in un pomeriggio di maggio, su internet, girovagando l'occhio cade su una grande casa in una piccola isola meditarranea. In un giardino affacciato dall'alto sul mare, sotto un pergolato, è sistemato un letto coperto da una coltre di spesso cotone bianco. Un smania improvvisa, di sole, mare addosso, bevande ghiacciate, sorrisi, lunghi sonni profondi. Cos'è il lusso? Il tempo, poterselo procacciare con facilità per ciò che si ama. Lo spazio: vivere con poche, belle, utili cose e tanto spazio e natura piena attorno. Una fitta.
Il letto all'aperto, comunque, mi ricorda quello costruito nel verziere per Tristan e Iseut nel poema di Thomas.
mercoledì 6 giugno 2012
mercoledì 23 maggio 2012
Partite I.V.A.
E così le "vere" partite IVA sarebbero quelle che dichiarano non meno di 18.000 euro lordi l'anno. Emendamento presentato dai relatori (in ordine alfabetico) Maurizio Castro (Pdl) e Tiziano Treu (Pd) al decreto legge sulla riforma del lavoro voluto dal governo di Mario Monti e realizzato dal ministro Elsa Fornero. Per la cronaca, il PD, per bocca del capogruppo parlamentare Anna Finocchiaro, si dice "soddisfatto". 18.000 euro lordi annui renderanno impossibile a un titolare di partita IVA ricorrere a un giudice per chiedere di essere assunto. Sopra questa cifra, infatti, si presume che non si possa trattare di quel lavoro subordinato nella realtà (o economicamente dipendente, secondo la nuova definizione giuridica), quasi sempre svolto per un unico committente, fatto passare per libera prestazione professionale anche se con vincoli orari, ad esempio, e molte altre caratteristiche proprie del lavoro subordinato. Con la non trascurabile differenza che il committente non paga un centesimo di contributi, non garantisce ferie, malattia, maternità, non gestisce la contabilità: quelle se le paghi il lavoratore, con i suoi bei 18.000 lordi l'anno. E se voglio girarti le spalle non ho nemmeno da scrivere una carta: basta il silenzio, da un giorno all'altro.
Ci ho lavorato per tali spietate sanguisughe criminali, so di cosa parlo. Conosco diverse persone brave e preparate, degne di migliore dignità, costrette a coabitare magari su un divano letto messo in cucina, senza poter avere una vita privata degna di questo nome, né uno spazio dove rilassarsi davvero, per "abbassare il costo del lavoro" ai nostri sfruttatori ingioiellati (sì, le ho viste e sentite le signore coperte di gioielli con ville in campagna dirci che "in questo mestiere non è mai diventato ricco nessuno", prima che ti annunciassero il licenziamento per telefono). Ricchezza? Piuttosto vorremmo dignità. Vorremmo quel che sta scritto nella Costituzione della Repubblica italiana (non quella dettata da Angela Merkel). Artt. 1, 3, 4, 9, 35, 36, 39, 41, 47, 53. Se proprio vogliamo continuare a dirci italiani. Io da un pezzo ne farei a meno volentieri.
Questo paese è senza speranza, se nessuno fiata davanti a una simile truffa. Se nessuno capisce che è una truffa. Se nessuno fa attenzione a queste misure "difficili" perché "tecniche". Ai discorsi "complessi", ma che proprio perché complessi toccano la carne i nervi e il cuore di tutti.Quindi, bisogna comprenderli bene. Non ci sono scuse, per nessuno.
In cambio, ci fanno passare un ipotetico aumento del salario minimo per i parasubordinati (i contratti coccodè) come un gran progresso verso l'Europa. Chi controllerà questi contratti? Peccato che il nuovo sistema di ammortizzatori per il parasubordinato sia ipotetico, legato a una ripresa che non dipende certo dal pietismo paternalista della coccodrilla familista di un governo familista.
