Secondo l' OCSE l'Italia è al 23 posto tra i membri dell'organizzazione che sono 34. Sta dietro a Spagna e Irlanda, oltre che a Francia e Germania. In Francia e in Germania le tasse sui salari (cioè quelle pagate dal datore di lavoro) sono più alte che in Italia. Ma anche i salari lo sono. (Le medicine, invece, costano meno.)
Il salario medio in Italia è per una persona sola senza figli, 19.147 euro l'anno, mentre in Europa 20.632. In Francia 22.677.
Sono cose che chiunque viaggi per un po' all'estero capisce immediatamente. Vede, nella qualità della vita delle persone.
Sorprendenti, i problemi d'Italia.
mercoledì 25 aprile 2012
domenica 22 aprile 2012
Un altro compleanno
Fertile questo mese di aprile. Forse porta anche bene, a vedere questa signora. Cui facciamo tanti auguri, con una gran voglia di vedere tutte le candeline.
domenica 15 aprile 2012
Le albicocche di giugno
Alle volte si vorrebbe proprio offrire il profumo di un caffè (non lo bevo, ma trovo che l’odore sia incomparabile) e la dolcezza carezzevole di un frutto goloso. Soprattutto alle amiche lontane, amiche di penna che non possono perciò non essere vicine al mio cuore di pennuto e ai miei pensieri.
Erano quasi due anni fa quando mi trovai a diteggiare “Arabia felice” storpiando consapevolmente l’antico “Arabia felix”, un nome e un luogo che mi hanno sempre incuriosito e cadevo su qualcosa che mai avrei supposto di cercare, ma che si rivelava subito particolarmente attinente ai miei gusti e di indubbio buon gusto sotto molteplici aspetti. Così mi si sarebbe palesato anche l’universo dei foodblogger, ma questa è un’altra storia. Oggi questo post è un ricordo della prima volta in cui le sue delicatezze si offrirono ai miei occhi, io in una minuscola stanzetta nella città universitaria di Tolosa, le prelibatezze sullo schermo da una cucina che si intravedeva misteriosa, enorme, bianca e ordinatissima. Poco a poco quella cucina si popolava di gatti, di buffi uomini delle pulizie, di voci e di invitati pronti a divorare piatti calibratissimi, insoliti, con piccoli eleganti accorgimenti a renderli imprevedibili e curati, di acrobazie ai fornelli, di esperimenti e di molto altro. E una inaspettata finestra sull'Arabia veniva aperta con le sue strade, i suoi negozi, il suo caldo asciutto, la sua vita divisa.
Poi ci furono altre mille parole, dei post squisiti e vellutati e un’Arabia in verde sulle statistiche di Blogger.

Questo è il piatto che campeggiava allora sulla prima pagina del blog. Fu il primo a essere ripreso nella mia microscopica cucina e spazzolato in men che non si dica, con quella punta di dolce delle uvette a far capolino nella morbidezza della ricotta (nella mia versione però le albicocche sono venute sempre con le guancette sporche di bianco formaggio). Questo oggi diventa una piccola cartolina imbarazzata con l’augurio che le notti di primavera siano piene solo di sogni e sorrisi.

Un abbraccio all’Araba coraggiosa.
Erano quasi due anni fa quando mi trovai a diteggiare “Arabia felice” storpiando consapevolmente l’antico “Arabia felix”, un nome e un luogo che mi hanno sempre incuriosito e cadevo su qualcosa che mai avrei supposto di cercare, ma che si rivelava subito particolarmente attinente ai miei gusti e di indubbio buon gusto sotto molteplici aspetti. Così mi si sarebbe palesato anche l’universo dei foodblogger, ma questa è un’altra storia. Oggi questo post è un ricordo della prima volta in cui le sue delicatezze si offrirono ai miei occhi, io in una minuscola stanzetta nella città universitaria di Tolosa, le prelibatezze sullo schermo da una cucina che si intravedeva misteriosa, enorme, bianca e ordinatissima. Poco a poco quella cucina si popolava di gatti, di buffi uomini delle pulizie, di voci e di invitati pronti a divorare piatti calibratissimi, insoliti, con piccoli eleganti accorgimenti a renderli imprevedibili e curati, di acrobazie ai fornelli, di esperimenti e di molto altro. E una inaspettata finestra sull'Arabia veniva aperta con le sue strade, i suoi negozi, il suo caldo asciutto, la sua vita divisa.
Poi ci furono altre mille parole, dei post squisiti e vellutati e un’Arabia in verde sulle statistiche di Blogger.
