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per gli scribi

Toulouse en érasmienne

mercoledì 28 dicembre 2016

Preparativi

Dalle mie valli amatissime, ora brulle e senza un sol fiocco di neve:





mercoledì 21 dicembre 2016

La leggenda della notte del solstizio

Pirato la storia dei Kallikantharoi, che cominciano già a spuntare da sotto la terra, annusando l'aria fredda di questi brevi giorni. I Kallikantharoi sono piccoli folletti che vivono presso il centro della terra, sono neri, hanno una lunghissima c o d a, mangiano rane (o-ohhh!), vermicelli e @@.

Hanno paura del fuoco e del sole e anche dell'acqua, ma solo se è santa. Nei dodici giorni fuori dal tempo tra il solstizio e l'inizio di gennaio, quando il sole appare immobile, cioè tra Natale e Epifania, lasciano le tenebre sotterranee dove vivono per passeggiare la notte nel mondo di sopra, quello dove noi respiriamo, abbandonando la loro opera.

Tutto l'anno i folletti lo passano chiusi nel centro della terra intenti alla fatica. Al centro della terra cresce l'albero della vita che sostiene il mondo. I folletti lo segano e lo fanno a pezzi. Ma sul più bello, quando ormai l'albero sta per cadere, il mondo si apre e loro possono sfuggire alla fatica e sciamare sulla terra, dove amano fare un gran trambusto.

Entrano nelle case passando da ogni pertugio come i soffi del freddo vento di tramontana: dalle finestre, dal camino, dalle porte che non chiudono bene, dalle crepe nel muro.

Ma basta poco poco per confonderli. Se troveranno un colino davanti alla porta, per esempio, passeranno tutta la notte a contare i buchi finché all'alba  correranno a nascondersi per non essere sorpresi dal sole. Nel camino basterà mettere un grosso ciocco che bruci per tutti i dodici giorni in cui il sole quasi scompare a tenerli lontani.

Quando il sole ricomincerà il suo giro tornerannno al centro della terra. Là scopriranno che l'albero della vita è ricresciuto durante la loro vacanza e ricominceranno a consumare nel lavoro un altro anno di vita.

Scrivo questa storia così fiorente di simboli e metafore come augurio a un popolo martoriato al di là del sopportabile, quello greco, nel silenzio dell'informazione, non alle porte dell'EUropa come si diceva un tempo dell'ex Jugoslavia, ma dentro e per mano dell'Unione europea. Quanti di loro non passeranno il freddo dei giorni dei Kallikantharoi?

Buon Natale.

venerdì 16 dicembre 2016

In nome del papa re

Quello che non è affatto divertente, invece, è l'effetto del polverone sollevato da questa vicenda: qualcuno ricorda ora i salari e il potere d'acquisto più bassi della media d'EUropa, raggiunti dall'Italia grazie a Jobs Act, con la Grecia pudicamente esclusa dalle statistiche, dopo il passaggio dei boia di Bruxelles? o non si stava per caso parlando di irrilevanti problemi da due soldi del Monte dei Paschi di Siena?
Fondo salva stati=troika in casa (finora si va per corrispondenza) o salvataggio diretto, come la Germania con le sue casse locali?  o trappole per i piccoli risparmiatori dei quali, si badi, non faccio parte: la moderazione salariale imposta dall'euro e dall'"economia di mercato fortemente competitiva" prevista dai trattati UE mi impediscono di avere risparmi, malgrado la tutela costituzionale sul risparmio diffuso.

Così, tanto per sapere.

Ma come: e i "privati"? i santi del nostro tempo profano? Non dovevano salvarci loro?
Eh, be', sembra che costoro abbiano una certa riluttanza a entrare dove non si lucra presto e subito. Ma no? ma come? Il mercato è sempre il più bello, e si sa, ha sempre ratione...


Ora, io non ho modo di sapere se costui abbia o meno fatto quello di cui viene accusato.
Di certo, se un ex finanziere per entrare nei servizi segreti si suppone italiani, chiede aiuto, e già sarebbe opinabile la cosa in sé, proprio a un vescovo(!) sul sagrato di San Pietro, cioè, tralasciando ogni altra considerazione, a un funzionario di uno stato estero, la cosa lascia quantomeno perplessi.
La cattiva letteratura ne riceverebbe una conferma devastante.
Allo stesso tempo questa cosa è così perfettamente romana, così assolutamente senza tempo, da parere più che verosimile: divertente.

lunedì 5 dicembre 2016

NO, uno per articolo. E l'ultimo per il mandante.

Qui non si arrende nessuno!

Oggi è un giorno di festa. Brindisi e candele. Scoperta di consonanze inaspettate. A domani.