Peccato che in Europa, in Francia, ad esempio, il parasubordinato nemmeno esista. Esiste la precarietà, ma nessuno si sognerebbe di legalizzare quella scandalosa evasione contributiva che è il parasubordinato. Poi dicono che per le pensioni non ci sono i soldi: e se non vengono pagati i contributi a chi oggi lavora, da dove dovrebbero uscire i soldi per i pensionati?
Però sempre secondo la riforma di questo governo il contratto a progetto va mantenuto perché ha dato "buona prova" (vedere capoverso su Le forme contrattuali - che, tra parentesi, non sono state affatto sfoltite come propaganda afferma).
Buona prova il co.pro. per chi? Per chi? Per coloro che emigrano pur non volendo per tentare di trovare di meglio?
Il parasubordinato è una bomba sociale che non dovrebbe esistere. Punto.
In Francia si va in pensione a 62 anni (fino a due anni fa a 60 come stabilì François Mitterrand). In Francia ci sono contratti precari. Ma sono contratti, per le mansioni qualificate, anche da 1900 euro al mese netti o più, per un laureato in economia ambientale che faccia ad esempio il documentalista. E la cosa può essere giudicata come poco congrua. Benché ci siano ferie, malattia e tutto il resto. Viziati? No, dignitosi.
Quando gli parli del parasubordinato non capiscono. Semplicemente non ci possono credere. Pensano che tu li stia prendendo in giro. O che non sappia quel che dici.
E noi continuiamo a farci incantare da questi imbonitori, scaltri e consapevoli servitori del privilegio e della ricchezza. Maggiordomi e agenti dei loro compari.
Altro che bunga bunga. Siamo minorenni da sciupare.
Ci ho lavorato per tali spietate sanguisughe criminali, so di cosa parlo. Conosco diverse persone brave e preparate, degne di migliore dignità, costrette a coabitare magari su un divano letto messo in cucina, senza poter avere una vita privata degna di questo nome, né uno spazio dove rilassarsi davvero, per "abbassare il costo del lavoro" ai nostri sfruttatori ingioiellati (sì, le ho viste e sentite le signore coperte di gioielli con ville in campagna dirci che "in questo mestiere non è mai diventato ricco nessuno", prima che ti annunciassero il licenziamento per telefono). Ricchezza? Piuttosto vorremmo dignità. Vorremmo quel che sta scritto nella Costituzione della Repubblica italiana (non quella dettata da Angela Merkel). Artt. 1, 3, 4, 9, 35, 36, 39, 41, 47, 53. Se proprio vogliamo continuare a dirci italiani. Io da un pezzo ne farei a meno volentieri.
Questo paese è senza speranza, se nessuno fiata davanti a una simile truffa. Se nessuno capisce che è una truffa. Se nessuno fa attenzione a queste misure "difficili" perché "tecniche". Ai discorsi "complessi", ma che proprio perché complessi toccano la carne i nervi e il cuore di tutti.Quindi, bisogna comprenderli bene. Non ci sono scuse, per nessuno.
In cambio, ci fanno passare un ipotetico aumento del salario minimo per i parasubordinati (i contratti coccodè) come un gran progresso verso l'Europa. Chi controllerà questi contratti? Peccato che il nuovo sistema di ammortizzatori per il parasubordinato sia ipotetico, legato a una ripresa che non dipende certo dal pietismo paternalista della coccodrilla familista di un governo familista.
Peccato che in Europa, in Francia, ad esempio, il parasubordinato nemmeno esista. Esiste la precarietà, ma nessuno si sognerebbe di legalizzare quella scandalosa evasione contributiva che è il parasubordinato. Poi dicono che per le pensioni non ci sono i soldi: e se non vengono pagati i contributi a chi oggi lavora, da dove dovrebbero uscire i soldi per i pensionati?
Però sempre secondo la riforma di questo governo il contratto a progetto va mantenuto perché ha dato "buona prova" (vedere capoverso su Le forme contrattuali - che, tra parentesi, non sono state affatto sfoltite come propaganda afferma).
Buona prova il co.pro. per chi? Per chi? Per coloro che emigrano pur non volendo per tentare di trovare di meglio?
