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per gli scribi

Toulouse en érasmienne

sabato 25 febbraio 2017

Quella abituale sensazione

di essere troppo per alcuni, troppo poco per altri, confusa nelle definizioni e in defnitiva da più semplice da scansare in nome dell'insignificanza del quieto vivere.

Vedi di finire quel lavoro che sarebbe più utile, va'.

mercoledì 15 febbraio 2017

Te lo do io il cavolo D A[H]IA na! the recipetionist gennaio febbraio 2017

Aggiornamento: e 'l giudice fu clemente (vedi sotto). 

Signor giudice, io sono negata, si sa. Del resto mai fatto una gara in vita mia. Quel benedetto simbolo che voi chiamate "banner" da dove lo dovrei pescare? Perché io ci ho provato, neh. O deh!. Ma non gliela fo.
Signor giudice se voi voleste 'rudirmi io ce lo metterei subito subito.
Grazie.

La gara organizzata -  e appunto giudicata - dal blog cuocicucidici è un simpatico gioco sociale in cui si palesano le affinità, forse le invidie, le aspirazioni, le simpatie le ammirazioni verso i blog culinari che si seguono. Consiste nel pubblicare un post sul proprio blog raccontando le proprie avventure con una ricetta tratta dal blog del mese. Questo mese ci si misura con Andante con gusto, un titolo che mi è particolarmente caro per il genere musicale che evoca, oltre che per il divertimento culinario che promette.

Passiamo poi alla protagonista della gara. Lei, divertita, mi dice che sarei "perfida" ;-). Sempre per via di quel tal cavolo...
Ebbene, vediamo.
 


La cucina di Patty rispecchia due tratti del suo carattere. Il primo è l’amore per il cibo, declinato presso di lei in un solo appassionato senso: sontuoso, alla vista, nel linguaggio, nelle trame dei racconti autobiografici, negli ingredienti sempre molteplici, nella preparazione goduriosa e larga finale. Ne sono prova le ricette sempre ricchissime: volete una verdurina?  D’accordo ci siamo noi, ma non vi aspettate meno di mezzo chilo di ottimi formaggi per creare un contrasto avvolgente con la freschezza vagamente zuccherina delle foglie, né meno di una pioggia di semini cromaticamente intonati per convincervi che è sana, nel senso in cui oggi va di moda pensare che un cibo lo  diventi grazie a un pizzico di panacea.
Ma sarà di certo buono, quindi ben venga. 

Sontuosi i dolci e sontuosi i tempi di lavorazione. Se per fare un panino mette a tavola tutta lafamiglia all’ora del the, per fare i biscottini di mandorla alla moda realizza una matrioska con doppia farcia concentrica (e mi onora, ma solo per via dell'ansia incombente, di un'anteprima telefonica delle sue intenzioni - non diciamo altro...). Obblighi a parte i tempi non sono dovuti alle preparazioni, o alla scelta esplicita di una realizzazione di cui interessa anzitutto l’alta tecnica, ma soprattutto alla ricerca di un mitologico corno di Flora da cui spandere trionfi rinascimentali sulla propria tavola, che si muta in tavolozza condivisa sul set fotografico giocato di predilezione nei colori dell’autunno, vale a dire del ricco raccolto. Piene di natura e materie prime sono infatti le sue immagini e le sue scelte di ricette, toscane ma non soltanto. Quelle con i prelavorati le mettiamo sul conto delle eccezioni che confermano la regola e le lasciamo da parte, per quanto mi riguarda, inclusa la non amata nutella, ultimamente sostituita mi pare anche da lei e non potremmo che rallegrarcene.

Il secondo  tratto è la sublime capacità commerciale, declinata non nei volgari tratti delle marchette promozionali con gergo anglofilo, orrrrrorre, bensì nella ferma applicazione dell’eterna regola per cui  il cliente, o il lettore, anzi la lettrice rompiscatole, ha sempre ragione e intanto compra, o meglio mangia e guata, restando incatenata dal frastornante lusso teatrale delle proposte e dalla ricchezza degli stimoli profusi come nei palazzi di Alcina. Tutto questo non sarebbe possibile se dietro lo schermo non vi fosse una persona zampillante di vita, gioiosa e golosa, scoperta e riservata insieme, come lo mostra il favoloso sorriso delle sue foto. A dimostrazione ulteriore che non sono gli uffici stampa creatori di eventi, stupro semantico da abolire dal lessico decente, a fare un blog serio e di riferimento per quello che è il suo stile, indubbiamente personale, ma la passione di condividere i ricchi contenuti che si devono dire.

Le si farebbe torto se non si parlasse della convinzione con cui sostiene i prodotti legati alle sue radici: olio d’oliva innanzitutto, per i due rami della sua famiglia e per quello acquisito, formaggi pecorini, fagioli, carni , c a s t a g n e, e ricette tradizionali di cui tanti hanno in questi giorni parlato.


