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Toulouse en érasmienne

lunedì 20 marzo 2023

Erano stati avvertiti (parole accumulate in confusione)

Anche peggio di quanto pensassi. Le intimidazioni marconiste non hanno risparmiato neanche le manifestazioni ufficiali. Come se da noi Renzi, D’Alema, Prodi caricassero cortei di CGIL CISL e UIL semplicemente perché sono per strada. Lo hanno fatto? be’ può anche darsi, a maggior ragione. @MaximeBorg

Macron teme il ritorno di una protesta dell’ampiezza dei Jaunes e sa che deve a ogni costo far passare la riforma per gli equilibri UEZ. O è semplicemente vendicativo fino al midollo. Tutte cose note prima della seconda elezione. Tutte.

Con poco tempo e poche forze.

Le manifestazioni spontanee di questa sera represse con brutalità gratuita. A Lille, Marsiglia, Parigi, Strasburgo. #Violencespolicières #MotionDeCensureTransPartisane (Twitter e blogger non sono più incorporabili.) Domani la manifestazione dei sindacati, rituale, sarà lasciata fare. Ma Macron vuole e deve a tutti i costi evitare che si riformi un movimento non controllato e trasversale come furono i Gilet Jaunes. Quello può dargli fastidio. Tutto il resto non gli fa paura. Sa di avere dietro di sé la UE, oltre a fondi pensione e sciacalli vari, politici e sindacati dietro l’opposizione di facciata. Quindi deve intimidire chi da solo è sceso in piazza stasera. Deve riprendersi le strade. Anche dai giornalisti, intimiditi e percossi come al tempo dei Jaunes.

Da parte mia, dopo la Grecia massacrata dalla UE malgrado le manifestazioni immense, sono sempre più scettica sulla spontanea potenza della folla, feticcio di una cosiddetta di movimento che non è più ne l’una né l’altra cosa. Se non è sostenuta da una adeguata leadership capace di agire anche in contesti istituzionali una manifestazione fallirà. Macron ha manifestamente contrattato prima di avanzare nella riforma. Da quel punto di vista i manifestanti sono del tutto scoperti. Né hanno una tradizione di ribellione rivoluzionaria. Per questo han già perso, si batteranno perché bisogna, ma chi dovrebbe rappresentarli in politica e sul lavoro li sta mandando, incoscienti, ma cosciente, al macello.

@violencepolice @AlsaceRevoltee @CStrateges @laluciolemedia @TaranisNews @Cemil

Il personaggio era sempre stato chiarissimo. Se lo sono ripreso dopo averla scampata una prima volta. Hanno già sperimentato che il livello di cinismo di costui lo lascia totalmente indifferente davanti a più di qualche pestaggio. Come con le precarizzazioni del lavoro volute da Hollande e affidate allo stesso individuo, il coraggio dei Francesi li farà esporre alla violenza fisica. Servirà solo a fare un po’ di teatro a spese di un coraggio mal utilizzato e fin troppo ben diretto. Lo abbiamo visto tante volte da quando quel febbraio del 2009 sbarcavo a Tolosa in mezzo a uno sciopero degli insegnanti cui Sarkozy stava tagliando la formazione. « Enseigner, c’est un métier » era scritto sul volantino che mi misero in mano durante la mia prima passeggiata in una sera nevosa. « La chaux, notre métier » campeggiava su un palazzo antico in ristrutturazione al sole qualche giorno dopo. Il livello dei servizi sociali e delle facilitazioni di accesso alle attività culturali a Tolosa era inimmaginabile. Vivere era facile e sereno, in una stanza di pensionato universitario con micro angolo cottura di nove m2 con bagno esterno (quello interno sarebbe costato troppo). Perché fuori c’erano spazi collettivi dove vivere e lavorare - cioè nel mio caso, studiare - biblioteche funzionanti di grande bellezza, teatri, concerti, concorsi di canto, cinema a pochi euro, conferenze ovunque, un dialogo continuo tra ruoli diversi; la piazza della città trasformata ogni settimana in un luogo dove trovare tende mongole con calligrafi, sofà dove conversare, giochi e giocolieri, attività di ogni tipo, gratuite e ben fatte. I grandi mercati attorno alle cattedrali ogni domenica. Si apriva per me la sperimentazione di una vita civile in un paese dove mobilità sociale e servizi pubblici funzionavano ancora. Sarebbero ben presto caduti sotto le passeggiate al mare di certi figuri. Ma chi venne dopo non le restaurò come avrebbe dovuto.

