Il collega che mi ha guardato con una sorta di tacita ammirazione e quasi simpatia nelle vicissitudini di questi dieci mesi m'incontra sulla porta l'ultimo giorno e mi fa: "Adesso tutte vacanze, eh."
Sì, forse, non so.
Nelle ultime 48 ore, quando ho preso due giorni di ferie non godute prima della partenza, ho totalizzato una media di tre medici al dì, tre anticamere d'altro genere risoltesi in nulla e scappate volanti in biblioteca per riuscire almeno a combinare qualcosa. Da lunedì mi aspettano altre 48 analoghe.
Domani alle 8 mi aspetta invece un'altra biblioteca, dove quando ho chiesto se fossero aperti questo sabato di ponte, un saggio alle mie spalle ha fatto eco neppure a voce tanto bassa: "Siete aperti domani 1 novembre?".
Già, perché non è mica facile capire che per chi lavora il sabato è l'unico giorno in cui puoi dedicarti allo studio in santa pace, come altri possono farlo con lo sport. O con la casa. Ovvio che poi vivi nel caos e non hai niente in frigo, si sa. (Meno male che ci sono le acciughe.)
Ma lasciamo andare.
La cosa più difficile da far comprendere è che il mio part time non è una vacanza. Che io torno dalla biblioteca alle 20.45 di sera, e mi attacco a internet fino alle ore piccole. Che studiare richiede una concentrazione che non molla mai, non può mai staccare, perché è come un fragile filo dentro la tua testa che connette e pensa, immagina e verifica. Che le idee son materiale delicato e insieme fragile e volatile, e se non le curi e segui quasi senza soste si spengono e si perdono. La cultura è una creatura morbida, diceva uno studioso, ed è vero sotto tanti aspetti.
Che la ricerca, quando si fa sul serio, e mentre si fa, è mestiere ascetico che non conosce pause, o la perdi, svanisce come un'ombra dell'Ade. Forse è diverso per chi fa ricerca sperimentale, perché c'è una parte di "manualità ripetitiva" ancorata a una serie di gesti da compiere che riportano a una dimensione fisica ineludibile e più facile da afferrare. Non so.
Che qualsiasi mestiere creativo ha un terribile bisogno delle rose. Marie Curie, quando, rimasta tragicamente vedova e dopo aver ricevuto un Nobel, ebbe finalmente i mezzi per costruire un "pavillon du radium" (esiste ancora a Parigi, piccolo e armonioso, e si può visitare), fece piantare, a lavori in corso, centinaia di rose tutt'attorno. "Ma zitti!" imponeva a collaboratori e operai: "non ho detto niente al signor Nénot, il contabile".
Che le vacanze per me non esistono o quasi, perché vivo con mezzi infinitesimali, grazie alla generosità di tanti e anche alla mortificazione di dover aiuto e riconscenza a chi avrei voluto solo ricambiare della sua stessa moneta. Posizione falsa.
Ma non ho neanche tempo, né forze, di pensarci.
Potrei dire che come intensità lavorativa le mie vacanze sono i mesi "di lavoro" in un'istituzione incapace di valorizzarmi pur avendo un bisogno estremo di personale qualificato (e fatti due conti senza falsa modestia dovrei essere tra il 5% dei più qualificati di tutta l'amministrazione, nel mio mestiere), ma che ha ancora più paura di toccare gli equilibri, tanto più se precari e malsani.
Quei mesi in cui qualcuno mi ha urlato in faccia e in pubblico, con l'indice puntato da scolaretta: "Tu stai qui e lavori!". E a me veniva da ridere.
Gli italiani hanno da sempre il grosso problema dell'ignoranza. Del timore, del sospetto e dell'invidia per chi sa, chi ama apprendere, vuole capire, conoscere, interpretare.
Quel che ho fatto io, anche altri potrebbero farlo. Ma non gliene importa. Però gli importa moltissimo sfogare in ogni modo il risentimento - o il senso di colpa e di inadeguatezza per essere disinteressati allo studio? - verso coloro che ci tengono, invece.
Che anche questi ultimi abbiano fatto rinunce, e assunto fatiche che loro non si sarebbero mai sobbarcati, non li sfiora. Che il lavoro non dovrebbe essere un bagno penale, e se lo diventa, invece di brontolare ci sarebbe da chiedere un'organizzazione diversa in maniera solidale, men che meno. Meglio uscire a fumarsi una sigaretta e fare il giro del palazzo venti volte in sette ore.
Davanti alla mia sorridente perplessità il collega si spiega meglio: "E' che non sei legata, lo scegli tu". Sì, lo scelgo io di gettarmi in questa assurda quanto indispensabile avventura.
La mia amica Michela, che ha vissuto una storia non troppo lontana da "clandestina della ricerca", come splendidamente si definisce, ha trovato anche per questo la definizione giusta: "alienazione volontaria".
E starebbe bene così.
Ma quando, come stamattina, mi sveglio all'incredibile sole di questo principio di novembre, e trovo che ho finalmente la forza di passare l'aspirapolvere nella mia minuscola casa, mentre prima doveva venire mia madre, non a farlo, ma a starmi vicino mentre lo facevo, o mi avrebbe trovata sepolta dalle ragnatele che nemmeno la bella addormentata, mi dico che qualche limite è stato davvero oltrepassato. Senza che me ne accorgessi.
Sì, sono felice di essere libera e di partire. Sì, mi lascerò tutto questo alle spalle con sollievo, per sei mesi. Ma non è normale, per arrivarci, essere ridotti così.
venerdì 1 novembre 2013
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In Italia sono anni che si parla di problemi del lavoro, di disoccupazione giovanile e non, di crescita che non arriva e di tanti altri problemi che ci toccano da vicino, ma a passare dalle parole ai fatti ancora ce ne vuole. Coraggio Pellegrina, devi essere forte! Vedrai che anche tu troverai la strada giusta. Tanti auguri, Andrea
RispondiEliminaGrazie Andrea, speriamo davvero!
EliminaCoraggio, si apre una strada. Dove porterà lo vedremo.
RispondiEliminaPer farti fare una risata: tempo fa una persona mi disse "beata te che lavori in un Paese caldo". Insomma, risposi, non che il clima faccia questa differenza. E lei " si ma se fa caldo fa sembrare di essere in vacanza".
No comment.
Un abbraccio!
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaGrazie. Che bella risata mi hai fatto fare :-) per non dir altro ovviamente.
EliminaChissà cosa pensa codesta persona che sia il caldo da sotto un'abaya - per tacer del resto.
Non resta che prendere il mandolino.
Percorreremo con curiosità la strada, ad ogni modo.
Vacanza dalle cattiverie, dalle ripicche, dalle gelosie... chi di noi non le vorrebbe?
RispondiEliminaVacanze dal cervello MAI! L'impegno e la motivazione sono due vocaboli che non albergano nel lessico di chi non vede al di la del proprio naso....
Vola Pellegrina, vola sopra questi sassi gretti e fatti valere. Tu che hai un intelletto VERO e tanto tanto tanto cuore.
A presto, amica mia, e... spero... a Parigi (che val PIU' di una messa!!!)
Nora (e pure i due XY)