa, su carta, che mai avrei pensato di sfogliare.  I balordi di Parigi avranno creato un'appassionata curiosa di satira in più. Son soddisfazioni.

Aggiornato il 16 gennaio 2015.

15 commenti:

  1. Il successo editoriale di Charlie Hebdo ha dell'incredibile. Un bel modo per protestare contro il fanatismo e l'intolleranza di tanti personaggi che fanno del fondamentalismo esasperato il loro modello di vita.
    Credo però che sia necessario un momento di riflessione e cercare di evitare di esasperare troppo gli animi. La libertà di pensiero e di parola è un diritto irrinunciabile; però, come ha detto anche il papa, non è lecito offendere il pensiero ed il credo religioso di nessuno. Ovviamente in nessun caso si possono tollerare atti di violenza.

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    1. Andrea, vedi temo di non essere d'accordo nell'accordare alla religione, una qualsiasi, o alla non religione, perché anche quella ha pari dignità, uno statuto superiore che dovrebbe metterla al riparo dalle opinioni altrui. Anche perché, siccome le opinioni sono anche più numerose degli esseri umani, e la concezione dell'insulto rientra appunto nelle opinioni, si arriverebbe presto a una situazione in cui quasi nulla sarebbe lecito, e a quel punto sarebbe fin troppo facile sfruttare propagandisticamente l'idea di offesa alla religione per far passare ogni fenomeno di repressione e di censura. Come secondo me sta avvenendo in questo caso, né più né meno. Ho letto oggi che una sura del Corano dice che se qualcuno offende la religione islamica, il credente deve alzarsi e andarsene, a punire ci penserà eventualmente Allah. Non deve invocare la censura o i limiti, o altro. Deve andarsene e non ascoltare. Una bella lezione, no? Purché ovviamente l'offesa non inciti alla discriminazione o alla violenza o a atti che possano arrecare pregiudizi concreti ai singoli individui o alla comunità. E non mi pare fosse questo il caso.
      Poi io non sarei così sicura che CH volesse offendere la religione in quanto tale. Ma di questo, se riesco ad avere tempo cosa che al momento non ho, spero di riparlare.

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    2. Ad esempio, io mi sento profondamente offesa da quanto ha dichiarato oggi proprio il papa: "la presa di posizione su chi impone libri sul gender nelle scuole. Per il Papa è una vera “colonizzazione ideologica”. “È la stessa cosa – ha spiegato Bergoglio – che hanno fatto sempre i dittatori, anche in Italia con i ‘balilla’. Pensate anche alla ‘gioventù hitleriana’, a quel popolo che ha subito tanta sofferenza”".
      La dichiarazione completa è qui:
      http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/19/bergoglio-si-paternita-responsabile-i-cattolici-non-si-riproducano-come-conigli/1353183/
      Allora? Scartata l'idea di imbracciare le armi in senso proprio, cosa dovrei fare? In che cosa la mia opinione ha meno valore della sua? Perché lui non ha "la prudenza" di evitare di offendere chi non la pensa come lui, mentre la predica al mondo intero? Perchè quelli come me non imbracciano il mitra? Ma allora quel che invoca il papa è la prudenza o la paura? O rispetto dell'altro?
      O non semplicemente il fatto che, essendo lui un religioso, sta tirando l'acqua al suo mulino, volendo imporre l'idea che la religione valga e debba valere per tutti più di ogni altra considerazione?
      In millenni e secoli di sangue abbiamo appreso che una credenza non deve prevaricare sulle altre impedendo di dire e praticare le proprie convinzioni. Dalla Francia è partita la riflessione su questi temi dopo 60 anni di ammazzamenti reciproci e un paese distrutto alla fine del XVI secolo. Ma i limiti sono sempre delicati e labili e non bisogna dimenticare quanti massacri ha portato non essere attenti e coerenti con questo equilibrio.

