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per gli scribi

Toulouse en érasmienne

mercoledì 24 dicembre 2014

Un addio

Deludiamo subito gli impazienti: rimarrò qui come prima.
Ma c'è una storia da raccontare. Piccola piccola.
Siccome, sia ciò un bene o un male non si sa, sono una persona di fedeltà canina e riconoscenza elefantiaca (nel senso che ho una certa memoria), ci ho riprovato.
Un sms prima, accolto con entusiasmo. Una telefonata poi. Destinataria una persona che, tra molte altre cose, mi ha fatto da guida per Parigi, come può fare solo chi ci vive e su questo suolo è nata, e condivide volentieri gusti, passioni, buon cibo e conversazioni; una persona che mi ha accolta volentieri, il che per me è sempre qualcosa di prezioso. Gli incontri sono rari e tanto più vanno protetti e coltivati: senza questo solo la superficialità sterile e rassicurante dell'indifferenza di fondo sopravvive. Anche quella ha i suoi amatori, ma non ne frequento.
Avevo capito solo l'ultima volta che c'era un problema grosso con l'alcool. Speravo fosse stata una circostanza sfortunata, o che le cose potessero migliorare.
Purtroppo no. Purtroppo ho sentito che alle sei di sera non solo una persona che mi è cara non era in grado di articolare correttamente una frase, ma che non poteva trattanersi dal bere, con aria soddisfatta, persino mentre eravamo al telefono.
Lasciandomi interdetta, sbalordita, triste e ovviamente, anche se nessuno lo ammette mai in circostanze del genere, spaventata.
Così, in un angolo le ciotoline di crudité alla senape e erbette che aspettano un'ora di pranzo passata da un pezzo, a raffreddarsi il cavolfiore da cospargere di burro, chapelure e limone, scrivo.
Provo a scrivere  quel groviglio che sta nella pancia, ma se ci riuscirò non so.

Non ho voglia e non amo trovarmi accanto persone per cui l'ebbrezza è uno stato abituale. Neanche occasionale, oltre a un certo livello, peraltro. Non fa per me, e penso che ciò sia un segno che il mio sistema di autoconservazione, malgrado tutto, funziona ancora decentemente.
Allo stesso tempo mi sento addolorata e impotente davanti all'idea di una persona più che amabile, e per cui provo un sincero affetto, ridotta in uno stato del genere. Vale a dire sprofondata nella disperazione fino al punto di voler distruggere sé stessa, la sua arguzia, il suo sorriso, la sua curiosità per godere il mondo che tanto avevo sentito affini, in questo modo orribile e solitario.
Anzi no. Qualunque persona si riduca così mi stringe il cuore: quale abisso di disperazione dev'esserci dietro, per volersi fare a pezzi a tal punto? E in quanti casi, quale viltà di non voler affrontare la situazione? Penso a chi ne avrebbe tutti i mezzi: economici, culturali, di intelligenza, eppure preferisce girare la testa e continuare a fare del male a sé stesso e agli altri. Anche su cose meno evidenti di una dipendenza, ahimé.
Ma per questa persona c'è anche un affetto reale in gioco.
L'idea di lasciarla andare nel suo gorgo mi spaventa, mi rattrista. Mi fa proprio piangere. So di non poter fare nulla di sostanziale, eppure.  Eppure non riesco a lasciarla andare nell'imbarazzo e poi nell'oblio che ci protegge dall'insostenbile - e a volte fa dei bei danni pure lui.
Mi chiedo se non dovremmo pensare di più a come agire sull'ipocrisia sociale nei confronti del disagio. Mi chiedo se non dovremmo essere tutti più istruiti, in maniera il più possibile serena e semplice, su quale sia la migliore maniera di comportarsi in queste circostanze. Intendiamoci: non ho neanche lontanamente intenzioni missoniarie, non so e non voglio sostituirmi a un professionista, né su di me il fascino delle dipendenze o dei loro adepti ha mai esercitato la minima presa. Sono del tutto allergica alle noiosissime tetrapilectomie ombelicali di chi prende la chimica come scorciatoia alla socialità o addirittura all'espressione artistica, frutto a mio parere di sacrosanto sgobbo molto più che di botte vagamente medicali ai propri organi vitali. Allo stesso tempo sono convinta che la maniera di reagire di chi nella vita di tutti i giorni può trovarsi a contatto con queste persone non è necessariamente indifferente e non dovrebbe essere lasciata al caso. Se la conservazione del gruppo spinge ad allontanarle, e infatti vivono e muoiono sole, o trovano una momentanea e ancor peggiore complicità tra loro stesse, sono anche convinta che ci sia un modo del tutto spicciolo di esprimere nelle piccole occasioni allo stesso tempo affetto senza stampelle, non condivisione ma non ripudio, che possa essere più positivo dell'imbarazzo e della fuga. Due cose che non fanno che peggiorare qualsiasi situazione.
Solo, questo modo non so quale sia, né come trovarlo.

