Oggi

"Data">Data Rivoluzionaria

pellegrinablog,chiocciolaquindi,gmail.com

per gli scribi

Toulouse en érasmienne

giovedì 2 dicembre 2021

Al di fuori: la famiglia di X

 Continuare questo cammino di orrore non è facile. Tante cose sfuggono, tante cose svaniscono, se non le si fissa subito e non sempre si riesce o si può recuperare le parole. Mi sento in una battuta di arrresto, ma so che ci sono altre cose che devo mettere in ordine per riuscire a scriverle. Che si devono mettere in ordine, perché tutto questo non è fatto in modo razionale. È un magma che esce, viscoso, lento, invadente e coprente, crosta grigia, sotto è fuoco rosso e la fatica è tale che non riesco a portare avanti altro. Spossatezza. Soltanto quando non riesco a esprimermi, sprofondo in internet cercando non so cosa per allontanare quel che non riesco a dire.

Per il momento quello che esce dalla memoria mi frusta come se fossi in colpa, per non aver fatto abbastanza, per avere avuto paura.

X è il nome della persona che, adulta, ho più amato al mondo. Rapporti con la sua famiglia, di ceto medio alto, colta, progressista, nella generazione dei genitori e zii più alcuni cugini cattolica praticante e impegnata, inclusi una suora e un prete, formalmente sereni. Piccole onde, allusioni, una lontananza ricercata a suo dire, facevano pensare a un non detto, forse anche a una collera. Strani discorsi su suo padre, sua madre pareva un fantasma di cui non aveva alcuna stima.

La prima volta che andammo a trovare i suoi genitori, mi alzai per andare in bagno all’alba. Sentii dei rumori provenire dal soggiorno e convinta che qualcuno avesse dimenticato la televisione accesa la sera prima, aprii la porta per andare a spegnerla. Il padre, sveglio sempre molto presto, stava guardando un film pornografico. Feci del mio meglio per far finta di nulla, spiegare perché ero entrata e battere in ritirata. Dopotutto se uno all’alba vuole passare il tempo così, fatti suoi. quanto a me, io torno a dormire.

Ma qualche anno dopo, in pieno giorno, io sono nella vecchia camera da letto di X, dove era rimasto un vecchio schermo di computer dismesso, con una cassetta pornografica che va. E in giro ci sono i suoi nipotini, di cui il fratello ha appena iniziato le elementari e la sorellina va all’asilo. La madre di X capisce cosa sta facendo il marito (stavolta non da solo all’alba, ma con due nipoti bambini piccoli e una nuora in casa di domenica mattina) ma non sa spegnere il registratore, copre lo schermo con uno straccio e va a cercare X perché lo spenga, all’insaputa del marito. Entro io, e allo stesso momento entra la bambina. Io mi metto tra lei e lo schermo. Poi arriva qualcuno, forse proprio il padre, io tengo la posizione, esce la bimba e infine giunge X che spegne, spiegandomi che cosa fosse successo e ascoltando senza commenti quello che racconto io, un po’ perplessa da questo modo di procedere in presenza dei nipoti.

Io non avevo detto nulla a X di quel che avevo visto durante la nostra prima visita. Mi sembrava indelicato , anche se venne poi fuori che sulle abitudini del padre ne sapeva ovviamente molto più di me. Tornata a Roma, avevo scritto quella che mi sembrava essere una lettera di cortesia per ringraziare dell’ospitalità. La madre di X si era dimostrata in quell’occasione una delle persone più accoglienti della terra, e non fosse stato per quell’episodio che tutto sommato poteva rientrare in una mia improvvida invasione nella sfera privata altrui, suo padre era una persona interessante. La domenica mattina avevamo ballato con i nipotini mentre suonava l’organo del salone. Molti anni più tardi seppi che il padre di X aveva preso malissimo quella mia sincera lettera di ringraziamento e aveva avuto il buon gusto di dirglielo. “È come se volesse dirci: ‘Io osservo. Guardate che io osservo, eh.’ ” Magari un filino di sensi di colpa per essere stato sorpreso da una nuora guardando accoppiamenti da dietro, no, eh? Meglio colpevolizzare lei e soprattutto farlo sapere a X. Cobra. Maiale e bastardo, detto papale papale, specialmente con quel che mi è capitato di vedere in seguito. Ma non ho mai avuto il coraggio di dire a X quale causa avevo pensato che potessero avere quelle frasi di suo padre.  

