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per gli scribi

Toulouse en érasmienne

venerdì 24 febbraio 2023

A quanto pare è stato uno scherzo di Carnevale

 (-:

Quella tonta della mamma aveva nei polmoni una bella infezione che li aveva riempiti di muco. Adesso si è ridotta ma potrebbe tornare. Il chirurgo però non vuole darle altre medicine. Ha preso bombe di antibiotici più forti di quelli che ho preso io, senza fare una piega. A parte strillare che lei sta benissimo e non capisce cosa vogliamo farle fare con tutti quei medici e quelle analisi - tra cui una tac con contrasto. (-: Ha ricominciato a mangiare, ma è arrabbiatissima con noi.

Insomma per stavolta ce la siamo cavata!!! Un sollievo enorme. Adesso mi è caduta addosso tutta la fatica di queste settimane e non connetto molto, annasperò verso il letto.

Solo una volta ha ammesso di essere un impiastro.

Poi mi ha cacciato via due volte perché l’avevo accompagnata dentro e fatta spogliare per la TAC in questione e dal chirurgo.

Fa male? Sì, malgrado tutte le razionalizzazioni fa male. Ma suppongo passerà.

Domenica vado a vedere se acconsente a ricevermi (-:

Bia, come hai fatto a trovarmi P-:?

Grazie a tutti di avere seguito le nostre palpitazioni: aiuta.

A presto.

P.

lunedì 13 febbraio 2023

La privatizzazione della sanità...

 ...così lo Stato risparmia! E poi ci stupiamo se il 60% non vota? E cosa dovrebbe votare e perché?

Elezioni regionali. Due anni fa girava la battuta: « Tra privatizzazione della sanità e privatizzazione della sanità chi vai a votare in Emilia Romagna? ». Ecco, appunto. Qui nel Lazio Zingaretti aumentò i ticket sulle analisi fino a qualche euro sopra il costo della prestazione private appena un « imprenditore » del settore si lamentò che con la cura del cosiddetto salvatore Monti i suoi clienti stavano diminuendo,; in pratica il presidente privatizzò letteralmente le tariffe del servizio pubblico, lasciando inalterati i vincoli di orario che il privato non ha più. Sulle code risparmio fiato: 190 euro per una risonanza oppure tre mesi di attesa, non ci sono commenti.

Quanto all’altro, ecco un florilegio dal suo programma: 

Sussidiarietà in ogni cosa (cioè privatizzare tutto il privatizzbile con la sussidiarietà orizzontale ultimo paragrafo del link)

Prenotazioni comuni tra servizio pubblico e privato (così li spediamo più agevolmente nelle strutture private, perché nelle altre « non c’è posto, quindi se la vuole fare... »);

Farmacie dei servizi, altro passo verso la privatizzazione

Per musei, biblioteche teatri centri di documentazioni (sic!) archivi istituti e beni culturali: « partecipazione sempre più attiva dei privati »

« Promuoveremo sempre più la partnership tra pubblico e privato » - a Roma ogni giardinetto di quartiere, una cosa semplice no?, trasandato e sporco come una discarica, proclama a gran voce i successi di un approccio assai pubblicizzato negli scorsi anni come la trovata geniale per « far risparmiare il Comune ». Si aprirono nei piccoli giardini una serie di chioschi di alcolici, con qualche brutta sedia in plastica e pessimi snack confezionati, spacciando l’idea che i gestori avrebbero dovuto prendersi cura del parco in cui si erano installati. Ci volle un attimo perché quest’ultimi mettessero in chiaro che loro, come ogni negoziante, si sarebbero occupati del proprio angolino. Il resto andò in malora e vi è tuttora. Su più ampia scala, i successi di Expo son li’ a raccontare la stessa storia a chi vuole sentirla.

« Sistemi di gestione improntati anzitutto alla sostenibilità » (sennò la UE frigna)

In tema ambientale: « superamento di posizioni ideologiche »: asfalto cemento, edifici di mille piani e milioni di m3 mica sono un degrado costante delle condizioni di vita di chi ci sta dentro e di chi li vede da fuori, no, sono un sano abbandono dell’ideologia.

« Agevolazioni tariffarie basate sul merito » per i servizi pubblici!!!

« Imprenditorialità accademica « !

« Liberalizzazione delle attività oggi controllate e amministrate »

« Strumenti di IA che conoscano il cittadino in tutti i suoi bisogni e esigenze »

Poi si frigna sulla denatalità e si auspicano politiche per la famiglia e il pendolarismo: ma troppo saggio chi figli al mondo non ne mette, anche con rincrescimento, in queste condizioni. Date salari e contratti di lavoro decenti, abolendo tutta quella fogna che va dal pacchetto Treu al Jobs Act; fate una politica abitativa che controlli le locazioni turistiche e studentesche e favorisca le famiglie, aumentate i nidi, proteggete le donne in età fertile dalle dimissioni in bianco e dalla precarietà, date futuro e speranza invece di bonus senza senso che servono solo a chi sta già abbastanza bene per non stringere troppo la cinghia nei primi mesi. Ipocriti.

