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per gli scribi

Toulouse en érasmienne

lunedì 30 dicembre 2019

Une pure merveille







Sogno


Esco prima dal lavoro che non somiglia al mio lavoro, se non in un’ossessiva attenzione da portare ai minuti lavorati: devo sedere dietro a un bancone in pubblico, davanti un vetro, oltre cui passano delle persone, ma nessuno si avvicina mai. Accanto a me un’altra donna, non si capisce se è un superiore oppure no, lei controlla un registro su cui vanno segnate le ore di entrata e di uscita. So che posso a breve scappare per alcuni giorni, quindi segno sul registro che usciro’ prima e quando lei lo guarda non riesco a non farle notare che si’ è proprio cosi’, posso andarmene.

Arrivo alla stazione che non somiglia a una stazione nota, con la mia valigia con le rotelle che ho da sempre, e che mi piace tanto. Appesa al braccio sinistro c’è la mia mamma, che non deve partire ma che mi accompagna. Sono contenta ma un po’ affannata, come se non fossi sicura che tutto fili lis cio e che io possa davvero andare. Di colpo, mi rendo conto che non ho potuto stampare il biglietto. C’è un ufficio della stazione ma non va bene, ci sono troppe persone e pochi sportelli. Giriamo l’angolo e troviamo una tabaccheria, dove forse c’è meno fila. Mia madre mi sponge dentro e mi ritrovo in fila. La fila si fa improvvisamente in salita, come se fosse su un poggio all’aperto. Scorre lentamente e si fa sempre più tardi. Alla fine una donna piovuta dal nulla mi passa davanti; protesto, la tabaccaia mi dice che se ho aspettato tanto posso farlo ancora, spiego che perdo il treno; mi ascolta per concludere che lei il biglietto non lo puo’ stampare.
Disperata esco e torno verso i binari; la mamma cerca di consolarmi ma io sono impaziente e triste; so che non c’è più tempo. Frugo tutte le tasche della valigia e in quella posteriore trovato infine un biglietto di quelli a stampa, non online. Ma non riesco a leggere l’ora, né li’ né sui tabelloni. Eppure ero convinta di saperla perfettamente. A questo punto arriva un treno sul primo binario (è una stazione di transito) e tutto si ferma per il suo passaggio. Somiglia a un vecchio intercity, prima di quegli orridi carri bestiame senza scompartimenti, ed è pieno di gente che non so perché sembra molto indaffarata. Ha l’aria simpatica. Penso che possa essere il mio, indovino a stento sul biglietto un orario, mi dico che è quello, mi precipito, vogliochiedere conferma a un controllore, ma sono tutti lontani, decido di salire lo stesso ma ormai le porte sono chiuse e il controllore più vicino mi fa segno di allontanarmi. Tento di aprire la porta, voglio salire lo stesso, assolutamente, ma la porta non si apre più, il fischio, il treno se ne va e io mi sento disperata.
Mi sveglio in un sussulto, triste come poche volte e nel dormiveglia associo il treno, dio sa perché, alla morte.
Ma allora, perché volevo a ogni costo prenderlo?     

