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per gli scribi

Toulouse en érasmienne

mercoledì 11 marzo 2020

37, 2 le matin

All'ennesimo piccolo grande sopruso inflitto con motivi pretestuosi di ottemperanza alle regole nella situazione che descrivevo un paio di biglietti fa, ho sentito qualcosa in me cedere di colpo. Erano tre giorni che cercavo di resistere ai brividi che mi coglievano sempre più spesso. Brividi di tristezza, brividi di malanno. Lì ho avvertito il mio corpo schiantarsi, desiderare di fuggire.

Ho cercato di non farci caso, dovevo resistere. Quel fine settimana mi aspettava Parigi. Non ancora certa di poter partire avevo bisogno di trovarmi un possibile tetto sopra la testa se il fosse giunto il sì. E la mia casa di un tempo non esisteva più. Dovevo lottare per difendere il diritto di partire quel fine settimana, in qualche modo. Non volevo dirmi che quei brividi non erano la stessa cosa degli sternuti e del bruciore agli occhi da polline che complice il vento primaverile ad agitare platani e cipressi mi avevano sconquassata tutta la settimana precedente.
Ma avevo sentito che le forze cedevano. Non trovando appoggi esterni, questa volta ero colpita dalla mia propria debolezza.

Ci sono momenti in cui la lotta sembra semplicemente impossibile: tutto cede.
Era giovedì.

Venerdì mattina mi sveglio con brividi, tosse, catarro, mal di gola, febbre: be', quella roba si chiama influenza. Mi trascino dal medico, perché siccome noi dipendenti pubblici siamo ipso facto delinquenti, un certificato medico te lo fanno solo de visu. Anche se poi stai peggio, il medico ti deve vedere e raccomandarti: "Riguardati. Non uscire." il che è logico e efficiente, si capisce. Soprattutto non costa ai malati e scova i furbi.

Ma questa volta, il medico mi caccia via. Non mi parla proprio. Nello studio non metto piede: pare che persino i dipendenti pubblici vengano creduti sulla parola, adesso.

Ascoltati i sintomi e chiestomi che lavoro faccio, ne conclude che sono a rischio. Ma attenzione: rischio non vuol dire analisi, prevista solo per chi ha avuto contatti con un caso accertato. Dobbiamo risparmiare! Vuol dire isolamento. Stare a casa, aereosol, e tachipirina. Non avere contatti con nessuno.
Mi consiglia se mai di chiamare il ministero. Ovviamente è impossibile riuscirci.
Spero di non dover mai sapere se ho contratto il benedetto COVID-19 perché, per saperlo, dovrei essere praticamente in fin di vita.
Ma come? e le statistiche?
Eh, le statistiche. Mica possiamo pretendere di pagare tutti quei test.

Quanto a me, era inverosimile rientrare a casa e sentire pur in queste condizioni che il mio tempo non era più sottomesso alle angherie meschine di altri ma paradossalmente mi apparteneva. Non dovevo render conto a nessuno, potevo gestire me stessa. Solo perché ero malata, però, e forse in grado di trasmettere una polmonite particolarmente bastarda: altri diritti mi erano negati.
La perversione di una simile riflessione rimarcava crudelmente quella del mio luogo di lavoro. Non ne era che il riflesso.
Come la scomparsa improvvisa e totale di quella voglia di dolci che aveva spazzato via la mia forma fisica negli ultimi due mesi.

E così da venerdì aspetto.
Scruto il termometro, apro fialette, consumo fazzoletti.
Fino a ieri, tutto andava per il meglio.

Certo la notte svegliarsi tossendo non era rassicurante, ma dopotutto ci sono abituata alle malattie da raffreddamento. Per questo invio le più cordiali maledizioni a tutti coloro che con il corrivo pretesto del "Tanto gira di tutto", preferiscono contribuire a mettere nei guai gli altri con i propri microbi che fare i conti con la prevenzione dei contagi, la protezione altrui e soprattutto le proprie fantasie di onnipotenza. Per poi magari farsi apostoli di qualche buona causa di loro gusto, figuriamoci.
 
Stamattina mi sveglio diversa. Per tutto il giorno mi sento un po' peggio. Questa sera inizio l'antibiotico.

1 commento:

  1. ciao cara, ti penso sai? spero tu riesca a guarire presto. Non so che altro dire, io sono angosciata e preoccupata, a tratti mi dimentico, faccio le cose di tutti i giorni,oltre a pulire e disinfettare come una forsennata.. oggi ho persino fotografato degli stupidi muffins per il blog e poi mi sono messa a piangere e ho pensato "che senso ha?". Però so anche che non bisogna farsi sopraffare dalla tristezza, cadere in depressione sarebbe negativo anche per il benessere fisico, abbassa le difese immunitarie e allora fingiamo che vada tutto bene, pensiamo positivo per quanto possibile e non aggiungo altro..amen..

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