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sabato 25 aprile 2020

Appunti sul MES: o dell’utilità di leggersi le norme (in corso)

Aggiornamento:
In fondo
Post a puntate, aggiornato di volta in volta.
Ringraziando le amiche di blog per i loro apprezzamenti culinari, dato che commentare è sempre complicato, passo a argomenti meno palatabili, ma certo più influenti sulle nostre vite.

Cosa è il MES? È un fondo finanziario, cioè un luogo dove si accantona qualcosa, in particolare somme di denaro. Un fondo simile è l’FMI, nato per aiutare i paesi in crisi da bilancia dei pagamenti (cioè che importano molto più di quanto esportano, magari per meccanismi spiegati qui e che sarebbero all’origine anche della crisi della zona euro).
Il MES è uno strumento che nasce e agisce solo all’interno della zona euro o dei paesi che lo adotteranno. Apparentemente fuori non ne hanno bisogno. Eppure il COVID pare non sia molto attento alle unioni monetarie quando deve chiedere un tributo mortale.
Misteri.

Non si tratta di un mero accordo intergovernativo; la sua istituzione è prevista dall’art. 136 paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE), modificato con la decisione 2011/199 del 25/3/2011. Il paragrafo introdotto prevede la possibilità per gli stati dell’euro zona di istituire un « meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità » (traduzione maccheronica di « condizioni stringenti »).
Il nuovo paragrafo ha una sua storia che viene ricostruita nella parte introduttiva della decisione, articolata per punti e chiamata « considerando ». Al considerando 3 si racconta come il 28-29 ottobre 2010 nella riunione del Consiglio UE, organismo composto dai presidenti del consiglio dei paesi UE, più quelli di Commissione Ue e Consiglio UE, si convenne di istituire un meccanismo permanente di gestione delle crisi per assicurare la stabilità della zona euro, di cui intrinsecamente si ammettevano così le profonde debolezze. Altri precedenti meccanismi erano stati attivati dopo il 2008 e i vari paesi membri, Italia inclusa, vi avevano contribuito con decine di miliardi di euro: si trattava di renderli permanenti, giacché la crisi non accennava a placarsi e l’eurozona stava a cuore ai potenti, cioè rendeva al loro portafogli. In conseguenza dell’accordo di ottobre il Belgio chiese una modifica che inserisse nei trattati fondamentali della UE la necessità di sottomettere ogni assistenza finanziaria prevista a « condizioni rigorose ».
Tale paragrafo del TFUE fu regolarmente approvato e è tuttora in vigore, né si ha notizia di iniziative per abrogarlo o modificarlo.

Curiosità: se andate a consultare il TFUE nella cosiddetta « versione consolidata » il paragrafo in questione non ce lo trovate. Eppure esso è stato recepito anche in Italia, come mostra la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della legge 23/7/2012 n. 115.

Altri articoli del TFUE vanno nella stessa direzione. Il 122 precisa la necessità di condizioni per assistenza finanziaria, il 124 vieta l’accesso privilegiato a istituzioni finanziarie da parte degli stati.

Non esiste quindi un « MES senza condizioni », come proclamano sui vari media personaggi di varia natura.
E nemmeno potrebbe esistere, perché...

...Oltre alle norme UE, anche la giurisprudenza della Corte di giustizia UE conferma la necessità delle « rigorose condizioni » per l’utilizzo del MES, nella sentenza della causa Pringle. Il signor Pringle aveva presentato un ricorso contro la legittimità del MES rispetto al diritto UE per diversi motivi. Uno è il divieto in diversi articoli del TFUE che esamineremo più tardi (dal 122 al 126) al finanziamento degli stati. Gli stati devono secondo la UE finanziarsi solo andando a chiedere soldi ai grandi fondi di investimento privati, cioè ai cosiddetti « mercati » e pagare il prezzo da essi stabilito.  Secondo Pringle il MES avrebbe violato il divieto di finanziamento.

La Corte di giustizia ribadisce quasi ossessivamente nella sua decisione del 27/11/2012 che è proprio e solo la « rigorosa condizionalità » - e dàgli - prescritta dall’art 136 p. 3 a garantire il rispetto del diritto della UE pur nella decisione di istituire un mezzo di aiuto agli stati (punti 92-147). Ad esempio ai numeri 69, 11, 136, 137, 143, richiamando inoltre l’art. 125 del TFUE sulla necessità di uno « stimolo » a « politica di bilancio virtuosa ». Cosa c’entri mai la virtù col bilancio non lo spiega.

Il Trattato istitutivo del MES del 2/12/2012 ribadisce più volte la necessità di condizioni per il proprio intervento: nei considerando al n. 6 per esempio, negli art. 3, 12 (che fissa addirittura i « principi » del MES) al paragrafo 1, nei sette paragrafi dell’art. 13 che illustra la procedura per ottenere l’ « aiuto » del MES. Sono previsti due tipi di credito: quello precauzionale e quello a condizioni rafforzate, detto anche ECCL (art. 12 par 1, art 14 par 1).

Il 9 aprile 2020 si svolge una riunione dell’Eurogruppo. L’Eurogruppo è composto dai ministri delle finanze della zona euro (e dàgli) che si riuniscono in modo informale senza che vengano tenuti verbali. Non ha funzione legislativa né consultiva, sono, o meglio dovrebbero essere, dei pour parler.
Al termine della riunione il presidente, il portoghese Centeno, emette un comunicato stampa in cui si elencano gli strumenti da utilizzare contro l’epidemia. Al punto 16 si trova citato il MES nella formulazione « ECCL », quello con condizioni rafforzate, appunto.

Non c’è male per essere « senza condizioni ».
 Più sotto si legge: « il solo requisito per accedere al credito » è l’impegno a spenderlo per la spesa sanitaria. Di lì derivano le affermazioni di media, politici e, cosa che preoccupa più di tutte, economisti o laureati in economia, che il prestito sarebbe senza le famose condizioni tranne la destinazione d’uso. Ma le « condizioni » capestro del MES nel Trattato sono designate non dall’espressione « requisiti per accedere » tradotto semplicisticamente e in maniera alquanto imprecisa con « non ci sono condizioni », bensì « strict conditionality » « conditionality attached to the  financial assistance facility » (art. 12 e 13 del Trattato).

Nel Trattato, dove si descrive la procedura per la concessione del sostegno, art. 13 par 1 e 2, il « requirement to access » evocato dal comunicato stampa, è momento e cosa diversa e preliminare al processo che definisce le « condizioni » - come si è visto passo necessario a norma di TFUE e CGUE, e recepite nell’art 12 che definisce « i principi » del MES - cui ricevere il credito (art. 14, par. 2 e 3).

