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martedì 5 dicembre 2017

Nolan canta la guerra embedded

(Questo post lo avevo scritto a luglio a Parigi e pensando di completarlo non l'ho mai pubblicato.) "We bring our army back" spiega un ammiraglio sul molo di Dunkuerque a un colonnello di fanteria. 1940: bloccati sulle spiagge del Nord (che è un département della Francia, ma bisogna saperlo), quattrocentomila soldati inglesi e francesi sono stretti contro il mare dall'avanzata dei? Dei? Dei? Di chi? Gli alieni? Le scimmie? Forse, dato che hanno appena proiettato la presentazione dell'ennesimo episodio de Il pianeta delle scimmie in programmazione la prossima settimana. Al Quaida? Lo stato islamico? Saddam no, è morto. Gheddafi impedossibilitato per lo stesso motivo. Assad? Ha le sue gatte da pelare. Erdogan? Ah, ecco! Ha stato Putin!!!! No, è il 1940, dopotutto - sempre che si abbiano elementi di base di cronologia. Il Venezuela no, per ragioni geografiche - sempre che si abbiano cognizioni della materia, se non di altre. In due ore di film Christopher Nolan riesce a non pronunciare praticamente mai la parola non dico "Nazisti", ma nemmeno quella: "Tedeschi"*. A un certo punto, forse, gli scappa detto un Wehrmacht. In una frase cosi' lunga e complicata, per un film quasi completamente privo di parole, che sfido a coglierla e collegarla a qualcosa di identificabile. Certo se ne sentono i micidiali proiettili colpire metallici e duri tutt'intorno. Ma resta invisibile quale volontà comandi quelle bocche da fuoco. Dato che i soldati nemici non compaiono mai, scelta stilistica peraltro apprezzabile, le uniformi non aiutano. Ora, che i soldati britannici e francesi avessero una chiara idea dei comandi nemici puo' essere improbabile. Ma che ignorassero cosa e chi e dove avevano causato quella guerra non credo. Un bombardiere torpediniere tedesco (M 59 Heinkel) che compare a lungo nel film viene inquadrato sempre in modo da evitare di mostrare le croci della Luftwaffe. Dev'essere spuntato dai raggi del sole. Gli spitfire invece è lecito mostrarli più volte, mentre si pavoneggiano nell'oro e nell'azzurro. Si tratta di una guerra volutamente decontestualizzata. Siamo in guerra, tutto qui. In un mondo che di contesto ne conosce sempre meno e di memoria della seconda guerra mondiale, 1939-1945, ne perde sempre più. Brr. Al contrario di Churchill si fa il nome alcune volte. Perché i soldati del Britsh Empire si siano infognati li' dentro, tra maree e bombe, o lo sai, o rimarrà un mistero. Allora se il tuo scopo è mostrare per l'ennesima volta la barbarie della guerra, vecchio copione, evita di fare riferimenti a una guerra precisa. Ma no, perché l'episodio clou del film (la flottiglia delle navi civili che soccorre i soldati accerchiati permettendo loro di imbarcarsi sulle navi da trasporto, già raccontato ad esempio ne La signora Miniver, dove la guerra in corso impediva autocensure del genere) è troppo legato alla seconda guerra mondiale e all'Inghilterra. Il film è bello da vedere. Colori pieni di sole, mare, spiagge nordiche. Acque, vento, bianche scogliere del Dorset. Nolan filma il sole, l'aria, l'acqua, gioca con gli elementi che tengono prigionieri i soldati. Il ferro delle barche, le stoffe spesse e ruvide delle uniformi, il panno morbido della lussuosa divisa dell'ammiraglio, la tela delle maschere degli aviatori, i capelli scuri, pesanti di salsedine dei giovani soldati il soffice pane in cassetta sporcato di marmellata con il the: è un film molto materico, quasi pittorico. Malgrado qualche ripetizione il piacere visivo non difetta. Il sole prende il posto delle nebbie tramandate dalle foto dello sbarco in Normandia. Quelle vengono sparse sulla storia. La trama non è un granché: i soliti dilemmi a conclusione moralistico perbenista made in USA tra la paura e l'eroismo con una spruzzata di understatement per i britannici, il solito sacrificio del povero che ci lascia le penne mentre i benestanti tornano a casa, i soliti soldati furbi che cercano una via d'uscita al macello finendo malissimo e così via. Oltre alla fotografia, alle luci e ai colori funzionano il ritmo e il montaggio alternato delle storie parallele. Si mostra una guerra permanente, una guerra in cui non ha importanza chi si batte e perché, una guerra che va accettata in maniera obbediente e senza porsi domande. La guerra perfetta dell'embedded: guardi dentro perfino alle funzioni fisiologiche dei soldati, ma le ragioni del conflitto non le vedrai mai. *Forse all'inizio, nel rullo di presentazione, scritto a caratteri piuttosto piccoli che scorrono alla velocità della luce, compare la parola Allemands. Non ci giurerei, perché scorre molto in fretta e contrariamente a quel che avvene di solito con queste sequenze la leggibilità dei caratteri è decisamente mediocre. Lo scrivo per scrupolo, più che altro.

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