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mercoledì 19 marzo 2014

Quando mancano le parole

Copio e incollo da qui e che i Pirati ci proteggano.
Purtroppo non sarà l'ultima che ci toccherà vedere.
Pensiamo alla gran furbata di licenziare almeno una città intera in un momento simile, ad esempio.
Chissà quanti di loro continueranno a bere birra. O a prenotare viaggi. O a comprare s/w.
O semplicemente a pagare le tasse.
Ma è ovvio che lo scopo non è quello di risparmiare. Bensì di creare una massa di disoccupati talmente critica da accettare qualsiasi indegna condizione di lavoro. Con buona pace della Costituzione, art. 35-47.
Mi sa che una volta o l'altra posto anche quelli.
Quanti di noi conoscono davvero cosa dice la nostra legge fondamentale, quali rapporti regola e come, e cosa siano i nostri diritti e doveri?
Temo di dover rispondere: troppo pochi.

Da Renzi una novità: le mani sulla città


Non c’è davvero nulla di nuovo in Matteo Renzi, a parte la grinta: c’è solo un intenso bricolage che ritaglia da destra, e incolla malamente a sinistra, spezzoni di pensiero, parole d’ordine, slogan. Uno dei più impresentabili che Renzi ha preso di peso dal repertorio populista e selvaggiamente liberista di Silvio Berlusconi è il “padroni in casa propria”. Un’idea texana della convivenza civile che significa che ciascuno dev’essere libero di cementificare, sfigurare, distruggere pezzi di ambiente, di paesaggio, di patrimonio storico artistico.
Fin da quando era sindaco, Renzi ha polemizzato aspramente contro quelle che chiama “le catene” imposte dalle soprintendenze, istituzioni “ottocentesche” che impedirebbero la “modernizzazione del Paese”. “Sovrintendente – ha scritto nel suo tragicomico libro Stil novo – è una delle parole più brutte di tutto il vocabolario della burocrazia. È una di quelle parole che suonano grigie. Stritola entusiasmo e fantasia fin dalla terza sillaba. Sovrintendente de che?”. Renzi sembra non accorgersi di vivere in un paese massacrato da uno “sviluppo” pensato solo in termini di cementificazione: un paese compromesso non dai troppi no, ma semmai dai troppi sì, delle soprintendenze. E non sono solo le opinioni di Renzi,a preoccupare: è il suo governo di Firenze a far capire come la pensi in fatto di cemento. Vezio De Lucia ha notato come nel piano strutturale del 2010 “le previsioni relative alla proprietà Fondiaria (un milione e 200 mila metri cubi) sono riportate come fossero già attuate: per non smentire la propaganda del sindaco Renzi a favore del piano a sviluppo zero”.
Sapendo che il cemento non è telegenico, Renzi cerca di non parlarne troppo. Tanto più stupisce che sia un giornale come Repubblica – subito improbabilmente seguito da Italia Oggi – ad abbracciare, in scala uno a uno, un simile programma. Archiviato il pensiero di Antonio Cederna, sconfessato quello di Salvatore Settis, ora è Giovanni Valentini a scrivere sul giornale di De Benedetti che “troppo spesso le soprintendenze diventano fattori di conservazione e di protezionismo in senso stretto, cioè di freno e ostacolo allo sviluppo, alla crescita del turismo, e dell’economia”.
L’articolo, in prima pagina domenica scorsa, ha lasciato basiti migliaia di lettori che vedevano da sempre in Repubblica un presidio sicuro per la difesa dell’articolo 9 della Costituzione: e da allora si susseguono sul web risposte incredule e indignate di associazioni, funzionari di soprintendenza, singoli cittadini.