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    3. Cara Pellegrina, credo che con parole diverse stiamo dicendo la stessa cosa:
      1 - chi crede in un dio e chi non ci crede hanno pari dignità.
      2 - Io ho detto che non è lecito offendere il pensiero ed il credo religioso di nessuno. Tu affermi che il Corano dice che se qualcuno offende la religione islamica, il credente deve alzarsi e andarsene, a punire ci penserà eventualmente Allah (quindi niente violenza).
      3 - non mi sembra che il papa abbia mai offeso chi la pensa diversamente da lui; questa volta sì ha espresso delle opinioni sulle quali è lasciata ampia libertà di dissentire. L'invito alla prudenza credo debba valere per tutti e per qualsiasi occasione, come ben sa chi ha rapporti diplomatici con il resto del mondo.
      4 - in nessun caso sono tollerabili atti di violenza.
      Non sono invece d'accordo che l'insulto è espressione di un'opinione ma, leggo dalla Treccani, è "grave offesa ai sentimenti e alla dignità, all’onore di una persona (per estens., anche a istituzioni, a cose astratte), arrecata con parole ingiuriose, con atti di spregio volgare (come per es. lo sputo, un gesto sconcio, ecc.) o anche con un contegno intenzionalmente offensivo e umiliante...".
      Ecco è l'intenzionalità che mi inquieta: una cosa è esprimere opinioni, altro è offendere.
      Forse è vero che C.H. non volesse offendere, ma questo è tutto da dimostrare.
      Infine, io credo che questa guerra di religione sia solo una copertura per giustificare azioni terroristiche che hanno ben altre finalità.

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    4. Vengo da circa due giorni di lavoro ininterrotto con due ore di sonno, per cui non ho la forza di rispondere subito a tutto il discorso. Su una cosa però dissento con la massima forza, e mi sembra che qualsiasi persona che creda in uno stato di diritto non possa non essere d'accordo. NON è chi viene accusato di qualcosa a dover dimostrare le sue intenzioni, è chi ritiene di essere stato insultato a DOVERLO dimostrare. La frase "Forse [oltretutto che vuol dire "forse" in questo contesto?] è vero che C.H. non volesse offendere, ma questo è tutto da dimostrare." mi sembra quindi profondamente sbagliata. SE qualcuno si ritiene offeso deve dimostrare che ce n'erano l'intenzione e il risultato. Altrimenti, ripeto, chiunque, in ragione della sua forza o della sua aggressività, può farsi saltare la mosca al naso per n motivi, e pretendere di volta in volta il silenzio, l'obbedienza, il pagamento, le azioni più ignobili... tutto in nome del "m'hai sfidato e io ti distruggo". Non si va molto lontano, così.
      Quanto al papa non seguo ogni parola che dice, ma questo ritenere che introdurre nella scuola un discorso profondamente egualitario e relativo alle scelte personali come quello sui generi sessuali sia paragonabile alla propaganda dei peggiori regimi dittatoriali, dove non era lasciata praticamente nessuna possibilità di scelta né ai singoli né alla società se non a prezzo dei più gravi rischi, be', si commenta da sé. Dopodiché lui come chiunque ha diritto di parola, finché non usa tale diritto per obbligare in maniera diretta o indiretta me o chiunque a pensare e ad agire come lui vuole.

