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Toulouse en érasmienne

domenica 24 aprile 2011

Il giorno dell'usignolo




Quintidi di Floréal. Così si sarebbe chiamato questo giorno secondo il calendario della Rivoluzione francese. In più, siccome ognuno dei 365 giorni dell'anno aveva un suo nome, sarebbe stato Rossignol, usignolo. Domani sarà quello del ranuncolo, poi del mughetto, importantissimo qui in Francia. I nomi dei giorni erano dedicati a per lo più a fiori, piante, animali, minerali. Ma c'è anche quello dell'oboe antico o del nitrato di potassio con cui si facevano sparare i cannoni. Wikipedia ha avuto la bellissima idea di mettere online tutto il complicatissimo calendario repubblicano, con le concordanze con quello gregoriano e l'evidenziazione della data del giorno secondo la Rivoluzione. Io l'ho scoperto perché studiavo una serie di pamphlet datati secondo il calendario repubblicano e mi perdevo nelle equivalenze: non riuscivo a capire nemmeno l'anno. Poi ho cominciato a leggermelo tutto per svago, perché poche tassonomie sono tanto poetiche e anche fantasiose come questa.
12 mesi, 3 decadi mensili, 10 ore al giorno divise in dieci e ancora dieci parti (per grande buonsenso mai utilizzate), quattro stagioni che davano la desinenza ai mesi (in primavera -al). Alla fine dell'anno, in settembre, per recuperare i cinque giorni mancanti le "sans-culottides" che celebravano il lavoro, l'opinione, l'intelligenza e ogni sei anni la Rivoluzione. Probabile che fosse scomodissimo adoperarlo, di sicuro era un bel misto di suggestioni antiche, mondo contadino e rivoluzione appunto, cioè costruzione di un mondo diverso rispetto a quello precedente.

L'immagine è tratta da Wikimedia commons. Grazie Wiki.

sabato 16 aprile 2011

Una buonissima idea




Questo post richiede una spiegazione storica... il che mi rende felice come un cucciolo al sole per poter sfogare un po' della mia logorrea nel raccontare una lunga vicenda...

Non Contest Cleare


Per caso mesi fa sono capitata su un blog di cucina. Ero in rete per cercare tutt'altro, avevo fatto un'interrogazione con Google e mi era caduto l'occhio su un risultato che non c'entrava nulla. Una tipica dimostrazione di come i motori di ricerca non sappiano assolutamente ancora disambiguare i termini. In quel caso l'incapacità fu però fortuna per me: scoprii infatti un blog che mi piacque molto, che seguo ancora adesso e tramite il quale cominciai a curiosare nel mondo dei foodbloggers (ah, la capacità di sintesi della lingua inglese!), con i suoi riti, le sue regole e le sue caratteristiche. Cucinare mi piace, sperimentare anche ma sono abbastanza incapace di creare una ricetta da sola. Ecco perché, non essendo una foodblogger, partecipo solo a metà, ma molto convinta, all'iniziativa di un altro blog di cucina, che si chiama Qualcosa di rosso.

Insieme ad altri blog, che troverete elencati nel suo post Qualche impegno per il 12 giugno, Qualcosa ha lanciato un contest, una sorta di gara amichevole per comporre tra quanti più aderenti possibile una o più ricette su un tema dato. Le ricette vanno inviate qui dove c'è anche il regolamento completo, entro il 5 giugno. Chi manda una ricetta, o chiunque ne abbia voglia, può scaricare dal loro blog l'immagine che è qui sopra e postarla sul proprio blog.

Partecipo a metà perché non invento ricette, ma diffondo la loro idea. Questo contest mi è parso favoloso per il suo voler manifestare, sul blog dove si vive e condivide la passione comune privata della cucina, anche la dimensione pubblica dell'attenzione al bene comune. In questo caso l'attenzione al referendum del 12 giugno prossimo, cioè alla possibilità per tutti i cittadini di esprimere la loro opinione (vincolante per governi e legislatori), sul tipo di politica energetica che vorremmo o non vorremmo in Italia in futuro. Il referendum ci chiede: Vogliamo o no la costruzione di centrali nucleari in Italia, come prevede, ad esempio, l'accordo Berlusconi-Sarkozy? Sì, proprio quello in cui il PdC italiano disse al PdR francese "Moi, je t'ai donné ta femme" e l'altro strabuzzò gli occhi. Qualcosa spiega molto bene perché, a pelle, un gruppetto di centrali nucleari in Italia sia un regalo di cui faremmo volentieri a meno.