È in questa prospettiva che Renzi diventa il campione delle “mani libere” contro le soprintendenze, che l’avrebbero ostacolato nell’allestimento della cena della Ferrari su Ponte Vecchio [Aggiungo per testimonianza diretta che tale cena non è la prima. A Firenze in luglio ho avuto il piacere di vedere, in una notte torrida in cui si vagava cercando il fresco, il cortile degli Uffizi sull'Arno requisito e recintato per una - pacchianissima - cena di appassionati di auto storiche. Con tanto di palcoscenico con esibizione da discoteca e altoparlanti urlanti al centro. Requisito allo stesso modo, ma per installarci uno stabile quanto inarrivabile ristorante, il greto dell'Arno sotto gli Uffizi medesimi. Se questa è la vita da dare, con totale incomprensione culturale e storica del loro senso nonché requisizione censitaria, ai monumenti storici PUBBLICI del nostro paese...]  e fermato nei “sondaggi tecnici” sulla Battaglia di Anghiari di Leonardo in Palazzo Vecchio. Peccato sia tutto falso: sull’osceno noleggio del ponte l’asservita soprintendenza fiorentina non ha aperto bocca, ed è stata una partita tutta giocata dal Comune, con tanto di permesso ufficiale concesso il giorno dopo la manifestazione, e con un incasso pari alla metà di quello sbandierato da Renzi. Quanto a Palazzo Vecchio, giova ricordare che la Battaglia di Anghiari semplicemente non esiste, e che Renzi è stato fermato non dalla soprintendenza (anche in quel caso succube), ma dalla comunità scientifica internazionale, compattamente insorta contro una farsa pseudoscientifica che fa ancora ridere i direttori dei più grandi musei del mondo. Ma i banali dati di fatto non devono oscurare la retorica del Presidente del Fare che spezza trionfalmente i lacci e i lacciuoli frapposti da questa oscura genìa di burocrati. A quando un suo ritratto a torso nudo, mentre aziona una betoniera calpestando l’articolo 9?
L’altra faccia di questa usurata medaglia è l’incondizionato inno ai salvifici privati. Chiedendo la fiducia al Senato, l’unica cosa che Renzi ha saputo dire sulla cultura è che “se è vero che con la cultura si mangia, allora bisogna fare entrare i privati nel patrimonio culturale”. Peccato che i privati ci siano da vent’anni, nel patrimonio, e che a mangiarci da allora non sia lo Stato, ma solo un oligopolio di concessionari fortemente connessi con la politica. E la ricetta è tanto originale che il punto 41 di Impegno Italia (il documento cui ha inutilmente provato ad aggrapparsi Enrico Letta) prevedeva un’unica ideona: “Incentivare lo sviluppo dei servizi aggiuntivi da dare in concessione ai privati”.
Di fronte ai crolli di Pompei, Renzi ha gridato: “L’Italia è il paese della cultura, e allora sfido gli imprenditori: che state aspettando?”. Quando era sindaco di Firenze, Renzi sfidava sistematicamente lo Stato a fare il proprio dovere in fatto di tutela del patrimonio. Ora che lo Stato è lui, sfida gli imprenditori. Fosse il presidente di Confindustria, ce l’avrebbe con gli enti locali. Non c’è davvero nulla di nuovo, se non che il repertorio da palazzinaro anni Sessanta è passato tale e quale dal fondatore di Forza Italia al segretario del Partito democratico. È il manifesto di una nuova stagione di Mani sulla città, un ritorno alla bandiera inverosimile del “più cemento = più turismo”. E siamo solo all’inizio.
Da Il Fatto Quotidiano del 13 marzo 2014