Questo è il piatto che campeggiava allora sulla prima pagina del blog. Fu il primo a essere ripreso nella mia microscopica cucina e spazzolato in men che non si dica, con quella punta di dolce delle uvette a far capolino nella morbidezza della ricotta (nella mia versione però le albicocche sono venute sempre con le guancette sporche di bianco formaggio). Questo oggi diventa una piccola cartolina imbarazzata con l’augurio che le notti di primavera siano piene solo di sogni e sorrisi.
Un abbraccio all’Araba coraggiosa.
venerdì 6 aprile 2012
Rompicapo
Se stai per finire, forzata dalle scadenze, un lavoro in cui:
hai messo sì e no un terzo di quel che avresti voluto mettere
hai capito solo adesso come avresti dovuto farlo
non hai avuto il tempo materiale di rileggerlo, per cui ci sono frasi a metà, puntini di sospensione e parole che non avrebberero dovuto rimanerci
è monco, perché chi avrebbe dovuto indirizzarlo all'inizio non ha tenuto conto di alcuni dati di fatto essenziali, ma ovviamente la responsabilità è soltanto tua
hai clamorosamente sottovalutato i tempi, per cui è in una redazione non presentabile e tu hai la professionalità di una lattina schiacciata e le pretese di un qualsiasi prodotto scadente con un bell'incarto tipicamente madeinitaly
passi quattro notti in bianco e dormi in media tre ore in due giorni moltiplicato per tre
ti fai di quel che per te è anfetamina in vena, vale a dire ben due caffè al giorno e uno la notte, dato che non riesci a trovarlo simpatico e per te la Regina di Saba avrebbe ben potuto conservare segreto il suo elisir
all'alba del giorno x, dopo aver spedito la prima versione via mail crolli sul materasso con nausea e mal di testa come se ti fossi scolata tre bottiglie di vodka da sola e sì che non tocchi alcool da settimane se non di più
giusto quel giorno, mentre agonizzi al buio implorando un nuovo stomaco e la ghigliottina su due piedi, entra in camera tua un ragazzino bello come un dio, di passaggio in quel porto di mare dove abiti, per proporti di mangiare insieme e tu gemi - soltanto di dolore - che no, per stavolta sei spiacente, ma passi (e non lo rivredai mai più) e che per carità ti lascino in solitudine ad espiare i tuoi peccati
il giorno dopo ti rimetti sulla versione definitiva e la tua scorta energetica è costituita da un cucchiaio di riso in bianco, non di più, perché già ti fa l'effetto di un banchetto romano
affidi il tutto ai moderni stationarii della Sorbona e poi alle poste parigine restando incantata dai sorrisi e dalla squisita cortesia delle addette che vengono a cercarti per chiederti se hai bisogno di qualcosa (e devi tornare in questo paese!)
uscita dall'incubo permane la dieta, perché per te, atea convinta, Quaresima è una cosa seria e le uova non sai più dove stanno di casa e non lo vuoi nemmeno sapere
stabilito che per una settimana almeno non guardi nulla che sia scritto su un qualsiasi supporto e per i dieci giorni successivi ti fermi alla stampa scandalistica
con questi buoni propositi vai a trovare una persona che ti ha dato fiducia e ella ti fa "Ma lei conosce questa e questa poesia?" e tu no, ti vergogni e prima finisci sotto il tavolo e poi a svaligiare la magnifica libreria che quell'essere felice ha a due passi dal suo studio al Panthéon che il libraio sta ancora fregandosi le mani e tentando di riempire i vuoti lasciati sugli scaffali (ma gli riesce meglio che a me quelli nella carta di credito)
ti ritrovi la stessa notte col debito di sonno arretrato che si sa, ma il naso ostinatamente in un mucchio di testi del XVI secolo (ovviamente in francese antico che per un italiano è pure più facile) che comehaifattoaignorarlifinoadallora, oltre che in un catalogo di libri antichi gentile omaggio dell'essere in questione, emozionante al punto di farti girare la testa, fatto da una signora che mostra la sua merce solo su appuntamento e ancor più capisci cosa siano il lusso e la passione in questo paese
se un altro essere gentile ti incrocia in corridoio e ti convoca in quel posto felice per martedì mattina all'alba "perché purtroppo non ho ancora potuto risponderle per iscritto, mi scuso!" (e tu volevi essere in vacanza leggendo presse people)
sempre con l'idea di essere voler fortissimamente essere in vacanza ti svegli stamani e sobbalzi perché c'è un imperdibile seminario sempre da quelle parti
e poi chiude oggi l'imperdibile mostra sui manoscritti di Rousseau all'Assemblée nationale (bella passeggiata dal Panthéon a lì...)