Cronaca familiare di una domenica referendaria, 
banali spiccioli che si vuole fissare nella memoria. 
Luisa, la sorella di Beatrice, aveva votato per la prima volta nel 1946. Marito e amico di famiglia, forse compagno della madre, ma questa è un’altra storia che forse un giorno si racconterà, comunisti sotto il fascismo, poi impegnati nella Resistenza, era diventata comunista anche lei, con un’incrollabile fede peraltro nella democrazia parlamentare. Al seggio, spiegava, ci si va di buon mattino, con l’abito della festa, dopo avere fatto il bagno e lavato i capelli. Così,  in sua memoria, domenica, dopo due mesi di malattia, mi sono dedicata a una lunga doccia (perché oggi non mi posso permettere una casa con la vasca da bagno, diversamente dalla sua generazione, e mi manca moltissimo) e ho tirato fuori le scarpe, se non il vestito della festa. Ma un bel maglione morbido e una gonna regalatami dalla mamma li ho messi. Faceva quasi caldo. La mia mamma è venuta a prendermi e siamo andate ai seggi. Mi guardavo intorno, era il primo pomeriggio, vedevo soprattutto persone di una certa età e mi chiedevo con ansia in mezzo a chi vivessi, cosa avrebbero espresso coloro che incontro ogni giorno per le strade, se avessero ceduto al timore della propaganda colante da ogni dove, quali metri di giudizio avessero usato per decidere del voto e quale voto. Abito nei due famosi municipi dove ha vinto il Sì, sia pure molto sbiadito, ma dove non vivono soltanto i ricchi, come superficialmente è stato detto. Intorno a me c'erano sguardi modesti, volti segnati non dalla chirurgia estetica ma dalla stanchezza e dalla fatica, da una condizione economica che non permette di indulgere in massaggi, creme e cliniche di bellezza, vestiti grigi di taglio qualsiasi. I poveri vecchi ignoranti del Brexit, insomma. Quelli che un tempo, in un altro tempo, sarebbero stati più precisamente e onestamente definiti gli sfruttati. Coloro che la Costituzione ha aiutato negli scorsi decenni ad avere una vita migliore, grazie alla sua splendida prima parte, soprattutto ai diritti economici che essa garantirebbe se non fosse ormai esautorata in nome della "economia di mercato fortemente competitiva" prevista dai trattati UE. Mi chiedevo se avrei dovuto disperarmi per la capacità di giudizio dei vicini, per il destino che avrebbero voluto imprimere al nostro futuro. Ero agghiacciata ma non osavo parlare. Solo mi aggrappavo agli sguardi tentando di decifrarli, stabilire un contatto, intuire un guizzo, una determinazione, una barriera. Un NO. Poi ci siamo organizzate per la merenda da me, il the nelle tazze dono di nozze di Beatrice, vagamente suprematiste, degli anni Trenta, la candela accesa sul tavolo con la tovaglia ricamata del suo corredo e questi splendidi soufflé alle castagne ad aspettarla. Eravamo tutte e due in ansia per il risultato, lei poi ha un marito siista come tutta la di lui famiglia. Per fortuna, mi spiegava, abbiamo fatto i conti che i nostri voti e i loro si compensano. Così abbiamo organizzato un pomeriggio per noi, facendo cose piacevoli e rivedendoci dopo due mesi di malattie reciproche. Non volevamo parlare del referendum, bensì goderci solo la reciproca compagnia, ma il pensiero aleggiava.  I soufflé l’hanno incantata già al vederli nel forno. I kaki erano squisiti. Mi ha chiesto il permesso di portarne uno a suo marito, persona ottima, tra l’altro. “Portaglielo pure, ho risposto scherzando, ma non se lo merita!” E per ancor maggior fortuna, ci sono stati altri voti che non si sono compensati più.

Quando è tornata a casa, io sono rimasta qui, leggendo e riordinando, in compagnia delle mie medicine. L’ansia montava. Mando un sms disperato a un’amica francese che tenta di confortarmi. La sera, a urne chiuse, non voglio sapere nulla, mi convinco a non sperare, a non sperare troppo. Vado a letto, niente internet, niente messaggi, niente di niente. Altrimenti non avrei dormito, e il giorno dopo al ritorno al lavoro mi aspettava una lunga giornata di dieci ore, con una scadenza importante e pubblica. La mattina scopro uno splendido sole. Dopo la malattia ho voglia di colori chiari e infuocati e mi vesto con una gonna rossa di lana a ruota dalla vita alta e strizzata e un maglione bianco, anzi due, a ripararmi il petto e la schiena. Talons rouges e via nel cielo azzurro. Ma ancora non voglio sapere. Mentre con l’équipe siamo immersi nel lavoro di montaggio fisico, arriva un sms “Siamo stati bravi, il lavoro comincia adesso.” Chiamo, e finalmente so. 65% di votanti, 59% di NO. Scopro che un membro della squadra ha fatto campagna per il NO. Mentre lucidiamo un pezzo ci confrontiamo e ci riconfortiamo. Il pezzo ormai brilla grazie all’ entusiasmo politico che fa scorrere energia nelle nostre mani attive e impegnate. 

Alla fine della lunga giornata ritorno a casa sotto le stelle: è tempo, almeno oggi, di brindare, festeggiare, riposare, essere felici. Degli altri, di noi stessi. Almeno un giorno, almeno una notte.
Ancora qualche minuto agli uomini.

giovedì 24 novembre 2016

No comment, anzi sì







Sarei anche stufa.
Ma parecchio












A votare ci vado, ovviamente, a costo di strisciare come un rettile giù per quattro piani di scale e fino al seggio (su altre scale). Non voglio avere rimpianti il cinque mattina, quando troppa Italia avrà belato "Sì" ai banchieri di  JP Morgan, convinta di andare verso il cambiamento contro la casta dei politici imbelli e corrotti.

Come ci spiegano i banchieri - sì, quelli della crisi del 2007 negli USA:

"At the start of the crisis, it was generally assumed that the national legacy problems were economic in nature. But, as the crisis has evolved, it has become apparent that there are deep seated political problems in the periphery, which, in our view, need to change [cioè: qui un manipolo di banchieri sta decidendo che è necessario che i paesi della Uem sconvolgano su loro decisione le loro regole interne di convivenza sociale, ivi compreso il welfare e i salari dignitosi previsti dalla nostra Costituzione, e le istituzioni che le esprimono, per non parlare della separazione e dell'equilibrio dei poteri. Ma ci rendiamo conto?]  if EMU is going to function properly in the long run. (...)

Constitutions tend to show a strong socialist influence, reflecting the political strength that left wing parties gained after the defeat of fascism. Political systems around the periphery typically display several of the following features: weak executives; weak central states relative to regns; constitutional protection of labor rights; consensus building systems which foster political clientalism; and the right to protest if unwelcome changes are made to the political status quo. The shortcomings of this political legacy have been revealed by the crisis. Countries around the periphery have only been partially successful in producing fiscal and economic reform agendas, with governments constrained by constitutions (Portugal), powerful regions (Spain), and the rise of populist parties (Italy and Greece).

