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Toulouse en érasmienne

domenica 18 ottobre 2020

L’arrivo a casa, senza casa

 Quest’anno doveva essere quello della solitudine qui a Parigi. Finita la casa nel villaggio, chiuse le porte, e peer fortuna che almeno Bianchina, che ogni anno mi trasporta fin qui, avrebbe potuto continuare a proteggersi nella corte vicina.

Ma io avrei trovato una stanza di rimedio, per pochi



mesi e e ormai quasi per l’ultima volta, dentro alle amate mura - di macchine, più che altro - del 75.

Sembrava incredibile arrivare a piedi quasi ovunque e sentirsi più fresca di forze con un considerevole numero di km in meno sulle spalle ogni sera.

Erravo felice per questi luoghi che sempre e comunque hanno il potere come nessun altro di farmi sentire a casa.

Ma la soluzione non era bella come sembrava. Lo fosse stata, non sarebbe costata così poco. Diciamo che spero di non ritrovarmi all’addiaccio prima dei tre mesi e mezzo che ancora mi restano di vita qui.

Ché poi a Roma non è nemmeno più vita...



4 commenti:

  1. Trova il lato positivo :sei a Parigi. Tutto il resto è relativo.

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    1. Cara, finché ho un tetto sopra la testa sì!!!!
      Se mi mettono fuori casa, la stagione non è quella adatta, diciamo.

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  2. No, non è per niente adatta! E anche se i clochard hanno illustri tradizioni letterarie e cinematografiche, non sono sicura siano una prospettiva rassicurante 🍀🍀🌶

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    1. Diderot dormiva nelle stalle, ma non esistono più nemmeno quelle!

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