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sabato 25 aprile 2020

Appunti sul MES: o dell’utilità di leggersi le norme (in corso)

Aggiornamento:
In fondo
Post a puntate, aggiornato di volta in volta.
Ringraziando le amiche di blog per i loro apprezzamenti culinari, dato che commentare è sempre complicato, passo a argomenti meno palatabili, ma certo più influenti sulle nostre vite.

Cosa è il MES? È un fondo finanziario, cioè un luogo dove si accantona qualcosa, in particolare somme di denaro. Un fondo simile è l’FMI, nato per aiutare i paesi in crisi da bilancia dei pagamenti (cioè che importano molto più di quanto esportano, magari per meccanismi spiegati qui e che sarebbero all’origine anche della crisi della zona euro).
Il MES è uno strumento che nasce e agisce solo all’interno della zona euro o dei paesi che lo adotteranno. Apparentemente fuori non ne hanno bisogno. Eppure il COVID pare non sia molto attento alle unioni monetarie quando deve chiedere un tributo mortale.
Misteri.

Non si tratta di un mero accordo intergovernativo; la sua istituzione è prevista dall’art. 136 paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE), modificato con la decisione 2011/199 del 25/3/2011. Il paragrafo introdotto prevede la possibilità per gli stati dell’euro zona di istituire un « meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità » (traduzione maccheronica di « condizioni stringenti »).
Il nuovo paragrafo ha una sua storia che viene ricostruita nella parte introduttiva della decisione, articolata per punti e chiamata « considerando ». Al considerando 3 si racconta come il 28-29 ottobre 2010 nella riunione del Consiglio UE, organismo composto dai presidenti del consiglio dei paesi UE, più quelli di Commissione Ue e Consiglio UE, si convenne di istituire un meccanismo permanente di gestione delle crisi per assicurare la stabilità della zona euro, di cui intrinsecamente si ammettevano così le profonde debolezze. Altri precedenti meccanismi erano stati attivati dopo il 2008 e i vari paesi membri, Italia inclusa, vi avevano contribuito con decine di miliardi di euro: si trattava di renderli permanenti, giacché la crisi non accennava a placarsi e l’eurozona stava a cuore ai potenti, cioè rendeva al loro portafogli. In conseguenza dell’accordo di ottobre il Belgio chiese una modifica che inserisse nei trattati fondamentali della UE la necessità di sottomettere ogni assistenza finanziaria prevista a « condizioni rigorose ».
Tale paragrafo del TFUE fu regolarmente approvato e è tuttora in vigore, né si ha notizia di iniziative per abrogarlo o modificarlo.

Curiosità: se andate a consultare il TFUE nella cosiddetta « versione consolidata » il paragrafo in questione non ce lo trovate. Eppure esso è stato recepito anche in Italia, come mostra la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della legge 23/7/2012 n. 115.

Altri articoli del TFUE vanno nella stessa direzione. Il 122 precisa la necessità di condizioni per assistenza finanziaria, il 124 vieta l’accesso privilegiato a istituzioni finanziarie da parte degli stati.

Non esiste quindi un « MES senza condizioni », come proclamano sui vari media personaggi di varia natura.
E nemmeno potrebbe esistere, perché...

...Oltre alle norme UE, anche la giurisprudenza della Corte di giustizia UE conferma la necessità delle « rigorose condizioni » per l’utilizzo del MES, nella sentenza della causa Pringle. Il signor Pringle aveva presentato un ricorso contro la legittimità del MES rispetto al diritto UE per diversi motivi. Uno è il divieto in diversi articoli del TFUE che esamineremo più tardi (dal 122 al 126) al finanziamento degli stati. Gli stati devono secondo la UE finanziarsi solo andando a chiedere soldi ai grandi fondi di investimento privati, cioè ai cosiddetti « mercati » e pagare il prezzo da essi stabilito.  Secondo Pringle il MES avrebbe violato il divieto di finanziamento.

La Corte di giustizia ribadisce quasi ossessivamente nella sua decisione del 27/11/2012 che è proprio e solo la « rigorosa condizionalità » - e dàgli - prescritta dall’art 136 p. 3 a garantire il rispetto del diritto della UE pur nella decisione di istituire un mezzo di aiuto agli stati (punti 92-147). Ad esempio ai numeri 69, 11, 136, 137, 143, richiamando inoltre l’art. 125 del TFUE sulla necessità di uno « stimolo » a « politica di bilancio virtuosa ». Cosa c’entri mai la virtù col bilancio non lo spiega.

