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per gli scribi

Toulouse en érasmienne

venerdì 22 ottobre 2010

E' legge

Coem al solito devo piratare un intero articolo, che fra sette gionri non sarà più visibile: :-( e con pessime notizie, perdipiù.

Massimo Roccella
Ingiustizia è fatta
Il Parlamento ha approvato il «collegato lavoro» la legge che Napolitano aveva rimandato alle Camere
A fronte di una situazione sociale di gravità estrema (disoccupazione crescente, redditi reali calanti), governo e maggioranza sono tornati ad occuparsi delle questioni del lavoro nei termini a loro più consueti: con l'approvazione definitiva di una legge che porterà nuovi e gravi elementi di squilibrio fra imprese e lavoratori, a tutto svantaggio di quest'ultimi. Dopo essere stato rinviato alle camere dal Presidente della repubblica, il famigerato Collegato lavoro è ormai pronto a dispiegare i suoi effetti. Rispetto alla versione iniziale il testo presenta qualche miglioramento: il che, peraltro, non impedisce di coglierne l'obiettivo di fondo, riconoscibile nel tentativo di circoscrivere gli spazi della giurisdizione ordinaria, rendendo per i lavoratori più difficile e incerta la possibilità di far valere in sede giudiziaria la lesione dei propri diritti.
Resta vero, comunque, che tale obiettivo risulta perseguito con norme di diverso grado di pericolosità. La nuova disciplina della certificazione dei contratti di lavoro, che tanti allarmi ha suscitato, rappresenta, a ben vedere, null'altro che un ballon d'essai. Una volta che il giudice abbia accertato che nel contratto di lavoro certificato le parti hanno voluto inserire clausole contrastanti con norme inderogabili di legge e contratto collettivo, infatti, niente potrà impedirgli di dichiararne la conseguente nullità; né egli potrà sentirsi costretto a considerare legittimo un licenziamento per il mero fatto che nel contratto collettivo o, peggio ancora, nel contratto individuale certificato vengano considerati come giusta causa o giustificato motivo dello stesso comportamenti di rilievo irrisorio (un ritardo di pochi minuti nel presentarsi sul posto di lavoro, per fare un esempio, resta un comportamento di limitatissimo rilievo disciplinare, che nessun contratto certificato potrà legittimamente far rientrare nelle nozioni legali di giusta causa o giustificato motivo).
La nuova disciplina dell'arbitrato d'equità (che, stando alle intenzioni iniziali, avrebbe dovuto consentire di destabilizzare radicalmente l'impianto del diritto del lavoro, legittimando gli arbitri a decidere secondo propri, soggettivi criteri di giustizia e, ciò che più conta, senza tener conto di norme inderogabili di legge e contratto collettivo) è stata significativamente ridimensionata. L'accordo fra le parti (ovvero la clausola compromissoria), che costituisce il presupposto della procedura arbitrale, non potrà riguardare le controversie in materia di licenziamento. In secondo luogo è stato precisato che il collegio arbitrale, per quanto d'equità, dovrà giudicare non più soltanto nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, ma anche dei principi regolatori della materia: fra i quali notoriamente rientra il carattere normalmente inderogabile della norma di legge lavoristica e delle clausole dei contratti collettivi. Lo spazio dell'arbitrato d'equità sembrerebbe ridotto all'osso. Ciò non toglie che, su una materia così delicata, sono state scritte norme confuse e pasticciate, foriere di un'infinità di controversie interpretative ed applicative, che nuoceranno ai lavoratori, ma, a ben vedere, alle stesse imprese. Né si può sottacere che non basta aver stabilito che la clausola compromissoria non possa essere stipulata prima della conclusione del periodo di prova, ove previsto, oppure almeno trenta giorni dopo la stipulazione del contratto in tutti gli altri casi, per far venir meno il carattere sostanzialmente obbligatorio dell'arbitrato, che continua a renderne la disciplina fortemente sospetta di illegittimità costituzionale. Soltanto ragionando in termini astratti e formalistici, infatti, si potrebbe sostenere che nella fase iniziale del rapporto i lavoratori (soprattutto quelli delle piccole imprese e gli assunti con contratti precari) potrebbero manifestare liberamente il proprio consenso alla rinuncia alla giustizia ordinaria in favore di quella arbitrale.
Le disposizioni più pericolose, anche per il loro carattere immediatamente operativo (quelle sull'arbitrato necessitano il previo raggiungimento di un'intesa fra le parti sociali), sono quelle che subordinano al rispetto di drastici termini di decadenza la possibilità di agire in giudizio. Non ha ottenuto alcun ascolto l'obiezione che la norma, che impone ai lavoratori precari (a termine, interinali, a progetto) di rispettare un breve termine di sessanta giorni per contestare la legittimità della cessazione del proprio contratto di lavoro, nella pratica si tradurrà in una sanatoria preventiva degli abusi: stante la notoria riluttanza di questi lavoratori ad attivarsi tempestivamente, nella speranza di non compromettere una nuova assunzione. L'aspetto più inaccettabile delle nuove regole va comunque visto nella forfettizzazione del risarcimento del danno spettante al lavoratore che si sia visto riconoscere l'illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro. Sino ad oggi il risarcimento andava ragguagliato in misura integrale alle retribuzioni perdute per effetto dell'illegittima cessazione del rapporto di lavoro; d'ora in poi andrà liquidato fra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità di retribuzione, indipendentemente dall'entità del danno effettivo che, in ragione della durata del processo, potrebbe risultare ben superiore. Il principio costituzionale d'eguaglianza e quello del giusto processo sono stati messi all'angolo in un colpo solo.
Il Collegato lavoro rappresenterà adesso un doppio banco di prova. In prospettiva per l'opposizione, che, dopo averne ripetutamente contestato i contenuti, dovrà dimostrare la sua coerenza, assumendo inequivocabili impegni abrogativi nel contesto del programma con cui si presenterà alle prossime elezioni (anticipate o meno che siano). Nell'immediato per Confindustria, Cisl e Uil: se esse, nonostante la notoria contrarietà della Cgil, dovessero insistere sull'arbitrato d'equità, procedendo alla stipula dell'accordo prefigurato dalla legge, va da sé che si tratterebbe di un ulteriore colpo alle possibilità di ricucitura dei rapporti fra sindacati, che priverebbe di credibilità, al tempo stesso, la proclamata volontà di coinvolgere il sindacato più rappresentativo in un nuovo patto sociale.

