lunedì 18 ottobre 2010
Il cuscino racconta
o meglio la sua sparizione racconta. Questa estate, come dicevo, era passata la donna delle pulizie a ritirare tutti i cuscini per portarli a lavare, ci ha detto. Bene, era ora, ho pensato, il mio traversin, quel cuscino cilindrico che piace molto qui, era semivuoto e certamente una bella lavata gli avrebbe giovato a riassestarsi un po'. Lo immaginavo felice a sguazzare nell'acqua, con quel caldo. Passavano i giorni e le settimane ma lui non tornava. Qualche giorno fa vado dal portiere a cheidere notizie. "Non li rimettiamo più", mi spiega. Spalanco gli occhi. Lenzuola, coperte, stoviglie. biancheria e ogni altra cosa "mobile" è a carico nostro, dobbiamo portarcela da casa, ma il cuscino, insomma è come il materasso, il cuscino ci vuole! Il portiere è desolato. "Una volta avevamo lenzuola, coperte, cerchioni nei bagni, tante cose. Ma con i tagli ai finanziamenti per il diritto allo studio, man mano che si consumavano non abbiamo più potuto sostituirli." Meno male che almeno le case si degradano più lentamente, ho pensato: un tetto sopra la testa ce l'abbiamo ancora. Ma ho avuto lo stesso un brivido: questa distruzione lenta, strisciante di ogni strumento per dare opportunità anche ai meno fortunati la conosco bene. Anche la Francia ha imboccato il tunnel che uccide le speranze di una vita migliore, decente, dell'apprendimento, dello spirito critico. Certo parte da un livello incomparabilmente più alto dell'Italia. Nondimeno ci si sente accerchiati da un incubo che avanza, inesorabile. Senza alternative.
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