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Toulouse en érasmienne

sabato 16 dicembre 2023

Sto cercando una carezza

 Dopo l'ennesima scenata su tutto e niente, mentre sono ancora convalescente, stravolta dai farmaci, e l'ennesima lamentazione sulla sua triste sorte in cui peraltro non ammette l'aiuto di nessuno. Mai una sola parola di conforto o di cortesia su quello che mi è successo, inclusa la morte della mamma di un'amica di scuola. Mai un apprezzamento o un'accettazione su quello che faccio nel quotidiano, o su qualcosa che gli offro. Solo odio, svalutazione, disprezzo e rimbrotti. Capisco come si può diventare un ragazzo selvaggio o un bambino di strada. Rientrare sempre più tardi girovagando al freddo e alla pioggia, i giorni di festa e di riposo che diventano incubi perché è tutto chiuso e non sai dove andare. Aggrapparsi ovunque a qualsiasi briciola di attenzione che non passa le ventiquattro ore a cercare pretesti per attaccarti. Magari poi ti passa una bottiglia o peggio, quella briciola trovata per strada, tra chi anche lui non sa dove andare, perché è reietta come qualsiasi ragazzino scomodo scacciato di casa senza averne l'aria, perché è lui quello che non ti rispetta. Non sono a quel punto, non m'attira affatto, ma capisco perfettamente la pressione psicologica in cui ci si può trovare e che spinge a quelle derive, per esasperazione, per tristezza, per sfinimento e voglia di sopravvivenza, di accoglienza, anche nell'autodistruzione collettiva, se altro grumo di rifugio, altro tetto non c'è. 

Invece della bottiglia ti becchi  la polmonite, magari. Sono qui da poche settimane, con due WE lunghi fuori, tra mille impegni e difficoltà logistiche, oltre che psicologiche e di salute, non da un anno e in ogni caso la mia permanenza non potrebbe mai protrarsi così a lungo e lo sa. Hanno una casa in campagna dove vanno sempre: ci sono stati un giorno, guai mollare la posizione, se proprio gli sono insopportabile. Le stesse richieste ripetute quando non ci possono essere risposte: quando guarisci? Oggi non mi reggevo in piedi. Se fossi più giovane e lui più forte, mi avrebbe del tutto schiacciata. D'altra parte mi azzera anche così, mi sento una torturatrice per il solo fatto di esistere e di avere bisogno di una soluzione transitoria. Il che, nella mia situazione attuale, è come versare veleno in una piaga. E impedisce di elaborare e recuperare quanto ho passato, bloccandomi in una situazione di allerta perpetua, mentre la sberla lavorativa mi ha messo nella condizione che descrivevo due post fa e che non si è alleviata. Avrei disperatamente bisogno di un ambiente sereno per potermi concentrare su qualcosa che porti l'attenzione su altro e risvegli la voglia di vivere, colmi il bisogno di riposo, inutile illudersi, non c'è. Per vedere altro colore, oggi ho tirato fuori tutti i rossetti e mi sono truccata sul letto. Il minimo gesto di uno sconosciuto che mi veda come un essere umano nella vita quotidiana, una banale parola civile e gratuita in un negozio o sul portone mi riempiono gli occhi di pianto.

Dio se i patrigni esistono. Altro che le fiabe sulle famiglie ricomposte dove tutti son tanto civili e solidali e comprensivi e tanto tanto bravi.

2 commenti:

  1. Te la mando io una carezza, anche se non ci conosciamo, tappati le orecchie e stai al sole finché vuoi, ne hai tutto il diritto

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    1. Grazie. Fa più bene di quanto si pensi. Pellegrina

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