Volevo essere concisa e al mio solito ho scritto un poema.
Non è natalizio? Che importa. Le fiabe non arrivano per forza a Natale.
Coraggio, V. Ma non ci posso più essere, così.

lunedì 22 dicembre 2014

Approccio comparatista

Una differenza fra le tante.
Paese A: il tuo direttore di ricerca dirige una collana in cui pubblica riedizioni in anastatica con annessi commentari e saggi corposi di introduzione. Sollecitata, ne scegli una dalla lista che ti sottopongono e ti viene detto: "Hai comprato l'esemplare da far riprodurre? Perché noi non ci possiamo accollare i costi, eh" (sui 100 euro, n.b.).
Paese B: il tuo direttore di ricerca ti chiede di partecipare a un'opera collettiva con un breve testo su documenti che si trovano in un'altra città. "Abbiamo questa somma per rimborsarle le spese, tenga tutti gli scontrini."
Non si tratta di indovinare quale sia il paese A e il paese B, ma quale dei due sia un paese con un'accademia di peracottari, come si dice nella capitale d'Italia. 

lunedì 15 dicembre 2014

Un buon blogcompleanno a te


Il mio giveaway!

Spero che quello lì possa passare per banner. E' il meglio che sia riuscita a fare!



Ovviamente, dato il titolo, non posso che essere molto, molto in ritardo.
Però. I compleanni vanno festeggiati, e questo tra tutti. Con le candeline e possibilmente con le torte.
Pure se, come nel mio caso, niente forno, come i lettori più attenti già sapranno, qui niente forno.
Per puro spirito pro domo mea, sia chiaro, quando compie gli anni chi ti ha fatto uno dei più bei regali che ricordi. (Sì, l'ho già scritto, e lo rifarò!).
E insomma, ecco cinque candeline che mi sono venute in mente, di augurio perché diventino, ovviamente, anche cento e anche di più. Sempre con il sorriso :-).
Non tutte sono proprio come le avrei volute, ma il mezzo ha le sue regole.


Perché volare non faccia paura:


Perché anche nei regali ci vuole precisione, si sa



Perché qui con leggerezza si unisce, stando in cucina, l’utile al dilettevole (anche se in questo caso quel che potrebbe sembrare dilettevole è invece l’utile, e viceversa) - sperando che lei capisca di cosa sto parlando dalle parole che io invece non decifro affatto:


Perché è bello, e basta:

 
(non è la migliore esecuzione possibile, ma è la sola che ho trovato che cominci con questa variazione).

Perché nonostante tutto è arrivato a firmare il suo biglietto: "Un buon blogcompleanno a te."



giovedì 11 dicembre 2014

Piccolo ululato di piacere

... post comprensibile solo a me, credo.
Sto perdendo una quantità di tempo insensata su un'edizione in latino disponibile unicamente online; tanta è l'ansia che faccio di tutto anziché leggermela. Quando finalmente, alla venticinquesima ora,  riesco a mettermici su, e ad avere l'idea per avanzare un'ipotesi, e ho bisogno ovviamente di bibliografia molta ma molta, e tutta italiana, vado qui e ancora una volta vedo che c'è praticamente tutto. E mugolo di piacere e d'amore per questo meraviglioso paese.
Perché compra libri? No, perché è curioso. Abbastanza curioso da creare strutture dove chi USA i libri per costruire sapere possa trovarli. Enciclopedicamente. Del resto l'hanno inventata loro (sì, c'erano dei precursori ma non era la stessa cosa).
Perché amo solo i libri? No, nemmeno per questo, ovvio, persino stupido precisarlo. Perché è là dove si può essere curiosi, porre domande e sperimentare risposte, trovare fantasia e lanciarsi in ogni possibilità, ridendo di gioia, è là che si può amare e godere.
Ecco, siamo al panteismo libidico.
Meglio tornare al latino, va'.

lunedì 8 dicembre 2014