e poi alla fine te ne vai al cinema a vedere il bellissimo Les adieux à la reine, sulla spietatezza dei potenti senza tempo, ambientato alla vigilia della Rivoluzione francese (che ovviamente adori)
se torni a casa e trovi che qualcuno ha lasciato fuori dal frigo la tua spesa e non sai con chi prendertela per tutto ciò che devi buttare e soprattutto non hai più il coraggio né la forza di discutere con chicchessia
se domani, sabato di Pasqua, c'è un altro seminario dalle 17 alle 19 e non puoi perderlo perché parla della tua musica preferita, ma vive la France!!!
se tutto questo sono gli ultimi tuoi giorni di libertà e ti si stringe il cuore e potresti perdere per sempre tutto quel che sono stati questi due anni di felicità e realizzazione
se tutto sommato ti gira ancora in testa questa frase di Jerôme de Lalande sentita al seminario stamattina:
"...on est obligé de repondre à la question: à quoi ça sert? quoique ce ne soit pas celle de gens d'esprit; car l'étude est un de leurs besoins. Lorsqu'une fois on éprouve cette curiosité active et pénétrante qui nous porte à scruter les merveilles de la nature, on ne demande plus à quoi sert l'étude, car elle sert alors à notre bonheur".
forse ho proprio bisogno di... cosa??? ... a parte il lavoro che sogno nel paese dei miei sogni? ...
... si accettano soluzioni! - quella più facile è già stata proposta, eh; che qui, si fa sul serio.
Buonanotte a tutti,
Pellegrina
hai messo sì e no un terzo di quel che avresti voluto mettere
hai capito solo adesso come avresti dovuto farlo
non hai avuto il tempo materiale di rileggerlo, per cui ci sono frasi a metà, puntini di sospensione e parole che non avrebberero dovuto rimanerci
è monco, perché chi avrebbe dovuto indirizzarlo all'inizio non ha tenuto conto di alcuni dati di fatto essenziali, ma ovviamente la responsabilità è soltanto tua
hai clamorosamente sottovalutato i tempi, per cui è in una redazione non presentabile e tu hai la professionalità di una lattina schiacciata e le pretese di un qualsiasi prodotto scadente con un bell'incarto tipicamente madeinitaly
passi quattro notti in bianco e dormi in media tre ore in due giorni moltiplicato per tre
ti fai di quel che per te è anfetamina in vena, vale a dire ben due caffè al giorno e uno la notte, dato che non riesci a trovarlo simpatico e per te la Regina di Saba avrebbe ben potuto conservare segreto il suo elisir
all'alba del giorno x, dopo aver spedito la prima versione via mail crolli sul materasso con nausea e mal di testa come se ti fossi scolata tre bottiglie di vodka da sola e sì che non tocchi alcool da settimane se non di più
giusto quel giorno, mentre agonizzi al buio implorando un nuovo stomaco e la ghigliottina su due piedi, entra in camera tua un ragazzino bello come un dio, di passaggio in quel porto di mare dove abiti, per proporti di mangiare insieme e tu gemi - soltanto di dolore - che no, per stavolta sei spiacente, ma passi (e non lo rivredai mai più) e che per carità ti lascino in solitudine ad espiare i tuoi peccati
il giorno dopo ti rimetti sulla versione definitiva e la tua scorta energetica è costituita da un cucchiaio di riso in bianco, non di più, perché già ti fa l'effetto di un banchetto romano
affidi il tutto ai moderni stationarii della Sorbona e poi alle poste parigine restando incantata dai sorrisi e dalla squisita cortesia delle addette che vengono a cercarti per chiederti se hai bisogno di qualcosa (e devi tornare in questo paese!)