The key test in the coming year will be in Italy  where the new government clearly has an opportunity to engage in meaningful political reform. But, in terms of the idea of a journey, the process of political reform has barely begun. (p. 12-13)."

Quindi, a lor signori "basta un sì".  Non sono ottimista.


 Vignetta di Vauro piratata dal Fatto quotidiano.

sabato 24 settembre 2016

Bandire nell’ombra - Shadowban

“Sembra un nome salgariano. Del resto questa è un’avventura salgariana. Quando arrivano i pirati di Mompracem? Tigrotti, all’arrembaggio…”
“Leggi troppi romanzi d’avventura. Datati, per giunta. Chi sarebbe il bandito?”
“Un blogger che frequento…”
“Ah, ci mancava questa. Uno di quei siti tutti zucchero e burro…”
“Giammai. L’autore è magro come un chiodo. E poi, io sono contro lo zucchero.”
“Allora diffonderà immagini pedopornografiche!”
“Macché. Un sito dei più austeri.”
“Dev’essere una gran noia. Ma allora, perché?”
“Twitter sostiene di averlo individuato come spammer. Quindi lo bandisce nell’ombra, cioè quando scrive dei tweet per segnalare i post del suo blog, non li fa arrivare a chi lo segue. E non solo. Se i suoi lettori rilanciano i tweet per conto loro, blocca pure quelli. E ai nuovi lettori il sito viene segnalato come pericoloso.”
“Lo dicevo io. Con tutta quella roba da mangiare sui blog che segui tu, questi qui come minimo spacciano PM.”
“Ma no, ti dico. Né PM e neppure una cupcakes. Guarda, non parla nemmeno una volta di E.V.O.”  
“Vuoi dire l’ego di quello che sta..? Ma questo qui, che lo segui a fare? Si sa che tu sei un po’ perversa, ma…”
“Mi piacciono gli approcci complessi, che vuoi. Lì ne trovi a iosa.”
“Appunto, perversione. Perché non accontentarsi delle piccole cose semplici, che fanno bella la vita… Ma, adesso che mi ci fai pensare, perché bisognerebbe bandire un tizio che già seguiranno in pochi, se la fa tanto difficile? Deve averla fatta grossa, eh! Davvero poco raccomandabile! Chi è costui?”
“Un magistrato…”
“Ma è passata l’epoca! E poi chi se li fila più i magistrati, adesso. Hai notato? Con tutta la corruzione che c’è al giorno d’oggi, i magistrati non dicono mai una parola. Lo fanno i politici, stavolta. Strano, però… o no?
Ma basta col passato. Tu sei fuori moda, come sempre. Questo qui chissà dove metteva le mani in pasta nel tempo libero, te lo dico io…”
“Tempo libero? Impossibile. Non ha tempo libero. Lavora.”
“Be’, ma ogni tanto smetterà pure…”
“Non ci giurerei. Bisognerebbe chiedere a sua moglie… Ma non lo so, non lo conosco. Lo leggo soltanto.”
“D’accordo, ma cosa leggi? Di cosa parla tutto il tempo questo magistrato spammer così pericoloso?”
“Ah, be’, di una sola cosa, in fondo.”
“Ah. Pure il maniaco… lo dicevo io! Non c’è fumo senza arrosto, fidati, quelli lì di Twitter, un gigante USA… figurati. Sapran bene quello che fanno… E poi, questa cosa di cui parla sempre? Cosa sarebbe, eh? Ecco, vedi? ecco perché l’hanno beccato come spammer, braviii!!! Si fosse stato un po’ zitto…”

La campagna referendaria entra nel vivo col passare delle settimane. Sul blog in questione non si parla specificamente del referendum, ma di come la Costituzione della Repubblica italiana approvata nel 1948 sia stata concepita, costruita e poi smantellata aseconda delle correnti ideologiche che hanno preso di volta in volta ilsopravvento in questi settant’anni e con essa, fatalmente, i rapporti economici e sociali, quindi le nostre condizioni di vita.   
Com’è come non è, da alcuni giorni è diventato impossibile segnalarne i post via twitter, malgrado tutti i tentativi di contattare l’azienda per segnalare l’errore. Una scappatoia è quella di terminare l’indirizzo con un “.com” anziché “.it” ( http://orizzonte48.blogspot.com/ ), un’altra di incapsulare l’indirizzo con tinyurl, oppure di seguire su Twitter @smigol73 @tricellla @Giove09 e @sil_viar0
che segnalano i post di Orizzonte48.

Sull’abitudine di Twitter di utilizzare lo shadow ban, vale a dire la mancata consegna dei tweet ai lettori senza che il mittente sia avvertito, come mezzo per filtrare opinioni non gradite (ma non per questo illecite) si può leggere questo pezzo. Sì, pare che anche il suo autore sia stato bandito da Twitter…

lunedì 19 settembre 2016

Nel giorno del lavoro

Il calendario della Rivoluzione francese in testa a questo blog riporta come giorno del lavoro non il 1 maggio, ancora di là da venire, ma oggi, il 19 settembre, per il calendario gregoriano che ancora  seguiamo. Questa data marca con feroce ironia la morte di un operaio della logistica alla Seam, ditta appaltante alla GLS di Piacenza, sotto le ruote di un camion guidato da un suo collega, avvenuta durante un picchetto nell'ambito di una lunga vertenza per la riassunzione di otto licenziati e di altri precari. La vertenza si snoda tra carte bollate e proteste in fabbrica, ma l'azienda non rispetta gli accordi e le proteste evolvono con momenti di blocco dei cancelli. Finché, per forzare il blocco un autista di TIR arriva, uscendo dall'azienda, investe l'operario che tenta di opporsi (sì, come il cinesino che tanto ci ha commosso a Tien an Men, però quello lì, uno studente, stava sulla copertina di Time, mentre l'operaio ha avuto diritto a qualche articolo nelle pagine interne della cronaca locale) e se ne va.
Secondo il fratello della vittima, qualcuno vicino all'azienda avrebbe incitato il camionista a partire.
Secondo la prima versione data dalla polizia sarebbero stati gli stessi agenti presenti sul posto a cercare di fermare il tir battendo sulla carrozzeria.
Secondo il procuratore di Piacenza non ci sarebbe stata alcuna manifestazione in corso. Nessuno si sarebbe accorto dell'operaio, che sarebbe sbucato solo dal nulla davanti al veicolo
Il governo dichiara che non si può morire manifestando.