Un paio di anni dopo la scena dello straccio, sempre occasione di famiglia, tanti bambini in giro e una quasi adolescente, dal fisico infantile, un po’ grossa, già con qualche forma ancora un po’ goffa, capelli folti e occhi neri entrambi molto belli. Subito prima di pranzo, trovo il padre di X sdraiato di traverso sul letto della ex camera della sorella di X, con intorno tutti i bambini. Accanto al letto, accosciata per terra davanti alle sue gambe semiaperte la ragazzina, la testa china in avanti, mentre lui infila due dita tra i capelli a massaggiarle la nuca e poi scende sul collo e si fa largo nella scollatura dietro, verso le spalle e sui trapezi mentre lei rovescia la testa indietro con l’aria completamente persa. In particolare spinge il dito medio, che essendo lui un omone è spesso e largo.

Si sa che il massaggio è un’esperienza molto piacevole, anche sensuale. Sto proiettando il mio turbamento su di loro? 

Quello che non mi torna sono le loro espressioni. Troppo eccitate, gli occhi semichiusi, quasi arrovesciati, la faccia di lui, quella di un dominatore su una “vittima”, qualcosa che si sente alla propria mercè. Quello non era un massaggio normale. Dati i precedenti della cassetta con nipotina in giro, la cosa mi piace sempre meno. Non mi scollo di un millimetro, finché non si va a pranzo.

La ragazzina inizia con slancio e entusiasmo le superiori in una scuola di sua scelta. Qualche tempo dopo è un disastro: non riesce più in niente, le fanno cambiare scuola. Per caso la rivedo, cerco di farla parlare. Dice di rendersi conto che quella scuola non va bene per lei. Il che può essere dopotutto. Tento di spiare nei suoi occhi, perché la sento trattenere qualcosa. Potrebbero essere solo il disagio e il fastidio di subire un interrogatorio da un’estranea, dopotutto. Perfettamente plausibile. La sento molto matura, come qualcuno che abbia in sé qualcosa di enorme, e guardi il mondo con occhi distaccati da tutto. Cambiare scuola può causare anche questo, no? Perfettamente plausibile.

Racconto a X quello che ho visto. Lì accade l’incredibile. X non mi manda al diavolo, non mi accusa di avere troppa fantasia, non mi dice che sto facendo del male, non difende suo padre. No.

X annuisce. 

“Cose tipo massaggi... no?” Eh, X, come fai a saperlo? X non risponde. Non risponderà mai.

Una cosa però l’ha detta, in un altro contesto. Il ricordo di essere in piedi su un tavolo, appena fatta la doccia, in accappatoio, poi senza. Suo padre l’asciuga, poi si informa se si masturbi e come vada. E poi? Com’è finita, X? “Non so, non ricordo.” Perfettamente plausibile.

E la sorella di X, madre dei bambini di cui sopra che dice, un giorno, scuotendo la testa con aria estatica, gli occhi brillanti, eccitata: “Mio figlio sta diventando talmente bello che io ho quasi paura a lasciarlo là. Paura che succeda.” Il bambino ha sei anni. E X che dice a me: “Y (nome della sorella) ha una teoria. Che succeda a tutti, alle bambine, che si facciano delle cose così”. Così come, X? Perché la teoria che tutte le bambine siano violate dal padre è la prima ipotesi di Freud, poi abbandonata a favore della teoria dell’Edipo. Non è di tua sorella che non ha studiato psicologia peraltro. X non spiegherà mai.

Ora.