 Condizioni che verranno invece precisate nei « protocolli di intesa » i famosi memorandum che sbranano la Grecia (art. 13 par 3). I protocolli vanno concordati solo dopo aver presentato domanda di ricorso al MES e dopo che il MES ha verificato l’ammissibilità della domanda stessa (ai sensi del par 1 lett. a e b: esistenza della situazione di crisi e sostenibilità del debito pubblico). Sono redatti dalla Commissione, dalla BCE e « ove possibile » dal FMI concordandoli con il paese richiedente (art 13, par 3-6 e art. 12 par 1, quello dei « Principi »).
Sì proprio quella coserellina chiamata « la troïka », coordinamento informale delle istituzioni di cui sopra.
Anche qui, non si ha traccia di modifiche al trattato.
Non c’è male, per essere « senza condizioni ».

I « Principi » dell’art. 12 prevedono appunto condizioni rigorose, commisurate al programma scelto, che possono andare da « correzioni macroeconomiche »=tagli&tasse, a condizioni di ammissibilità predefinite, come quelle enunciate dall’art. 13.
A ribadire il tutto, nell’ultimo capoverso del paragrafo 3 art 13, dopo avere descritto in dettaglio la procedura del protocollo di intesa, il Trattato MES ribadisce a mo’ di sunto dei principi che lo guidano: « Il protocollo di intesa è pienamente conforme alle misure di coordinamento delle politiche economiche previste dal TFUE, in particolare a qualsiasi atto legislativo dell’UE, compresi pareri, avvertimenti, raccomandazioni o decisioni indirizzate al membro del MES interessato ».
Vale a dire ancora una volta a tutte quelle condizioni e divieti in merito al finanziamento degli stati che si leggono dal TFUE in giù.
La chiara menzione del credito a condizioni rafforzate (ECCL) nel punto 16 del comunicato stampa indica che, a dispetto di qualsiasi « requirement to access» legato alla spesa sanitaria, le « conditions » ci saranno e ci saranno nella loro forma più stringente (art. 14 par. 1).
Postilla: l’Italia contribuisce con gli altri paesi alla formazione del capitale del MES, come ha contribuito agli analoghi fondi che lo hanno preceduto. Per l’esattezza, nell’allegato 1 del Trattato si precisa che il suo contributo è del 17,79%, cioè il terzo in ordine di grandezza dopo Germania e Francia, con un milione duecentocinquantatremila quote e con una sottoscrizione di 125.395.900.000. Tanto per fare un paragone, i Paesi Bassi partecipano con il 5,67% (Allegato 2).

Aggiornamento:
Apparentemente nei documenti preparatori del « nuovo MES » che risalirebbero al mese scorso, si faceva riferimento a due tipi di credito, quello a condizioni rinforzate contro la crisi da pandemia (che diventerà le ECCL del p. 16 del comunicato stampa prima riportato) e un inedito Strumento rapido di finanziamento di cui si sono in seguito perse le tracce. Per entrambi si elencano quattro elementi: le finalità, l’ampiezza, l’ammissibilità E le condizioni, conformemente del resto a quanto prescritto dall’art. 13 par 1-3 del Trattato istitutivo MES.
 Anche in questa bozza le « finalità », tra le quali rientrerebbe l’obbligo di utilizzare il prestito solo per spese sanitarie, esattamente come indicato dal comunicato del 9 aprile al punto 16, sono chiaramente distinte da un punto di vista formale e di impaginazione dalle « condizioni » cui il prestito, una volta verificata l’ammissibilità del paese, verrebbe poi sottomesso prima di essere erogato. Il tutto giova ripeterlo, in perfetta ottemperanza a quanto i trattati prescrivono, seguendo alla lettera i passi in essi descritti.  
Entrambi i tipi di credito prevedono condizioni che non si limitano a quelle riportate tra le « finalità », e benché non ci fossero dubbi, questo è importante per via di un punto su cui torneremo domani.
Nel primo caso queste condizioni prevedono: 
« I membri si impegnano a utilizzare il credito del MES per sostenere il finanziamento nazionale del sistema sanitario e i costi economici sostenuti per rispondere alla crisi del Coronavirus. In aggiunta, saranno richiesti il rispetto delle regole di bilancio e del semestre UE, inclusa qualsiasi flessibilità applicata dalle istituzioni UE. »
Nel secondo caso:
« Il sostegno del MES può essere utilizzato unicamente per finanziare la sanità e il costo economico dell’emergenza. In più, bisognerebbe che fosse garantito il rispetto delle regole di bilancio UE e del semestre europeo, inclusa qualsiasi flessibilità applicata dalle istituzioni UE competenti. » Queste misure andranno ulteriormente specificate.

Quindi: l’idea che il MES in questa occasione sia mai stato senza condizioni, come affermato da vari personaggi pubblici, è insostenibile; almeno, nessun documento anche vagamente istituzionale reso in qualche modo pubblico che abbia trovato la riporta. Al contrario, solo la traduzione ardita di un passo che data la delicatezza del suo contesto avrebbe forse meritato maggiore precisione, utilizzando il sostantivo « condizione » per « requirement », scelta in italiano appropriata ma potenzialmente ambigua in un contesto in cui « condizione » sta a significare un preciso complesso di contenuti e procedure, può avere dato l’illusione che ciò che esprimeva un primo requisito di accesso al programma (eligibility/requirement) racchiudesse in sé anche tutte le condizioni cui adempiere, o sottomettersi, una volta entrati nel programma di cui sopra.
Aggiornamento dell’aggiornamento: apparentemente esisterebbe un parere dell’ufficio legale della Ue che affermerebbe che la sola condizione è quella di uso. Non sono riuscita a trovarlo; non so quale valore interpretativo avrebbe, rispetto per esempio alla CGUE e ai principi dei trattati, dato che interpreterebbe oltretutto a qualcosa che ufficialmente non esiste. Parrebbe normale che un progetto legislativo richieda pareri agli uffici competenti, ciò non vuol dire che il parere esaurisca tutte le possibilità della proposta politica.
Di certo però non si può dire che il MES sia un soggetto noioso!
———-

Il 17/4/2020, cioè due giorni dopo che il governo italiano non andò a ricevere un mandato dal Parlamento sul MES malgrado sia previsto dalla legge 234/2012 (legge Moavero), il presidente dell’Eurogruppo invia una lettera ai membri in cui riassume la riunione del 9/4, evocando « 3 reti di sicurezza per lavoratori, imprenditori e stati » davanti alla crisi provocata dall’epidemia di COVID. Per gli stati eurozona la rete si chiama anche « pandemic crisis support ».
Si tratta della medesima espressione utilizzata per evocare il MES nel paragrafo 16 del comunicato stampa di nove giorni prima. Centeno conclude la sua lettera dicendo che l’eurogruppo continuerà a lavorare: porteranno avanti le « proposte legislative » auspicate dal presidente del Consiglio UE Michel che li aveva incaricati nel Consiglio precedente di avanzare proposte per affrontare la crisi pandemica.

Benché né l’eurogruppo né il Consiglio UE abbiano potere legislativo, il ricorso al MES nella forma delle condizioni rafforzate come mezzo di intervento nella crisi causata dall’epidemia COVID si avvia a diventare norma UE.