Oggi per me vedere distruggere l’essenza dello stato sociale conquistato da un popolo fiero intelligente colto e libero è straziante più che se fosse successo qui. Qui è già successo, con Dini e Prodi, in sinistra e non sorprendente analogia. Non sorprende chi per anni ha ricostruito come le politiche di liberalizzazione economica e distruzione dello stato sociale volute dalla UE siano state introdotte nei singoli paesi dai partiti di una cosiddetta sinistra progressista che ha trovato in questa miserabile scappatoia una possibilità di continuare a esistere dopo la fine dell’URSS. Condannando i popoli dell’UE alla miseria, a non avere pensione, a non avere abitazioni, a non avere salario, futuro, ospedali, istruzione, a pagare un biglietto di museo quindici o venticinque euro, a vivere per pagare bollette e trasporti a società privatizzate.

La Francia è stato l’ultimo paese UEZ a cedere. Si sono battuti contro il liberismo dal 1995 fino al 2014, resistendo passo passo. Il primo tentativo è stata la privatizzazione dei trasporti nel 1995, poi il contrat du premier emploi, l’equivalente dei cococo dell’amato Prodi, nel 2005. Contrariamente a qui, dove non vi fu un fiato, allora tutta la società francese si ribellò dalle Grandes Écoles ai sindacati che facevano il servizio d’ordine per proteggere gli studenti. Poi ci furono dieci anni di deindustrializzazione e delocalizzazione (lo Stato deve astenersi dall’intervenire nell’economia!) con il conseguente indebolimento dei sindacati, nonché la cecità voluta su quanto pesasse il liberismo UEZ  nelle politiche economiche ormai piegate a strozzo da Maastricht. La casse du code du travail firmata da El-Khomri (come sono brave le donne!) ma voluta da Macron e accettate da Hollande. Da allora il sindacato, sostanzialmente concorde con i due compari, cominciò a indire manifestazioni e scioperi dopo e non prima delle votazioni delle leggi, quando ormai si era davanti al fatto compiuto, con l’unico scopo di offrire uno sfogo a una base scontenta e ben diversamente mobilitata.  Quella base delusa e disperata in buona parte si ritrovò a salire a Parigi nel generoso tentativo dei Gilet Jaunes che a prezzo di sacrifici sanguinosi erano riusciti a far perdere la faccia a Macron davanti al mondo intero. Oggi le pensioni, che la pandemia aveva fermato nel febbraio 2020 dopo un Natale di scioperi. 

I servizi cedono a poco a poco, quelle piccole cose che « tanto basta organizzarsi, lamentarsi non sta bene». Alla BnF hanno cominciato a chiudere la distribuzione il sabato, giorno in cui possono andarci anche le persone che lavorano durante la settimana. I biglietti del métro sono aumentati a Parigi per l’ennesima volta. Al Louvre da due anni hanno prima ridotto poi soppresso le domeniche gratuite. In certi ambienti inverosimili si comincia a tagliarsi i fondi da sé. Il personale pubblico viene ridotto, declassato e precarizzato ovunque, spietatamente. La Francia che amavo sta venendo smantellata senza (voler) capire da un tipo che non ha mai nascosto di volerlo fare. Chi è causa del suo mal non mi consola: li amo troppo per non sentirmi straziata.

I Francesi si sono fatti massacrare da quest’uomo per tre anni, finché il confinamento li ha rinchiusi in casa infrangendo le ultime resistenze. Non so quale obnubilazione li abbia portati a rivotare un manganello, tra l’altro che non ha mai nascosto le proprie intenzioni. Come per la loi travail, adesso sindacati e partiti di non-sinistra li faranno sfogare un po’, tanto la legge è passata. Una strategia autocentrica e disastrosa.


 

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