Ma certo, se l'era cercata. L'operaio, ovviamente.


(Gli articoli dei link da cui sono tratte le notizie sopra riportate sono stati salvati e stampati oggi 19 settembre, giorno del lavoro dell'anno CCXXIV.)

martedì 6 settembre 2016

Ora c'è davvero da avere paura

Non per quello che questa notizia dice: MPS Palazzo Chigi smentisce il ricorso al fondo ESM ma per il valore attribuibile all'azione che ne è il soggetto.
Ricordiamo sommessamente che il ricorso al fondo ESM, detto impropriamente salvastati, significa né più né meno che la troika (FMI, Commissione europea, Banca centrale europea) in Italia, l'esautorazione del governo più di quanto già non sia (ricordiamo il pilota automatico che qualcuno si vantò di avere instaurato in Italia).
Come in Grecia, come in Portogallo, come in Irlanda.
Oggi in Spagna, domani in Italia...
Eppure, stavolta avremmo la possibilità di rispedire l'imposizione al mittente e di gettarci fuori da questa trappola mortale.
Oppure, potremmo obbedire e lasciarci scannare, per non sapere, per non osare.
"Le tocsin qu'on va sonner n'est point un signal d'alarme, c'est la charge sur les ennemis de la patrie. Pour les vaincre, messieurs, il nous faut de l'audace, encore de l'audace, toujours de l'audace..."

venerdì 1 luglio 2016

leave? "Razzisti!" ???

Aggiornamento: i collegi elettorali laburisti hanno votato Leave . Chi fosse ancora convinto che il Brexit è stato votato solo dagli elettori dell'UKIP, potrebbe trovare utile l'analisi di un ricercatore dell'università dell'East Anglia, condotta su alcune circoscrizioni elettorali dell'Inghilterra, Galles e Scozia. Sette su dieci tra quelle tenute dai laburisti hanno votato per il Brexit, rispetto ai tre quarti dei collegi conservatori, confermando la distanza di vedute tra le gerarchia del partito schierata per la UE e la sua economia di miseria, e gli elettori a cui quella miseria è stata scientemente imposta dai loro stessi referenti politici. 
En passant sarebbe forse bene ribadire come commenti del voto minimamente affidabili si facciano su dati comparati come questi, forniti dalle circoscrizioni elettorali, non  su sondaggi opinabili pre voto condotti magari su campioni squilibrati. Ad esempio, la famosa contrapposizione generazionale del voto viene da un campione in cui i giovani rappresentano forse un quarto degli intervistati, rivelandosi l'ennesima mistificazione propagandistica. 
Ciò conferma, se ne fosse bisogno, quanto  gli scomposti strilli politico mediatici seguiti dai patemi personali di questi giorni non avessero affatto lo scopo di informare o riflettere sul voto, magari esprimendo legittime preoccupazioni per le sue conseguenze, bensì spargere confusione, incertezza e paura, zittendo qualsiasi tipo di domanda e riflessione sulle possibilità e le opportunità di smantellare anche per altri paesi i legami con l'inferno dei popoli chiamato UE.  Purtroppo, ciò che esce da tutta questa vicenda è che la UE teme più di ogni altra cosa che i suoi cittadini si interroghino sulle scelte politiche che determinano il loro destino; non solo, ma vuole con ogni mezzo rendere loro impossibile farlo.
Ancora più è necessario dubitare, quindi interrogarsi e documentarsi su questi temi.

Desta sempre perplessità come tutti si prenda per oro colato la propaganda dei peggiori arnesi sul Brexit, solo perché strillano più forte, senza mai chiedersi su cosa basino le loro convinzioni. Basta usare la parola "razzisti" e eccoci sull'attenti, ripetendo come 16 milioni di persone siano vecchie, ignoranti e, naturalmente, razziste, perché hanno votato diversamente da come la stampa era pagata per far votare.
Quindi costoro dovrebbero essere privati del diritto di voto. Chi era che diceva che certe decisioni vanno prese "al riparo dal processo elettorale"? e quali erano le decisioni in questione? Quelle che avrebbero portato ai noi poveri la prosperità? o quelle che, allontandoci per un attimo da Albione, hanno distrutto redditi, ricchezza, lavoro, attività economiche, speranza di vita alla nascita! in tutto il continente che avrebbero dovuto proteggere? e chi era che parlava dei vecchi che rubano il futuro ai giovani perché hanno i contributi e la pensione? quelli che hanno voluto la precarizzazione sfrenata del Jobs Act? care persone, certo, altruisti nel midollo.
C'è da fidarsi, altro che quei razzisti dei Britannici, poveri, oltretutto.

Altre fonti di informazione meglio non prenderle in considerazione, costa fatica. "Razzista!" semplifica rassicurantemente le cose, riporta a un quadro noto - è vero che se poi si esce ci sarà il monsone? o mi devo davvero mettere a studiare cosa succederà? io? ma io non ci voglio pensare. Non ci voglio pensare se perdo il lavoro, non ci voglio pensare se ho votato perché mi mettessero la corda al collo mentre gliene offrivo un capo, non ci voglio pensare a leggere cose che non so e mi farebbero sentire ignorante, inferiore e in colpa, mentre posso andare a commentare la partita sui social o a infornare la torta ché è sabato sera. No, "razzista!" offre una pacifica chiave di lettura, evita domande scomode e salva la coscienza dall'indagine e peggio ancora, dalla scelta o dall'azione.
Implica assunzione di responsabilità, oltre il "Ah io non capisco niente" e "Ma se poi capisci stai meglio? No? E allora perché cercare di sapere?". Però poi si crede di sapere, perché ce l'hanno detto tutti, che laggiù son nazionalisti e razzisti e che l'UE è comunque il rimedio migliore per tutti noi.