...segue domani

Che è oggi... 

Il 21 aprile il presidente del consiglio UE Michel invia la lettera di invito alla riunione del Consiglio di giovedì 23. Nella lettera si trovano riportate le stesse espressioni, ma in ordine inverso, il che ne sottolinea forse la differente importanza: « On 9 april the Eurogroup agreed on a package... with three important safety nets for sovereigns, for private companies and for the protection of employement. We should  give the go-ahead to these important initiatives and insist on them becoming available as quick as possible. The aim should be for these three safety nets to be in place and operational bu 1 June ».  Al termine della riunione il cui sunto si trova qui il presidente Michel afferma nelle sue conclusioni di « approvare l’accordo sulle tre importanti reti di sicurezza » elaborato dall’Eurogruppo e affida alla Commissione il compito di definire le necessità.

Ci si rivede il 6 maggio, perché il 5 la Corte costituzionale tedesca non festeggerà la morte di un vecchio nemico, ma si pronuncerà sulla compatibilità con l’ordinamento tedesco dell’allentamento monetario, il QE, il programma di riacquisto titoli pubblici e in parte privati della BCE in caso le rivendite troppo massicce da parte degli acquirenti precedenti provocassero crisi forti, in primo luogo l’aumento della differenza dei tassi di interesse tra paesi dell’euro zona, lo spread. Ovviamente bisogna vedere se la Germania, o meglio qualche sanissima e virtuosissima banchetta tetesca ne avranno bisogno o no. Oppure se la Germania vorrà rifinanziare le sue banche da sé, come non potrebbe fare secondo i trattati, ma come ha già fatto anni fa con le sue banche del territorio e più recentemente con la banca Nordland (più in dettaglio qui). Diversamente dall’Italia e dalla Spagna.


A domani...
 







sabato 18 aprile 2020

Quarantena, la miglior dieta, perfino il benessere


Rientrare perfettamente nella gonna più stretta, con tanto di due maglioncini infilati dentro.
Bien sûr, tu es moins stressée ha commentato ieri un’amica di Francia quando le ho detto al telefono che stavo dimagrendo. Perché ero depressa? Perché soffrivo?
Ma proprio no. Perché non dovevo andare in ufficio, ma lavoravo da casa, con orari precisi certo, ma in sostanziale libertà di gestirmi come meglio mi pareva. Niente più controlli sadici e pretestuosi, niente più arbitri per sfoggio di potere. Niente più sensazione di impotenza per la cattiva volontà altrui nel fornirmi i mezzi di lavoro: se non faccio una cosa è perché da qui non potrei comunque fare diversamente da quel che sto facendo, non perché non posso avere i minimi strumenti per farla. Niente più frustrazione perché non riesco a fare le cose, poiché non me ne danno i mezzi: nel tempo sospeso il quotidiano cambia. Niente più sensazione di star combattendo una battaglia inutile per cose che rientrerebbero nei doveri della struttura rispetto al servizio, ma di cui non importa nulla a nessuno. Niente più ipocrisia di pretendere da me un lavoro per cui mi si sottraggono i mezzi, divenendo via via più pignoli su una forma che non è mai sostanza, o meglio la cui sostanza sono il controllo, la colpevolizzazione strisciante, l’oppressione.

 Quindi, niente più voglia di dolci. Non rinnego niente: i dolci sono buoni!
Questo l’ultimo golosissimo cartoccio comprato prima della quarantena, quando era ancora aperta la pasticceria.

Ma oggi, perché mangiarli e farli? Li guardo, guardo le ricette, li pregusto e poi mi chiedo: ma perché? Ne ho davvero voglia? O mi sto stuzzicando con un godimento passeggero e forzato?
Di vino: ma perché aprire una bottiglia per un mezzo bicchiere?
Perché volersi stordire?
Sul serio: perché?
(N.b. Tutto ciò non ha nulla a che fare con penitenze pre pasquali variamente mascherate: non sono credente, sono profondamente estranea a ogni trascendenza, misticismo, pratica parareligiosa e se fossi obbligata a convertirmi con un coltello alla gola, come andava di moda in passato nelle nostre ridenti plaghe, sceglierei senza dubbio Lutero, o meglio ancora il credo danese.)



Riabbottonare i pantaloni più difficili, anche se non sono ancora portabili.

Insomma: stare lontana dall’ufficio per me ha significato la perdita di stimolo verso sostanze naturali, ché d’altro non m’intendo, che servono da gratificazione di sopravvivenza in situazione percepita come oppressiva e immutabile. Caduta verticale dell’interesse.


Indossare senza sforzo i pantaloni da medio termine, quelli che quando non stanno più bene suonano il mio personale campanello d’allarme.

Dopo le prime due settimane di confusione tra il giorno e la notte, ribellione alla precedente routine vissuta come oppressione, sopravviene come fonte che sgorga pura e tersa regolarità nei ritmi di vita e aumento graduale ma continuo del benessere.
Certo un po’ di montagna gioverebbe al fisico, dato che in casa posso giusto fare le scale, tutto il resto comprometterebbe la mia traballante schiena che comunque migliora pure lei.
Per fortuna di ricette se ne trovano in giro anche di leggere e istantanee

O curiose e fantasiose con tanto di consulenza personale che l’autrice non disdegna mai darmi.
E questo curiosamente mi basta.
Malgrado il pianto che mi coglie quando sento la mamma e suo marito persi nella malattia che la ottenebra scatenandole paure senza nome, e capisco che devo farli parlare per ridare loro la forza e abbassarne l’angoscia e poi mi resta dentro un muro di vetri che si sbriciola pur senza cadere, ché saper difendermene non è il mio mestiere.

Inoltre, paradossalmente la tragedia della strage che stiamo vivendo e che non dimentico mai, anche se il mio corpo rifiorisce, ha liberato la parola negli ambienti professionali. Anche grazie alla solidarietà dei colleghi, passano discorsi sulla politica economica che mai avrebbero potuto essere pronunciati poche settimane fa senza rischiare il rogo e l’anatema. Per quanto siano per me all’acqua di rose è un sollievo poter infine dire la rabbia provocata dall’oppressione e dall’autocensura che si avevano dentro, dopo decenni di retorica liberista UE risciacquata in salsa USAdem, l’unico discorso politico cosiddetto progressista ormai ammesso nelle patrie arene.

Ovviamente non posso che vivere come un ritorno al lucchetto e non il suo contrario, il canto degli alfieri della produzione. Malgrado i medici, peraltro non esenti da scivolate molto, molto brutte, siano     più che chiari sulla necessità di continuare nel distanziamento e nelle precauzioni soprattutto per quanto riguarda i luoghi chiusi e frequentati. Cioè appunto le fabbriche e gli uffici.