Il parasubordinato è una bomba sociale che non dovrebbe esistere. Punto.
In Francia si va in pensione a 62 anni (fino a due anni fa a 60 come stabilì François Mitterrand). In Francia ci sono contratti precari. Ma sono contratti, per le mansioni qualificate, anche da 1900 euro al mese netti o più, per un laureato in economia ambientale che faccia ad esempio il documentalista. E la cosa può essere giudicata come poco congrua. Benché ci siano ferie, malattia e tutto il resto. Viziati? No, dignitosi.
Quando gli parli del parasubordinato non capiscono. Semplicemente non ci possono credere. Pensano che tu li stia prendendo in giro. O che non sappia quel che dici.
E noi continuiamo a farci incantare da questi imbonitori, scaltri e consapevoli servitori del privilegio e della ricchezza. Maggiordomi e agenti dei loro compari.
Altro che bunga bunga. Siamo minorenni da sciupare.
mercoledì 25 aprile 2012
Il costo del lavoro
Secondo l' OCSE l'Italia è al 23 posto tra i membri dell'organizzazione che sono 34. Sta dietro a Spagna e Irlanda, oltre che a Francia e Germania. In Francia e in Germania le tasse sui salari (cioè quelle pagate dal datore di lavoro) sono più alte che in Italia. Ma anche i salari lo sono. (Le medicine, invece, costano meno.)
Il salario medio in Italia è per una persona sola senza figli, 19.147 euro l'anno, mentre in Europa 20.632. In Francia 22.677.
Sono cose che chiunque viaggi per un po' all'estero capisce immediatamente. Vede, nella qualità della vita delle persone.
Sorprendenti, i problemi d'Italia.
Il salario medio in Italia è per una persona sola senza figli, 19.147 euro l'anno, mentre in Europa 20.632. In Francia 22.677.
Sono cose che chiunque viaggi per un po' all'estero capisce immediatamente. Vede, nella qualità della vita delle persone.
Sorprendenti, i problemi d'Italia.
domenica 22 aprile 2012
Un altro compleanno
Fertile questo mese di aprile. Forse porta anche bene, a vedere questa signora. Cui facciamo tanti auguri, con una gran voglia di vedere tutte le candeline.
domenica 15 aprile 2012
Le albicocche di giugno
Alle volte si vorrebbe proprio offrire il profumo di un caffè (non lo bevo, ma trovo che l’odore sia incomparabile) e la dolcezza carezzevole di un frutto goloso. Soprattutto alle amiche lontane, amiche di penna che non possono perciò non essere vicine al mio cuore di pennuto e ai miei pensieri.
Erano quasi due anni fa quando mi trovai a diteggiare “Arabia felice” storpiando consapevolmente l’antico “Arabia felix”, un nome e un luogo che mi hanno sempre incuriosito e cadevo su qualcosa che mai avrei supposto di cercare, ma che si rivelava subito particolarmente attinente ai miei gusti e di indubbio buon gusto sotto molteplici aspetti. Così mi si sarebbe palesato anche l’universo dei foodblogger, ma questa è un’altra storia. Oggi questo post è un ricordo della prima volta in cui le sue delicatezze si offrirono ai miei occhi, io in una minuscola stanzetta nella città universitaria di Tolosa, le prelibatezze sullo schermo da una cucina che si intravedeva misteriosa, enorme, bianca e ordinatissima. Poco a poco quella cucina si popolava di gatti, di buffi uomini delle pulizie, di voci e di invitati pronti a divorare piatti calibratissimi, insoliti, con piccoli eleganti accorgimenti a renderli imprevedibili e curati, di acrobazie ai fornelli, di esperimenti e di molto altro. E una inaspettata finestra sull'Arabia veniva aperta con le sue strade, i suoi negozi, il suo caldo asciutto, la sua vita divisa.
Poi ci furono altre mille parole, dei post squisiti e vellutati e un’Arabia in verde sulle statistiche di Blogger.