AL LAVORO
A 15 ANNI
La legge sancisce anche la fine dell'obbligo scolastico a 16 anni. Viene introdotta infatti la possibilità di assolvere l'ultimo anno di scuola con un contratto di apprendistato.
Da Il Manifesto, venerdì 22 ottobre 2010

Tra i venticinquemila ci sono anch'io

Ho partecipato anche io al questionario di Repubblica sugli italiani all'estero. Ora che sono pubblicate le analisi, sia pure succinte, delle risposte, una folgorazione. Forse per la prima volta in vita mia mi ritrovo! in un gruppo, in un pensiero comune, no anzi in un sentire, in un clima emotivo, come non mi è praticamente mai successo in Italia. Come mai tanta differenza, tanto sentimento di adesione? Magari perché stavolta ci unisce una scelta, un'azione forte, radicale, coerente, oltre all'opinione. Da un certo punto di vista è una liberazione sentire questa comunanza con tanti altri. Poi certo, io sto solo studiando e i miei legami con l'Italia, dato il posto di lavoro e l'età saranno più difficili non da sciogliere (se potessi, anche oggi), ma da sostitutire con prospettive di lavoro qui. Saldissima è però la certezza di essere più che parte di quei tanti che se ne vanno per VIVERE una vita degna e dignitosa in un paese civile.

mercoledì 20 ottobre 2010

Cercando Pellegrina

Google non ha ancora ben capito che sono io e che sono qui, al nuovo indirizzo pellegrinablog.blogspot.com
Certo ho fatto una di quelle cose che non si dovrebbero mai fare, ma l'altro indirizzo non mi soddisfaceva proprio. Comuqnue Google, oltre a propormi più volte di cambiare sesso proponendomi un pellegrino blog che proprio non mi conviene, mi ha anche dirottata qui. E stavolta poco da fare, ha ragione lui: un bel biglietto di benvenuto. E pensare che li ho anche ballati i Branle de Champagne, qualche volta

lunedì 18 ottobre 2010

Il cuscino racconta

o meglio la sua sparizione racconta. Questa estate, come dicevo, era passata la donna delle pulizie a ritirare tutti i cuscini per portarli a lavare, ci ha detto. Bene, era ora, ho pensato, il mio traversin, quel cuscino cilindrico che piace molto qui, era semivuoto e certamente una bella lavata gli avrebbe giovato a riassestarsi un po'. Lo immaginavo felice a sguazzare nell'acqua, con quel caldo. Passavano i giorni e le settimane ma lui non tornava. Qualche giorno fa vado dal portiere a cheidere notizie. "Non li rimettiamo più", mi spiega. Spalanco gli occhi. Lenzuola, coperte, stoviglie. biancheria e ogni altra cosa "mobile" è a carico nostro, dobbiamo portarcela da casa, ma il cuscino, insomma è come il materasso, il cuscino ci vuole! Il portiere è desolato. "Una volta avevamo lenzuola, coperte, cerchioni nei bagni, tante cose. Ma con i tagli ai finanziamenti per il diritto allo studio, man mano che si consumavano non abbiamo più potuto sostituirli." Meno male che almeno le case si degradano più lentamente, ho pensato: un tetto sopra la testa ce l'abbiamo ancora. Ma ho avuto lo stesso un brivido: questa distruzione lenta, strisciante di ogni strumento per dare opportunità anche ai meno fortunati la conosco bene. Anche la Francia ha imboccato il tunnel che uccide le speranze di una vita migliore, decente, dell'apprendimento, dello spirito critico. Certo parte da un livello incomparabilmente più alto dell'Italia. Nondimeno ci si sente accerchiati da un incubo che avanza, inesorabile. Senza alternative.