Altrettanto ovviamente son ben consapevole che se in queste circostanze, mentre tutti smaniano, io sto benone, esclusa l’ansia forte della ripresa della persecuzione, specialmente per quanto riguarda la partenza per la Francia, la mia situazione « normale » è perversa e malsana oltre il livello di guardia. Fino a piegarmi il corpo e lo spirito.

Soprattutto è malsano il fatto che essa possa in potenza continuare all’infinito, perché nulla è previsto per gestire queste situazioni sul lavoro, se non la cura, a volte, del singolo individuo, mai dell’ambiente. Come se ti dovessero insegnare al massimo ad andare a farti bastonare tutti i giorni purché involta in una corazza che ti mozza il fiato e ti piaga il corpo e l’anima, pur di non fermare la mano che impugna il bastone, perché il « problema » sono le costruzioni che tu fai intorno alla situazione, mai l’esistenza reale del sopruso e dell’abuso, solo fermando il quale potrai dopo curare realmente l’individuo, se ce ne fosse ancora bisogno - e verosimilmente la cura sarebbe molto più semplice, allora. Come sempre ributtando sull’individuo ogni responsabilità sociale proclamata ininfluente quando non inesistente.
 Con conseguente perdita sotto le mazze ferrate non solo per gli individui ma per le organizzazioni tutte di energie, idee, realizzazioni, speranze, creazioni. Benessere, respiro, felicità.



domenica 19 gennaio 2020

I proclami della domenica sera o sia incontro coi piddini

Oggi visto discreta mostra sui pittori ungheresi a Roma nella prima metà del Novecento. Benché vi sia un video di Mussolini in visita alla loro esposizione nel 1938, i curatori  riescono a non pronunciare mai la parola “fascismo” o “regime fascista” e a non fare motto su quale  destino riservo’ il duro regime filonazista ungherese a questi artisti durante la guerra e a quello cui è principalmente consacrata la mostra, Molhony-Nagy. L’arte è Arte, quindi non ha storia.
Forse no.

 Più tardi al tavolino di una gelateria due ragazzi, chiaramente militanti politici, stanno rifacendo il mondo, come a tutti capita, a base di sardine, pesce poco apprezzato, ma sempre meglio del loro aborrito rivale, e riforme costituzionali. Quello più sveglio, forte accento emiliano, proclama, procurandomi un sussulto, la necessità di abolire più o meno il parlamentarismo, soprattutto bicamerale, in quanto ormai inadatto, a cosa non si sa. O meglio, io un’idea del cui prodest l’avrei. Lui apparentemente un po’meno.
Dopo una mezz’ora di questo andazzo non ce la faccio più. Con il tono più distaccato e calmo che riesco ad assumere mi volto e fissandolo negli occhi: “Vede, io non ho nessuna simpatia per Salvini. Ma dopo quello che ho sentito voterei persino lui, pur di fermare un simile stravolgimento del nostro ordinamento costituzionale e dei diritti che garantiva.” E alzo il coturno.
Nei suoi occhi credo di avere visto un sentimento non proprio pacifico.
Ma a questa gente che sta distruggendo il nostro patto sociale bisogna far capire che si deve fermare.
O sparire.




mercoledì 25 dicembre 2019

En grève

Molti hanno visto le immagini delle danzatrici dell’Opéra di Parigi in sciopero nel Lago dei Cigni rappresentato davanti a Palais Garnier prima di Natale. Forse non tutti hanno letto il volantino che accompagnava lo spettacolo. Lo traduco qui sotto: è particolarmente eloquente.



I video linkati sono quelli degli account Twitter di:
Emmanuel Tixier, Teleia, Cyril Mitilian, Fabrice Arfi.

In Francia l’opera nasce nel XVI secolo sotto la dinastia dei Valois poi dei Borboni, sviluppando le rappresentazioni danzate, recitate e cantate a corte, introdotte e sviluppate dalle sovrane della famiglia fiorentina dei Medici, Caterina e Maria. Qualche idea avrebbe potuto darla anche Leonardo da Vinci che aveva creato per gli Sforza, a Milano, la festa del paradiso.
Il teatro dell’opera di Parigi è un regalo di Luigi XIV al suo musicista di corte Giovan Battista Lulli, che ottiene l’esclusiva delle rappresentazioni per tutto il regno e gestisce il teatro e i suoi guadagni. I Ballard, famiglia di stampatori, ottengono dal canto loro il privilegio per le edizioni dei libretti e delle musiche che conserveranno sino alla fine dell’Ancien Régime.

Macchina di consenso, di meraviglia e propaganda, il valore del teatro e del teatro in musica, mezzi di comunicazione per eccellenza dell’epoca, non sfugge al potere reale di Francia che, come per altri settori artistici e industriali si preoccupa, Colbert in testa, di salvaguardare un ceto di alto artigianato garantendogli condizioni di vita dignitose, un mercato che possa mantenerli e istituzioni culturali che possano a un tempo tutelarli e entro certi limiti controllarli.

Fanno già parte allora di questo sistema di salari e garanzie le pensioni, cioè quello che oggi si chiamerebbe “salario differito” (mentre i servizi pubblici sono i “salari indiretti”, ecco perché color che belano stolidi invocandone il taglio stanno in realtà invocando che si taglino i loro stessi redditi), faceva già parte allora dei salari, dicevamo, un regime speciale di pensioni, istituito nel 1698. Decennio in cui, secondo un vecchio libro sempre affascinante da leggere come lo sono tutti i testi scorrevolmente ben scritti, comincia a cedere il sistema ideologico che aveva alleato nei paesi cattolici assolutismo e controriforma.

martedì 30 aprile 2019

Les tours de Notre-Dame

Ci sarebbe, sorpresa sorpresa, la lesina alla spesa pubblica dietro al mancato reperimento del focolaio d’incendio sotto il tetto di Notre-Dame. Le cronache avevano subito detto che il primo allarme era stato dato dai segnalatori antifumo alle 18 h16. Il servizio di sorveglianza pero’ non aveva trovato il focolaio, rimettendosi tranquillo dopo un giro di perlustrazione. Solo mezz’ora dopo un secondo allarme aveva condotto la sorveglianza nel posto giusto.
Secondo Le Canard Enchaîné la Direzione degli affari culturali del ministero della cultura avrebbe soppresso a partire dal gennaio 2016 la sorveglianza notturna, malgrado fosse prevista dal piano di sicurezza del 2013, e avrebbe poi soppresso il secondo sorvegliante al pc di sicurezza installato nella sacristia. La sorveglianza è stata inoltre affidata a una società privata - IL PRIVATO! QUELLO BRAVO!!! QUELLO EFFICIENTEEEEE!!! QUELLO CHE FA RISPARMIAREEEEEE!!!, la quale, appunto, ha risparmiato sui costi per aumentare i profitti.
La persona sul posto la sera del 15 aprile non conosce l’edificio, perché ci lavora da pochi giorni. Chissà poi con che criterio è stata scelta e come è stata formata. La cattedrale come ognun sa è immensa,e bisogna anche avere una minima familiarità con questo tipo di edifici e le loro parti per orientarcisi.
Ad ogni modo costei visto il segnale luminoso dell’anticendio telefona al sorvegliante della chiesa spiegandogli che il segnale d’allarme riguarda il sottotetto della sacristia, anziché quello della navata. Il sorvegliante della chiesa che è addetto proprio all’anticendio va nel sottotetto sbagliato dove non puo’ trovare un incendio che non c’è. Solo al secondo allarme il sorvegliante della chiesa, accompagnato dall’amministratore della cattedrale riesce a localizzare l’incendio e ad avvertire il dipendente della società privata che infine chiama i pompieri alle 18 h 51, un tetto, quarantacinque minuti, sette secoli e svariati miliardi più tardi.
I dipendenti avevano peraltro tentato di avvisare la società dei rischi: se sono in bagno o in pausa come faccio a sapere che suona l’allarme, si preoccupa uno di loro scrivendo ai suoi resposabili. Inoltre, quando i sorveglianti erano due, a turno facevano il giro dell’edificio per familiarizzarcisi, precauzione divenuta impossibile da quando ce n’è uno solo.
Infine diversamente da Versailles e Orsay Notre-Dame non ha un plotone di pompieri all’interno.
Un altro grande successo degli invasati della spesapubblicabrutta e isoldinonsitrovanosuglialberi, UE, liberismo e porcherie connesse.