Questo è il piatto che campeggiava allora sulla prima pagina del blog. Fu il primo a essere ripreso nella mia microscopica cucina e spazzolato in men che non si dica, con quella punta di dolce delle uvette a far capolino nella morbidezza della ricotta (nella mia versione però le albicocche sono venute sempre con le guancette sporche di bianco formaggio). Questo oggi diventa una piccola cartolina imbarazzata con l’augurio che le notti di primavera siano piene solo di sogni e sorrisi.

Un abbraccio all’Araba coraggiosa.
Erano quasi due anni fa quando mi trovai a diteggiare “Arabia felice” storpiando consapevolmente l’antico “Arabia felix”, un nome e un luogo che mi hanno sempre incuriosito e cadevo su qualcosa che mai avrei supposto di cercare, ma che si rivelava subito particolarmente attinente ai miei gusti e di indubbio buon gusto sotto molteplici aspetti. Così mi si sarebbe palesato anche l’universo dei foodblogger, ma questa è un’altra storia. Oggi questo post è un ricordo della prima volta in cui le sue delicatezze si offrirono ai miei occhi, io in una minuscola stanzetta nella città universitaria di Tolosa, le prelibatezze sullo schermo da una cucina che si intravedeva misteriosa, enorme, bianca e ordinatissima. Poco a poco quella cucina si popolava di gatti, di buffi uomini delle pulizie, di voci e di invitati pronti a divorare piatti calibratissimi, insoliti, con piccoli eleganti accorgimenti a renderli imprevedibili e curati, di acrobazie ai fornelli, di esperimenti e di molto altro. E una inaspettata finestra sull'Arabia veniva aperta con le sue strade, i suoi negozi, il suo caldo asciutto, la sua vita divisa.
Poi ci furono altre mille parole, dei post squisiti e vellutati e un’Arabia in verde sulle statistiche di Blogger.
Questo è il piatto che campeggiava allora sulla prima pagina del blog. Fu il primo a essere ripreso nella mia microscopica cucina e spazzolato in men che non si dica, con quella punta di dolce delle uvette a far capolino nella morbidezza della ricotta (nella mia versione però le albicocche sono venute sempre con le guancette sporche di bianco formaggio). Questo oggi diventa una piccola cartolina imbarazzata con l’augurio che le notti di primavera siano piene solo di sogni e sorrisi.
Un abbraccio all’Araba coraggiosa.
venerdì 6 aprile 2012
Rompicapo
Se stai per finire, forzata dalle scadenze, un lavoro in cui:
hai messo sì e no un terzo di quel che avresti voluto mettere
hai capito solo adesso come avresti dovuto farlo
non hai avuto il tempo materiale di rileggerlo, per cui ci sono frasi a metà, puntini di sospensione e parole che non avrebberero dovuto rimanerci
è monco, perché chi avrebbe dovuto indirizzarlo all'inizio non ha tenuto conto di alcuni dati di fatto essenziali, ma ovviamente la responsabilità è soltanto tua
hai clamorosamente sottovalutato i tempi, per cui è in una redazione non presentabile e tu hai la professionalità di una lattina schiacciata e le pretese di un qualsiasi prodotto scadente con un bell'incarto tipicamente madeinitaly
passi quattro notti in bianco e dormi in media tre ore in due giorni moltiplicato per tre
ti fai di quel che per te è anfetamina in vena, vale a dire ben due caffè al giorno e uno la notte, dato che non riesci a trovarlo simpatico e per te la Regina di Saba avrebbe ben potuto conservare segreto il suo elisir
all'alba del giorno x, dopo aver spedito la prima versione via mail crolli sul materasso con nausea e mal di testa come se ti fossi scolata tre bottiglie di vodka da sola e sì che non tocchi alcool da settimane se non di più
giusto quel giorno, mentre agonizzi al buio implorando un nuovo stomaco e la ghigliottina su due piedi, entra in camera tua un ragazzino bello come un dio, di passaggio in quel porto di mare dove abiti, per proporti di mangiare insieme e tu gemi - soltanto di dolore - che no, per stavolta sei spiacente, ma passi (e non lo rivredai mai più) e che per carità ti lascino in solitudine ad espiare i tuoi peccati
il giorno dopo ti rimetti sulla versione definitiva e la tua scorta energetica è costituita da un cucchiaio di riso in bianco, non di più, perché già ti fa l'effetto di un banchetto romano
affidi il tutto ai moderni stationarii della Sorbona e poi alle poste parigine restando incantata dai sorrisi e dalla squisita cortesia delle addette che vengono a cercarti per chiederti se hai bisogno di qualcosa (e devi tornare in questo paese!)