Oggi lo strumento dell'oppressione dei ricchi contro i poveri sono la UEM e la UE. Piaccia o no, non è Farage. (E Farage votato da 4 milioni di persone non è i 16 milioni e passa che hanno votato Brexit.)
E' la UEM, creata apposta dal grande capitale.
E' la UE a condurre la mistificazione propagandistica del preteso razzismo e populismo di chiunque la metta in discussione.
E' la UE che approfitta di queste etichette come della migliore arma di distrazione di massa per continuare a imporre scelte politiche che, impoverendo la maggior parte della popolazione, alimentano esattamente razzismo e populismo come sfogo al malessere e all'impotenza.
E le anime belle ci cascano pure: si spaventano, si indignano, si ritraggono.
Smettono di ragionare per sussultare pavlovlianamente.

La lotta che conduce è spietata al punto da tagliare le cure e abbreviare la vita. Non c'è molto da discutere, da sperare, da arroccarsi in interstizi di sopravvivenza fino a pochi anni fa concessi dallo stato sociale che oggi, poiché "ce lo chiede l'Europa", non esistono più. O la fermi, la indebolisci, la azzoppi, o la UE ferma tutti noi.

Chi vota leave sta dicendo anzitutto che dentro la UE si vive male.  E si vive male perché il liberismo fa vivere male, come ben sa chi lo subisce vedendosi ridotto il proprio tenore di vita, o come spiegano i sindacalisti dei trasporti, dei panettieri o gli attivisti del Labour che hanno fatto contro il loro partito campagna per il leave.

The rich and powerful overwhelmingly support British membership. The City, the Confederation of British Industry and the Institute of Directors all support the status quo. So do at least two-thirds of large British firms surveyed by the Financial Times last year. A crisis for our rulers can open up a greater space

Loro lo spiegano che il voto puo' leggersi anche rispetto alle zone in cui le regole UE hanno permesso più precarizzazione del lavoro e più privatizzazioni dei servizi pubblici, quindi più miseria, là dove il si' ha stravinto. Ma devono essere razzisti anche loro, giacché lo dicono gli honourable men - pardon human beings. Data la propaganda che miete vittime ovunque, per riuscire a dire anche solo che la UE è la causa per cui si vive male, è necessario provare una rabbia profonda e una fortissima coscienza del proprio disagio e della perdita di ogni speranza.

Inoltre, il Brexit potrebbe dare forza a un dibattito analogo in altri paesi sotto la felice legge UE. Ed è proprio questo che la propaganda del "tutti razzisti, stiamone fuori eh, siam mica scemi noi, noi abbiam capito tutto, fatti loro" vuole a ogni costo impedire: una riflessione consapevole su cause, effetti e necessità di demolizione di questa istituzione di morte. Anche questo sarebbe stupido perdere.

Ah ma il razzismo. Il razzismo non è una tara della mente umana, una colpa da espiare finendo all'inferno, un virus Ebola. Il razzismo è creato dal liberismo che lo alimenta con i suoi meccanismi di esclusione economica e sociale. Il razzismo serve per deviare su falsi bersagli lo sfogo del malessere economico e sociale creato dalle politiche economiche cui i paesi UE sono sottoposti da decenni, tenendo al sicuro e con le mani libere chi quel malessere lo incrementa nella sua azione quotidiana.
Se non lo vogliamo capire, non potremo mai combatterlo.

In tutto il continente i partiti che un tempo si erano proposti inclusione sociale e benessere diffuso si sono candidati da decenni a guidare il processo di immiserimento dei salariati di cui UE e UEM sono stati lo strumento perfetto. Percio' che adesso si votino partiti populisti non merita più scandalo di tanto. Le uniche vie di fuga lasciate aperte alla contestazione di uno stato di cose di miseria e morte di cui si nascondono le cause e cui non si propongono rimedi sono queste.

Ridurre tutto questo a "razzismo", come fosse un perverso piacere dei predestinati alla dannazione, non è solo stupido e supponente: è il migliore FAVORE che si possa fare a chi ci sta distruggendo. Quelli che stanno distruggendo cio' che l'Europa - non la UE che è altra cosa - ha prodotto di più civile: il welfare.

 Chi in Italia ha voluto fare un discorso sincero documentato e lucido sulle scelte di politica economica e i mezzi tecnici usati per applicarle durante la costruzione della Ue e sulle loro ricadute? Sono dieci anni che ogni riflessione in merito è stata zittita, da quando tutti i partiti sono divenuti complici della UE e grazie a cio' han cominciato ad alternarsi al governo.
Meglio deviare ogni dissenso sul razzismo (o sulle adozioni delle coppie omosessuali): chi lo mostra, chi lo contesta e chi resta impastoiato tra i due.
Intanto nei grattacieli si lavora sul serio. Al riparo.

Cominciare a ripensare a questi soggetti proibiti: ecco quel che la propaganda per la quale "sono tutti dei razzisti", una cosa facile e semplice da capire, quindi molto efficace (ma davvero abbiamo chiesto a 16 milioni di britannici se credono nell'inferiorità genetica?) deve a ogni costo impedire. Con successo, bisogna dire.

I buoni propositi della venticinquesima ora

La prossimavoltacominciodallenote, laprossimavoltafiniscosubitolenote, laprossimavoltascrivotuttelenotenegliappunti, laprossimavolta...
ci sarà una prossima volta????????

venerdì 24 giugno 2016

Greatexit!!!



Bravo! Bravo les Britons.
La scritta recita "Tout le monde deteste tourner en rond." Place de la Bastille, 23 juin 2016, dopo una manifestazione contro la loi travail prima proibita e poi autorizzata su un anello di un chilometro sbarrato da griglie antisommossa.