Il Trattato istitutivo del MES del 2/12/2012 ribadisce più volte la necessità di condizioni per il proprio intervento: nei considerando al n. 6 per esempio, negli art. 3, 12 (che fissa addirittura i « principi » del MES) al paragrafo 1, nei sette paragrafi dell’art. 13 che illustra la procedura per ottenere l’ « aiuto » del MES. Sono previsti due tipi di credito: quello precauzionale e quello a condizioni rafforzate, detto anche ECCL (art. 12 par 1, art 14 par 1).

Il 9 aprile 2020 si svolge una riunione dell’Eurogruppo. L’Eurogruppo è composto dai ministri delle finanze della zona euro (e dàgli) che si riuniscono in modo informale senza che vengano tenuti verbali. Non ha funzione legislativa né consultiva, sono, o meglio dovrebbero essere, dei pour parler.
Al termine della riunione il presidente, il portoghese Centeno, emette un comunicato stampa in cui si elencano gli strumenti da utilizzare contro l’epidemia. Al punto 16 si trova citato il MES nella formulazione « ECCL », quello con condizioni rafforzate, appunto.

Non c’è male per essere « senza condizioni ».
 Più sotto si legge: « il solo requisito per accedere al credito » è l’impegno a spenderlo per la spesa sanitaria. Di lì derivano le affermazioni di media, politici e, cosa che preoccupa più di tutte, economisti o laureati in economia, che il prestito sarebbe senza le famose condizioni tranne la destinazione d’uso. Ma le « condizioni » capestro del MES nel Trattato sono designate non dall’espressione « requisiti per accedere » tradotto semplicisticamente e in maniera alquanto imprecisa con « non ci sono condizioni », bensì « strict conditionality » « conditionality attached to the  financial assistance facility » (art. 12 e 13 del Trattato).

Nel Trattato, dove si descrive la procedura per la concessione del sostegno, art. 13 par 1 e 2, il « requirement to access » evocato dal comunicato stampa, è momento e cosa diversa e preliminare al processo che definisce le « condizioni » - come si è visto passo necessario a norma di TFUE e CGUE, e recepite nell’art 12 che definisce « i principi » del MES - cui ricevere il credito (art. 14, par. 2 e 3).

 Condizioni che verranno invece precisate nei « protocolli di intesa » i famosi memorandum che sbranano la Grecia (art. 13 par 3). I protocolli vanno concordati solo dopo aver presentato domanda di ricorso al MES e dopo che il MES ha verificato l’ammissibilità della domanda stessa (ai sensi del par 1 lett. a e b: esistenza della situazione di crisi e sostenibilità del debito pubblico). Sono redatti dalla Commissione, dalla BCE e « ove possibile » dal FMI concordandoli con il paese richiedente (art 13, par 3-6 e art. 12 par 1, quello dei « Principi »).
Sì proprio quella coserellina chiamata « la troïka », coordinamento informale delle istituzioni di cui sopra.
Anche qui, non si ha traccia di modifiche al trattato.
Non c’è male, per essere « senza condizioni ».

I « Principi » dell’art. 12 prevedono appunto condizioni rigorose, commisurate al programma scelto, che possono andare da « correzioni macroeconomiche »=tagli&tasse, a condizioni di ammissibilità predefinite, come quelle enunciate dall’art. 13.
A ribadire il tutto, nell’ultimo capoverso del paragrafo 3 art 13, dopo avere descritto in dettaglio la procedura del protocollo di intesa, il Trattato MES ribadisce a mo’ di sunto dei principi che lo guidano: « Il protocollo di intesa è pienamente conforme alle misure di coordinamento delle politiche economiche previste dal TFUE, in particolare a qualsiasi atto legislativo dell’UE, compresi pareri, avvertimenti, raccomandazioni o decisioni indirizzate al membro del MES interessato ».
Vale a dire ancora una volta a tutte quelle condizioni e divieti in merito al finanziamento degli stati che si leggono dal TFUE in giù.
La chiara menzione del credito a condizioni rafforzate (ECCL) nel punto 16 del comunicato stampa indica che, a dispetto di qualsiasi « requirement to access» legato alla spesa sanitaria, le « conditions » ci saranno e ci saranno nella loro forma più stringente (art. 14 par. 1).
Postilla: l’Italia contribuisce con gli altri paesi alla formazione del capitale del MES, come ha contribuito agli analoghi fondi che lo hanno preceduto. Per l’esattezza, nell’allegato 1 del Trattato si precisa che il suo contributo è del 17,79%, cioè il terzo in ordine di grandezza dopo Germania e Francia, con un milione duecentocinquantatremila quote e con una sottoscrizione di 125.395.900.000. Tanto per fare un paragone, i Paesi Bassi partecipano con il 5,67% (Allegato 2).