domenica 17 ottobre 2010

Forains en colère

In Francia è periodo di grandi manifestazioni. Anche in Italia? Ma sì? Davvero? Chi l'avrebbe detto. Comunque qui si sono contate tra fine settembre e ieri tre manifestazioni e tre o quattro scioperi. Due organizzate dai sindacati contro la riforma delle pensioni, che vorrebbe innalzare l'età da sessanta anni per entrambi i sessi a sessantacinque, ma per avere il massimo bisognerebbe arrivare ai sessantasette pur avendo già accumulato gli anni necessari di contributi. La pensione a sessanta anni per tutti fu introdotta da Mitterand negli anni' 70. La terza è stata degli studenti che hanno solidarizzato con chi lavora, dichiarando che le pensioni non sono il loro primo pensiero, ma la disoccupazione e la precarietà sì, moltissimo. Il disegno di legge va in aula mercoledì e martedì ce ne sarà un'altra.
Ma non è l'attivismo francese a difesa delle retraites che volevo raccontare, bensì quello dei giostrai. Un quartiere popolare, quello di Saint-Michel, tiene tutti gli anni la sua festa in una zona al limite del centro, occupando per un mese un grande parcheggio e un parco con giostre e bancarelle da fiera. Michele è il santo della fine dell'estate e dell'arrivo del sonno invernale della terra, un santo molto importante per i contadini specie al nord delle Alpi (da noi è piuttosto san Martino, un mese dopo). A San Michele si facevano un sacco di cose, ci si sposava, si traslocava..
Qui il comune ha deciso che dall'anno prossimo la festa andrà spostata in periferia. Apriti cielo. Giostrai e saintmichelini hanno bloccato il raccordo di Tolosa, assediato il Municipio in maniera assai sonora e hanno fatto lo sciopero festivo. Cioè hanno deciso di rimanere dove si trovavano con bancarelle, ruota e montagne russe per un'altra settimana e il week-end di offrire tutto ai prezzi scontati. Purtroppo oggi, ultimo giorno, faceva un freddo polare e non ho avuto il coraggio di andare a curiosare. Anche perché un neo questa festa di quartiere a mio parere ce l'ha e grosso: l'orripilante musica a volume altissimo sparata da alcune giostre rende davvero sgradevole passeggiare per la fiera. Peccato.

giovedì 14 ottobre 2010

La buona notizia

Oggi c'è davvero una buona notizia. Lasciamola raccontare a uno scrittore: Luìs Sepulveda.

domenica 10 ottobre 2010

Cantates sans filet

Welt bei dir ist Krieg und Streit,
nichts denn lauter Eitelkeit...