Il mandante di tutte le loi anti-travail del continente, Grecia, Spagna, Portogallo, Italia, Francia è uno solo: la UE.
Il responsabile di anni di distruzione del tessuto economico del continente, grazie a politiche che sostengono unicamente la rendita e l'abbassamento del costo del lavoro, è la UE.

Ah, ma ci ha dato la pace. La pace? La pace dei sepolcri!
Altro che pace: la UE è la guerra continua e inesausta del forte contro il debole, del ricco contro il povero. La UE nasce istituzionalmente per distruggere il welfare e lo dichiara senza infingimenti nel Libro bianco a firma di Jacques Delors, ex presidente della Commissione UE, nel 1991. Subito dopo la caduta del muro, il welfare in questa parte del mondo non serviva più.

Potevamo tornare a morire di miseria, vedi l'abbassamento della speranza di vita alla nascita constatato dall'ISTAT l'ultimo anno dopo tante belle riforme che dovevano salvarci, e di ignoranza come prima. Non so se avete fatto caso al crollo di immatricolazioni nell'università, in un paese che già non aveva un'alta percentuale di laureati, negli ultimi anni.

Qualunque, qualunque cosa spazzi via questa macchina da guerra di odio sociale, questo consapevole e disumano carnefice dei popoli, ben venga.

Il problema è che ha già distrutto troppo. Le Costituzioni reggono ancora,  ma i codici del lavoro no. In Francia il 28 passerà la loi travail. Da noi c'è il mortifero Jobs Act, pacchiano fino nel nome. Tuttavia è dalla resistenza delle Costituzioni, che da noi potrebbe essere garantita da una vittoria al referendum in ottobre, che si potrebbe ripartire per ricostruire un sistema di protezione del lavoro. Come ben sapeva il vicepresidente del MEDEF, la Confindustria francese, il quale dichiarava "Il faut sortir de 1945", le Costituzioni del dopoguerra proteggono il lavoro salariato. Da quel fondamento si potrebbe ripartire per ricostruire sulle macerie. Ma occorre liberarsi dalla sottomissione giuridica e psicologica soprattutto, alla UE, prima che faccia altri danni, completando la sua opera di morte, il suo principale scopo: la distruzione dei diritti del lavoro (e la libera circolazione dei capitali con le speculazioni che si porta dietro, ma questa è altra storia).

P.S.: la questione UE ha messo fine al potere tatcheriano. Di nuovo la questione UE ha causato le dimissioni di Cameron. Non deve portare benissimo ai conservatori. Pare che la regina invece abbia sempre poco apprezzato la UE.

mercoledì 22 giugno 2016

Ritratti

Se dovessi descrivermi.














sabato 11 giugno 2016

Come non erano

Un film strappacore degli anni Settanta, pardon, una commedia romantica USA, sarebbe stato trasmesso alla televisione italiana nei giorni scorsi. Trama: l'incompatibilità di carattere in una coppia dagli stili di vita e dalle idee politiche diverse che si incontra negli anni Trenta e si separa negli anni Cinquanta, attraversando il periodo del maccartismo. Attori protagonisti e regista tre ottimi professionisti, simboli del cinema appena increspato di critica ma che voleva passare per rivoluzionario del periodo. Prodotto adattissimo a sollevare gemiti e rimpianti in chiunque abbia trovato sulla sua strada un irresistibile individuo che comportasse le medesime diversità di quelli del film, rivelatesi impossibili da superare. Naturalmente con un finale consolatorio quanto basta: lei si risposa, vivendo non si sa di cosa perché simili dettagli sono evidentemente secondari al momento di rifarsi una vita da ragazza madre per di più di sinistra sotto il maccartismo, lui passeggia con ragazzotte cui il suo lavoro e la sua posizione sociale fanno più colpo che problemi. Si amano ancora verosimilmente, ma che vuoi farci la vita è così.
Forse questa storia alla fin fine intimista avrebbe dovuto avere tutt'altro significato. Sarebbero state girate diverse scene tagliate alla prima proiezione, cosa abituale nel cinema Usa. Stavolta però sotto i tagli rimane proprio quella che spiega la reale e brutale situazione dell'impossibile convivenza tra i due: data l'attività politica di lei, al marito era stato posto l'aut aut tra lasciarla o perdere il lavoro come sceneggiatore in California. Oppure ovviamente, cambiare lavoro o cambiare paese. Lui aveva scelto, come dire, la carriera?
Personaggio e storia ne escono molto diversi. Conservandone unicamente il sostrato di origine, consapevole fino a un certo punto della differenza sociale e culturale, ma privo della ragione che metteva il protagonista maschile davanti alla scelta definitiva, si crea una romantica commedia sulle "belle cose che finiscono" che possono causare pianti ma non eccessivi, eh, ché domani mattina si lavora, là dove si tentava di parlare di uno dei momenti più oppressivi e bui della recente storia statunitense.
Non male come stratagemma per deviare la tensione e l'attenzione da quanto è determinato da una causa sociale verso la sempiterna tentazione anglosassone delle responsabilità individuali. Certo il protagonista maschile ha la responsabilità di una scelta in entrambi i casi, ma il contesto sociale e politico nella versione originale, rimane presente nella forma più oppressiva e invasiva, e l'individuo del ceto medio alto, che non si ritroverebbe in miseria perché benestante d'origine, palesa un conformismo che grazie ai tagli gli viene risparmiato.
Il film diventa in questo modo una sorta di antenato di un'altra storia che ha fatto versare lacrime e balbettamenti davanti al candore del protagonista, distratto da piume che volteggiano. Anche lì viene rappresentata una sorta di coppia che attraversa i decenni simbolizzando due mentalità che si dividono gli USA. I protagonisti però stavolta vengono dalla piccola borghesia, quindi sono di ceto inferiore rispetto a quelli del primo film. La loro consapevolezza del periodo che attraversano è molto minore; lei anziché un'attivista è piuttosto una sbandata tossicomane. Negli anni Novanta le motivazioni sociali che potevano essere allettanti al botteghino degli anni Settanta sono del tutto scomparse Trionfa la storia dei traumi prettamente individuali, nello stile del pastone visivo e di sceneggiatura del cinema locale, lo stesso che sterminerà anni dopo uno dei più bei testi letterari, ricchissimo di sfumature e dettagli, quello tolkeniano, in una brutta macchina da videoclip.
Ma il taglio ricorda anche una serie di lacrimosissimi e angosciantissimi libri e film in cui il non detto rendeva incomprensibile lo svolgimento del tema dell'incompatibilità di coppia, trattandosi spesso dell'omosessualità del protagonista, nota alla sua cerchia ma non ai lettori o agli spettatori (vedi Il tè nel deserto), la cui repressione avrebbe dato materia di comprensione e di analisi di ben altro peso a tanto deprimente dolore grondante da ogni sillaba.
L'incompatibilità di coppia diventa la più affascinante delle scappatoie davanti alla censura o all'autocensura, alimentando il mito probabilmente inesistente del "non c'è un perché". C'è sempre un perché, più spesso manca il coraggio di assumerlo.
I primi due film sono dei begli spettacoloni, intendiamoci, meglio recitato il primo che il secondo, sono macchine che funzionano nella loro raccolta indifferenziata di situazioni commoventi. Il terzo è una giustapposizione di scene che hanno il solo scopo di favorire lunghe panoramiche di scontri tra mostriciattoli cari al regista e si suppone ai produttori, praticamente assenti nel testo originale.
Ma quello che funziona egregiamente in tutti e tre è il meccanismo di condizionamento dell'immaginario: la scomparsa di ogni complessità dalle storie e dai contesti storici o dalle strutture letterarie e stilistiche alla base delle trame, per farne una rassicurante melassa da cui si esce impiastricciati ma salvi. Soprattutto senza domande: bastano i rimpianti ad occupare la mente,
In ciò adempiono perfettamente alla funzione del cinema hollywoodiano: da questo punto di vista li si può definire ideologicamente dei capolavori.