E come quintessenza di tutto ciò quale esempio migliore si può portare del recente episodio del cavolo? Cavolo nero, evidentemente, che altro? Per di più con le pappardelle? Cotto scottato come fosse una rucoletta di nessuna importanza? Un radicchietto qualsiasi che si sa gli anglosassoni sono convinti che basti quello a far italico, della Bassa? A noi? Infilato con appena un po’ di peperoncino a far bella mostra di sé su della pasta all’uovo bell’asciuttina che meglio non si può, tanto poi basta un giro d’olio, quando nemmeno una latta? Signori, un po’ di serietà, è in gioco l’onore delle sacre mura. Ma che non si dica che qui si scateni una guerra, per carità.

Com’è come non è, dopo una misurata risposta che puntualizzava come il cavolo nero sia bestia da trattare con riguardo, siamo o non siamo di dove siamo, due giorni dopo compariva sull’Andante la ricetta che ho replicato e che si trova illustrata e commentata qui di seguito.

La ricetta è equilibrata e gustosa, generosa senza eccedere né in tempi né in condimenti. Confesso però che il rigatino consigliato nei commenti non l’ho usato. Insolita quanto basta e a predominanza vegetale, è sorprendentemente leggera, ma sazia per via delle patate. Ho il sospetto che si possa alleggerire ancora di formaggi, dando più peso agli elementi vegetali. Io stavolta non l’ho fatto, sia per lo spirito del gioco, sia per vedere il risultato finale. Ho apprezzato particolarmente il modo in cui le consistenze si fondono l’una con l’altra. La morbidezza delle patate, rilevata dal cavolo e racchiusa in un guscio tenace di pasta all’uovo, viene richiamata dalla crema profumatissima di ceci su cui i ravioli si adagiano. Il pecorino è la nota sontuosa e golosa che si spande ovunque.

Ho utlizzato metà dose rispetto alla ricetta originaria e ho lavorato esclusivamente a mano, non avendo macchine.
Le mie varianti sono state queste:

  1. Preparazione del cavolo: ho trovato delle foglie piccoline e tenere e non ho eliminato le coste. Le ho però sfilate - te ce vojo vedè Daiana a far sfilare le coste alle massaie USA tutte lievito, colla di frostinghe, micro e sfoglia industriale - e ho usato tutto quanto, cfr. foto n. 1.

    Sfilacciamento delle foglie



    Patata lessa schiacciata allo schiacciapatate. Non mi parlate di fiocchi - orrore! Meglio saltare una cena.
  2. Aggiunta di un ingrediente. Senza volerlo, mi è stato suggerito proprio da Patty, quando ha scritto a commento della ricetta precedente come la buccia d’arancio desse una spinta aromatica fantastica al cavolo. Io amo moltissimo i profumi e gli aromi e le spezie. Così ne ho approfittato per grattuggiare la buccia di mezza arancia nel ripieno. Per questa dose è perfetta.
  3. Metodi di cottura:  come si sa non sono una che ammette basi o prodotti da supermercato in cucina, faccio però eccezione per i ceci in scatola, che amo morbidi. Quindi ho usato una scatola di ceci, sbucciandoli per poi farli ripassare una mezz’oretta nelle stesse erbe con cui la ricetta prescrive di cuocere i ceci secchi (vedi pentola nella foto sopra), poi procedere come indicato.
  4. Preparazione dei ravioli: a me la pasta, confesso, piace spessa, duretta e consistente. L’ideale per questa ricetta, anche se lo spessore era probabilmente maggiore del mm e mezzo indicato, già ben diverso, di suo, dalla sfoglia a velo dei tortellini tradizionali.


     Il mio micropiano di lavorazione :-/ 

  5.  Per motivi di salute ho dovuto eliminare il pepe (non posso mangiare nulla che sia piccante). Ne userei comunque con estrema parsimonia. 
  6. il mio olio è del Garda, non toscano. Il pecorino però è quello giusto!
Ovviamente l’ultima fase (stendi sfoglia alla bell'e meglio, fai i tortelli, cuoci, fotografa e mangia) è avvenuta nel momento peggiore, mentre preparavo i bagagli per il (periodico ahimé) trasloco in Francia, con la mia mamma affamata che alle 15 ha reclamato il pranzo senza por tempo in mezzo. Quando si dice i bambini... :-P.


Le foto ne hanno risentito anch’esse: impossibile realizzarle sul momento, l’unica foto del piatto ultimato ritrae un raviolo  avanzato, quindi molto gonfio, rimasto in frigo fino al giorno dopo e immortalato qual rosa alla fine del giorno.