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Toulouse en érasmienne

domenica 5 gennaio 2014

Lacrime nelle stazioni





Oggi è giorno di ritorni. Domani 6 gennaio, come del resto il 26 dicembre, non è giorno festivo qui.


All'aeroporto, già al mattino, la gente comincia a partire. Sono i voli che costano meno, beninteso.
E compaiono quelle che non si è più abituati a vedere: le lacrime delle separazioni. Non sono quelle dei ragazzini innamoratisi  durante l'estate che grazie a qualche genitore intelligente si reincontrano durante le vacanze. No.
Discrete inondano gli angoli degli occhi di chi resta, attristano il cuore di chi parte. Vengono da chi ha separato la propria famiglia nella speranza di una vita migliore. Vestiti dimessi, tristi, aria povera e a volte cupamente oppressa, come ottusa dalla durezza di un'esistenza che non conosce riposo alla stanchezza, alla lacerazione. Per tutti costoro, un viaggio verso i propri cari non è qualcosa che si possa affrontare perché ti va, nel momento in cui se ne ha bisogno. E' una spesa da gestire con oculatezza, ci creda chi vuole ai low cost.
Vengono dagli occhi dei nipotini ormai cresciuti che vedono ripartire le nonne amate verso i paesi d'Oriente e del Sud. Donne sformate come le nostre mezzo secolo fa, dall'aria quieta e salda. Lasciano qui i figli partiti lontano ormai da tanto tempo.
Vengono dagli occhi delle immigrate dell'Est, non le fotomodelle, ma quelle bionde, robuste e forti come cavalli da tiro. Con un bambino per mano e un marito vicino salutano una madre dalla messa in piega tutta ricci come nelle foto delle nostre nonne d'altri tempi, mentre si avvia apparentemente tranquilla oltre il muro di vetro, verso l'ispezione della polizia.
Vengono da chi ritrova per troppo poco tempo genitori che erano ancora nella forza dell'età matura quando hanno lasciato il proprio paese. Ora li rivedono improvvisamente invecchiati e indeboliti senza capire né come né quando sia successo. La loro debolezza colpisce al cuore, impotenti e smarriti, insieme alla tristezza della lontananza, mentre il passato con la sua forza dell'età è sempre più lontano. Vengono da chi cresce lontano dagli affetti dei nonni, così unici, così essenziali, così pieni di dedizione come mai nessun altro nella vita.
Le nonne, le mamme, non piangono. Chissà, forse assaporano quella distrazione alla vita abitudinaria di casa. Chissà, forse stringono da troppo tempo nel cuore l'angoscia per i loro piccoli che la casa l'hanno lasciata, con rabbia, con disperazione, con coraggio, con incoscienza, per tentare di vincere la miseria. Chissà, forse vogliono sempre e semplicemente la loro serenità, e chiudono nel cuore il proprio dolore per non attristare la vita che ha saputo costruirsi chi da loro è nato. Chissà, forse hanno nel cuore la forza imperturbabile di quelle persone semplici, per le quali la vita era sempre e comunque solo lavoro e fatica, come se questa fosse una legge di natura. 
Gli agenti sono cortesi. Salutano, augurano buon viaggio.
Le vite come il pianto continuano a scorrere, lontani, sempre più lontani. 

13 commenti:

  1. Che ritratto veritiero e sentito... mi è piaciuto molto

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  2. che belle riflessioni, la cosa che mi angustia è vedere invecchiare i propri genitori e non potere stargli vicini quasi come a proteggerli, le vacanze sono un occasione per reincontrare tutti e sentirsi meno distanti

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    1. Ti capisco, perché lascia smarriti vedere invecchiare le persone amate. Vorresti proteggerli e comunque non è possibile neppure da vicino. Forse vorresti anche proteggere te stesso dall'abbandono che prima o poi, inevitabilmente, arriverà.

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  3. Il dolore di chi resta. Il dolore di chi parte.
    Ed il tempo che non medica...
    Buon Anno Amica mia, anche tu lontana...
    Nora

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    1. In effetti il tempo non medica. Ottunde. Poi svanisce e non c'è più nulla. A volte.
      Comunque, io tornerò per forza, manca così poco, ahimé... :-/

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  4. Amaramente vero...un ritrattoa che si potrebbe cmq applicare non solo a chi viaggia, a chi parte, ma alle nostre vite..siamo tutti, molto spesso, umili, dimessi, come i vestiti..e stanchi.-)

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    1. Tutti no, Cinzia, tutti no, e chi non lo è in genere lo può essere perché altri invece non possono.
      Ma capisco bene cosa intendi.
      Ciao.

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  5. Le mamme non piangono mai. Credo lo facciano solo quando nessuno le vede.
    Un bacio, Pellegrina.

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  6. Io viaggio molto, anche nelle stazioni ma soprattutto negli aeroporti. Però per una strana deformazione professionale, riesco a vedere solo chi parte per piacere e per avventura. Chi viaggia per lavoro mi appare trasparente, chi viaggia per sacrificio viene setacciato dalla mia percezione in maniera automatica, per non accusare dolore in un momento che per me è generalmente di grande felicità. Ma il tuo dipinto è fedele, sincero e le lacrime sono contagiose come le risate. Ecco perché cerco di non vederle.
    Ti abbraccio caramente, Pat

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    1. Cara Pat, mi piace il tuo voler vedere innanzitutto chi parte per gioia. Anche per me il viaggio, finché ho potuto permettermelo, è stato forse il più bello degli svaghi e delle passioni. Il fenomeno di cui parlo è recente, dopotutto, nasce dopo il crollo del muro di Berlino, inquietante conseguenza, e con i successivi sommovimenti... inoltre quello era un giorno particolare, non sempre si manifesta, credo, con tanta evidenza e intensità. Ma è interessante, un tipo di mobilità che andrebbe studiato.
      Come il pendolarismo interno. Sono stata pendolare nord-sud per nove mesi e ho visto quanto siano diffusi gli addii della domenica: ai treni per Milano, soprattutto, coppie giovani ma non adolescenti che si abbracciano fino all'ultimo minuto per serbare il calore dell'amore fino alla fine della settimana. E quante rotture nascono, anche, così...

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    2. Ovviamente ciò non fa che replicare il fenomeno dell'emigrazione che abbiamo vissuto da metà Ottocento a metà Novecento, e che politiche economiche e condizioni sociali scellerate stanno riportando all'ordine del giorno.

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