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Toulouse en érasmienne

giovedì 25 agosto 2022

Come dirlo non so

 Riemersa da un’ infinità di tempo una voce che percepisco come familiare, in un negozio dove sono entrata sperando di trovare un nuovo paio di pantaloni da montagna abbordabili, perché il disagio sul luogo di lavoro e la tristezza per la malattia della mamma mi han tolto la linea e l’alimentazione perfette conquistate grazie all’antistress che per me hanno rappresentato il confinamento e il lavoro a distanza.

I pantaloni non li trovo perché sono tutti alquanto brutti, comunque ai cento euro in su, oe non è possibile spenderli.

Trovo però la voce familiare, riemersa da un’altra vita e da altri decenni. Pronuncio un nome, si volta, non mi riconosce, del resto porto la mascherina come sempre al chiuso. Dico il mio nome, non si ricorda, devo spiegare come e perché. Allora risponde, resta interdetta, chiedo notizie della sua famiglia, i genitori non ci sono più, esprimo tristezza, le figlie cresciutissime, la casa grande, il suo compagno, il lavoro...

« Ti vedo bene però » be’ dopo il sole dei monti e con un vestito dal colore e foggia lusinghieri sì, si può dirlo, anche se si sa bene che il tempo non è passato lungi per lieti motivi. Lavoriamo a due passi letteralmente e tre dal negozio dell’incontro, provo ad accennare al blocco della carriera, alla graduatoria gettata nel cestino, all’angoscia che provoca il pensiero della pensione con il contributivo di Dini e quindici anni di cococo per cui ringraziare l’amato Prodi, per spiegare che sì, sorrido, ma il futuro e il presente non sono poi del tutto rosei. 

Impazienza fastidio, guarda siamo di corsa, dobbiamo fare ancora tanti giri, magari ci rincontriamo un’altra volta, chissà... Sì, certo, fra quindici anni...

Figlia di avvocati, compagna di imprenditore edile, con un ottimo posto pubblico in un settore entusiasmante, casa gigantesca in un quartiere centrale, sensibile alle questioni sociali, all’impegno, ovviamente. Simpatica, solare, pratica, calorosa... Purché non si tratti di vedere, semplicemente vedere, il disagio economico in qualcuno che ti ha circolato vicino per un decennio, che parla come te, che ha il tuo livello di istruzione, che potrebbe essere un tuo pari se non foste nate in due quartieri diversi, da due famiglie diverse, in posizioni sociali diverse. Mai mai mai questa gente della media borghesia saprà riconoscere come degna di niente una coetanea povera. 

Ormai mi danno il vomito, nemmeno più la rabbia.

Mi allontano sbattuta e disillusa. Avrei fatto meglio a star zitta, ché tanto come sia questa gente ben lo so. Stavo tra loro solo perché avevo il passaporto...

Vado a attraversare il grande viale poco lontano, riponendo la mascherina in una busta, quando una folata di vento me la strappa via. Per me è rosso, faccio per riprenderla, si avvicina un autobus, mi ritraggo di corsa dalla strada. Il conducente capisce che sto rincorrendo la busta della mascherina, si ferma in pieno incrocio, mi lascia andare a riprenderla senza mettermi fretta. Lo saluto calorosamente a gesti, riprendo la mia strada. Dalla gratitudine per un gesto di considerazione umana scoppierei in singhiozzi. Non ci riesco, non riesco a trovare le parole che vorrei fino a stasera, dopo due giorni in cui sono incapace di fare alcunché. Adesso riesco anche a sentire il pianto che scorre sulle guance.

4 commenti:

  1. E’ sempre una bella sorpresa scoprire che ci sono persone gentili senza un perché, in modo spontaneo 💙 (ma, confesso, ho imparato a sgusciar via nascosta nelle ombre quando incrocio certe ex compagne di scuola. Chi ha avuto una vita protetta certe cose non può saperle. Sì, certo: non può perché non vuole. Per certe persone basta volere, ho scoperto)

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    1. Vedo che sei riuscita a ricommentare con il nome se non con il link!
      Sì è una sorpresa che scalda il cuore di chi la compie come di chi la riceve, la gentilezza gratuita. Tanto più a Roma, dove la vita è talmente degradata, faticosa per le condizioni di una città disorganizzata, sovraffollata, sporca, priva di manutenzione, di servizi da aver peggiorato il già scarsissimo civismo originario dei suoi abitanti.
      Per dire: se l’autista avesse provato a fermarsi nel mese di novembre anziché nel vuoto agostano, lo avrebbero maledetto tutti perché rallentava di mezzo minuto il traffico.
      Il personaggio in questione non era una compagna di scuola, ma è chiaro: nella mia classe di liceo c’era una preponderanza di gente siffatta, al punto che quando una compagna mi ha contattato dopo vent’anni per una cena di classe sono stata molto contenta di spiegare quanto fossi dispiaciuta che quella sera per infelice coincidenza cadesse il compleanno di mia madre in cifra tonda... Già, perché con le compagne vere ci sentiamo ancora e ci siamo sentite per tutta la vita, più o meno. E più o meno siamo tutte dello stesso ceto, vedi il caso.

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  2. Non sempre si riesce a comunicare veramente con chi non ha la tua storia, e questa è esperienza per tutti. È bello che, però, di tanto in tanto ci siano questi gesti di cura e di attenzione, che svoltano le giornate. Io le definisco “carezze di Dio”

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    1. Appunto è la totale mancanza dei secondi nelle persone che ti conoscono e per di più pretendono di avere un approccio solidale e empatizzante con i meno fortunati ricavandone un senso di superiorità morale, che sconcerta.

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