uscita dall'incubo permane la dieta, perché per te, atea convinta, Quaresima è una cosa seria e le uova non sai più dove stanno di casa e non lo vuoi nemmeno sapere
stabilito che per una settimana almeno non guardi nulla che sia scritto su un qualsiasi supporto e per i dieci giorni successivi ti fermi alla stampa scandalistica
con questi buoni propositi vai a trovare una persona che ti ha dato fiducia e ella ti fa "Ma lei conosce questa e questa poesia?" e tu no, ti vergogni e prima finisci sotto il tavolo e poi a svaligiare la magnifica libreria che quell'essere felice ha a due passi dal suo studio al Panthéon che il libraio sta ancora fregandosi le mani e tentando di riempire i vuoti lasciati sugli scaffali (ma gli riesce meglio che a me quelli nella carta di credito)
ti ritrovi la stessa notte col debito di sonno arretrato che si sa, ma il naso ostinatamente in un mucchio di testi del XVI secolo (ovviamente in francese antico che per un italiano è pure più facile) che comehaifattoaignorarlifinoadallora, oltre che in un catalogo di libri antichi gentile omaggio dell'essere in questione, emozionante al punto di farti girare la testa, fatto da una signora che mostra la sua merce solo su appuntamento e ancor più capisci cosa siano il lusso e la passione in questo paese
se un altro essere gentile ti incrocia in corridoio e ti convoca in quel posto felice per martedì mattina all'alba "perché purtroppo non ho ancora potuto risponderle per iscritto, mi scuso!" (e tu volevi essere in vacanza leggendo presse people)
sempre con l'idea di essere voler fortissimamente essere in vacanza ti svegli stamani e sobbalzi perché c'è un imperdibile seminario sempre da quelle parti
e poi chiude oggi l'imperdibile mostra sui manoscritti di Rousseau all'Assemblée nationale (bella passeggiata dal Panthéon a lì...)
e poi alla fine te ne vai al cinema a vedere il bellissimo Les adieux à la reine, sulla spietatezza dei potenti senza tempo, ambientato alla vigilia della Rivoluzione francese (che ovviamente adori)
se torni a casa e trovi che qualcuno ha lasciato fuori dal frigo la tua spesa e non sai con chi prendertela per tutto ciò che devi buttare e soprattutto non hai più il coraggio né la forza di discutere con chicchessia
se domani, sabato di Pasqua, c'è un altro seminario dalle 17 alle 19 e non puoi perderlo perché parla della tua musica preferita, ma vive la France!!!
se tutto questo sono gli ultimi tuoi giorni di libertà e ti si stringe il cuore e potresti perdere per sempre tutto quel che sono stati questi due anni di felicità e realizzazione
se tutto sommato ti gira ancora in testa questa frase di Jerôme de Lalande sentita al seminario stamattina:
"...on est obligé de repondre à la question: à quoi ça sert? quoique ce ne soit pas celle de gens d'esprit; car l'étude est un de leurs besoins. Lorsqu'une fois on éprouve cette curiosité active et pénétrante qui nous porte à scruter les merveilles de la nature, on ne demande plus à quoi sert l'étude, car elle sert alors à notre bonheur".
forse ho proprio bisogno di... cosa??? ... a parte il lavoro che sogno nel paese dei miei sogni? ...