La sua idea è quindi di lanciare un contest cui inviare una o più ricette per ricordare a chiunque passi di là girando per la rete, ma anche agli stessi foodblogger, di andare a votare e votare SI, perché non si costruiscano nuove centrali nucelari in Italia, che gli Italiani avevano già detto di non volere in un referendum precedente molti anni fa. Ma il 12 non si vota solo per il nucleare, ma anche per l'acqua pubblica, cioè perché non sia gestita dalle aziende private. Il paradosso di una gestione privata dell'acqua mi sembra stia tutto nella questione del risparmio. L'acqua è una risorsa preziosa che non andrebbe sprecata, anzi, sarebbe augurabile che se ne usasse meno e con più giudizio. Ma se se ne consuma meno, l'azienda privata, che deve per forza fare profitti dato che è la sua ragion d'essere, guadagna meno e quindi aumenta le bollette. Bello e educativo no?

Le regole per preparare la ricetta - ogni contest infatti prevede le sue - dicono altre cose sullo spirito dell'iniziativa: va realizzata con ingredienti di scarto, e/o preparata con ingredienti autoprodotti e auto raccolti e di stagione, oppure "in modo ecologicamente sostenibile" e qui non è proprio chiarissimo: vuol dire senza produrre rifiuti? senza utilizzare prodotti imballati? senza cuocere? senza usare elettrodomestici? Confesso che quando leggo ricette in cui bisogna cuocere le meringhe per tre ore o candire i pomodori nel forno per quattro io cambio automaticamente pagina... o vado in pasticceria, ché mi sembra di usare in qualche modo un "servizio pubblico" invece di un suv. Ma non riuscirei a fare a meno del mixer...


Di energia nucleare ne sento parlare da quando andavo alle elementari e non sono mai riuscita a trovarla una buona idea. Le precauzioni che richiede mi sono sempre parse in sé un deterrente formidabile, in Italia poi, paese cialtrone, corrotto e sismico, ancor più. Per dire, quando sento gli stessi nuclearisti affermare che in Francia 30 anni di energia nucleare hanno prodotto l'equivalente di scorie di un bicchiere a famiglia mi metto a pensare a 60 milioni di bicchieri che si devono stivare per migliaia di anni. Riuscite a immaginare un supermercato stagno refrigerato e immobile per 60 milioni di bicchieri durante chissà quante migliaia di anni? Difficile, no? E in effetti un bel po' di scorie vengono semplicemente disperse nell'ambiente. Ad esempio nei terrapieni degli stadi o di altre costruzioni aperte al pubblico, erette senza particolari precauzioni. Non solo. I depositi di scorie dovrebbero essere, per legge, "a perdita di memoria". Cioè nessuno non solo li controllerebbe, ma nemmeno si saprebbe dove andarli a cercare. Ora, se tutto fosse così sicuro e gestibile, perché cancellarne le tracce? Chi vuole togliere la memoria in genere ha qualcosa da far dimenticare.
Qui in Francia ci sono state diverse inchieste sull'argomento.

Questo in condizioni normali, cioè senza catastrofi che di fatto non si sa come governare, senza né Chernobyl né Fukushima, tuttora indomata, da cui oltre alle radiazioni vengono da giorni gettate in mare migliaia di tonnellate di acqua radioattiva senza che si abbiano nemmeno previsioni dei tempi e delle modalità di ritorno a una situazione "normale". Per non parlare dei vigili del fuoco e degli operai chiusi lì dentro e probabilmente destinati a morte certa. Sì, qui in Francia s'è letto che erano stati allertati gli ospedali specializzati per ospitare qualche centinaio di contaminati provenienti dal Giappone. Come nel resto d'Europa.

