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sabato 15 gennaio 2022

Le ambasce dell’era digitale

Aggiornamento: effettivamente quella cosa che avrebbe potuto essere una ricevuta più qualcos’altro era una ricevuta più qualcos’altro. E fin qui tutto bene. Nel frattempo però stanotte avevo avuto gli incubi, l’affanno e una specie di mezzo attacco claustrofobico. Mai successo in vita mia di stare così. Quando ho avuto problemi di lavoro in altre circostanze, smaniavo si ma il tutto restava sul piano conscio e razionale. Devo decisamente uscire da quel posto. Ne va della mia salute.

 Chi ha letto qualcuno dei post precedenti non si stupirà al sentire che pur di fuggire dalla mia attuale istituzione di lavoro, sto tentando di fare concorsi e ancora concorsi, quei rarissimi che ci sono. Quindi devo avere a che fare con un satanico oggetto che si chiama SPID e con altri satanici oggetti che sono i programmi attraverso cui oramai bisogna volenti o nolenti inviare le domande.

Ora, a me ha sempre fatto una paura insensata inviare qualsiasi pratica. Diciamo pure che è una fobia, ma mi fa sempre stare malissimo anche solo andare a pagare una bolletta. Di solito sono un tipo giudicato pratico e persino, mi hanno detto ieri, coraggioso (io direi piuttosto temerario) ma, davanti a una serie di moduli da riempire e di dati da fornire, dichiarazioni di qualsiasi tipo e chi più ne ha più ne metta, mi sovrasta l’angoscia. C’è chi è aracnofobo: io sono paperassefobica a un livello grave, perché arrivo facilmente a perdere occasioni, far passare scadenze, pagare more, talvolta, pur di non dovermi occupare di controllare quella roba lì. Che profondamente odio. E magari bastasse così, perché il mio super-io mi pungola incessantemente a livello inconscio e finché non ho sbrigato quella pratica, non riesco a combinare nient’altro; ma poiché coscientemente voglio sfuggire alla pratica e la rimando il più possibile, finisco con l’aggirarmi come un’anima in pena per giorni e settimane, o anche mesi, senza esser in grado di superare l’impasse e sbrogliare la situazione.

Non so da dove venga una simile fobia: forse da quelle attese eterne subite da ragazzina negli uffici postali, nelle segreterie universitarie o nelle anagrafi comunali, dove non si sapeva mai cosa occorreva avere e mancava sempre qualche pezzo, finché non arrivavi a parlare con un umano che ti spiegava in modo generalmente poco urbano come tutto fosse sbagliato o incompleto e si dovesse ricominciare da capo, cosa che odiavo per le file eterne che avrebbe richiesto. 

Ora, se c’è qualcosa che può aggiungere ansia alla sadica tortura di comporre un dossier da sottoporre a qualsiasi amministrazione o ente o organizzazione o individuo entro una certa data, è quello di doverlo fare online. Ma come, è tanto comodo, non ti devi spostare, fai tutto con due click: risparmi un sacco di tempo! Puoi farlo ovunque! Ecco, se ci fosse la scelta tra l’online che puoi fare ovunque e la posta che ti rilascia un solido e incontestabile pezzo di carta stampata, probabilmente sì, sarei d’accordo. Il problema è che non hai scelta: e il mio terrore è che una nube di pixel sardonici si scateni tra me e quellamaledettissimapratica senza poter ricorrere in nessun modo all’aiuto di un umano. Stessa ansia che mi danno i call center, che infatti detesto.

Insomma, sotto Natale invio una domanda, dalla Francia e meno male che per non saper né leggere né scrivere prima di partire mi ero fatta attivare il famigerato SPID alla posta fisica, posta sul sacrosanto terreno delle vacche, e pure facendo due file in due giorni, perché in epoca di prenotazioni Covid se arrivavi con un minuto di ritardo bisognava ricominciare da capo, ma almeno li guardavo in faccia.