... si accettano soluzioni! - quella più facile è già stata proposta, eh; che qui, si fa sul serio.
Buonanotte a tutti,
Pellegrina
hai messo sì e no un terzo di quel che avresti voluto mettere
hai capito solo adesso come avresti dovuto farlo
non hai avuto il tempo materiale di rileggerlo, per cui ci sono frasi a metà, puntini di sospensione e parole che non avrebberero dovuto rimanerci
è monco, perché chi avrebbe dovuto indirizzarlo all'inizio non ha tenuto conto di alcuni dati di fatto essenziali, ma ovviamente la responsabilità è soltanto tua
hai clamorosamente sottovalutato i tempi, per cui è in una redazione non presentabile e tu hai la professionalità di una lattina schiacciata e le pretese di un qualsiasi prodotto scadente con un bell'incarto tipicamente madeinitaly
passi quattro notti in bianco e dormi in media tre ore in due giorni moltiplicato per tre
ti fai di quel che per te è anfetamina in vena, vale a dire ben due caffè al giorno e uno la notte, dato che non riesci a trovarlo simpatico e per te la Regina di Saba avrebbe ben potuto conservare segreto il suo elisir
all'alba del giorno x, dopo aver spedito la prima versione via mail crolli sul materasso con nausea e mal di testa come se ti fossi scolata tre bottiglie di vodka da sola e sì che non tocchi alcool da settimane se non di più
giusto quel giorno, mentre agonizzi al buio implorando un nuovo stomaco e la ghigliottina su due piedi, entra in camera tua un ragazzino bello come un dio, di passaggio in quel porto di mare dove abiti, per proporti di mangiare insieme e tu gemi - soltanto di dolore - che no, per stavolta sei spiacente, ma passi (e non lo rivredai mai più) e che per carità ti lascino in solitudine ad espiare i tuoi peccati
il giorno dopo ti rimetti sulla versione definitiva e la tua scorta energetica è costituita da un cucchiaio di riso in bianco, non di più, perché già ti fa l'effetto di un banchetto romano
affidi il tutto ai moderni stationarii della Sorbona e poi alle poste parigine restando incantata dai sorrisi e dalla squisita cortesia delle addette che vengono a cercarti per chiederti se hai bisogno di qualcosa (e devi tornare in questo paese!)
uscita dall'incubo permane la dieta, perché per te, atea convinta, Quaresima è una cosa seria e le uova non sai più dove stanno di casa e non lo vuoi nemmeno sapere
stabilito che per una settimana almeno non guardi nulla che sia scritto su un qualsiasi supporto e per i dieci giorni successivi ti fermi alla stampa scandalistica
con questi buoni propositi vai a trovare una persona che ti ha dato fiducia e ella ti fa "Ma lei conosce questa e questa poesia?" e tu no, ti vergogni e prima finisci sotto il tavolo e poi a svaligiare la magnifica libreria che quell'essere felice ha a due passi dal suo studio al Panthéon che il libraio sta ancora fregandosi le mani e tentando di riempire i vuoti lasciati sugli scaffali (ma gli riesce meglio che a me quelli nella carta di credito)
ti ritrovi la stessa notte col debito di sonno arretrato che si sa, ma il naso ostinatamente in un mucchio di testi del XVI secolo (ovviamente in francese antico che per un italiano è pure più facile) che comehaifattoaignorarlifinoadallora, oltre che in un catalogo di libri antichi gentile omaggio dell'essere in questione, emozionante al punto di farti girare la testa, fatto da una signora che mostra la sua merce solo su appuntamento e ancor più capisci cosa siano il lusso e la passione in questo paese
se un altro essere gentile ti incrocia in corridoio e ti convoca in quel posto felice per martedì mattina all'alba "perché purtroppo non ho ancora potuto risponderle per iscritto, mi scuso!" (e tu volevi essere in vacanza leggendo presse people)
sempre con l'idea di essere voler fortissimamente essere in vacanza ti svegli stamani e sobbalzi perché c'è un imperdibile seminario sempre da quelle parti
e poi chiude oggi l'imperdibile mostra sui manoscritti di Rousseau all'Assemblée nationale (bella passeggiata dal Panthéon a lì...)