Davvero, vorrei solo emigrare senza mai più voltarmi indietro. Magari avessi venti anni di meno e potessi trovare davvero un lavoro stabile fuori da questa melma di paese ignorante, retrogrado e corrotto.

11 commenti:

  1. sono anni che non mi interesso più di politica. forse sbaglio ma di qualsiasi colore , pensiero, tendenza si parli io vedo solo incompetenza, ruberìe, ingiustizie,corruzione. mi spiace . quindi non punto il dito contro qualcuno in particolare ma contro tutti che sono pronti a cambiare opinione e strategia ad ogni cambio di vento. l'opportunismo, le connivenze, le sporche faccende di denaro la fanno da padroni. chiunque si avvicini alla politica significa che è già un corrotto o un corruttibile che difenderà a spada tratta i propri interesse personali, i propri diritti acquisiti fegandosene bellamente di "curare" il Paese. detto ciò vorrei avere anch'io vent'anni di meno e trovare il coraggio di andarmene da qui...forse in un'altra vita ...adesso mi tocca sopravvivere nella melma di questo paese ignorante...sigh!

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  2. Roby, non che tu abbia torto. Con il piccolo particolare che qui e oggi abbiamo a che fare con questo personaggio e la sua corte nominata persino se indagata, non con altri. La loro responsabilità, individuale e politica, non è resa meno grave dalle porcherie altrui, al contrario, potrebbe prefigurare una sorta di complicità ancora più riprovevole. Non è perchè ci voltiamo dall'altra parte nauseati che smetterà di far danni. Di farCI danni. Anche molto in là nel tempo. Finché ci rimane una sola possibilità di sapere, di capire, di agire, abbiamo il dovere, tutti e ognuno, di renderglielo difficile.
    Oggi ho pranzato con il tuo ottimo risotto rosa, sappilo!

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  3. il cibo è rimasta una delle mie soddisfazioni!
    hai ragione ma io sono davvero nauseata da questo sistema...ammetto che è un pò l'atteggiamento dello struzzo il mio ! ma mi sento impotente nel combattere questi colossi politici che , come dici tu, CI fanno danni...vero che è buono qule risotto??? non credevo e invece ha un gusto che mi ha catturata!! un abbraccio cara

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  4. Ciao Pellegrina, mi era saltato il tuo collegamento, ma ora è tutto a posto. Grazie dei tuoi commenti, a quelli sulla armonia di caramello non avevo risposto..Non ho letto il post, perchè ora ho poco tempo, lo farò dopo con calma, ora volevo solo passare e lasciarti un saluto .-)
    Ciao!
    Cinzia

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    1. Grazie Cinzia, ho tentato di andare a vedere le risposte ma non riesco più a trovare il post dell'armonia :-/

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  5. Mio Dio che sconforto... e questo non è solo un problema di Renzi, è una tendenza che si è infiltrata in molti ambiti culturali. Quando si vuol rendere la cultura un "prodotto" del mercato, ecco, lo scempio è dietro l'angolo.
    Ho avuto a che fare con una tizia di una casa editrice che voleva convincermi che gli orrori ortografici e grammaticali di un'antologia fossero licenze poetiche e alla mia risposta stizzita su come questo da una parte fosse indice di ignoranza pura e manifesta degli autori e dall'altra una mancanza di controllo editoriale da parte della casa editrice, oltre che un'operazione commerciale davvero poco professionale, lei sai cos'ha risposto? Che non è vero, che gli errori non ci sono e che erano solo mie considerazioni del tutto opinabili.
    Ecco, se considerare, ad esempio, un errore grammaticale una mancata concordanza tra singolare e plurale diventa opinabile e non oggettivamente quel che è, ossia un errore, allora come si può ragionare di cultura? Come si può sperare che la cultura sia considerata prima di tutto un valore?
    Sono folle a farmi domande di questo genere?
    Temo di sì e ne vado fiera.

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    1. Domande che si pongano in tanti, tutt'altro che folli, ma soffocati da una mentalità, consapevolmente favorita in questi anni, che ha messo il rigore tra le anticaglie e la cialtronaggine imbrogliona al primo posto, perché ciò che contava era l'affare. Purtroppo ce ne siamo lasciati condizionare al punto da perdere di vista quali siano i punti irrinunciabili, come la differenza tra singolare e plurale, che non è una vuota regola, ma semplicemente l'aderenza alla realtà e non all'improntitudine di chi ti vuol vendere fuffa. Ti sei trovata di fronte una faccia di bronzo non indifferente, comunque.

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    2. Renzi è splendido campione di questa mentalità; il fatto che al momento sia presidente del consiglio aumenta a dismisura la sua possibilità di diffondere questa mentalità e soprattutto questa prassi, quindi di fare qui e ora danni enormi, e soprattutto, duraturi.

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  6. Che di Renzi c'era poco da fidarsi l'ho già detto oltre un mese fa. Questo è il link del mio post:
    http://www.lacucinaperprincipianti.blogspot.it/2014/02/ma-renzi-e-affidabile.html
    Ciao

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    1. E se non ricordo male ti avevo anche risposto! : -)

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    2. Si, è vero! Anzi, sei intervenuta più volte. Buona serata!

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