  Della terza candidata non parlo neanche perché era del tutto fuori gioco.

Stesso dicasi per la Lombardia.

Oggi al momento di andare a votare ho perso per cinque volte la tessera elettorale in giro per casa. Il cervello era del tutto vuoto. Il mio inconscio proprio non mi ci voleva mandare, a seppellirmi da me, ed è già raro che vada a votare di lunedì, ma ieri proprio non ho trovato la voglia.

Oggi chi ha un reddito tra in venti e i trentamila euro, vale a dire la maggioranza di chi vive in Italia, non rappresenta un elettorato interessante per nessun partito. La loro politica non li calcola, semplicemente. Punta solo al ceto medio, cioè quello che sta sopra i 35mila e che ha cominciato a arrabbiarsi di brutto quando Monti invece di limitarsi a suicidare di stenti i ceti popolari come la destra e la sinistra di destra han fatto negli ultimi trent’anni, ha avuto l’indelicatezza di prendersela anche con loro. 

In questo non c’è differenza tra destra e sinistra. E infatti là dove morde più duro il taglio dei salari indiretti, cioè dei servizi pubblici, alle amministrative, i redditi sui 20-30mila non votano. Non votare, al di là delle grandi sbornie della sinistra di movimento (Eh ma noi le strade i corpi il conflitto er cambio de paradiiiiigmaaaa... idioti utili o inutili a seconda del punto di vista), ha peraltro un solo risultato: avvantaggia il più forte. 

Un labirinto frustrante da cui non si riesce a uscire, a tutto vantaggio di partiti che non hanno alcun interesse a cambiare politica economica, perché meno gente vota più facilmente la soddisfi senza spostare una virgola di quel che stai già facendo.

L’impotenza e la cecità ubique mi preoccupano. Il rifiuto della domanda di assegno di accompagno per la mamma, cinquecento euro che non bastano certo per pagare una persona, perché con una diagnosi simile sarebbe ancora autosufficiente, mi disgusta. A due anni e mezzo dalla domanda la pratica arriva a casa in una busta, una lettera semincomprensibile dell’INPS, quello che non deve essere troppo generoso per non mettere a rischio gli investimenti, come se sulle pensioni si dovesse investire. Intanto l’INPS s’è messo in tasca due anni e mezzo di assegno, e noi adesso per ripresentare la domanda dobbiamo pagare cinquecento euro in visite mediche e legali, per una persona che ne prende 780 di pensione, grazie a un quarto di secolo lavorato con i cococo dell’amato Prodi e una figlia a carico, poco da discutere (io ne prenderò anche di meno e lavorerò, come minimo, fino a 71 anni). 

Un ottimo esempio di investimento in sussidiarietà e partecipazione sempre più attiva dei privati.

Domani si va a fare la TAC per il polmone. A pagamento. 

lunedì 6 febbraio 2023

Globuli bianchi in attesa del 14 (non 13)

 ...fuori norma. Il marito della mamma è allarmato, lei non mangia quasi più niente, la gonna le cade con tutta la cintura da tanto che è magra.

Entrambe le cose sono compatibili con la polmonite la prima e la demenza la seconda, cerco di consolarlo.

Ma ho paura anch’io, pur se di tanto in tanto.

A tratti lei è dolcissima, a tratti del tutto bisbetica. Tra loro si becchettano per esasperazione, senza ascoltarsi e senza capirsi. Auff, ci manca solo questo. 

Già, perché il marito della mamma che mi chiama in aiuto per avere tempo per sé, poi si piazza accanto a noi e non si muove una volta su due. Ariuff.

Domenica quando sono arrivata sono venuti in cima alla scala che porta dalla metropolitana alla loro strada. Ero così felice di vedere la mamma che sventolava il braccio teso per farsi vedere.

Io cerco di imprimere nelle sinapsi della pelle e in tutti i neuroni del cervello la dolcezza senza nome del suo tocco, il tratto delle sue carezze lievi, sfiorate e lunghe. Quelle che conosco da sempre e il cui ricordo mi dovrà poi bastare fino all’ultimo mio giorno. Finché sarà in grado di farmele, immagazzino.

Aspettiamo il 14 febbraio, non il 13, quando non c’era più posto. Ché poi, verosimilmente, la risposta sarà il 15.

Ho avuto la pace di cinque giorni lontana dall’ufficio. Domani mi tocca tornarci, e sono già stufa.