Oggi

"Data">Data Rivoluzionaria

pellegrinablog,chiocciolaquindi,gmail.com

per gli scribi

Toulouse en érasmienne

lunedì 13 marzo 2023

Il cipresso in pandemia

 A me la pandemia ha rimesso in forma: mai stata più magra, scattante e nei limiti cittadini sportiva di quei due anni di lontananza prima totale e poi parziale dall’ufficio, un anti stress imbattibile. E serena, malgrado il dolore per quella strage, dovuta a volte solo alla mancanza di un impianto di ossigeno funzionante, come in un ospedale nel Molise, il caso più straziante che non riesco a dimenticare. Ma il mio corpo ha reagito bene, una volta fuori da una realtà insopportabile. Del resto, a leggere il post precedente si ha un’idea parziale dello scenario in cui passo inutilmente le giornate. Nel frattempo abbiamo anche messo su con entusiasmo un progetto e ripreso un materiale che stava ammuffendo, ma che vuoi che sia, il lavoro dev’esser soltanto routine, controllo del corpo e pena.

A qualcun altro ha fatto bene: agli alberi. Non ho mai visto una fioritura così esplosiva e rigogliosa come nelle lunghe passeggiate di giugno dopo la riapertura. Oleandri a piazza Verbano dai rami piegati sotto i fiori che cancellavano le foglie, cascate bougainvillée violette, ondate di gelsomino a ogni siepe; foglie luminose sugli alto fusto a Villa Ada, fiori a ogni filo d’erba, fronde felici, gerani esplosi. Il glicine, quello non ho potuto vederlo, fiorisce troppo presto: ma se qui si fosse fatta una chiusura ragionevole come in Francia, dove si poteva uscire per un’ora al giorno per fare attività fisica da soli, invece di perseguitare l’aria aperta, potrei dire com’è andata anche per lui.

Si era allentata una gabbia: il fermo delle automobili, degli aerei e di molte attività produttive aveva fatto sparire quella morsa di grigiore che grava ognora sulle città e i dintorni. Come dimenticare il polipo a nuoto nei canali tornati trasparenti di Venezia? Al punto che secondo me, invece di fare tante storie con le transizioni ecologiche che sostituiscono soltanto un prodotto con un altro, imponendo alle persone spese non indifferenti, sarebbe meglio per due mesi l’anno fermare tutto tranne le attività all’aria aperta e i mezzi pubblici e far pagare allo Stato indennizzi e stipendi. Sarebbe un investimento in salute e benessere per tutti. 

Quell’anno verso marzo cominciavo a starnutire. Ma più il governo chiudeva l’Italia più gli starnuti si diradavano. Oh che bello, quest’anno si mette bene. Gli starnuti non tornarono. 

Stessa cosa per due anni. Da tre settimane invece potrei diventare azionista di qualche casa di fazzoletti. Basta passare anche a diversi metri di distanza da un cipresso per diventare un mantice con gli occhi in fiamme. « C’è un cipresso da queste parti? » ho chiesto oggi dopo una raffica improvvisa di starnuti e naso che cola. « No no non si preoccupi »: volto l’angolo e ne vedo ben tre, dietro una recinzione militare casualmente aperta. Potrei fare una ricognizione dei cipressi della città a occhi chiusi. Finite le restrizioni, riprese le attività, il polline ha dovuto riagguerrirsi anch’esso per resistere in città. E se in campagna, come ieri, sento tutt’al più un vago pizzicorino al naso, in città è un disastro. Sono meglio di una calamita. 

La natura ci ha provato a chiedere di respirare. Ma per chi l’unico equilibrio concepibile è tornare a gennaio 2020, perché qualsiasi cosa sia avvenuta dopo è una perversione da stanare, questo è irrilevante. Quasi fastidioso come il polline del cipresso. Per me tornare in presenza è stato vivere per giorni ogni momento la ripulsa fisica del mio corpo che voleva fuggire da un luogo dannoso e mi diceva ad ogni passo che facevo di scappare, di salvarmi altrove. Corpo e cervello.

Come non capirlo, povero cipresso: soffoca e si sente frustrato quanto me, strozzato da una situazione immobile.


  

Nessun commento:

Posta un commento