Fonte: Christophe Labbé, Hervé Liffran, A Notre-Dame la surveillance incendie ne pétait pas le feu, in Le Canard enchaîné, 30 avril 2019, p. 3

mercoledì 2 gennaio 2019

Celebrazione

L’année qui vient de s’achêver:





Mais, nous voulons ‘89:


P.S.: la première vidéo est médiocre. Par contre, la chanson ne l’est pas du tout.
P.P.S.: qualcuno saprebbe spiegarmi come si fa a incorporare un tweet nel blog o, ancora meglio, un’immagine presa da Twitter? Grazie.

martedì 4 dicembre 2018

Pax?


Quello che segnerà la vita dei nostri genitori e la nostra. Il presidente dell’ordine dei medici Filippo Anelli parla giustamente di aberrazione. Un medico o un dirigente medico non possono ricevere compensi quanto più revocano malattie e invalidità. Eppure le scelte politiche di tagli, tagli e sempre più tagli non vengono rimesse in discussione da questo governo nella sua legge di bilancio, al contrario. Quel modello non va toccato e ancora una volta ci dovremmo piegare ai suoi ideatori e mandanti.
Perché una multa dovrebbe spaventarci più della mancanza di cure? Dell’impotenza davanti alle malattie dei nostri cari? Dell’impossibilità di avere la « pensione dignitosa » prevista dalla nostra Costituzione?
Cosa temiamo ancora?
Uscire al più presto da questa trappola di morte fisica e di soggezione mentale è la cosa migliore che potrebbe capitarci.



domenica 25 novembre 2018

Taci rinnegato

Affamatore della tua gente, tu che hai svenduto chi ti ha eletto, hai distrutto il tuo paese, hai smantellato le sue risorse, hai tradito un mandato referendario, ma taci, almeno, dopo avere massacrato la amata terra di Achille e Odisseo, non osare darci consigli di morte come se non bastasse la devastazione che hai provocato là dove avevi il potere di resistere e di appellarti ai tuoi, anziché torturarli come invece hai fatto, non preparandoti e infine cedendo in maniera ignominiosa.

martedì 23 ottobre 2018

TOGLIETEVI DI MEZZO

"“Impegni violati deliberatamente. Rivedremo decisione su procedura per deficit eccessivo”– “Il governo italiano sta apertamente e deliberatamente andando contro gli impegni che aveva preso”, ha detto in conferenza stampa il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis."

TOGLIETEVI DI MEZZO.

"“i piani attuali sono un cambiamento materiale che potrebbe richiedere una rivalutazione” di tutto, ha spiegato. “La palla è ora nel campo del governo italiano, abbiamo tre settimane per un dialogo intenso”, ha aggiunto. “Le risposte ricevute ieri non sono state soddisfacenti. L’Europa si basa sulla cooperazione e sulla fiducia. Se viene erosa ne sono danneggiati tutti gli Stati membri e la valuta unica”. Poi ha ricordato che nel 2017 il debito italiano “ha rappresentato un peso medio di 37mila euro per abitante“, pari “al secondo debito più alto nell’Ue, uno dei più alti al mondo” nonché quello “con il più alto costo totale di rifinanziamento in Europa” che “deve essere pagato ogni anno dai contribuenti“. 

TOGLIETEVI DI MEZZO.

"Al punto che “l’anno scorso l’Italia ha speso lo stesso ammontare per rifinanziare il debito di quanto ha dedicato all’educazione.""

TOGLIETEVI DI MEZZO.

“Passi indietro sulle pensioni. E il condono potrebbe ridurre adempimento degli obblighi fiscali” – “L’economia italiana è caratterizzata da una bassa crescita economica e da una dinamica della produttività debole rispetto alla media dell’Unione, con conseguenze negative a livello sociale e occupazionale” si legge nell’opinione della Commissione sul Documento programmatico. “Per promuovere la crescita potenziale e affrontare la persistente stagnazione della produttività occorre una strategia organica di riforma. Le misure contenute nel documento programmatico di bilancio 2019 indicano invece un chiaro rischio di retromarcia su riforme che l’Italia aveva adottato in linea con precedenti raccomandazioni specifiche e con riferimento agli aspetti strutturali di politica fiscale oggetto delle raccomandazioni indirizzate all’Italia dal Consiglio il 13 luglio 2018″. Infatti “sebbene il Consiglio abbia raccomandato all’Italia di ridurre la quota della spesa pubblica destinata alle pensioni di vecchiaia al fine di dare spazio ad altre voci di spesa sociale, l’introduzione della possibilità di pensionamento anticipato è un passo indietro rispetto a precedenti riforme pensionistiche a supporto della sostenibilità a lungo termine del consistente debito pubblico italiano”. 

TOGLIETEVI DI MEZZO.

Vi diamo così fastidio? Ce ne andiamo subito.
Inutile insistere quando un matrimonio non funziona. Toglietevi di mezzo. Ah, no? Non vi sta bene? Quindi serviamo a qualcosa, magari a salvarvi le banche e finanziare i trasferimenti ai paesi baltici?

TOGLIETEVI DI MEZZO.

Ci avete imposto di distruggere un welfare mai nato. Ci avete fatto calare la speranza di vita. Avete imposto leggi scellerate che hanno causato disoccupazione e emigrazione, violentando la nostra Costituzione.

TOGLIETEVI DI MEZZO. Per sempre.  

lunedì 12 marzo 2018

L'EU(ropa) che porta la pace tra i popoli...