uscita dall'incubo permane la dieta, perché per te, atea convinta, Quaresima è una cosa seria e le uova non sai più dove stanno di casa e non lo vuoi nemmeno sapere
stabilito che per una settimana almeno non guardi nulla che sia scritto su un qualsiasi supporto e per i dieci giorni successivi ti fermi alla stampa scandalistica
con questi buoni propositi vai a trovare una persona che ti ha dato fiducia e ella ti fa "Ma lei conosce questa e questa poesia?" e tu no, ti vergogni e prima finisci sotto il tavolo e poi a svaligiare la magnifica libreria che quell'essere felice ha a due passi dal suo studio al Panthéon che il libraio sta ancora fregandosi le mani e tentando di riempire i vuoti lasciati sugli scaffali (ma gli riesce meglio che a me quelli nella carta di credito)
ti ritrovi la stessa notte col debito di sonno arretrato che si sa, ma il naso ostinatamente in un mucchio di testi del XVI secolo (ovviamente in francese antico che per un italiano è pure più facile) che comehaifattoaignorarlifinoadallora, oltre che in un catalogo di libri antichi gentile omaggio dell'essere in questione, emozionante al punto di farti girare la testa, fatto da una signora che mostra la sua merce solo su appuntamento e ancor più capisci cosa siano il lusso e la passione in questo paese
se un altro essere gentile ti incrocia in corridoio e ti convoca in quel posto felice per martedì mattina all'alba "perché purtroppo non ho ancora potuto risponderle per iscritto, mi scuso!" (e tu volevi essere in vacanza leggendo presse people)
sempre con l'idea di essere voler fortissimamente essere in vacanza ti svegli stamani e sobbalzi perché c'è un imperdibile seminario sempre da quelle parti
e poi chiude oggi l'imperdibile mostra sui manoscritti di Rousseau all'Assemblée nationale (bella passeggiata dal Panthéon a lì...)
e poi alla fine te ne vai al cinema a vedere il bellissimo Les adieux à la reine, sulla spietatezza dei potenti senza tempo, ambientato alla vigilia della Rivoluzione francese (che ovviamente adori)
se torni a casa e trovi che qualcuno ha lasciato fuori dal frigo la tua spesa e non sai con chi prendertela per tutto ciò che devi buttare e soprattutto non hai più il coraggio né la forza di discutere con chicchessia
se domani, sabato di Pasqua, c'è un altro seminario dalle 17 alle 19 e non puoi perderlo perché parla della tua musica preferita, ma vive la France!!!
se tutto questo sono gli ultimi tuoi giorni di libertà e ti si stringe il cuore e potresti perdere per sempre tutto quel che sono stati questi due anni di felicità e realizzazione
se tutto sommato ti gira ancora in testa questa frase di Jerôme de Lalande sentita al seminario stamattina:
"...on est obligé de repondre à la question: à quoi ça sert? quoique ce ne soit pas celle de gens d'esprit; car l'étude est un de leurs besoins. Lorsqu'une fois on éprouve cette curiosité active et pénétrante qui nous porte à scruter les merveilles de la nature, on ne demande plus à quoi sert l'étude, car elle sert alors à notre bonheur".
forse ho proprio bisogno di... cosa??? ... a parte il lavoro che sogno nel paese dei miei sogni? ...
... si accettano soluzioni! - quella più facile è già stata proposta, eh; che qui, si fa sul serio.
Buonanotte a tutti,
Pellegrina
venerdì 9 marzo 2012
Convegni comparati
Ricevo stamattina l'annuncio di un convegno dall'Italia. Si sollecita persino la mia presenza tra il pubblico, ohibò. Un bel convegno, relatori da diversi paesi, persone che han qualcosa da dire, interessante il tema.
Poi scorro il programma e sbatto le ciglia.
Nessun relatore è sotto i cinquanta e la media li batte largamente.
Qui in Francia, è del tutto normale, diciamo pure routine, che i convegni presentino i lavori di diversi dottorandi e ricercatori alle prime armi: perché sono una palestra per loro, non un teatrino per mostri sacri, perché le loro ricerche che in genere muovono una gran quantità di dati rispetto a una relazione concepita per l'occasione e quindi possono portare più novità che è interessante conoscere, perché il lavoro di ricerca si fa insieme senza questo tipo di paratie (ce ne sono, ovvio, ma queste no) e soprattutto perché uno studente o un dottorato che vuol fare ricerca non è più un bambino in un perpetuo stato di minorità come in Italia.
E mi dico una volta di più: ma che senso ha vivere come si fa in quel paese feudale e represso. Perché reprime la libertà di sperimentare, di osare, di crescere, di essere autonomi.
Poi scorro il programma e sbatto le ciglia.
Nessun relatore è sotto i cinquanta e la media li batte largamente.
Qui in Francia, è del tutto normale, diciamo pure routine, che i convegni presentino i lavori di diversi dottorandi e ricercatori alle prime armi: perché sono una palestra per loro, non un teatrino per mostri sacri, perché le loro ricerche che in genere muovono una gran quantità di dati rispetto a una relazione concepita per l'occasione e quindi possono portare più novità che è interessante conoscere, perché il lavoro di ricerca si fa insieme senza questo tipo di paratie (ce ne sono, ovvio, ma queste no) e soprattutto perché uno studente o un dottorato che vuol fare ricerca non è più un bambino in un perpetuo stato di minorità come in Italia.
