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mercoledì 25 dicembre 2019

En grève

Molti hanno visto le immagini delle danzatrici dell’Opéra di Parigi in sciopero nel Lago dei Cigni rappresentato davanti a Palais Garnier prima di Natale. Forse non tutti hanno letto il volantino che accompagnava lo spettacolo. Lo traduco qui sotto: è particolarmente eloquente.



I video linkati sono quelli degli account Twitter di:
Emmanuel Tixier, Teleia, Cyril Mitilian, Fabrice Arfi.

In Francia l’opera nasce nel XVI secolo sotto la dinastia dei Valois poi dei Borboni, sviluppando le rappresentazioni danzate, recitate e cantate a corte, introdotte e sviluppate dalle sovrane della famiglia fiorentina dei Medici, Caterina e Maria. Qualche idea avrebbe potuto darla anche Leonardo da Vinci che aveva creato per gli Sforza, a Milano, la festa del paradiso.
Il teatro dell’opera di Parigi è un regalo di Luigi XIV al suo musicista di corte Giovan Battista Lulli, che ottiene l’esclusiva delle rappresentazioni per tutto il regno e gestisce il teatro e i suoi guadagni. I Ballard, famiglia di stampatori, ottengono dal canto loro il privilegio per le edizioni dei libretti e delle musiche che conserveranno sino alla fine dell’Ancien Régime.

Macchina di consenso, di meraviglia e propaganda, il valore del teatro e del teatro in musica, mezzi di comunicazione per eccellenza dell’epoca, non sfugge al potere reale di Francia che, come per altri settori artistici e industriali si preoccupa, Colbert in testa, di salvaguardare un ceto di alto artigianato garantendogli condizioni di vita dignitose, un mercato che possa mantenerli e istituzioni culturali che possano a un tempo tutelarli e entro certi limiti controllarli.

Fanno già parte allora di questo sistema di salari e garanzie le pensioni, cioè quello che oggi si chiamerebbe “salario differito” (mentre i servizi pubblici sono i “salari indiretti”, ecco perché color che belano stolidi invocandone il taglio stanno in realtà invocando che si taglino i loro stessi redditi), faceva già parte allora dei salari, dicevamo, un regime speciale di pensioni, istituito nel 1698. Decennio in cui, secondo un vecchio libro sempre affascinante da leggere come lo sono tutti i testi scorrevolmente ben scritti, comincia a cedere il sistema ideologico che aveva alleato nei paesi cattolici assolutismo e controriforma.



Il 24 dicembre, mentre tra un acquisto di fromage blanc e una marcia per prendere il tram tornavo verso casa a assistere malati e infortunati, sul parvis davanti all’Opéra Garnier le danzatrici in sciopero ballavano i cignetti. Unica possibilità per tanti di vederle, dato il costo ormai inavvicinabile dei biglietti.
“Cari tutti
Se facciamo parte di questa istituzione secolare che l’Opéra nationale de Paris è perché ci piace andare in scena.
Per molti di noi sono ormai tantissimi anni che le nostre energie convergono ogni giorno verso un obbiettivo comune: dare ogni sera la migliore rappresentazione possibile.
Credete percio’ che per arrivare a annullare così tante rappresentazioni bisogna veramente essere allo stremo.
L’eliminazione della nostra cassa pensioni che incarna l’unione tra tutte le generazioni di oltre 70 mestieri, per farci entrare a forza in un regime che non ci corrisponde affatto, finirebbe per distruggere il fragile equilibrio del nostro gruppo di lavoro. Ci viene proposto di sfuggire personalmente alla riforma per non vederla applicare che alle generazioni successive. Ma noi stiamo soltanto un anello di una catena vecchia di 350 anni. Questa catena deve prolungarsi lontano nel futuro: noi non possiamo essere la generazione che sacrificherà la successiva. Anche con tutta la buona volontà del mondo non possiamo accondiscendere a ciò che ci viene chiesto. Non più che per le future generazioni non possiamo accondiscendere rispetto ai nostri colleghi degli altri servizi che anch’essi hanno ognuno delle specificità la cui messa in conto è indispensabile per preservare il livello che il loro lavoro esige. L’Opéra è un Teatro, i nostri spettacoli sono il frutto degli sforzi comuni di tutte le nostre corporazioni (parte illeggibile per taglio del tweet) tutte le riunioni, studiato tutte le idee, avanzato numerose e differenti proposte.
Purtroppo ciò che ci viene proposto oggi non permetterebbe di preservare l’eccellenza e la professionalità che sono il cuore dell’identità della nostra Casa. Per quanto riguarda il balletto, si tratta di una professione difficile, che richiede di consacrarvisi corpo e anima dalla più tenera età. La pensione che prenderemo dopo i 42 anni, unita ai salari, spesso modesti, delle nostre seconde carriere, permette, se la fortuna ci assiste, di mantenere un livello di vita più o meno stabile quando non possiamo più danzare. Gli sconvolgimenti auspicati oggi avrebbero come effetto di distruggere il Corpo di ballo e la nostra scuola di ballo.
Poiché siamo profondamente rattristati da questa situazione e sinceramente dispiaciuti di aver dovuto deludere tanti spettatori che si rallegravano di vederci durante le feste, poiché desideriamo testimoniare dei legami che uniscono i corpi professionali e le generazioni nel seno della nostra bella Casa, offriamo un brevissimo spettacolo, un simbolo, un messaggio, un appello alla difesa della nostra Istituzi one e allo stesso tempo del patrimonio culturale di tutti i Francesi.
(Grassetto mio.)

La retorica sulle generazioni successive sacrificate dal preteso egoismo dei “vecchi” spazzata via con pochi tratti di penna. Quando si dice la cultura, la solidarietà c on i compagni di lavoro, la coscienza della propria dignità da preservare indissolubilmente legata alla qualità del proprio lavoro e delle sue condizioni.
Con gli alfieri della flessibilità UE  avrebbero dovuto parlarci i danzatori, dall’inizio.
Rimane solo da capire chi possa parlare con Apple per rendere meno assurdo scrivere su blogger con un iPad. Non fosse per la sua leggerezza mai avrei comprato un oggetto così poco ergonomico da utilizzare: ci ho messo tre ore a scrivere un post.






45 spettacoli annullati, 8 milioni pare di euro persi: ah! Il debito pubblico!!!! Ovvove. Intanto pero’ il direttore dell’Opéra, Stéphane Lissner, rilasciava una dichiarazione contro la riforma delle pensioni.

Altro che Fornero e Monti, cosiddetti salvatori della patria, massacratori maledetti miserabili ed esecrandi di quel misero stato sociale che ancora esisteva.

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