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    5. Continuo la risposta, come promesso. Quella citazione dal Corano (sura 140) non è una "mia affermazione", è una citazione di qualcosa scritto da altri. Io l'ho trovata nel racconto di un professore che in classe parlava dell'accaduto con i suoi alunni. Comunque, non si riassume solo nel "no alla violenza". Quello chiaramente c'è, ma c'è anche molto altro. La reazione dev'essere di allontanamento, non di gridare all'insulto, allo scandalo, alla riprovazione né invocare il silenzio. Un pelo diverso da quel che sta avvenendo qui. Per un credente quelle persone si son già condannate da sole: quindi lui deve uscire da tali discorsi ma non prendere né augurarsi iniziative di sorta. Non deve controllare il linguaggio né le opinioni altrui.
      Poi come in tutti i testi stratificatisi in periodi lunghi, e ancor più se religiosi e fondativi di una comunità, ci si possono senz'altro trovare affermazioni di ogni sorta, anche contraddittorie. Ma quella resta.
      La diplomazia è esercitata da un gruppo di professionisti ben pagati e molto solidali come corporazione tra loro che devono parlarsi in ogni situazione per gestire equilibri e situazioni scaturite dall'azione di governi principalmente. Hanno i loro codici, funzionano e va bene così. La generica "diplomazia" nella vita quotidiana non può implicare un arretramento a livello collettivo nelle regole del vivere civile di cui la libertà di opinione e espressione e scelta individuale sono parte essenziale, per paura delle reazioni di chi quei valori non li ha mai realmente accettati e non li condivide. Perché, come cerco di spiegare, è il risultato di un processo storico lungo e sanguinoso che quei limiti di libertà hanno chiuso. Quella "diplomazia" è la benemerita italica furbizia che ha lasciato il nostro paese indietro di qualche secolo, nella convinzione che bastasse girarsi dall'altra parte e farsi i fatti propri, legando l'asino dove voleva il padrone. Lo aveva previsto Guicciardini ma stiamo ancora allo stesso punto. Calati iunco ca' passa 'a china.
      La definizione Treccani non si adatta in nulla a quanto fatto da CH. L'insulto è un'opinione nel senso che chiunque può decidere di sentirsi insultato da quasi qualsiasi cosa. La tutela della libertà di espressione serve proprio ad evitare che simili suscettibilità facciano legge. Stabilendo peraltro che qualora sorgano delle discriminazioni oggettive o dei danni oggettivi a singoli o a gruppi dall'uso di questa libertà, esso può essere sanzionato.

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    6. Piccola postilla all'ottimo commento che condivido in ogni sua virgola: l'insulto è sempre soggettivo e risponde a una percezione soggettiva; anche l'espressione "Quanto sei intelligente!" se pronunciata in un determinato contesto con un determinato tono e una determinata gestualità può essere un insulto.
      Poi ci sono insulti che la società ha collettivamente deciso di riconoscere tali e di sanzionare, ma l'insulto è comunque un'opinione, un'espressione, una manifestazione di sentimenti o stati d'animo che ha radici in una specifica cultura e in un dato momento storico.
      E molti comportamenti sono lesivi della dignità, ma nessuno pensa di censurarli o sanzionarli, semplicemente perché non è possibile, altrimenti non potremmo nemmeno alzare lo sguardo perché questo può essere percepito da qualcuno come un'offesa.

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  2. Tu non ci crederai, ma tutta questa situazione mi angoscia, mi fa fare incubi la notte e mi fa pensare che no, non è possibile disprezzare la Vita solo perché esistono Altri che la pensano diversamente.

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    1. Ale mia cara, io mi sono svegliata per diverse notti in pianto, con l'idea che l'incubo non era nei sogni ma nel mondo. Anche se non auguro a nessuno cattivi osgni, fa bene sapere che non ero la sola.

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    2. Qui da me non ti dico le prese in giro... mio padre ha detto che nel nostro paese, nemmeno per la Seconda Guerra mondiale si è sparato, ma il punto è che non temo che arrivino qui (vabbé, un tantino anche), ma mi angoscia la deriva che sta prendendo il mondo. Una sorta di dolore universale. Non so se riesco a spiegarmi bene, ma da quando hanno ucciso Foley io sto male per tutti.
      Mi era successa la stessa cosa quando sono stata in Kenya in missione e ho visto la desolazione dell'ineguaglianza. Sento proprio un dolore nel cuore per tutto quello che accade agli altri, animali inclusi. Mi sento fuori dal mondo, pur stando nel mondo.

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    3. Guarda capisco benissimo la reazione che descrivi, specie nel secondo capoverso. Allo stesso identico modo; e più le persone sono indifese, peggio mi sento fisicamente. Non per paura, ma perché mi sembra che tolgano oltre alla vita agli altri, la dignità al mondo e a me. E come vuoi vivere senza dignità?

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    4. :-)
      Sai che dovresti scriverne? più esattamente versificare.

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    5. Infatti, ho qualcosa dentro che appena sarà maturo darà i suoi frutti in versi o in prosa ;-)

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