e poi alla fine te ne vai al cinema a vedere il bellissimo Les adieux à la reine, sulla spietatezza dei potenti senza tempo, ambientato alla vigilia della Rivoluzione francese (che ovviamente adori)
se torni a casa e trovi che qualcuno ha lasciato fuori dal frigo la tua spesa e non sai con chi prendertela per tutto ciò che devi buttare e soprattutto non hai più il coraggio né la forza di discutere con chicchessia
se domani, sabato di Pasqua, c'è un altro seminario dalle 17 alle 19 e non puoi perderlo perché parla della tua musica preferita, ma vive la France!!!
se tutto questo sono gli ultimi tuoi giorni di libertà e ti si stringe il cuore e potresti perdere per sempre tutto quel che sono stati questi due anni di felicità e realizzazione
se tutto sommato ti gira ancora in testa questa frase di Jerôme de Lalande sentita al seminario stamattina:
"...on est obligé de repondre à la question: à quoi ça sert? quoique ce ne soit pas celle de gens d'esprit; car l'étude est un de leurs besoins. Lorsqu'une fois on éprouve cette curiosité active et pénétrante qui nous porte à scruter les merveilles de la nature, on ne demande plus à quoi sert l'étude, car elle sert alors à notre bonheur".
forse ho proprio bisogno di... cosa??? ... a parte il lavoro che sogno nel paese dei miei sogni? ...
... si accettano soluzioni! - quella più facile è già stata proposta, eh; che qui, si fa sul serio.
Buonanotte a tutti,
Pellegrina
venerdì 9 marzo 2012
Convegni comparati
Ricevo stamattina l'annuncio di un convegno dall'Italia. Si sollecita persino la mia presenza tra il pubblico, ohibò. Un bel convegno, relatori da diversi paesi, persone che han qualcosa da dire, interessante il tema.
Poi scorro il programma e sbatto le ciglia.
Nessun relatore è sotto i cinquanta e la media li batte largamente.
Qui in Francia, è del tutto normale, diciamo pure routine, che i convegni presentino i lavori di diversi dottorandi e ricercatori alle prime armi: perché sono una palestra per loro, non un teatrino per mostri sacri, perché le loro ricerche che in genere muovono una gran quantità di dati rispetto a una relazione concepita per l'occasione e quindi possono portare più novità che è interessante conoscere, perché il lavoro di ricerca si fa insieme senza questo tipo di paratie (ce ne sono, ovvio, ma queste no) e soprattutto perché uno studente o un dottorato che vuol fare ricerca non è più un bambino in un perpetuo stato di minorità come in Italia.
E mi dico una volta di più: ma che senso ha vivere come si fa in quel paese feudale e represso. Perché reprime la libertà di sperimentare, di osare, di crescere, di essere autonomi.
Poi scorro il programma e sbatto le ciglia.
Nessun relatore è sotto i cinquanta e la media li batte largamente.
Qui in Francia, è del tutto normale, diciamo pure routine, che i convegni presentino i lavori di diversi dottorandi e ricercatori alle prime armi: perché sono una palestra per loro, non un teatrino per mostri sacri, perché le loro ricerche che in genere muovono una gran quantità di dati rispetto a una relazione concepita per l'occasione e quindi possono portare più novità che è interessante conoscere, perché il lavoro di ricerca si fa insieme senza questo tipo di paratie (ce ne sono, ovvio, ma queste no) e soprattutto perché uno studente o un dottorato che vuol fare ricerca non è più un bambino in un perpetuo stato di minorità come in Italia.
E mi dico una volta di più: ma che senso ha vivere come si fa in quel paese feudale e represso. Perché reprime la libertà di sperimentare, di osare, di crescere, di essere autonomi.
Iscriviti a:
Post (Atom)