...quanto questo presepe accarezzato da troppi con illusione o ipocrisia sia falso l'ho vissuto con sbigottita consapevolezza su me stessa. Sentivo o temevo che dovesse arrivare davanti a qualche cretino che mi avesse cantato le lodi di questa macchina di morte e di oppressione. Fatto sta che oggi, dopo qualche domanda sulle elezioni italiane condita da banalità alle mie risposte, nonché di una poco simpatica disposizione all'ascolto su qualcosa che indubbiamente conosco meglio dei miei interlocutori, da parte di un francese peraltro estremamente filotedesco e di una tedesca, sono stata sommersa da una ostilità devastante. Ostilità che si allargava pericolosamente oltre ogni confine, rischiando di identificare in loro i rappresentanti di un paese intero, o meglio delle decisioni dei loro governanti e delle loro istanze imperialiste solidamente sostenute dalla peggiore delle propagande. Il francese è l'ultima persona con cui sarebbe conveniente discutere, ma ci occupiamo tutti e tre delle stesse cose, dovremmo essere in grado di analizzare non visceralmente gli avvenimenti, e con lui l'intesa e la complicità intellettuale sono sempre state forti, abbiamo riso e scherzato insieme in assoluta libertà. Inoltre, chiunque mi conosca sa quanto perdutamente io ami questo paese, la sua storia, i suoi abitanti, la sua lingua che indegnamente storpio, la sua cultura, la sua arte nel parlare e nel vivere, le sue stesse contraddizioni. Non ho mai amato il paese dove sono nata, dove non sono mai stata felice e spensierata, se non forse in qualche momento nel mio villaggio lassù sui monti del Trentino e per cui provo da sempre una profonda estraneità. Quando ho appreso della notte di novembre ho gridato come se avessero ucciso una parte di me, e ho pianto a gennaio, in una brasserie di Strasburgo. Non sapevo cosa fare per abbracciare tutti coloro che incontravo, ad uno ad uno. Darei senza rimpianti la cittadinanza italiana per quella francese, e non tornerei più in Italia a partire da stasera stessa senza alcuna nostalgia e senza pensarvi. Trovo del tutto scadenti inno, bandiera, simboli e cascame retorico che li accompagna. Sono totalmente allergica al concetto di "patria", specialmente con la maiuscola. E poi, nella mia condizione economico-sociale non posso averla :-).
Eppure amo la Costituzione italiana, uno dei migliori compromessi esistenti per garantire vita dignitosa e partecipazione politica a chi non ha capitali e non vive di rendita. Una Costituzione che ogni fondamento dell'Unione europea, di stampo economico liberista, viola, e che ogni sua disposizione, supinamente accettata da chi ci governa e governerà, ci impone di violare.

Sentire sorgere in me simili sentimenti ostili mi ha lasciato tanto più esterrefatta e smarrita. Quale trasformazione molecolare ha potuto portarmi a sragionare in maniera così grossolana? a quale profonda degradazione questa fabbrica di miseria ci sta portando?
Può accadere, mille episodi storici lo dimostrano. E mille GUERRE, non mille paci. Ma che potesse accadere a me così facilmente, sia pure dopo decenni di assalti ubiqui da parte di questa istituzione spietata a ciò che di più civile questo continente abbia mai espresso, lo stato sociale, ça je l'aurais jamais cru.
 
Si potrebbe dire che essendo la Ue progettata fin alla sua nascita come una macchina per implementare lo sfruttamento tra nazioni e tra individui della stessa nazione, essa non può che generare antagonismi sempre più forti, invece che ridurli.
Ma provarne la forza su sé stessi è tutt'altra cosa.
Solo, è la trappola che chi ha voluto questa restaurazione peggiore di quella borbonica ci tende per far parere nemico chi è ignorante e inconsapevole, ma povero più o meno quanto te.
Restiamo svegli e teniamo saldamente le briglie.
Oggi ho un motivo in più per avversare questa santa Unione, non più salutare della precedente per chi sotto di essa deve vivere e per volerla demolita pietra su pietra, arsa per sempre dal giudizio della storia.

mercoledì 4 ottobre 2017

A(hi)/simmetrie

economiche? sociali? ideologiche? di genere? Macché. Se volete comprendere appieno il significato di questa parola, niente di meglio che farvi venire un blocco delle vertebre accompagnato dalla punta di una spada rovente conficcata a fianco della colonna vertebrale all'altezza della scapola, con brachialgia fino a quattro cm dal polso destro in seguito a sconsiderato uso del mouse e non uso del poggiapiedi. Mentre quel braccio vorrebbe disperatamente uscire dal suo alveo perché con ogni evidenza delle corde invisibili lo stanno stritolando con la loro rigidità, il sinistro, sideralmente lontano da cotanta durezza del vivere, insiste: "Ma insomma perché non mangi le brioche? Io non sento niente. Ma proprio niente, guarda. Si puo' sapere perché insisti nel farmi scrivere questo post da solo, facendomi allungare su tutta la tastiera? Vedi come sono stato bravo io, ad arrivare da solo fin qui? Sei un vero pigro, per qualcosa che richiede cosi' poco! Cicala! Fannullone, mentre io fatico per te, tu te ne stai coricato al sole a non fare nulla, in preda a donne e alcool, e hai ancora il coraggio di lamentarti? Ecco, lo sapevo, tu, laggiù, cosa sei! Sei un PIIGS! Vergogna! Devi pagare! Lavora e non protestare. Fa male? Ma quale male, è che non vuoi accettare la sfida competitiva delle riforme strutturali, perché ti piace la bella vita. Ma adesso vedrai, con il vincolo esterno..." Poco importa che il sottofondo semicolpevolizzante fosse " Non ci sono i soldi": l'apparato muscoloscheletrico grazie al cielo se ne infischia. E a un certo punto si ribella. A spese mie che dovro' pagarmi una costosissima fisioterapia, ché si sa la tutela della salute rende gli investimenti non convenienti, come ammonisce Lagarde del FMI in un discorso dei più istruttivi. Nel frattempo la schiena sembra aver fatto bondage con un hare krishna, tappezzata com'è di una ammiccante rete di cerotti rigorosamente arancioni messi li' dal fisioterapista che appena mi ha vista oggi d'urgenza si è messo le mani nei capelli. E sarebbe saggio ora lasciare andare la presa e abbandonare la malefica tastiera.

martedì 9 maggio 2017

Perché costa troppo

La mia mamma che non è giovane, ma porta bene i suoi anni, ha un problema di salute abbastanza comune e non grave, che ad oggi si può prevenire con le cure adeguate. Ma quelle che ha fatto finora non funzionano più, malgrado lei sia molto ligia e molto costante nell'assumerle e nel seguire i comportamenti prescritti.
Solo che queste nuove cure costano.
E lei ha la pensione quasi minima.
Non è ancora una situazione disperata, questo no. Per ora. Ma per quelle cure o si paga o si deve andare in ospedale.
O paga una dose o vive: il costo è più o meno equivalente alla sua pensione mensile.
E l'unico ospedale che le fa è non all'altro capo della città, ma praticamente fuori. In una capitale EUropea, ovviamente.
Perché i piccoli ospedali sul territorio, ovviamente, "costano". Devi pagare chi li fa funzionare.
Quindi il "costo" di raggiungere il luogo di cura viene riversato sui pazienti e le loro famiglie.
Posto che gli ospedali sono pubblici: DOVE STA IL RISPARMIO?
Nella maggiore spesa di chi è più debole?
Torniamo alla logistica.
Quindi ci vogliono un autista e qualche ora tra andata e ritorno.
Per fortuna ha una persona accanto.
Ma se non l'avesse? Quanti anziani soli rinuncerebbero a curarsi in queste condizioni, o sarebbero costretti a pagare un taxi, supponendo di avere prima il denaro per farlo e poi la mobilità necessaria per servirsene?
Quanto questo diminuirebbe le loro aspettative di vita in buona salute?
O le loro aspettative di vita tout court?