Aggiornamento:
Apparentemente nei documenti preparatori del « nuovo MES » che risalirebbero al mese scorso, si faceva riferimento a due tipi di credito, quello a condizioni rinforzate contro la crisi da pandemia (che diventerà le ECCL del p. 16 del comunicato stampa prima riportato) e un inedito Strumento rapido di finanziamento di cui si sono in seguito perse le tracce. Per entrambi si elencano quattro elementi: le finalità, l’ampiezza, l’ammissibilità E le condizioni, conformemente del resto a quanto prescritto dall’art. 13 par 1-3 del Trattato istitutivo MES.
 Anche in questa bozza le « finalità », tra le quali rientrerebbe l’obbligo di utilizzare il prestito solo per spese sanitarie, esattamente come indicato dal comunicato del 9 aprile al punto 16, sono chiaramente distinte da un punto di vista formale e di impaginazione dalle « condizioni » cui il prestito, una volta verificata l’ammissibilità del paese, verrebbe poi sottomesso prima di essere erogato. Il tutto giova ripeterlo, in perfetta ottemperanza a quanto i trattati prescrivono, seguendo alla lettera i passi in essi descritti.  
Entrambi i tipi di credito prevedono condizioni che non si limitano a quelle riportate tra le « finalità », e benché non ci fossero dubbi, questo è importante per via di un punto su cui torneremo domani.
Nel primo caso queste condizioni prevedono: 
« I membri si impegnano a utilizzare il credito del MES per sostenere il finanziamento nazionale del sistema sanitario e i costi economici sostenuti per rispondere alla crisi del Coronavirus. In aggiunta, saranno richiesti il rispetto delle regole di bilancio e del semestre UE, inclusa qualsiasi flessibilità applicata dalle istituzioni UE. »
Nel secondo caso:
« Il sostegno del MES può essere utilizzato unicamente per finanziare la sanità e il costo economico dell’emergenza. In più, bisognerebbe che fosse garantito il rispetto delle regole di bilancio UE e del semestre europeo, inclusa qualsiasi flessibilità applicata dalle istituzioni UE competenti. » Queste misure andranno ulteriormente specificate.

Quindi: l’idea che il MES in questa occasione sia mai stato senza condizioni, come affermato da vari personaggi pubblici, è insostenibile; almeno, nessun documento anche vagamente istituzionale reso in qualche modo pubblico che abbia trovato la riporta. Al contrario, solo la traduzione ardita di un passo che data la delicatezza del suo contesto avrebbe forse meritato maggiore precisione, utilizzando il sostantivo « condizione » per « requirement », scelta in italiano appropriata ma potenzialmente ambigua in un contesto in cui « condizione » sta a significare un preciso complesso di contenuti e procedure, può avere dato l’illusione che ciò che esprimeva un primo requisito di accesso al programma (eligibility/requirement) racchiudesse in sé anche tutte le condizioni cui adempiere, o sottomettersi, una volta entrati nel programma di cui sopra.
Aggiornamento dell’aggiornamento: apparentemente esisterebbe un parere dell’ufficio legale della Ue che affermerebbe che la sola condizione è quella di uso. Non sono riuscita a trovarlo; non so quale valore interpretativo avrebbe, rispetto per esempio alla CGUE e ai principi dei trattati, dato che interpreterebbe oltretutto a qualcosa che ufficialmente non esiste. Parrebbe normale che un progetto legislativo richieda pareri agli uffici competenti, ciò non vuol dire che il parere esaurisca tutte le possibilità della proposta politica.
Di certo però non si può dire che il MES sia un soggetto noioso!
———-