I Francesi hanno una lunga tradizione musicale riguardo alle domeniche. Per esempio il favoloso jazz di Je hais les dimanches scritta da Charles Aznavour per Edith Piaf e musicata da Florence Véran, quiinterpretata da Juliette Gréco.
A Tolosa nel 2010 ci sono le cantate senza rete. Da tre anni in qua, una volta al mese per sei mesi l'anno, chiunque può andare a provare e cantare un corale di Bach insieme all' Ensemble baroque de Toulouse, diretto da Michel Brun. Da tre anni il loro progetto è di cantare e far cantare tutte le cantate di Bach. Alle cinque del pomeriggio ci si incontra nella chiesa di Saint-Exupère, dove il direttore illustra la cantata ai musicisti, che non l'hanno ancora provata, ma solo letta individualmente e agli spettatori che hanno potuto scaricarla da internet attraverso il sito. Alcuni passaggi sono provati davanti a tutti. Poi il direttore volta le spalle ai musicisti e comincia a dirigere gli spettatori, a cui è stata distribuita all'entrata la partitura del corale che si proverà. Quello di oggi in particolare è stato scritto da Rosemuller e Bach l'ha inserito nella sua cantata. Siccome i Francesi hanno una buona cultura musicale in genere sono anche intonati, ma qualche volta timidi. "Non è difficle questa melodia", insiste Brun, "certo è a quattro voci, magari proviamola prima tutti quanti a una voce". Mi accodo ai soprani che sono la mia, e peraltro quelli che hanno la voce più "melodica" per quanto possa esserlo un corale ai nostri orecchi, con buona pace di Lutero. Poi Brun insiste sul finale: va eseguito rapidamente, ha un ritmo incalzante che altrimenti si illanguidisce e si perde. Ore 18.30: si accordano gli strumenti. Il positivo ha dei problemi, richiede lunghe cure: la differenza di temperatura tra l'esterno piovoso autunnale e la chiesa piena del calore dei corpi lo ha disturbato, spiega l'organista. Nel frattempo noi ascoltiamo l'oboista spiegare il suo strumento, una sorta di corno da caccia, che infatti si chiama "oboe da caccia". E' fondamentale per almeno 15 cantate bachiane, tra le quali le Passioni, specie quella di Matteo, eppure fino agli anni'70 veniva sostituito dal corno inglese, dal suono duro e squillante, del tutto diverso dalla sua morbidezza. Ancora una volta Nikolaus Harnoncourt ha insegnato quale fosse il vero strumento bachiano, rintracciandone alcuni esemplari conservati nel Museo musicale di Stoccolma grazie a Cary Karp e facendone eseguire delle copie per la sua integrale delle cantate di Bach. A questo punto coro e orchestra eseguono la BWV n. 27 fino al corale finale: Welt ade! Ich bin deine mude. Tocca a noi fare la nostra parte, Brun si gira una seconda volta per darci l'attacco. Alla richiesta di bis non si scompone: ora rifate il corale con il finale alla velocità giusta, dice e in effetti è tutt'altra cosa.

In den Himmel alle zeit
Friede Freud' und Seligkeit.


Le cantate di Bach come costruzione, commenta la mia vicina, emozionata anche lei.
Ma per riportarci gradevolmente sulla terra, alla fine di queste domeniche viene offerto a tutti un bicchiere e uno stuzzichino regionale francese, a sottoscrizione libera. Variano ogni volta, a seconda del numero della cantata eseguita quel giorno. Come? Il numero viene confrontato con quello del Département (sorta di provincia) corrispondente. Il Département n. 27 è in Normandia e così stasera abbiamo assaggiato kir al sidro e tartine al sanguinaccio con le mele e con il formaggio, innaffiati da Giove pluvio senza risparmio.

Cantates sans filet è aperto a chiunque e gratuito: basta venire a Tolosa! Prossimo appuntamento 21 novembre con BWV n. 70.

giovedì 7 ottobre 2010

La storia di un libro, ben raccontata

Librai? Autori? Curatori editoriali? Cavalieri del libero sapere? Amanti del divertimento? E' bellissimo il racconto di come si inventa nella blogsfera italiana un ebook collettivo liberamente scaricabile.
Bellissimo anche per le riflessioni che riesce a infilare qua e là. Ad esempio su come usare al meglio i vari "socialcosi" oggi esistenti. La constatazione della passività sostanziale di facebookisti e twitteristi è un sollievo per una scettica riguardo alla reale capacità partecipativa dei socialcosi. Confermato anche l'effetto fan: gli autori invitati in giro per il nord Italia a incontrare di persona i lettori del digitalissimo libro. Infine la riflessione eterna: tutto questo è un gran lavoro, creativo e organizzativo. Non si regge sul lungo periodo. Poco sostenbile senza finanziamenti e organizzazione, aggiungo io, quindi destinato ad esaurirsi, purtroppo. Le cose migliori e più felici che nascono sempre nel tempo rubato. Dovrebbero essere esperimenti sostenuti? Da chi? Come? Belle domande, peraltro totalmente oziose. Sono forse i Wu-Ming a offrire un'ipotesi per la mancanza di creatività e di sperimentazione in città, come Bologna ad esempio, che un tempo ne sarebbero state ricche: niente tempo e disponibilità economiche. Se devi correre a conquistarti crediti universitari e a portare pizze per pagarti l'affitto, dove lo trovi il modo di inventare? La cultura è una creatura morbida, diceva Billanovich, vive male tra gli stenti.
Ai miei occhi sembra un prezioso pezzo di storia, di quelli che fra n decenni saranno ricercati e studiati, chissà con che strade e strategie, chissà in quali archivi. E' come assistere al formarsi delle fonti storiche nel web, fonti non istituzionali e tanto più fragili e preziose: la storia di Schegge di liberazione e Cronache di una sorte annunciata. Forse la notorietà che i due ebook hanno raggiunto lascerà traccia in qualche cronaca o in qualche libro che traccerà la storia della blogsfera e dell'editoria. O forse ne rimarranno solo documenti più informali da ripescare con il famoso fattore c della ricerca archivistica. Comunque, interessante ;-).