Fukushima in particolare ha richiamato l'attenzione sul tema delicatissimo delle condizioni di lavoro nelle centrali in condizioni normali. La normativa giapponese prevede che chi si occupa degli impianti debba godere di lunghi periodi di riposo lontano dalle centrali (e già questo la dice lunga su quanto sia innocuo starsene lì dentro). Ora i lavoratori delle centrali sono quasi tutti precari. Per sfruttarli al massimo, la TEPCO, azienda privata proprietaria di numerose centrali in Giappone, li faceva girare per i suoi diversi impianti, uno dopo l'altro, con contratti sempre diversi e rinnovati di volta in volta. Poiché la sede di lavoro era diversa, la stessa persona poteva essere impiegata per anni e anni di seguito senza rispettare i periodi di allontanamento dalle centrali previsti per legge (e ovviamente pagati dal datore di lavoro). Un bel risparmio, no?
Questi lavoratori venivano chiamati in Giappone gli zingari del nucleare. Ma altro lavoro non ce n'era, e quindi...

In Italia potremmo ricordarci piuttosto di Giovanni Francia, matematico e ingegnere attivo a partire dagli anni Sessanta nella ricerca sulle energie solari e rinnovabili. E invece no: Francia e Italia si mettono insieme solo per vendere e comprare nuove centrali nucleari. Il 12 giugno il referendum ci dà la possibilità di scegliere se volere o no il nucleare in Italia. E Qualcosa e le sue compagne foodblogger proclameranno la ricetta vincitrice che va inviata entro il 5. La prescelta e le altre saranno raccolte in un file .pdf (come in ogni buon contest che si rispetti) scaricabili dai curiosi.

Omicidio volontario

"Questi processi non si dovrebbero mai fare" ha commentato il procuratore Raffaele Guariniello alla sentenza che dichiara l'amministratore delegato e il gruppo dirigente della Thyssen-Krupp colpevoli di omicidio volontario a causa della morte tra le fiamme di sei operai delle acciaierie a Torino. La Krupp, in attesa di dismettere la fabbrica, aveva deciso di cessare qualsiasi manutenzione dell'impianto di sicurezza e alcune parti di esso erano state addirittura disattivate. Questo permetteva di realizzare risparmi e aumentare profitti. Chissà se questa sentenza riuscirà a passare in giudicato. Ce lo si augura: sembra ahimé che il rischio personale di chi comanda sia l'unica maniera per far divenire la sicurezza un profitto anche lei. Giacché la coscienza, evidentemente, i manager non ce l'hanno.


Alla ThyssenKrupp fu omicidio volontario

Aggiornamento: La Corte di Cassazione ha annullato il 24 aprile una parte del verdetto di appello che condannava per omicidio colposo sei dirigenti della Thyssen Krupp, italiani e tedeschi. Il verdetto di appello aveva a sua volta modificato quello primo grado, derubricando da omicidio volontario a omicidio colposo, il reato commesso dai dirigenti Thyssen. Il verdetto di omicidio volontario con dolo eventuale era stato richiesto e ottenuto in primo grado dalla Procura di Torino per l'amministratore delegato Harald Espenhanhn per la decisione di omettere le misure di sicurezza dato che la fabbrica era in via di dismissione.
La Cassazione ha rinviato inoltre una seconda volta il processo in appello: "Avete deciso di non decidere in maniera che questi vigliacchi non vadano in carcere" ha gridato un parente in aula.
Il rinvio in appello potrebbe aprire la porta a una derubricazione ulteriore del reato e delle pene rispetto al verdetto di omicidio colposo.

Il mancato funzionamento e la dismissione delle misure di sicurezza nel reparto fonderia causarono nel 2007 un incendio nel quale morirono sette giovani operai.

Una storia italiana.

Chissà come sarebbe andata in Bangladesh. Chissà se il Bangladesh non è, nella magnifica UE e progressiva, il destino che tutti ci attende.