E mi dico una volta di più: ma che senso ha vivere come si fa in quel paese feudale e represso. Perché reprime la libertà di sperimentare, di osare, di crescere, di essere autonomi.
mercoledì 29 febbraio 2012
29 febbraio
E' la fine di febbraio, non si può più scherzare. Sessanta piccoli giorni soltanto alla fine. La fine della libertà, della felicità di vivere in un paese civile e di fare quello che mi fa sentire viva. Un grosso lavoro da terminare prima di allora e tutto ancora per aria, per ariissima. Troppo. Un'insana mancanza di concentrazione mi occupa fin troppo spesso.
Fine della mia libertà. La vita che ho condotto in questi due anni (e scema me che avrei potuto farlo per tre e che per un senso del dovere non ne ho profittato quando era il tempo) sarebbe parsa a tanti dissennata, insostenibile, insana, eremitica. Soprattutto a questi ritmi. Non m'importa. Per due anni ho vissuto con la mia dignità e non è poco, l'ho conosciuta troppo poco nella mia vita la dignità. In questi due anni i dispiaceri veri mi sono venuti solo e soltanto dall'Italia. Ora devo tornare a un paese che non amo e non ho mai amato, dove mi sono sempre sentita straniera, che sta precipitando nella povertà e nell'abbrutimento da epoca vittoriana di ritorno che sta demolendo le sue università, la sua cultura. Siccome non ci si deve lamentare, diciamo che ho sviluppato l'arte di rimuovere lo strazio fino a un attimo prima dello schianto, quindi reggo e penso al lavoro. Ma sono difronte a un muro altissimo e senza spiragli. Certo, la prospettiva che ho è di ritornare qui, nel mio paese dell'anima, dopo sei mesi, per sei mesi, ma il futuro della longue durée non si vede all'orizzonte. E gli anni pesano sulle mie spalle, sul mio cervello, sul mio corpo sulla mia energia (soprattutto sui miei mancati contributi).
Vorrei almeno finire bene il mio lavoro, anzi tutti quelli che ho iniziato e intuito in questi anni, al punto che mi sembra di esserne plurigravida senza ancora riuscire a partorire. Sarò mica un pitone che ha divorato un branco di elefantesse per merenda? Rotondità sinusoidali (e rotondetta lo sono, in effetti, ma sinusoidale no, però!).
Fine della mia libertà. La vita che ho condotto in questi due anni (e scema me che avrei potuto farlo per tre e che per un senso del dovere non ne ho profittato quando era il tempo) sarebbe parsa a tanti dissennata, insostenibile, insana, eremitica. Soprattutto a questi ritmi. Non m'importa. Per due anni ho vissuto con la mia dignità e non è poco, l'ho conosciuta troppo poco nella mia vita la dignità. In questi due anni i dispiaceri veri mi sono venuti solo e soltanto dall'Italia. Ora devo tornare a un paese che non amo e non ho mai amato, dove mi sono sempre sentita straniera, che sta precipitando nella povertà e nell'abbrutimento da epoca vittoriana di ritorno che sta demolendo le sue università, la sua cultura. Siccome non ci si deve lamentare, diciamo che ho sviluppato l'arte di rimuovere lo strazio fino a un attimo prima dello schianto, quindi reggo e penso al lavoro. Ma sono difronte a un muro altissimo e senza spiragli. Certo, la prospettiva che ho è di ritornare qui, nel mio paese dell'anima, dopo sei mesi, per sei mesi, ma il futuro della longue durée non si vede all'orizzonte. E gli anni pesano sulle mie spalle, sul mio cervello, sul mio corpo sulla mia energia (soprattutto sui miei mancati contributi).
Vorrei almeno finire bene il mio lavoro, anzi tutti quelli che ho iniziato e intuito in questi anni, al punto che mi sembra di esserne plurigravida senza ancora riuscire a partorire. Sarò mica un pitone che ha divorato un branco di elefantesse per merenda? Rotondità sinusoidali (e rotondetta lo sono, in effetti, ma sinusoidale no, però!).
Quella torretta lassù che magari è solo un lucernario circondato da minacciosi, fumosi comignoli, io me la immagino come una grande stanza luminosa e ariosa. Vorrei che la mia casa fosse così: piena di sole, con tutti gli orizzonti aperti e liberi davanti a sé, in alto, librantesi nell'aria, pronta per spiccare e sperimentare nell'ignoto, con la vista amplia a abbracciare sempre tutto il mondo già noto.
martedì 7 febbraio 2012
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