Post del riposo.
O, piuttosto, del sogno del medesimo.
In questi sei mesi ho corso. Tutto il tempo. Metaforicamente, ahimé, che dalla sedia ho avuto poco tempo per alzarmi, e tutto il mio corpo protesta e manifesta. Una sola settimana di vacanza, inframmezzata però da giorni di organizzazione di viaggi lavorativi, quindi nemmeno troppo di riposo.
Nell'ultimo mese i miei spostamenti paiono un grafo impazzito.
Le valigie, il viaggio, un impegno in più nella stanchezza. Al momento di passare i monti, andando verso la Val Susa, però arriva un irrefrenabile birivido di felicità: la riprova fisica, profonda, che ancora una volta la scelta è giusta. Più tardi, quando nella notte il raggio della Tour Eiffel spazza il cruscotto fino all'orizzonte, è una risata a sgorgare: una risata di soddisfazione, di leggerezza, di respiro, di libertà.
Ora sono infine in Francia, felice ma esausta, con metà dei bagagli che aspettano di essere disfatti, il frigorifero pieno di verdure e pesce, qualcuno anche da squamare, con la segreta speranza di trovare qualche buona ricetta per sardine bretoni da qualche parte, tanto sonno e tanta pioggia.
Ieri mi sono avvoltolata nella couette alle diciotto e mi sono alzata alle dieci (no, non alle 22 h 00)."Sei riuscita ad arrivare fino al letto?" mi hanno chiesto a colazione, spalmando la "grosse brioche" riportata dalla briocherie dell'ultima tappa, Tours. Perché in questo paese felice esistono anche delle briocherie che fanno proprio solo quello: brioche con variazioni sul tema e farciture espresse, salate o dolci. La meraviglia della brioche è proprio quella di essere indefinibile, e di accettare ogni tipo di guarnizione.
Si la vie est savoureuse nous y sommes pour beaucoup, proclamano i briochers.
Stavolta, oltre agli abitanti fissi, l'ospite non è né un ex-marine reduce dall'Iraq, né il figlio di un diamantiere, né un'esile fanciulla del Michigan abituata a passare l'inverno sotto sei metri di neve vicino a un lago gelato, e che di tutta la Fracia ha voluto vedere solo la comunità borgognona di Taizé, bensì un parrucchiere taiwanese che per Natale si occuperà della mia testa (regalo del padrone di casa). Ha una chioma lunga fino alle spalle, liscia e lucente, nera come il carbone, robusta al punto che con un suo capello se ne fanno dieci dei miei. Capisce bene il francese, ma si rifiuta ostinatamente di parlarlo. Quando dico bene, non scherzo: stamani si discuteva su Gesù, i Romani, le monete, le tasse e il verbo apodidomi, e lui se ne esce con un verso di vigorosa approvazione. Non è esattamente il genere di discorso che si farebbe a un principiante. Comunque, nelle pause, ascolta la bossa nova.
La stanchezza e il senso di vuoto mentale sono tali che se potessi permettermelo, noleggerei una barca a vela che non mi facesse sentire il rombo di un motore neanche per sbaglio, per portarmi in un posto caldo, sì caldo, dove non ci fosse altro da fare che restare per almeno 10 giorni allungata su una spiaggia, possibilmente bianca, al sole, rotolando ogni 15' nell'acqua, oleograficamente trasparente, appena azzurrina e soprattutto calda anche lei, per poi rirotolare al sole in posizione supina, preferibilmente, al tramonto scortecciare un'aragosta alla brace che lì nessuno vuole, e poi rotolare in posizione variabile sotto le lenzuola per almeno nove ore, circondata da opportuni accorgimenti antizanzare, da sempre e per sempre, temo, le mie più ardenti e costanti ammiratrici.
Lo sogno davvero con tantissima voglia. Quella di quando il corpo lo brama per stare bene, insomma.
Mi piace vedere il mio corpo trasformarsi, i capelli schiarire e gonfiarsi, la pelle diventare subito bronzea e dorata, gli occhi più intensi su quel cuscino scuro, i vestiti di seta sfiorarmi leggeri. Ma quanti anni che ciò non succede! Almeno cinque estati. Mi piacciono il sole che giuoca con la riva del mare in mille sfumature di colore, la terra che gioca con l'acqua e viceversa, il loro odore.
Dopo 10 giorni prenoterei altri 15 giorni nello stesso luogo con attività fisica vagamente più intensa.
Ecco.
Quelli lì nella prima foto sono i regali preziosi di una cara amica, "un po' chioccia", si definisce lei, perché io non mi sarei mai permessa, che si è presa amorevolemente cura della mia stanchezza infinita, precipitatale tra capo e collo tra diluvi esterni e allagamenti interni, mentre chiunque altro mi avrebbe mandato di corsa a quel paese. Poi ha pure proclamato pubblicamente di essere contenta. :-)
E dunque grazie, perché non riesco a connettere molto di più, per queste cose che non si dimenticano, e in mezzo alle nebbie scaldano il cuore.
Aggiornamento: questo piatto è ovviamente farina del suo sacco e delle sue mani sapienti, condita con la meraviglia qui che ho avuto il privilegio non solo di leggere, ma proprio di assaggiare:
Ok, stanca ma in Francia!
RispondiEliminaSono sempre contenta quando ti so dove desideri stare, spiaggia bianca a parte.
Che poi mai dire, arriverò prima o poi anche quella.
Complimenti per il parrucchiere che hai in giro, una rarità visto che di solito gli argomenti che trattano sono altri. Decisamente.
Un abbraccio, Pellegrina!
Ma che piacere leggerti, ché quell'Arabia bianca e non più verde di blogger mi rattristava davvero troppo!
EliminaSì, il parrucchiere è davvero un tipo curioso.
Un abbraccio forte anche a te.
Avevo dimenticato le tue alici del Mar Rosso! Ecco cosa fare di quelle sardine!!!
Elimina:)
Eliminacarissima vorrei teletrasportarti verso quei caldi lidi rilassanti che aneli...purtroppo non posso ma posso unirmi ai tuoi sogni : vuoi mai che due pensieri possano qualcosa verso il destino??? :-) ti mando un grande abbraccio
RispondiEliminaChissà? :-)
EliminaLa chioccia ringrazia ed è felice di sapere che sei in un porto sicuro, la tua Parigi.
RispondiEliminaI doni sono un privilegio che ho avuto nel poterteli fare e le tagliatelle al cinghiale beh.... quelle sono proprio finite!
A presto Amica Mia!
Nora
Ma i cinghiali no! A proposito... bisognerà che racconti un incontro quasi ravvicinato con un cinghiale molto vivo e vispo, una volta o l'altra!
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