giovedì 9 giugno 2016

E

oggi c'è il sole! Dopo venti giorni di nubi piogge e nebbie. Si ritorna a respirare. Era apparso domenica pomeriggio, ma nella foschia, e per brevi attimi. Oggi si dichiara in un'aria fresca e netta. Tempo di cambiare abiti.

Con ogni probabilità il 2017/2018 sarà il mio ultimo anno di Francia.
Spero di riuscire a combinare qualcosa da qui ad allora, concludendo quanto intrapreso. Terminando altre cose da tempo trascurate e poi vedendo cosa succede. Sono stordita e non dalla gioia. L'Italia non mi rappresenta più, non ci sono mai stata bene, non l'ho mai amata, non mi piace il modo di vivere, il bercio superbioso e ignorante onnipresente a Roma, la scarsità di servizi pubblici rispetto a quanto ho vissuto qui, la politica culturale dell'ignoranza. Molto dipende da quanto si usano i servizi pubblici nell'opinione che si ha di un paese. La media borghesia che ne profitta poco, magari per vezzo, magari perché nell'evitarli con cura ci vede un mezzo di distinzione sociale (il che la dice lunga su quanto si senta sempre parvenu), ne risente molto meno. Per me scoprire come possono e dovrebbero essere è stato passare da una situazione di perenne irritazione a una di normale vita quotidiana, scoprendo quanto sia faticoso e degradante vivere in condizioni che in Italia si considerano normali o persino fortunate. Cantino gli altri le lodi del nostro sistema, a me stare qui ha ridato la vita. Tranne nel mio paesino trentino d'adozione nella penisola mi trovo sempre a disagio. Ma quello è un altro mondo. Se però come probabile non potrò restare qui, troppe le circostanze avverse in un momento storico senza senso (grazie UE ancora una volta delenda nunc et semper), cercherò di raggiungerlo. Le montagne sono più pulite. Sono più oneste. Non giocano sporco: conosci i rischi, quelli sono, sono concreti e quelli puoi assumere.
Sperando che la UE mi conceda abbastanza per reddito per scaldarmi l'inverno. Quello sì per una freddolosa è un bel problema.

Ma riprendiamo da quel venerdì scorso...

domenica 5 giugno 2016

Sera di festa rigorosamente in lana

Asciutta dall'alto della sua butte, la zona dove abito si festeggia. Così stasera, tirata da un'amica: "C'è un gruppo sudamericano, bossa nova, si va allo stadio" esco senza entusiasmo, pensando che uffa, avrei potuto finire quel libro ché sono in ritardo, tanto i gruppi latini che ho sentito finora in queste situazioni non brillavano per eccellenza. Invece, come nel più classico dei casi, ci ritroviamo, lei che con un filo di cortese impazienza mi rimane accanto in piedi per tutto il concerto, mentre io ballo fino a grondare come mio solito per un paio d'ore, con tanto di fuochi d'artificio alla fine. Finalmente una salsa decente. Tradizionale, un po' jazz, non rap, non disco, non toonz, no, una bella roba seria da bei tempi andati di una volta.  Evviva!
Solo che io sono vestita come in questi giorni è d'obbligo, date le intemperie e la mia freddolosità estrema. Maglione blu in pelo di yak, comprato al Salon de l'agriculture, di Missègle, favolosa