"Nell’ Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora. Ma dev’ essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’ individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità. Cento, cinquanta anni fa il lavoro era necessità; la buona salute, dono del Signore; la cura del vecchio, atto di pietà familiare. Il confronto dell’ uomo con le difficoltà della vita era sentito, come da antichissimo tempo, quale prova di abilità e di fortuna. Ma è degenerato a campo dei diritti che un accidioso individuo, senza più meriti né doveri, rivendica dallo Stato."


Intanto in GreciaLa Grecia abbasserà la soglia di reddito annuale sotto la quale non si pagano tasse a 5.681 euro. Secondo l’Unione Europea la soglia di povertà è di 6.000 euro di reddito annuale. Ulteriore taglio delle pensioni, sia normali sia complementari, che interesserà anche le pensioni superiori a 700 euro. Questa misura interesserà 900.000 pensionati sul totale di 2,6 milioni. I pensionati che ricevono più di 470 euro al mese saranno tenuti a pagarci su le tasse. Un pensionato che percepisce 700 euro al mese, ora esentasse, pagherà una tassa annuale di 600 euro.
Le persone a basso reddito saranno tassate sempre al 22%. 
Spese mediche: gli sconti fiscali per le spese mediche saranno aboliti. Questo significa un aumento indiretto della tassazione, soprattutto per i malati cronici, dato che i tagli legati all’austerità nel settore sanitario hanno aumentato le spese private per il settore medico (detto in altri termini, l’UE ha prima smantellato la sanità pubblica spingendo i Greci verso quella privata, e poi eliminato anche le detrazioni fiscali sulla sanità privata, NdVdE).
Contributi per il riscaldamento: ci saranno tagli di 56 milioni di euro che andranno a colpire i gruppi sociali più vulnerabili.
Sempre nel 2017 verranno implementati i tagli di 570 milioni di euro ai contributi di povertà per i pensionati
Aperture domenicali: i negozi saranno aperti tutte le domeniche dell’anno nelle zone turistiche come il centro storico di Atene o il centro di Salonicco. Ci sono voci che questo riguarderà tutti i negozi lungo la Riviera di Atene, dal Pireo a Capo Sounion. 

Nel 2018 
  1. Abolizione di spese mediche per 121 milioni di euro.
  2. Abolizione della deduzione dell’1,5% nel calcolo della ritenuta mensile per 68 milioni di euro.
  3. Tagli ai contributi per il riscaldamento per 58 milioni di euro.
  4. Abolizione di benefici sociali incorporati nel Reddito di Solidarietà Sociale per 10 milioni di euro.
  5. Altri tagli al Servizio sanitario nazionale EOPYY per 188 milioni di euro

Una volta, tanti e tanti anni fa, andava di moda scandalizzarsi per una guerra che si svolgeva "nell'indifferenza di tutti a due passi da casa nostra". Si sarebbe dovuti intervenire, si diceva. Si sarebbero dovuti mandare i soldati, le bombe e i cannoni.
Si mandarono.

Cosa si aspetta a invocare almeno altrettanto rigore sulla testa di chi concepisce, impone e attua una simile guerra senza quartiere nei confronti della popolazione più povera di un paese stremato, che sta pure quello alle porte di casa nostra, solo appena un po' più a sud?

Forse si esita perché il mandante di questa guerra non dichiarata e non coperta dai telegiornali della sera si chiama ancora e sempre Unione europea (Commissione UE, Banca centrale UE, Fondo monetario internazionale)?

giovedì 16 marzo 2017

Ma come era cominciato tutto? A tempo di ragtime...

L'Olanda sceglie come secondo partito il Partito della libertà, critico verso la UE e fortemente anti-immigrazione. Di fatto la zona euro non s' è mai ripresa dalla crisi del 2007 che ha infierito su paesi in cui il livello di benessere che rendeva l'Europa (che non è la UE!) unica al mondo era già stato messo alla prova da tagli trentennali allo stato sociale, secondo le raccomadazioni dei trattati UE. Ma come era cominciato tutto?

La signora che interviene nel video è la senatrice Elizabeth Warren. Tra i possibili candidati alle scorse elezioni USA è stata la più seria sostenitrice di un ristabilimento delle regole che hanno impedito la speculazione finanziaria con i soldi dei risparmiatori. Regole che hanno permesso cinquanta anni di relativo equilibrio. Ma certo erano contrarie al libero mercato. Abbiamo fatto bene a buttarci senza rete, colpa nostra se adesso non ci abituiamo.

Ma perché dovremmo? In nome di cosa? A vantaggio di chi? In cambio di che?

Noi non "dobbiamo" abituarci al libero mercato, creazione umana non fenomeno geologico, bensì conquistare quello che ci fa vivere meglio.
A dieci anni - sì, già dieci anni - dal 2007 è più che possibile affermare che non si tratta del libero mercato.


mercoledì 15 marzo 2017

Il modello tedesco





Imperdibilmente geniale.
Brutalmente scopiazzato da twitter @vittoriobanti (che non lo sa né io so chi sia).

mercoledì 21 dicembre 2016

La leggenda della notte del solstizio

Pirato la storia dei Kallikantharoi, che cominciano già a spuntare da sotto la terra, annusando l'aria fredda di questi brevi giorni. I Kallikantharoi sono piccoli folletti che vivono presso il centro della terra, sono neri, hanno una lunghissima c o d a, mangiano rane (o-ohhh!), vermicelli e @@.

Hanno paura del fuoco e del sole e anche dell'acqua, ma solo se è santa. Nei dodici giorni fuori dal tempo tra il solstizio e l'inizio di gennaio, quando il sole appare immobile, cioè tra Natale e Epifania, lasciano le tenebre sotterranee dove vivono per passeggiare la notte nel mondo di sopra, quello dove noi respiriamo, abbandonando la loro opera.

Tutto l'anno i folletti lo passano chiusi nel centro della terra intenti alla fatica. Al centro della terra cresce l'albero della vita che sostiene il mondo. I folletti lo segano e lo fanno a pezzi. Ma sul più bello, quando ormai l'albero sta per cadere, il mondo si apre e loro possono sfuggire alla fatica e sciamare sulla terra, dove amano fare un gran trambusto.

