Oggi

"Data">Data Rivoluzionaria

pellegrinablog,chiocciolaquindi,gmail.com

per gli scribi

Toulouse en érasmienne

venerdì 29 dicembre 2023

No, no basta basta. Non voglio diventare un mostro. Non vedo più la vita.

 Ancora una cattiva notizia, il 28 di dicembre. Che non c’è tempo per contrastare. Sempre dai soliti. Cioè dall’amministrazione di provenienza, che, dopo avermi di fatto messo nell’obbligo di tornare, riesce ancora una volta a distruggermi la vita o un solo minimo spiraglio di serenità che mi costruisco mentre sto tentando faticosamente di recuperare. Con un motivo chiaramente pretestuoso e in modo del tutto inusuale, mi impedisce di prendermi un periodo di respiro di cui ho sempre goduto per studiare all'estero, che ho richiesto in misura notevolmente inferiore al solito e di cui ho estremamente bisogno dopo un anno come quello che ho solo in parte qui descritto. Il tutto fatto in modo sadico, all’ultimo momento, provocandomi ovviamente il massimo dei disagi e delle perdite economiche, con chiari tocchi di compiacimento nel tono e con una motivazione che fa di tutto per non lasciare spazio a richieste future. 

Una volta a Roma mi avevano lasciato capire a mezze parole che chi rientrava, peraltro per cause indipendenti dalla sua volontà, andava soggetto a una sorta di reparto di punizione. Persino quando, come nel mio caso, aveva solo esercitato il legittimo e sancito diritto di ogni lavoratore di tentare di migliorare la propria posizione. Vale a dire per avere fatto e vinto un concorso, fuori da un’amministrazione in cui siamo da otto anni senza scatti di livelli economici che dovrebbero essere triennali, dopo la distruzione delle carriere con l’eliminazione delle categorie superiori, il declassamento di categoria unito alla decimazione delle posizioni organizzative per tagliare sulle relative retribuzioni e indennità, con un regolamento del lavoro a distanza, che offrirebbe sollievo mettendo lontananza tra i compiti e il luogo spesso fatiscente e malsano di lavoro, tra i più insensati e restrittivi d’Italia, condannati in vecchiaia alla miseria dal sistema pensionistico contributivo puro della riforma Dini aggravato da decenni di para subordinato prodian-berlusconiano, cui bisogna aggiungere lo smantellamento del mio settore, considerato dall’amministrazione alla stregua di un salvadanaio da rompere tagliandoci tutto il possibile, che ci svuota di ogni senso lavorativo riducendoci tutti a esecutori del livello di servizi più elementare, deprivandoci di ogni soddisfazione professionale, crescita e direi vita mentale, pur essendo spesso tra il personale più formato e qualificato nel proprio campo. E bloccando sistematicamente ogni richiesta di trasferimento che non sia sostenuta dal padreterno come certi ministri, ad esempio. Giacché ovviamente chi può fugge. Prigionieri di un’amministrazione in questo tra le più stolide e incapaci, con una solida tradizione di disprezzo per le persone nella gestione del personale, a detta dei più anziani, e delle sue condizioni logistiche e lavorative. A lume di naso chi è tornato meriterebbe i ponti d’oro, se si tiene tanto a trattenere il personale. Basterebbe questo a mostrare l’intelligenza di certi uffici.

Non immaginavo che avrei dovuto passare per questo, per aver fatto qualcosa di perfettamente legittimo e non certo di favore come prendere un’aspettativa per vittoria in un concorso e subire in seguito la folle situazione di trovarmi non per mia colpa invischiata in un ricorso che non mi contesta nulla personalmente. Se avessi immaginato una tale sadica e inutile meschinità forse avrei sfidato la sorte, anziché tornare, benché la disoccupazione sia il mio incubo da quando ho dovuto attraversare per un decennio la precarietà prodiana - ah, l’amato Prodi, che brava persona. Ma, con tutta la disistima che potevo avere nei confronti dell’amministrazione, una simile concezione di come trattare degli esseri umani era per me del tutto inconcepibile e fuori dal mio orizzonte. Sbagliavo.

Vorrei disfarmi. Non resisto più. Passo i giorni piangendo senza scosse, senza singhiozzi. Le lacrime scorrono senza la mia volontà.

Ho ancora dieci anni da passare li’ dentro per ora e la pensione non è mai stato il mio orizzonte.

Mi vedo tornare al lavoro per sempre senz’anima, indifferente a qualsiasi cosa, agendo come un automa per il minimo indispensabile. Pur di sopravvivere. La caricatura del dipendente pubblico, del servizio pubblico, di un essere vivente. 

Quello che per tutta la vita ho tentato di evitare. 

Non posso arrendermi a questo destino. Ma non ho armi.

Fantastico di piantarmi un punteruolo acuminato nel petto. Non posso accettare questo destino né tantomeno questa immobilizzazione in questo momento. Avevo predisposto tutto per passare queste vacanze e questo periodo in ragionevole serenità, metabolizzando e dandomene il tempo per ricominciare a guardare l’avvenire. Mi ero costruita intorno un ambiente provvisorio ma sereno, con piccole cose che mi piacciono: un fotoforo variopinto a forma di elefantino, un ramo di agrifoglio fuori dalla finestra, un mazzo di fiori e una candela galleggiante azzurra, una nuova borsa termica molto colorata per il pranzo perché quella vecchia, in briciole era da tempo finita nel cestino. Qualche svago che mi dà soddisfazione: l’oratorio di Bach per Natale in un luogo bello, una sera a teatro, e un’attività gratificante per completare impegni presi da tempo. Qualche sorriso aveva ricominciato a spuntare, una volta lontana da un luogo di lavoro insostenibile, qualche minimo desiderio, qualche capacità di riflettere su un lavoro stimolante, beninteso non remunerato, di altra natura. Adesso sono piegata in due dai singhiozzi e non riesco a tenere il ritmo del momento per momento in cui mi ero avvolta come in una coperta. Non è più la distanza apatica ma autoprotettiva che descrivevo a novembre, in cui mi sentivo una corona circolare intorno. È una disperazione piana e continua che non si appaga mai e mi svelle la capacità di ragionare o di pensare ad altro. Ricomincia il mal di testa costante. Ricomincia la nausea forte. Tensioni ai muscoli e dolori osteoarticolari lancinanti. Tutto è diventato smorto e non ha più importanza. Solo le lacrime che scorrono e cadono sul tavolo. Disordini alimentari: spinta compulsiva a mangiare ogni venti minuti. Dimenticanze delle cose importanti, anche le più amate: oggi il concerto di Capodanno che ascolto ogni anno con assoluta regolarità. E altri comportamenti inediti e dannosi... Ansia paralizzante ogni riflessione. Non riesco a uscire, non riesco a dare importanza a nulla, non riesco a pensare ad altro che a questo incubo, un gesto gratuito e stupido, oltre che controproducente - se non mi volevano bastava darmi la possibilità di restare fuori, come avevo chiesto - contro cui non posso fare niente perché viene dall’alta gerarchia.

Non mi è mai successo in vita mia. Né davanti ai lutti, né ai problemi economici, alle perdite, alle sconfitte, alle difficoltà, alla malattia, mia o dei miei cari. Nemmeno a qualche periodo di disoccupazione. A niente. Mai.


1 commento:

  1. Non ho parole, ma ti abbraccio, per quanto possa servire

    RispondiElimina