Quand l’aristocrate protestera,
Le bon citoyen au nez lui rira,
Sans avoir l’âme troublée,
Toujours le plus fort sera.
Quattro anni fa i Gilet Jaunes decidevano di occupare rotatorie e caselli autostradali per protesta all’introduzione di una tassa sugli autoveicoli. La protesta guadagno’ ben presto la forza necessaria per estendersi alla strada più famosa di Europa e una delle più famose del mondo. Sono cose note e queste note non aggiungono in realtà nulla di nuovo. Ricordano.
Gli elementi erano molteplici e i partecipanti variegati. Sostanzialmente fu una rivolta contro il caro vita e l’immiserimento di strati sempre più larghi della popolazione a causa dei tagli ai servizi pubblici uniti alla politica economica di controllo dei salari attraverso la disoccupazione o sottoccupazione crescenti, fenomeni sempre più avvertiti al di fuori delle grandi città. Senz’altro ereditò i militanti sindacali sconfitti delle battaglie per la difesa del diritto del lavoro di pochi anni prima.
Coraggiosi da sempre fino alla temerità, i Francesi si batterono a mani nude o quasi davanti a una polizia armata fino ai denti e obbediente a direttive repressione sanguinosa se non mortale nel suo insieme. La vecchia dottrina di evitare lo scontro quanto più possibile non serviva più, fu messa da parte. Macron senza sorprese confermò il suo volto spietato di brutale di affarista che aveva già sfoggiato durante i giorni della casse du code du travail sotto la presidenza Hollande.
Le brutalità poliziesche furono ignorate, si fece uso di vernice invisibile e indelebile per marcare i vestiti di coloro che partecipavano alle manifestazioni per in seguito perseguirli e condannarli in vario modo solo per la partecipazione, si usarono le nasse per contenere i manifestanti durante ore e ore, gettando gas e caricando allo scopo di fiaccarne il morale. Si definirono « armi per destinazione » cartelli di cartone pieghevoli, sciarpe, maglioni, occhiali da sole e quant’altro si potesse trovare nelle borse o negli zaini. Si pestarono giornalisti perché documentavano gli scontri, soprattutto i precari che non avevano dietro una testata famosa a proteggerli e medici perché curavano i feriti, molti erano studenti volontari che sia operavano per qualche trauma cranico di troppo.
Non so se avete mai avuto l’occasione di avvicinare un poliziotto francese bardato a manifestazione. Anzitutto sappiate che siete delle formiche, per quanto grandi e grosse possiate essere. Anzi sono loro dei formiconi di 18 metri. Sono in generale alti e atletici, diciamo pure francamente hanno un fisico bellissimo, armonioso e addestrato. Sono coperti di elmetti, paracolpi e scudi semplicemente giganteschi se visti da vicino. Sono armati di manganelli enormi e con un impugnatura a T. Questo è quello che si vede, parlo di quello che ho visto, ma l’uso di manganelli elettrici anche per penetrazioni con conseguenti scosse da parte di alcuni reparti della polizia francese in altri contesti è stato denunciato dalla stampa.
Forse qualcuno ricorderà l’immagine del manifestante inginocchiato sugli Champs Elysées coperto dalla bandiera francese con scritte sopra le prime parole della Marseillaise, innaffiato dagli idranti in una fredda giornata di novembre (non è solo acqua, ci sono sostanze irritanti dalla varia liceità). Per me è rimasta il simbolo di quei giorni. Io ricordo anche quando vidi i diabolici Jaunes sulle rotatorie: persone anziane che trovavano li’ qualcuno con cui fare quattro chiacchiere e la sensazione di poter darsi da fare per uno scopo collettivo. I camionisti passando suonavano sempre il clacson in loro onore, rallentando e portando qualche piccolo dono: dolci, cibo. Mentre i giovani salivano a Parigi per battersi come da centinaia di anni. Ricordo gli Champs vidés de leur peuple sbarrati da centinaia di camionette e poliziotti, il métro chiuso per metà tre giorni a settimana, perché quella vetrina che tutto il mondo avrebbe riconosciuto non doveva essere turbata dallo scontro sociale. E ricordo una signora turista a Parigi insieme alla figlia che le chiedeva cosa fossero le luci che vedeva: «È per i Gilet Jaunes. Gli hanno impedito di andarci et je trouve que c’est bien dommage.». Ricordo la présidente de salle alla Bibliothèque de l’Arsenal tutti i sabati di servizio vestita di giallo. Insomma non ricordo un rifiuto da parte dei Francesi di quell’esecrabile manifestazione di dissenso, ricordo invece empatia e sostegno per una battaglia che sentivano giustamente anche propria. Ricordo i poliziotti incontrati a un crocevia al termine di un sabato qualsiasi di marce, io vestita elegantina di seta giallo sole, un innocente vestito vietnamita comprato a Lione, le mie borse cariche di libri. Per fortuna non le presero come armi per destinazione, ma capirono benissimo. E mi sorrisero.
Macron stava cominciando a perdere la fiducia anche dell’alta dirigenza pubblica, disgustata dai metodi brutali da lui applicati. Nascevano tentativi di fare gruppo in rete da parte di chi non poteva sostenere quella situazione. La cosa che i Jaunes avevano ottenuto sugli Champs Elysées era di far perdere la faccia al presidente davanti al resto del mondo e non era poco.
Macron si salvò grazie alla pandemia che spazzo’ via gli ultimi resistenti dalle strade e concentrò l’attenzione su altre urgenze, altrimenti credo non sarebbe mai stato rieletto. I Jaunes furono spazzati via dalla repressione giudiziaria - chiunque fosse stato fermato alle manifestazioni sarebbe stato condannato indipendentemente da quanto avesse o meno fatto. Si esaurirono per la mancanza di rivendicazioni salde e comuni e alla fin fine per insufficiente coscienza delle ragioni del proprio disagio, vale a dire una politica economica liberista che stava e sta spazzando via les derniers lambeaux di benessere, vale a dire di civiltà, faticosamente conquistato in due secoli e mezzo.
Fedele al principio della non ingerenza più di quanto non siano i governi marconisti non sono andata alle manifestazioni, ma se fossi stata Francese lo avrei fatto. Fraternité.
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