marca di fibre naturali, che cito volentieri perché dovrebbe essere cara a qualsiasi freddolosa e perché me l'hanno praticamente rifatto su misura senza sovrapprezzo, morbidissime calze di cachemire e mohair (idem), gonna di pura lana, stivali imbottiti e cappotto, per fortuna abbandonato sulla staccionata provvidenziale dello stadio. Però tanto sono freddolosissima quando sto ferma, tanto vado immediatamente in ebollizione appena mi muovo. Così, dopo le prime due canzoni, agguanto la mia amica perché mi faccia da paravento e mi spoglio della maglia che porto sotto al maglione. Ballare con gli stivali imbottiti su un prato inzuppato da dieci giorni di pioggia richiede una certa originalità comunque.
Seul bémol come al solito: les hommes. Ma possibilemaichecaspitachequestivadanotuttiaunconcertodimusicadaballoperrestarerigorosamenteimmobili???????
Ecco, quando si dice esseri inutili.  Ecco, a costoro andrebbe fatto un rigoroso corso prematrimoniale: fisiologia femminile, contraccezione e ballo. L'essenziale, insomma. Altrimenti niente nozze.
Ho potuto ahimé constatare che sotto questo aspetto i francesi non sono più entusiasmanti degli italiani. I quali sono un pianto. I Francesi però sono più gentili, come sempre, e più educatamente curiosi. Se non altro quando vedono che ti diverti un mondo a saltellare da sola, ti guardano con un po' di invidia e ammirazione e sorridono. Gli italiani normalmente ti guardano con diffidenza, trombonaggine e con la puzza sotto al naso: non è che questa ADESSO vorrà PURE qualcosa da ME che sono ME, abbiamo capito sì? ho detto addirittura ME!!! Oddioddioddiio....

Decisamente no!
Il cantante dedica l'ultima canzone alla fraternité e alla République...
Ora devo correre a infilarmi sotto una doccia calda, altrimenti rischio la polmonite.
E bonne nuit a tutti i danzatori.

giovedì 2 giugno 2016

Non in pentola

Le anatre della Senna non rischiano di finire in pentola, ma lui è sempre impegnato nella sua passeggiata verso quella città gelosa della propria autonomia, fanatizzata dai predicatori francesi e italiani che gli chiuse le porte lasciandosi assediare per anni, a costo di morire di fame e di stenti.
Dietro di lui una presenza incombente della Parigi dei nostri giorni: due gru così alte da, si dice, dover portare lucine di segnalazione notturne per gli aeroplani di passaggio. Una recente legge ha tolto ai sindaci il potere di decidere autonomamente in campo urbanistico: le scelte verranno compiute dal governo. Dove e come costruire sarà deciso altrove. Così può accadere che persino in pieno centro, un luogo che sarebbe stato un tempo implacabilmente tutelato, si vedano speculazioni di alveari in vetrocemento di questo tipo.
A cavallo volta le spalle al Louvre, dove una notte fu chiamato a fianco del re suo cognato, unico scudo all'assassinio patito dai suoi compagni perpetrato all'interno del palazzo reale, in violazione alle leggi dell'ospitalità, su ordine del re e del suo consiglio. Solo l'arcaico legame di sangue lo protesse, lo stesso legame che un giorno lo avrebbe riportato al primo posto in quel palazzo. Certo, salvò la vita, allora, eppure mi chiedo con un po' di melodramma cosa possano essere state  per lui quelle ore che nessuna cronaca o lettera ci ha raccontato. Vedere o sentire cadere scannati gli amici, i compagni, la sua gente, senza potersi muovere né intervenire per mutarne la sorte, come se li avesse traditi. Tentare di capire attimo per attimo come restare vivo, come sopravvivere, come resistere. Convivere con il pensiero di avere involontariamente contribuito a portarli tutti al macello, disarmando le loro diffidenze. Costringersi a coabitare per due anni accanto a coloro che avevano dato l'ordine dell'uccisione. Dicono che la prima cosa che fece fu di gettarsi in una relazione improbabile con una delle tante ragazze di corte, molto graziosa, trascurando la moglie che gli avevano appena dato, troppo diversa, troppo vicina a chi massacrò la sua gente. Finzione di frivolezza, disperazione, impotenza, rimozione non si sa.
Oggi nella piazza antistante al palazzo il carillon della mairie del 1 arrondissement rintocca tutti i giorni (qui il programma) per ricordare alla sua vicina, la chiesa di Saint-Germain l'Auxerrois, quando furono le sue campane a rintoccare scatenando la terza infinita parte di quella notte di sangue.






Intorno tutto è sott'acqua. Su quella che era la punta di un'isola dove far penzolare le gambe sul fiume la chioma degli alberi più bassi del giardinetto emerge appena.

La corrente scorre rapida. Passano lunghi tronchi semisommersi per il loro stesso peso.
























L'acqua la sfiora la bella tra le belle. Il giardino è chiuso.


Si erano sposati sul sagrato. Poi lei, vestita di velluto, era entrata in chiesa per ascoltare la messa.
Lui in chiesa non era entrato. Con il suo seguito, era andato al vescovado ad aspettarla. Prove di convivenza civile subito interrotte. Feste, giostre, teatro, danze: la ricerca di un'armonia spezzata. Com'era quella vignetta di Vauro? "Cosa mi è saltato in mente di inventare la religione?" Anni dopo ci entrerà, da vincitore, ma ai suoi amici consiglierà tutto sommato di non farlo. E si metteranno a lavorare sulle macerie di un paese distrutto, affamato. Senza dimenticare la potenza, le donne e la guerra...
Su un'altra isola, si trovano per me le più belle case di Parigi: quai de Béthune, in fondo, verso destra.
 Davanti tutto il lungo Senna è sott'acqua.












A sinistra invece si trovano la scala e il lampione più famosi di Parigi. L'accesso è sbarrato.
Non c'è più traccia degli argini che tanti anni fa mi videro in eccitante compagnia. Oggi ci corteggeremmo nuotando fra la corrente, i capelli tuffati nell'acqua.

 Ma non è finita qui. Cielo e terra, ovunque li si guardi, non promettono niente di buono.


L'aria quasi pregna di umidità tutta nordica, stranamente calda, prepara nuove gocce.
E fa le prove.

Neppure le rose dapprima liete e brillanti nella pioggia reggono più. A casa le ritrovo ancora belle solo come effimero tappeto nel minuscolo giardino.

Continua...