Il 17/4/2020, cioè due giorni dopo che il governo italiano non andò a ricevere un mandato dal Parlamento sul MES malgrado sia previsto dalla legge 234/2012 (legge Moavero), il presidente dell’Eurogruppo invia una lettera ai membri in cui riassume la riunione del 9/4, evocando « 3 reti di sicurezza per lavoratori, imprenditori e stati » davanti alla crisi provocata dall’epidemia di COVID. Per gli stati eurozona la rete si chiama anche « pandemic crisis support ».
Si tratta della medesima espressione utilizzata per evocare il MES nel paragrafo 16 del comunicato stampa di nove giorni prima. Centeno conclude la sua lettera dicendo che l’eurogruppo continuerà a lavorare: porteranno avanti le « proposte legislative » auspicate dal presidente del Consiglio UE Michel che li aveva incaricati nel Consiglio precedente di avanzare proposte per affrontare la crisi pandemica.

Benché né l’eurogruppo né il Consiglio UE abbiano potere legislativo, il ricorso al MES nella forma delle condizioni rafforzate come mezzo di intervento nella crisi causata dall’epidemia COVID si avvia a diventare norma UE.

...segue domani

Che è oggi... 

Il 21 aprile il presidente del consiglio UE Michel invia la lettera di invito alla riunione del Consiglio di giovedì 23. Nella lettera si trovano riportate le stesse espressioni, ma in ordine inverso, il che ne sottolinea forse la differente importanza: « On 9 april the Eurogroup agreed on a package... with three important safety nets for sovereigns, for private companies and for the protection of employement. We should  give the go-ahead to these important initiatives and insist on them becoming available as quick as possible. The aim should be for these three safety nets to be in place and operational bu 1 June ».  Al termine della riunione il cui sunto si trova qui il presidente Michel afferma nelle sue conclusioni di « approvare l’accordo sulle tre importanti reti di sicurezza » elaborato dall’Eurogruppo e affida alla Commissione il compito di definire le necessità.

Ci si rivede il 6 maggio, perché il 5 la Corte costituzionale tedesca non festeggerà la morte di un vecchio nemico, ma si pronuncerà sulla compatibilità con l’ordinamento tedesco dell’allentamento monetario, il QE, il programma di riacquisto titoli pubblici e in parte privati della BCE in caso le rivendite troppo massicce da parte degli acquirenti precedenti provocassero crisi forti, in primo luogo l’aumento della differenza dei tassi di interesse tra paesi dell’euro zona, lo spread. Ovviamente bisogna vedere se la Germania, o meglio qualche sanissima e virtuosissima banchetta tetesca ne avranno bisogno o no. Oppure se la Germania vorrà rifinanziare le sue banche da sé, come non potrebbe fare secondo i trattati, ma come ha già fatto anni fa con le sue banche del territorio e più recentemente con la banca Nordland (più in dettaglio qui). Diversamente dall’Italia e dalla Spagna.


A domani...
 







domenica 25 novembre 2018

Taci rinnegato

Affamatore della tua gente, tu che hai svenduto chi ti ha eletto, hai distrutto il tuo paese, hai smantellato le sue risorse, hai tradito un mandato referendario, ma taci, almeno, dopo avere massacrato la amata terra di Achille e Odisseo, non osare darci consigli di morte come se non bastasse la devastazione che hai provocato là dove avevi il potere di resistere e di appellarti ai tuoi, anziché torturarli come invece hai fatto, non preparandoti e infine cedendo in maniera ignominiosa.