Entrano nelle case passando da ogni pertugio come i soffi del freddo vento di tramontana: dalle finestre, dal camino, dalle porte che non chiudono bene, dalle crepe nel muro.

Ma basta poco poco per confonderli. Se troveranno un colino davanti alla porta, per esempio, passeranno tutta la notte a contare i buchi finché all'alba  correranno a nascondersi per non essere sorpresi dal sole. Nel camino basterà mettere un grosso ciocco che bruci per tutti i dodici giorni in cui il sole quasi scompare a tenerli lontani.

Quando il sole ricomincerà il suo giro tornerannno al centro della terra. Là scopriranno che l'albero della vita è ricresciuto durante la loro vacanza e ricominceranno a consumare nel lavoro un altro anno di vita.

Scrivo questa storia così fiorente di simboli e metafore come augurio a un popolo martoriato al di là del sopportabile, quello greco, nel silenzio dell'informazione, non alle porte dell'EUropa come si diceva un tempo dell'ex Jugoslavia, ma dentro e per mano dell'Unione europea. Quanti di loro non passeranno il freddo dei giorni dei Kallikantharoi?

Buon Natale.

lunedì 5 dicembre 2016

NO, uno per articolo. E l'ultimo per il mandante.

Qui non si arrende nessuno!

Oggi è un giorno di festa. Brindisi e candele. Scoperta di consonanze inaspettate. A domani.


Cronaca familiare di una domenica referendaria, 
banali spiccioli che si vuole fissare nella memoria. 
Luisa, la sorella di Beatrice, aveva votato per la prima volta nel 1946. Marito e amico di famiglia, forse compagno della madre, ma questa è un’altra storia che forse un giorno si racconterà, comunisti sotto il fascismo, poi impegnati nella Resistenza, era diventata comunista anche lei, con un’incrollabile fede peraltro nella democrazia parlamentare. Al seggio, spiegava, ci si va di buon mattino, con l’abito della festa, dopo avere fatto il bagno e lavato i capelli. Così,  in sua memoria, domenica, dopo due mesi di malattia, mi sono dedicata a una lunga doccia (perché oggi non mi posso permettere una casa con la vasca da bagno, diversamente dalla sua generazione, e mi manca moltissimo) e ho tirato fuori le scarpe, se non il vestito della festa. Ma un bel maglione morbido e una gonna regalatami dalla mamma li ho messi. Faceva quasi caldo. La mia mamma è venuta a prendermi e siamo andate ai seggi. Mi guardavo intorno, era il primo pomeriggio, vedevo soprattutto persone di una certa età e mi chiedevo con ansia in mezzo a chi vivessi, cosa avrebbero espresso coloro che incontro ogni giorno per le strade, se avessero ceduto al timore della propaganda colante da ogni dove, quali metri di giudizio avessero usato per decidere del voto e quale voto. Abito nei due famosi municipi dove ha vinto il Sì, sia pure molto sbiadito, ma dove non vivono soltanto i ricchi, come superficialmente è stato detto. Intorno a me c'erano sguardi modesti, volti segnati non dalla chirurgia estetica ma dalla stanchezza e dalla fatica, da una condizione economica che non permette di indulgere in massaggi, creme e cliniche di bellezza, vestiti grigi di taglio qualsiasi. I poveri vecchi ignoranti del Brexit, insomma. Quelli che un tempo, in un altro tempo, sarebbero stati più precisamente e onestamente definiti gli sfruttati. Coloro che la Costituzione ha aiutato negli scorsi decenni ad avere una vita migliore, grazie alla sua splendida prima parte, soprattutto ai diritti economici che essa garantirebbe se non fosse ormai esautorata in nome della "economia di mercato fortemente competitiva" prevista dai trattati UE. Mi chiedevo se avrei dovuto disperarmi per la capacità di giudizio dei vicini, per il destino che avrebbero voluto imprimere al nostro futuro. Ero agghiacciata ma non osavo parlare. Solo mi aggrappavo agli sguardi tentando di decifrarli, stabilire un contatto, intuire un guizzo, una determinazione, una barriera. Un NO. Poi ci siamo organizzate per la merenda da me, il the nelle tazze dono di nozze di Beatrice, vagamente suprematiste, degli anni Trenta, la candela accesa sul tavolo con la tovaglia ricamata del suo corredo e questi splendidi soufflé alle castagne ad aspettarla. Eravamo tutte e due in ansia per il risultato, lei poi ha un marito siista come tutta la di lui famiglia. Per fortuna, mi spiegava, abbiamo fatto i conti che i nostri voti e i loro si compensano. Così abbiamo organizzato un pomeriggio per noi, facendo cose piacevoli e rivedendoci dopo due mesi di malattie reciproche. Non volevamo parlare del referendum, bensì goderci solo la reciproca compagnia, ma il pensiero aleggiava.  I soufflé l’hanno incantata già al vederli nel forno. I kaki erano squisiti. Mi ha chiesto il permesso di portarne uno a suo marito, persona ottima, tra l’altro. “Portaglielo pure, ho risposto scherzando, ma non se lo merita!” E per ancor maggior fortuna, ci sono stati altri voti che non si sono compensati più.

Quando è tornata a casa, io sono rimasta qui, leggendo e riordinando, in compagnia delle mie medicine. L’ansia montava. Mando un sms disperato a un’amica francese che tenta di confortarmi. La sera, a urne chiuse, non voglio sapere nulla, mi convinco a non sperare, a non sperare troppo. Vado a letto, niente internet, niente messaggi, niente di niente. Altrimenti non avrei dormito, e il giorno dopo al ritorno al lavoro mi aspettava una lunga giornata di dieci ore, con una scadenza importante e pubblica. La mattina scopro uno splendido sole. Dopo la malattia ho voglia di colori chiari e infuocati e mi vesto con una gonna rossa di lana a ruota dalla vita alta e strizzata e un maglione bianco, anzi due, a ripararmi il petto e la schiena. Talons rouges e via nel cielo azzurro. Ma ancora non voglio sapere. Mentre con l’équipe siamo immersi nel lavoro di montaggio fisico, arriva un sms “Siamo stati bravi, il lavoro comincia adesso.” Chiamo, e finalmente so. 65% di votanti, 59% di NO. Scopro che un membro della squadra ha fatto campagna per il NO. Mentre lucidiamo un pezzo ci confrontiamo e ci riconfortiamo. Il pezzo ormai brilla grazie all’ entusiasmo politico che fa scorrere energia nelle nostre mani attive e impegnate. 

Alla fine della lunga giornata ritorno a casa sotto le stelle: è tempo, almeno oggi, di brindare, festeggiare, riposare, essere felici. Degli altri, di noi stessi. Almeno un giorno, almeno una notte.
Ancora qualche minuto agli uomini.