E sempre perché il privato è bello bellissimo, il privato oggi gestisce secondo oculati criteri aziendali i concorsi PUBBLICI, cioè lavora esclusivamente online, scordati che renda pubblica la banca dati delle domande, perché le considera sua proprietà e se le ricicla in altri concorsi, e, a differenza degli uffici concorsi PUBBLICI e sacrosanti di un tempo, non risponde alle domande in modo puntuale e non è contattabile telefonicamente. Si limita a dirti che ti devi scaricare una ricevuta dallo stesso programma in cui hai inserito i dati e se non lo fai, affari tuoi, non puoi partecipare; se non la ricevi, affari tuoi due volte. A questo punto a me va in tilt lo SPID, a fine dicembre, dalla Francia, senza poter sapere se questa benedetta domanda sia arrivata o no. Per cui io, aspetto con un orecchio i risultati del secondo tampone, stringo in una mano la scatola di antibiotico prescritta dal medico, e piango con gli occhi incollati a un terminale che mi ripete “profilo bloccato” “credenziali non valide”.

Allora chiamo l’amica d’infanzia che tenta il concorso con me, e che è in piene feste familiari, ululando come un cucciolo orfano ma con la potenza vocale di un’adulta totalmente isterica. Lei che non so come mi sopporta ancora mi spiega di avere ricevuto una ricevuta via mail, che io non ho. Ululati doppi quadrupli sestupli, finché inizio a frugare nello spam ed eccole li, ben due.  Riululo al telefono, stavolta di gioia, con l’amica la quale mi fa capire che lei è a cena coi parenti, vorrebbe pace e solo perché è molto buona non mi manda direttamente a quel paese... Salva? Macché, perché quelle due ricevute proclamano di non essere delle vere ricevute e che le ricevute le puoi trovare solo in quella maledetta turris eburnea dove non posso entrare.

Da allora, solo stasera, arrivata in Italia e dopo essermi comprata i primi settanta euro di libri, ho avuto il coraggio, nell’ultima ora utile della giornata, di chiamare l’assistenza per sbloccarmi quello SPID. E anche lì ovviamente il tempo è contingentato, perché mica puoi stare al telefono quanto ti serve, eh, no: la chiamata è gratuita e dopo un certo lasso di tempo, stop. Ah, ma il privato lui sì che è efficace!!! Lui sì che garantisce di soddisfare le esigenze di servizi qualificati della società contemporanea! Certo, qualificati come i suoi profitti.

Dopo due tentativi rientro nello SPID, con tanto di avviso del ragazzino dell’assistenza: “La nuova password deve essere del tutto diversa dalla prima se no non gliela accetta, anche solo con il 20% di somiglianza” mi ritrovo imbambolata a fissare i miei dati. Ma non la domanda! Disperata richiamo l’assistenza, invocando salvezza dal superno cerchio per l’imperdibileunicosoloconcorsorimasto sulla faccia della terra (che tra parentesi non ho alcuna chance di vincere, non fosse che perché ci sono i quiz di logica e io devo essere la persona meno logica sulla faccia della terra, mai riuscita a passarne uno), la quale assistenza mi prende bellamente in giro, lasciandomi senza parole, perché non devo aprire lo SPID ma il data base dove ho inserito la domanda, me citrulla e ormai totalmente partita.

Quando lo apro non c’è nulla che somigli alla parola “Ricevuta”. Solo una cosa che potrebbe somigliarci, ma che mi fa talmente paura all’idea che non sia lei, che non oso aprirla perché ho paura di disperarmi troppo. Cosa faccio adesso, posto che non posso contattare nessuno di quell’efficientissima aziendacheorganizzaefficientissimiconcorsiperl’inefficentepubblicaamministrazionefannullonaelavativa? Ovvio: ripiango sulle spalle dell’amica, la quale mi spiega che sta andando a cena con suo marito e che domani ci guarderà. E io riesco da tutti questi luoghi digitali con due dita di capelli bianchi in più e assolutamente terrorizzata, invocando le lamine di Pyrgi, mi chiede lei? Ma no, le leggi di Gortina, come minimo, il granito rosa, le tonaliti dell’Adamello, il monumentum Ancyranum, delle sane belle e ben visibili epigrafi scolpite, che non si consumano mai e restano ben visibili a perenne memoria. 

Decisamente una ricevuta di ritorno era meno spaventosa.

 


3 commenti:

  1. Comprendo e condivido: evidentemente abbiamo la stessa fobia! Coraggio! Mia nonna diceva che impedimento è giovamento. Forse non è il concorso per te. (A proposito, com’è finita coi tamponi?)

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    1. Sarebbe un ottimo concorso considerando le condizioni e in primis il fatto che di concorsi ce ne sono ormai 0, la mia età e che il tipo di quiz da superare è anche quello uguale per tutti.

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  2. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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