martedì 9 maggio 2017

Perché costa troppo

La mia mamma che non è giovane, ma porta bene i suoi anni, ha un problema di salute abbastanza comune e non grave, che ad oggi si può prevenire con le cure adeguate. Ma quelle che ha fatto finora non funzionano più, malgrado lei sia molto ligia e molto costante nell'assumerle e nel seguire i comportamenti prescritti.
Solo che queste nuove cure costano.
E lei ha la pensione quasi minima.
Non è ancora una situazione disperata, questo no. Per ora. Ma per quelle cure o si paga o si deve andare in ospedale.
O paga una dose o vive: il costo è più o meno equivalente alla sua pensione mensile.
E l'unico ospedale che le fa è non all'altro capo della città, ma praticamente fuori. In una capitale EUropea, ovviamente.
Perché i piccoli ospedali sul territorio, ovviamente, "costano". Devi pagare chi li fa funzionare.
Quindi il "costo" di raggiungere il luogo di cura viene riversato sui pazienti e le loro famiglie.
Posto che gli ospedali sono pubblici: DOVE STA IL RISPARMIO?
Nella maggiore spesa di chi è più debole?
Torniamo alla logistica.
Quindi ci vogliono un autista e qualche ora tra andata e ritorno.
Per fortuna ha una persona accanto.
Ma se non l'avesse? Quanti anziani soli rinuncerebbero a curarsi in queste condizioni, o sarebbero costretti a pagare un taxi, supponendo di avere prima il denaro per farlo e poi la mobilità necessaria per servirsene?
Quanto questo diminuirebbe le loro aspettative di vita in buona salute?
O le loro aspettative di vita tout court?

"Nell’ Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora. Ma dev’ essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’ individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità. Cento, cinquanta anni fa il lavoro era necessità; la buona salute, dono del Signore; la cura del vecchio, atto di pietà familiare. Il confronto dell’ uomo con le difficoltà della vita era sentito, come da antichissimo tempo, quale prova di abilità e di fortuna. Ma è degenerato a campo dei diritti che un accidioso individuo, senza più meriti né doveri, rivendica dallo Stato."


Intanto in GreciaLa Grecia abbasserà la soglia di reddito annuale sotto la quale non si pagano tasse a 5.681 euro. Secondo l’Unione Europea la soglia di povertà è di 6.000 euro di reddito annuale. Ulteriore taglio delle pensioni, sia normali sia complementari, che interesserà anche le pensioni superiori a 700 euro. Questa misura interesserà 900.000 pensionati sul totale di 2,6 milioni. I pensionati che ricevono più di 470 euro al mese saranno tenuti a pagarci su le tasse. Un pensionato che percepisce 700 euro al mese, ora esentasse, pagherà una tassa annuale di 600 euro.
Le persone a basso reddito saranno tassate sempre al 22%. 
Spese mediche: gli sconti fiscali per le spese mediche saranno aboliti. Questo significa un aumento indiretto della tassazione, soprattutto per i malati cronici, dato che i tagli legati all’austerità nel settore sanitario hanno aumentato le spese private per il settore medico (detto in altri termini, l’UE ha prima smantellato la sanità pubblica spingendo i Greci verso quella privata, e poi eliminato anche le detrazioni fiscali sulla sanità privata, NdVdE).
Contributi per il riscaldamento: ci saranno tagli di 56 milioni di euro che andranno a colpire i gruppi sociali più vulnerabili.
Sempre nel 2017 verranno implementati i tagli di 570 milioni di euro ai contributi di povertà per i pensionati
Aperture domenicali: i negozi saranno aperti tutte le domeniche dell’anno nelle zone turistiche come il centro storico di Atene o il centro di Salonicco. Ci sono voci che questo riguarderà tutti i negozi lungo la Riviera di Atene, dal Pireo a Capo Sounion. 

Nel 2018 
  1. Abolizione di spese mediche per 121 milioni di euro.
  2. Abolizione della deduzione dell’1,5% nel calcolo della ritenuta mensile per 68 milioni di euro.
  3. Tagli ai contributi per il riscaldamento per 58 milioni di euro.
  4. Abolizione di benefici sociali incorporati nel Reddito di Solidarietà Sociale per 10 milioni di euro.
  5. Altri tagli al Servizio sanitario nazionale EOPYY per 188 milioni di euro

Una volta, tanti e tanti anni fa, andava di moda scandalizzarsi per una guerra che si svolgeva "nell'indifferenza di tutti a due passi da casa nostra". Si sarebbe dovuti intervenire, si diceva. Si sarebbero dovuti mandare i soldati, le bombe e i cannoni.
Si mandarono.

Cosa si aspetta a invocare almeno altrettanto rigore sulla testa di chi concepisce, impone e attua una simile guerra senza quartiere nei confronti della popolazione più povera di un paese stremato, che sta pure quello alle porte di casa nostra, solo appena un po' più a sud?