Lanciare accuse del genere verso una persona, sia pure deceduta, non è un gesto da prendere alla leggera. Quando parlo di cosa è capitato a me, so. Sento ancora le mani di quegli uomini che me le misero addosso, le loro dita, ricordo i loro volti, le loro parole, il timbro delle loro voci. Sento ancora il disgusto in gola, la rivolta nel mio corpo e soprattutto la paura. La voglia di rivolta e l’angoscia che lo impedisce: ho davvero diritto o no? Sta davvero accadendo qualcosa di male, o sono io che vedo sempre tutto nero? 

Ma per quello che si è soltanto visto, intuito che potrebbe essere stato fatto agli altri, quanto credito dare alle proprie intuizioni? Anche adesso che lo scrivo, pur essendo da sempre convinta di quel che ho visto, ho fatto di tutto per trovare giustificazioni, per analizzare anzitutto le mie motivazioni, le mie paure, le mie ritrosie, la pruderie, le mie eventuali proiezioni. 

La prima volta che ho tentato di mettere delle parole su questo insieme di circostanze, non ce l’ho fatta. Letteralmente. Avevo la testa che scoppiava dalla necessità di dire e le parole che mancavano. Non potevo articolare. Ancora dopo avere scritto tutto questo non riesco a coniugare l’esplosione di energia verbale che premeva sulle labbra come tanti piccoli scoppi con le parole adatte per dirlo, che non ho tuttora trovato. Il silenzio chiudeva la lingua mentre i suoni premevano sulle labbra per uscire, ma non erano mai quelli buoni: come dire quel che non si può dire? Come darsi fiducia al punto di parlare dell’indicibile, di accusare? In che direzione andare? Da dove cominciare?

Eppure il bisogno di parlare preme. C’è qualcosa da dire, ma come collegare la cosa alle parole che diano  un senso, e quale? Lo so quale. Ma quali parole? Una strana paralisi di ciò che connette l’esperienza al linguaggio. Qualcosa che non si può accusare.

Ma non si guardano film pornografici con dei bambini per casa in una stanza di passaggio, con estranei ospiti, o, se proprio si fa, si spegne quando arriva qualcuno, non si lascia il video andare. E tutti hanno l’aria di sapere che accade qualcosa, ma nessuno, tranne forse la madre di X e Y, la nonna dei bambini, si adopera per fermare, per evitare. E in qualche modo inadeguato, io. 

Noi due siamo quelle al di fuori della famiglia. (Un giorno mi racconterà la fatica che aveva fatto per mostrarsi nuda alla prole, come voleva suo marito, ma non lei.) La famiglia ne terrà sempre conto.


3 commenti:

  1. Impressionante. Ciò che aggrava il quadro dell’essere abominevole è il contorno silente dei presenti.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non sai quanto mi danni l’anima io per non aver parlato, gridato più forte.
      La sensazione più strana è quella di stare in un ambiente in cui tutto perde i suoi contorni, in cui la paura di dare scandalo alterando gli equilibri familiari altrui prende il sopravvento sull’istinto di protezione dei piccoli e persino sul proprio istinto di sopravvivenza - X non era una persona felice, benché brillantissima.
      Il silenzio è il problema maggiore, perché consente il perpetuarsi dei sistemi incestuosi attraverso le generazioni.

      Elimina
  2. Confesso che faccio fatica a leggere racconti di questo genere, anche perché il linguaggio è molto allusivo, si va per intuizione ed è più ciò che si immagina di quello che si comprende. Capisco che quando si è dentro una simile storia difficilmente si vede chiaro, ma la parola è liberatoria, chiamiamo le cose col loro nome: un vecchio sporcaccione che si guarda film porno per sollecitare una libidine deviata e non si perita di insidiare giovani vite Innocenti, forse quella del suo stesso figlio, e una moglie, dello sporcaccione, che gli tiene bordone, diventa la di lui complice e forse più colpevole ancora ...
    Io sinceramente, per quanto potessi amare X, sarei scappata a gambe levate da cotanto lerciume. In questi casi è l'unica cosa da fare, tagliare i ponti.

    RispondiElimina