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Toulouse en érasmienne

martedì 1 ottobre 2019

“Sei troppo indipendente”

Ecco la frase con cui mi accoglie il paese in cui sono nata. Mi fa rovesciare le budella. Se non fossi “indipendente” non potrei e non saprei fare quello che faccio, che poi vi piace tanto eh. Ma a che vi servono i pecoroni sempre in attesa di fiutare il vento; a che vi serve a voi intelligenti il controllo fine a sé stesso, quale bisogno avete della considerazione basata sulla sottomissione priva di rispetto, cosa volete fare del nostro cervello se non mostrare che non vi serve e poi stupirvi se non esultiamo.
Come detesto vivere in una condizione di minorità perpetua e considerare che sia normale. La Francia mi ha permesso di misurare la distanza fra minorità feudale e responsabilità matura; qualcosa che percepivo da sempre senza saperle dare un nome; di capire come far emergere il meglio da ognuno proteggendo e liberando dalle preoccupazioni inutili verso l’imprevisto che ci sovrasta invece di difendercene per permetterci di dare il meglio nelle migliori condizioni. E quando faccio così chi lavora con me è contento, mi rispetta e mi si affeziona persino, in un modo che ogni volta mi sorprende perché non mi pare di aver fatto granché. Perché rendere la vita più complicata  quando lo è già abbastanza? E ogni volta quella luce di sollievo negli occhi che si accende quando spiego loro che no, non importa l’irregimentarsi ma l’attenzione l’affidabilità, la voglia di fare. E i risultati generalmente ci sono, a volte oltre il previsto.

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