Forse si esita perché il mandante di questa guerra non dichiarata e non coperta dai telegiornali della sera si chiama ancora e sempre Unione europea (Commissione UE, Banca centrale UE, Fondo monetario internazionale)?

mercoledì 21 dicembre 2016

La leggenda della notte del solstizio

Pirato la storia dei Kallikantharoi, che cominciano già a spuntare da sotto la terra, annusando l'aria fredda di questi brevi giorni. I Kallikantharoi sono piccoli folletti che vivono presso il centro della terra, sono neri, hanno una lunghissima c o d a, mangiano rane (o-ohhh!), vermicelli e @@.

Hanno paura del fuoco e del sole e anche dell'acqua, ma solo se è santa. Nei dodici giorni fuori dal tempo tra il solstizio e l'inizio di gennaio, quando il sole appare immobile, cioè tra Natale e Epifania, lasciano le tenebre sotterranee dove vivono per passeggiare la notte nel mondo di sopra, quello dove noi respiriamo, abbandonando la loro opera.

Tutto l'anno i folletti lo passano chiusi nel centro della terra intenti alla fatica. Al centro della terra cresce l'albero della vita che sostiene il mondo. I folletti lo segano e lo fanno a pezzi. Ma sul più bello, quando ormai l'albero sta per cadere, il mondo si apre e loro possono sfuggire alla fatica e sciamare sulla terra, dove amano fare un gran trambusto.

Entrano nelle case passando da ogni pertugio come i soffi del freddo vento di tramontana: dalle finestre, dal camino, dalle porte che non chiudono bene, dalle crepe nel muro.

Ma basta poco poco per confonderli. Se troveranno un colino davanti alla porta, per esempio, passeranno tutta la notte a contare i buchi finché all'alba  correranno a nascondersi per non essere sorpresi dal sole. Nel camino basterà mettere un grosso ciocco che bruci per tutti i dodici giorni in cui il sole quasi scompare a tenerli lontani.

Quando il sole ricomincerà il suo giro tornerannno al centro della terra. Là scopriranno che l'albero della vita è ricresciuto durante la loro vacanza e ricominceranno a consumare nel lavoro un altro anno di vita.

Scrivo questa storia così fiorente di simboli e metafore come augurio a un popolo martoriato al di là del sopportabile, quello greco, nel silenzio dell'informazione, non alle porte dell'EUropa come si diceva un tempo dell'ex Jugoslavia, ma dentro e per mano dell'Unione europea. Quanti di loro non passeranno il freddo dei giorni dei Kallikantharoi?

Buon Natale.

sabato 4 luglio 2015

La disinformacija

Un blog ha provato a verificare un articolo apparso sul Corriere della sera a firma del vicedirettore Federico Fubini che descrive una Grecia diversa da quella che lui ha visto. Niente code ai bancomat, niente Acropoli disertata dai turisti (magari!), niente navi vuote in partenza dal Pireo. Niente negozianti che assaltano i turisti con aria equivoca, niente velate minacce di furti come viene più o meno velatamente insinuato in un altro articolo sempre dal Corsera, questo letto e debitamente conservato da me mercoledì 1 luglio a p. 11 "Tra i turisti per la strada inseguiti dai negozianti". E a lato, in una colonnina non firmata: "I turisti potrebbero diventare bersaglio facile per chi è in cerca di denaro". Ma non esisteva qualcosa di non proprio lecito che si chiamava "procurato allarme"?

Però l'articolista ha ragione, in prospettiva: se tu riduci un paese alla povertà, come la troijka  e l'euro stanno facendo in Grecia da oltre cinque anni, perché poi ti stupisci se si cercano i soldi dove si può? Ricorda niente questo scenario? A me sì: ricorda i pochi paesi del sud del mondo che conosco, (e che adesso non potrei più visitare perché il mio salario è tenuto troppo basso per permettermi di viaggiare; quella percentuale di reddito nazionale però non è scomparsa: semplicemente adesso si è scelto di farla andare altrove), ricorda la pressante richiesta dell'elemosina nei Caraibi, nell'India di qualche decennio fa. O i racconti sul Brasile, ad esempio. E' a questa società che la politica economica della UE, di cui l'indipendentissimo quotidiano serale si fa portavoce volenteroso, vuole ridurre l'Europa, proclamando ovviamente di volere l'opposto. E proclamando neppure tanto velatamente che se i popoli si rifiutano non bisogna tenerne conto. Del resto democrazia era una così brutta parola, là dove l'hanno inventata.  Ma tutto questo non conta.