domenica 29 dicembre 2019

Questo Natale

Che come sempre qui sono felice, malgrado tutto e in qualsiasi situazione.
Felice del freddo appena fuori dalle coperte, delle lunghe camminate per raggiungere i pochi mezzi pubblici che ancora funzionino in questo sacrosanto e costoso sciopero per salvare un minimo di dignità che alcuni Francesi stanno avendo il coraggio di fare, di imporre ai vertici dei loro sindacati recalcitranti e incalzati da dossier vagamente pretestuosi, perché per una buona causa qualche disagio è anche troppo poco. Felice della grande biblioteca vouta, che apre poche ore al giorno perché anche li’ i dipendenti precari scioperano e tengono duro. Felice che tutto cio’ vada furiosamente anche se non sempre conscientemente, contro le politiche di impoverimento selvaggio volute e imposte dalla UE. Felice dei pasti in comune sempre troppo pieni di carni e di grassi, ma fanno felice il padrone di casa, che pero’ poi divoragoloso grandi tocchi di pecorino con grani di pepe.
Non avevo la forza di sopportare a Natale la famiglia del marito di mia madre, che meno male che esiste un marito per lei, ma quel gruppo di piddini per bene, con il nipote che fa carriera nel partito, i disastri e i tagli dell’orrido governo, MES in testa, la loro condiscendenza compiaciuta di gente similcolta, tutta Jobs Act e volontariato (due cose più complementari di quanto non sembri) e la loro totale sufficienza davanti a qualsiasi tentativo di rappresentazione diversa. Non mi andavanoi giù le Lodi del suddetto marito al nipote tanto bravo, che mentre studia “ha trovato un lavoretto”, siccome lui è bravo, guarda caso in un’azienda succhiasangue del Comune, di quelle che servono a piazzare figli e amici nei posti direttivi e a utilizzare come manovalanza la massa di laureati in materie umanistiche a cui il  blocco delle assunzioni e la devastazione del settore culturale hanno impedito di trovare altri lavori che quello di custodi precari a intermittenza e tutto profitto delle aziende medesime. Non riuscivo a non pensare al lato materno della nostra famiglia, che della media borghesia non ha mai potuto arrivare a far parte,benché si sia tutti studiato, tra un blocco delle assunzioni e l’altro, e dove l’ultima generazione è tornata indietro di mezzo secolo. Una cugina è emigrata a fare la cameriera in Spagna. Un  cugino con un diploma di montatore, fa il traslocatore sotto padrone, ovviamente in nero e quando capita. Un altro cugino con una sua piccola attività si scontra con una serie di difficoltà e non riesce a vivere in maniera autonoma, né ad andare dal dentista. Abita, da sempre in coabitazione, in una graziosa casetta, oggi devastata dall’umidità, che non puo’ né bonificare né vendere, ed è sommerso dallo scoramento. Io, lasciamo perdere. I nostri nonni diplomati entrambi, e all’epoca non era cosi’ scontato, erano riusciti a uscire dalla miseria che aveva attanagliato la vita di mia nonna e delle sue sorelle; erano sopravvissuti a due guerre, un’occupazione feroce, una sanguinaria dittatura, potevano guardare al futuro senza lussi come senza angosce economiche, avendo provveduto a sé stessi e a quattro figli. Tutto questo è stato spazzato via dalle bellezze imposteci via UEuromercato.
Penso a quel tedesco, uno dei tanti che Renzi ha voluto a dirigenti del nostro patrimonio culturale, in un estremo atto di soggezione quasi coloniale, il quale con condiscendenza pontificava che il problema dell’Italia è che una volta sistemato l’allestimento del museo, magari con il cattivo gusto che gronda dalla sala delle statue del villanamente rifatto museo egizio di Torino, il direttore non puo’ licenziare lo specialista di antichità siriane, che vada a vada a farsi mantenere dove capita, come se un museo fosse un magazzino da allestire per aumentare le vendite e morta li’, ogni attività di studio e di sviluppo a che serve? A aumentare i costi del personale? A programmare sul lungo periodo anziché sull’aziendale progetto? Anatema!
Della mia generazione, figli nessuno ne ha. Personalmente ho dovuto stare ben attenta a non chiedermi troppo se ne avessi voglia. Probabilmente non troppa ma poco importa: se avessi voluto, non avrei potuto. O il mio vicino di casa, cinquantenne, ex professionista, disoccupato di lunga durata: lo scorso anno toccava il cielo con un dito perché per tre mesi ha avuto un contratto per la pulizia del verde pubblico, poi non rinnovato: il verde puo’ restare sporco; l’importante è il “vincolo di bilancio”. O la mia amica di sempre, che lavora gratuitamente per conservare  l’illusione di restare nel campo che ha studiato e per cui è qualificata, senza morire di malinconia su cio’ che non le appartiene, mantenenuta grazie a una zia generosa e senza figli, ma senza un soldo di contributi, pur se con tanti complimenti di chi senza assumerla mai, perché cosa sono codeste richieste sconvenienti, gratuitamente la impiega.

Eh, ma il problema è che noi non siamo bravi come un giovinetto piddino che somiglia sputato a un sardino.
Gente cosi’, oggi, non sopporto più di averla vicino. Ogni dialogo è diventato impossibile.
Ogni patto sociale è stato denunciato.
Di

W la France, almeno. Almeno hanno coraggio.

mercoledì 25 dicembre 2019

En grève

Molti hanno visto le immagini delle danzatrici dell’Opéra di Parigi in sciopero nel Lago dei Cigni rappresentato davanti a Palais Garnier prima di Natale. Forse non tutti hanno letto il volantino che accompagnava lo spettacolo. Lo traduco qui sotto: è particolarmente eloquente.



I video linkati sono quelli degli account Twitter di:
Emmanuel Tixier, Teleia, Cyril Mitilian, Fabrice Arfi.

In Francia l’opera nasce nel XVI secolo sotto la dinastia dei Valois poi dei Borboni, sviluppando le rappresentazioni danzate, recitate e cantate a corte, introdotte e sviluppate dalle sovrane della famiglia fiorentina dei Medici, Caterina e Maria. Qualche idea avrebbe potuto darla anche Leonardo da Vinci che aveva creato per gli Sforza, a Milano, la festa del paradiso.
Il teatro dell’opera di Parigi è un regalo di Luigi XIV al suo musicista di corte Giovan Battista Lulli, che ottiene l’esclusiva delle rappresentazioni per tutto il regno e gestisce il teatro e i suoi guadagni. I Ballard, famiglia di stampatori, ottengono dal canto loro il privilegio per le edizioni dei libretti e delle musiche che conserveranno sino alla fine dell’Ancien Régime.

Macchina di consenso, di meraviglia e propaganda, il valore del teatro e del teatro in musica, mezzi di comunicazione per eccellenza dell’epoca, non sfugge al potere reale di Francia che, come per altri settori artistici e industriali si preoccupa, Colbert in testa, di salvaguardare un ceto di alto artigianato garantendogli condizioni di vita dignitose, un mercato che possa mantenerli e istituzioni culturali che possano a un tempo tutelarli e entro certi limiti controllarli.

Fanno già parte allora di questo sistema di salari e garanzie le pensioni, cioè quello che oggi si chiamerebbe “salario differito” (mentre i servizi pubblici sono i “salari indiretti”, ecco perché color che belano stolidi invocandone il taglio stanno in realtà invocando che si taglino i loro stessi redditi), faceva già parte allora dei salari, dicevamo, un regime speciale di pensioni, istituito nel 1698. Decennio in cui, secondo un vecchio libro sempre affascinante da leggere come lo sono tutti i testi scorrevolmente ben scritti, comincia a cedere il sistema ideologico che aveva alleato nei paesi cattolici assolutismo e controriforma.