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per gli scribi

Toulouse en érasmienne

lunedì 25 febbraio 2019

Iniziare la giornata

« Negli anni Settanta e Ottanta sono stati rimessi in discussione teorie e comportamenti in apparenza largamente consolidati. Ancora fino alla metà degli anni Settanta le teorie keynesiane si presentavano come l’ortodossia nel campo della scienza - non gliela fo a scriverla maiuscola - economica e ispiravano un pervasivo intervento dello Stato nella realtà economica.
Si è trattato di reazioni, per certi versi salutari -eh, noblesse oblige Nico’? -, a manchevolezze affioranti sia nella costruzione teorica sia nella gestione concreta della politica economica. Le reazioni sono state, pero’ - mi raccomando il pero’! - eccessive, corrispondendo alla riaffermazione del concetto smithiano della ‘mano invisibile’, sotto varie forme e, comunque, di norma nelle versione più estreme, non suffragate da sufficienti basi logiche ed empiriche. La recente crisi economica ha dimostrato, tuttavia, che le politiche liberistiche portano a conseguenze molto negative del genere di quelle già emerse dopo la Grande Crisi del 1929.
Sembra imporsi, dunque, una disamina critica unitaria di argomentazioni vecchie e nuove delle ragioni favorevoli e contrarie all’intervento pubblico nell’economia che non puo’ non ispirarsi a quella branca della Politica economica denominata ‘Economia del benessere’.
Questo libro intende sottoporre all’attenzione sia del pubblico in generale sia, soprattutto, dei giovani (spesso bersagliati da segnali effimeri e illusori) la discussione delle basi e delle articolazioni dell’intervento pubblico nell’economia, alla luce delle conoscenze sedimentate nel tempo e degli arricchimenti di questi ultimi anni ».

Il tempo di leggere la prefazione di un nuovo libro, che è costato quasi un ventesimo del mio benessere mensile, che gocciolante dal naso e dagli occhi mi rotolo verso la via dell’ufficio, dove mi attende un posto di lavoro bloccato da trent’anni di libero mercato a un livello inferiore a quello che un concorso ha dimostrato che potrei fare, come compiti, come stipendio e come contributi. Mentre l’aistituzione dove lavoro sopprime i posti di livello alto per « migliorare i servizi », ovviamente, e chiude sedi a man bassa.
Mi ci avvio perché, come il libero mercato inneggia, bisogna far dimagrire lo stato e quindi, per una funzione essenziale della struttura ove lavoro, oggi non c’è più il personale adatto e ci si rivolge ormai nemmeno più a un disgraziato che sfruttato da una ditta esterna lo possa svolgere di suo, bensi’  a una persona delle categorie protette, ugualmente sfruttata dalla solita cooperativa, ovviamente, che non è in grado di farlo autonomamente e va costantemente seguita e indirizzata. Il che significa che una parte del mio relativamente più costoso tempo va impiegata nel far fare a qualcun altro un compito che sarebbe possibile svolgere in autonomia. Ecco l’efficienza del mercato. E grazie ancora che c’è. Mentre la nuova etica che il mercato ha sostituito a quella del benessere prescrive che si debbano accogliere le categorie protette quali che siano come primo imperativo. Lo sapevamo già, grazie, ma non a colmare male le lacune di cio’ che si approfitta per tagliare.
Mi ci avvio dopo avere speso un paio di centinaia di euro che sono ben più di un ventesimo del mio benessere mensile, per farmaci che lo stato non passa più, dato che certe patologie influenzali oculistiche e ginecologiche sono ritenute fisime da curare con medicine di fascia C, totalmente a carico del malato, il quale, si è ammalato per sua responsabilità, ovviamente e quindi cosa c’è di più etico del dire « è colpa mia » e pagarne le conseguenze?
Mi ci avvio memore di quell’aspirante tirocinante che si è presentato dopo avere lavoricchiato precario in ASL e chissà dove altro, senza sapere nulla di quel che dovrebbe sapere venendo da dove viene perché studente lavoratore, ma avendo orecchiato soltanto quei « segnali effimeri e illusori » che lo portano a scimmiottare il gergo pubblicitario dei propagandisti del mercato sulla necessità di sapersi proporre sul « mercato del lavoro ».
Mi ci avvio per tentare ancora un giorno e ancora un’ora di smontare ostinatamente, pervicacemente, costantemente, donchisciottescamente la trappola mentale e mortale che si siamo lasciati costruire intorno, colpevolizzandoci per avere voluto quella vita dignitosa che andava sotto il nome di « economia del benessere ».
Mi avvio sperando di tornare presto a leggere questo tomo impossibile, pieno di formule di cui non capiro’ un accidenti, ma tentando, tentando, tentando di capire le vere correnti che reggono la nostra realtà, altro che i fatti di cronaca politica cui secondo i racconti dei media dovremmo anzitutto volgere la nostra preoccupata attenzione.
Scriveva Marguerite Yourcenar che si parla troppo poco dell’assoluta ignoranza economica in cui veniamo lasciati dall’istruzione comunemente impartita, benché si tratti di qualcosa che è assolutamente necessaria per la nostra  esistenza.


Ho fatto tardi, e corro via.

2 commenti:

  1. Mi vien da pensare: ma se la tua giornata inizia così... come potrà finire? Mi viene anche la risposta: mi sa che finirà come la mia...
    Buona settimana.
    Nora

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  2. La settimana è volata e ho appena il tempo di rifiatare. Buon Carnevale, sono certa che farai qualcosa di buono.

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