Se vuoi sicurezza, per tornare alle preoccupazioni esternate dal Corsera, dai dignità.
Se vuoi dignità NON tagliare il welfare (è un salario indiretto, che mette in comune il contributo di tutti per poter dare a tutti quel che da soli non riuscirebbero mai a permettersi, ad esempio un intervento chirurgico o un'istruzione superiore, non un debito riprovevole).
Peccato che la stampa predichi da anni tutto l'opposto.
E che troppo pochi ancora perdano - o prendano?- tempo a dubitare, porsi domande, riflettere, verificare.

Precedente: Magari fallisse la UE








lunedì 29 giugno 2015

Magari fallisse la Ue

Signora Merkel
magari fallisse! Sì, magari fallisse la Ue, non l'Europa che è altra cosa. Magari la Grecia avesse il coraggio di ribellarsi sul serio, e di dare quella lezione di civiltà che la Francia non ha avuto il coraggio di dare. Magari la Grecia si ribellasse a chi, come lei e il suo governo, docili passacarte delle banche tedesche, l'ha torturata oltre ogni immaginazione - del resto ne avete una certa esperienza, dalle vostre parti, di toture ai popoli. Magari vi mandasse dove vi meritate. Magari il vostro progetto egemonico fallisse una volta di più, ché di miseria all'Europa, quella che senza vergogna sbraitate di voler proteggere, mentre ne distruggete valori e civiltà sotto i cingoli dei vostri interessi speculativi e nella morsa della miseria dei tanti, ne avete già portata (anche col valido aiuto del paese dove sono purtroppo nata) due volte negli ultimi cento anni.
 Ma come vi permettete, lei e il presidente delgi Stati Uniti, di decretare cosa un popolo deve decidere della sua vita? Ma come possiamo essere così frullati di cervello da ascoltarvi passivamente, messaggeri di morte e di fame?
Magari la Grecia tenesse. Ma non sarà così.
Se ci fosse stato un rischio serio, signora Merkel, non avreste permesso che in Grecia si votasse. Avreste fatto come quella volta, ricorda?, in cui il presidente Paapndreu voleva che il suo paese votasse il primo bestiale programma di tagli imposto dalla troijka, il Memorandum. Allora i Greci non poterono nemmeno scegliere se stranoglarsi con le loro stesse mani. Se adesso avete permesso o permetterete un voto, sarà solo perché ormai, come accade non solo in Grecia, siete già certi di controllare il risultato.
L'Europa, signora Merkel, l'avete ammazzata voi da un pezzo.
Che la storia ancora una volta vi presenti il conto amaro che gli uomini, stavolta, non hanno più la forza di presentarvi.
Nei secoli dei secoli: che siate maledetti.

martedì 10 febbraio 2015

Une femme debout

Il discorso di insediamento della neo presidente del Parlamento greco (in basso sulla destra, seconda icona, si attivano i sottotitoli).
Ora, io non ho un folle entusiasmo per Syriza né per le sue scelte. Malgrado le buone intenzioni proclamate, temo che siano troppo morbidi nella loro posizione (come in questo discorso) e, che a men di drastici cambiamenti di linea, essa si riveli inefficace e finisca con lo stritolare del tutto loro, noi, e l'Europa intera dietro alla follìa economica e politica dominante.
D'altra parte è impressionante la quantità di analogie e di opposte risposte che si trovano in questo discorso con la situazione italiana: ed è molto istruttivo conoscerle.
Ciò posto, questa oratrice la trovo magnifica e allo stesso tempo non riesco a immaginare nessuna delle insulse belle statuine da noi pagate arrivarle alla caviglia per bravura, stile, intelligenza. Come oratrice, ripeto, perché di costei non so nulla. Se non una cosa: sa parlare. Che insomma i Greci qualcosa avrebbero pure da dire in proposito.

P.S.: per chi ha studiato questa lingua a scuola, che emozione risentire quasi le stesse antiche parole, pronunciate a una donna greca là dove esse sono nate.