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giovedì 16 settembre 2010

Un futuro agghiacciante

L'essere dipendenti pubblici non ci proteggerà a lungo. A parte che per la nostra sottospecie quando la pubblica demolizione arriverà a trasformarci in Fondazioni sarà come essere dipendenti del settore privato, e a parte che il sottoinsieme di cui faccio parte lavora sotto un capo che ha deciso di trasformare l'istituzione improvvidamente consegnatagli nel laboratorio di questo sfascio, la strategia complessiva è fin troppo coerente e chiara. Noi (dipendenti pubblici, ancor più se del settore cultura-istruzione) non serviamo a questo sistema di potere. Né abbiamo saputo costruire realmente, molto spesso, va riconosciuto in fretta, per egoismi interni, pigrizia intellettuale, ignoranza e miopia, un servizio sufficientemente prezioso, diffuso e efficace da venire difeso in qualche modo dagli utenti, anche solo con la forma del malcontento. Prima ce ne rendiamo conto e meglio è.

Dal Manifesto di mercoledì 15 settembre 2010

di Antonio Sciotto
Riecco la legge «brucia-lavoro»
Al Senato il ddl rinviato dal Quirinale
Il disegno di legge che brucia i diritti, il cosiddetto «Collegato lavoro» approntato dal governo e in special modo dal ministro Sacconi, torna alle Camere: il Presidente della Repubblica lo aveva respinto a fine marzo, decidendo di non promulgarlo. Soprattutto in forza dello squilibrio tra impresa e lavoratore nel momento della firma per la scelta di un arbitro, di fatto obbligata, e la rinuncia al giudice del lavoro. È l'«arbitrato», di cui tanto si è discusso nell'inverno scorso, che ha diviso la Cgil da Cisl e Uil, e che nella versione rivista non riguarda più i licenziamenti e l'articolo 18, ma resta in piedi per tutte le altre cause. E non è l'unico punto negativo del Collegato: la Cgil segnala tanti pericoli e si prepara a una campagna di mobilitazione, con l'obiettivo di ricorrere alla Corte costituzionale a legge approvata.
Il ddl è calendarizzato per oggi al Senato, e se passerà dovrà andare alla Camera per l'approvazione definitiva: ovviamente a questo punto il Presidente Napolitano dovrà promulgarlo. «La parte centrale della legge riguarda la certificazione e l'arbitrato - dice Fulvio Fammoni, segretario confederale Cgil - La certificazione di fatto è già in vigore, ma fino a oggi serviva solo per identificare il tipo di contratto, se fosse a termine o a progetto ad esempio. La novità è che il ddl adesso permetterà di entrare nel merito del rapporto, e si potrà far siglare al lavoratore tutta una serie di clausole in deroga al contratto nazionale, firma di cui poi il giudice dovrà tenere conto. Si ottengono così due risultati: si introduce una prima forma di contratto individuale, e si indebolisce la funzione del giudice».
Fammoni spiega che «la Cgil sarà sempre a disposizione, con i suoi sindacalisti e legali, per consigliare e informare i lavoratori, ma non avallerà mai questo tipo di contratti nè farà mai parte di una commissione di certificazione». «Anzi - aggiunge - una volta che la legge dovesse essere approvata, nonostante gli sforzi che stiamo facendo e faremo perché non lo sia, distribuiremo un vademecum per spiegare tutti i rischi e offriremo sostegno».
Ancora, c'è l'arbitrato: «È una clausola compromissoria che si fa firmare al lavoratore - continua il segretario Cgil - imponendogli di fatto di rinunciare per sempre e senza possibilità di ritorno ad avvalersi di un giudice. Si indebolisce così non solo, ancora una volta da parte di questo governo, la magistratura, ma anche la forza e la centralità della legge. Si deve notare poi che l'arbitro che sostituirà il giudice dovrà emettere una sentenza "secondo equità": anche in deroga alle leggi e ai contratti nazionali. Sono evidenti tutti gli elementi di incostituzionalità della legge, e per questo forniremo ai lavoratori tutti gli strumenti utili per il ricorso alla Corte costituzionale».
Ancora, segnala la Cgil, il ddl contiene l'apprendistato a 15 anni, «che in un colpo solo abbassa l'obbligo scolastico e la soglia del lavoro minorile»; viene inoltre rimessa in piedi la delega sugli ammortizzatori sociali, già prevista nel Protocollo welfare del 2007: «Ma in questo caso è utilizzata per scavalcare il Parlamento e approvare una legge diversa da quello spirito, con differenziazioni a seconda dei settori di lavoro e dei territori». Peggiorano anche le norme sulla sicurezza del lavoro: diventerà obbligatorio denunciare gli infortuni solo con prognosi superiore a 14 giorni, e non più a 3. Inoltre, si abolisce il «registro infortuni» che doveva essere tenuto da ogni impresa. Secondo la Cgil, è solo l'anticipo di altre «controriforme» annunciate: la modifica dell'articolo 41 della Costituzione sulla libertà di impresa e la destrutturazione dello Statuto dei lavoratori.

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