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domenica 26 novembre 2023

Quando neanche vincere basta

 Ecco cosa sono stati e sono i miei ultimi mesi e ecco quello che posso dire per ora della questione cui accennavo negli scorsi post senza specificare altro.

Io uno di quei concorsi di primavera l’avevo vinto. Ero stata convocata con pochi giorni di preavviso per prendere servizio in un’altra città, in un’altra regione. Ero partita, tutta felice, sconvolgendo tutto quel che stavo facendo, perché non mi era stato concesso il tempo di riordinare tutto prima di partire. Poco male, rimedierò in qualche modo, avevo pensato.

La nuova città mi piaceva, soprattutto per la vicinanza alla natura. Il lavoro non mancava, un nuovo orizzonte si stava aprendo. Era una situazione strana, come sentirsi fiori che iniziano a sbocciare nelle chiazze di erba gelata lasciate infine libere dalla neve. La città, tutta di versa dai luoghi in cui avevo vissuto, non l’avevo scelta, la struttura sembrava avere qualche affinità con la mia specializzazione, la motivazione era l’avanzamento di carriera. Mi stavo ambientando. Ero curiosa di capire cosa sarebbe successo, come sarei diventata, che vita mi sarei costruita, piano piano. Il territorio era appassionante nella sua varietà e nelle sue memorie. 

C’erano in ballo progetti interessanti. Era tutto da inventare.

È durato due mesi. Al ritorno dalle vacanze estive arriva un ricorso dell’ultima persona idonea in graduatoria. Il ricorso non è contro di me e non mi contesta nulla. È contro l’amministrazione che ha indetto il concorso, di cui chiede l’annullamento.

A detta di tutti i giuristi che ho consultato è un ricorso debole. Il problema sono i tempi. Come tutti i dipendenti pubblici ho diritto alla conservazione del posto nell’amministrazione di provenienza per tutta la durata del periodo di prova. Questo periodo però è troppo breve per arrivare a una sentenza sia pure di primo grado. Di conseguenza, alla fine del periodo di prova sono obbligata a dare le dimissioni da una delle due amministrazioni. Io ovviamente non ho alcuna voglia di tornare indietro, ma se il ricorso fosse accolto per un qualsiasi motivo, cosa sempre possibile, mi ritroverei ad avere perduto non uno ma due posti di lavoro. 

Tento per due mesi una mediazione in tutti i modi possibili. La mia vecchia amminstrazione non mi lascia scelta. O torno o sono fuori.

Io non ho altre fonti di reddito che il mio lavoro. Non posso permettermi di rischiare di perderlo. Dopo avere resistito sino all’ultimo sono costretta a tornare indietro « di mia scelta ». In un luogo che odio, in una situazione che ho più volte descritto come insensata e vuota di ogni prospettiva di crescita. 

Siedo per ore e ore davanti a uno schermo. Mi sento totalmente inerte e passiva. Distante da tutto, senza reazioni e senza energia. Desensibilizzata. Suppongo sia una strategia di sopravvivenza del mio cervello che si è spento, perché se una emozione appena affiora si apre un torrente di lacrime.

Si aggiungono le difficoltà logistiche. Per potermi permettere un alloggio in una località turistica e studentesca a un tempo, sono stata costretta a affittare la mia casa a Roma. Al ritorno non ho più un posto dove andare e devo chiedere ospitalità al marito di mia madre, in un contesto che definire a affettivo è poco, a partire dalle prime ore che passo in casa sua - che sarebbe poi la casa coniugale, eh. Ma la mia mamma non ha più la forza di resistere alle sue intemerate. Tento di trovare altre soluzioni, ma ho bisogno di tempo. Soprattutto uscita da un’esperienza simile, in cui ho dovuto smontare con le mie mani tutto quello che avevo costruito, avrei bisogno di calore e sollecitudine.

Inoltre ci sono altri due concorsi da svolgere in questi giorni. Avrei bisogno di aiuto emotivo, per dedicarmi allo studio con qualche energia perché sono davvero piagata. Non li ho.

Non riesco a studiare e son concorsi meno vicini alla mia preparazione di quello che ho vinto. Passo lo scritto del primo, ma non avendo studiato ho un punteggio insufficiente a vincere e è sempre per un solo posto. 

Mi sento svuotata.

Se i dipendenti pubblici non fossero stati privatizzati dai governi Amato e Berlusconi avrei potuto conservare il posto precedente in caso di cattivo esito. Ora non è più possibile. 

Mi sento infilata in un gorgo che mi si chiude sopra la testa. Non ho più forze, nemmeno per chiedere un aiuto che tanto non arriverà.


4 commenti:

  1. Non so che dirti. È veramente una situazione paradossale. Ma non disperare, RESISTI! Noi incrociamo le dita

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  2. E' tutto surreale ma credibile, la burocrazia che crea situazioni paradossali irrisolvibili per i tempi e per i modi, che uccide speranze e desideri, questa macchina infernale purtroppo esiste e tu ci sei dentro. Secondo me dovresti tornare al vecchio lavoro, quello almeno è sicuro e penso ti dia la possibilità di un minimo di sicurezza economica indispensabile. No so quanti anni tu abbia ma non arrenderti mai, del futuro nessuno di noi ha certezze assolute. Forza.

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  3. Cara Pellegrina, tieni duro e se hai bisogno sono a Roma

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