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Toulouse en érasmienne

domenica 9 ottobre 2022

Il compleanno

E sono ottantacinque. La mamma compie gli anni l’8 ottobre.       

Se non fosse che c’era un esame prenotato all’ospedale per mezzogiorno, avrei voluto organizzare una gita , per passare qualche ora fuori da questa città sempre irrimediabilmente sporca e fatiscente, malgrado le vanterie di quello bravo, quello nuovo, il sindaco ex-ministro arrivato da Bruxelles.

Tempo opprimente e appuntamento in un ospedale relativamente scomodo, non se ne parla. Però si passa la giornata insieme, cercando di capire cosa possa farle piacere fare. Attraverso Roma per arrivare fin lassù a piedi, per scoprire che suo marito ha sbagliato data di appena un mese. Pazienza, capita. 

Suo marito è desolato, disperato,: «Non sono più buono a niente! » dice quasi piangendo. Lei, che nella sua confusione mentale ha serbato però i gesti di protezione, lo guarda, lo accarezza, lo consola. Io sono lì davanti, commossa.

«Ti va di fare una passeggiata in centro o andiamo a cucinare il pollo? » La mamma per pranzo ha ordinato pollo arrosto, patate e uva e così sia. Stamattina ho fatto di corsa la spesa, trovando addirittura la sua amata uva fragola e preparato per la cottura. Una volta amava passeggiare per il centro di Roma, ma oggi è diventata come un bambino di dieci anni che di casa non uscirebbe mai, tanto più con un tempo pesante e uggioso. «Quale strada prendiamo? » «Quella in cui si cammina meno! » dice, come se fosse una vecchia cadente. Malgrado la sua età cammina tranquillamente per chilometri, perché la sua salute fisica è ahimé ottima e in vita sua non ha mai avuto l’automobile, perciò ha oltre mezzo secolo di allenamento. D’altra parte ognuno ha il diritto di passare il compleanno come meglio crede. L’autobus che dobbiamo prendere si fa come sempre aspettare e io sono dolorante, spiego alla mamma che stare ferma mi fa male: «Camminiamo, camminiamo su e giù davanti alla fermata! » 

Si torna a casa, che come sempre è un campo di battaglia che come sempre non ho tempo e energia di sistemare, soprattutto perché è molto piccola e mal disposta. Il suo vantaggio è di essere vicina all’ufficio e in stile umbertino, non quegli orrori di cemento del secondo novecento.

Un’ala di pollo, la sua porzione favorita da sempre, e poche patate! Poi però va a piluccarsele nella teglia che ho lasciato sul tavolo (-:

Le chiedo della nonna, non ho mai saputo quasi nulla dei loro rapporti. Di come le ha raccontato la sua nascita. Ma si ricorda poco e si confonde.

Da tempo il suo guardaroba è un po’ sguarnito, rifornito solo di quei brutti capi sintetici che si trovano al mercato, così irrimediabilmente tristi e stazzonati. Quest’estate ha sofferto tanto per il caldo. Ho scovato, nell’usato, un vestito che dovrebbe piacerle: materia un cotone fresco di grande qualità, colore neutro che lei ha sempre amato, taglio austero a parte due manichine a sbuffo - non porta più volentieri vestiti senza maniche - cosa rara in un periodo in cui le maniche corte sono diventate introvabili, a parte quelle brutte magliette unisex che cancellano la femminilità di chiunque. Anche a poter spendere, nei negozi riconvertiti al poliestere estate e inverno, oggi è difficile trovare capi così.

Le piace infatti molto, mentre da tempo rifiuta di provare qualcosa in negozio o anche solo di cambiarsi di abito. Riesco a farglielo indossare, sembra un figurino e se lo tiene indosso. Le do’ un paio di calze. Mando una foto a suo marito.

Ripartiamo verso la metropolitana che ci porta a casa sua. Passiamo davanti a un gelataio discreto molto apprezzato nel mio quartiere. « Ti va un gelato? » - una delle sue passioni. « No. » Nella regressione è infatti alla fase del « no »: qualsiasi cosa le si proponga sembra divertirsi a dire di no. Sfiliamo davanti al bancone: « Sicura? » « Tu lo prendi? » « Sì » « Allora lo mangio anch’io » fa, con gli occhi brillanti. Questa volta ci riesce meglio dell’ultima, ma devo comunque rispiegarle come si fa. « Era proprio buono! », dice felice. 

Riesco a farla camminare un po’ attraverso giardini e monumenti verso la fermata, a un certo momento risuona un bel concerto di jazz tradizionale, grazie al cielo senza ombra di rock. Lei è molto contenta del suo vestito nuovo, il tempo è migliorato e si sente indubbiamente meglio. 

Poi inizia il dramma della mascherina. Alla sua età e con un marito fragile se la deve proprio mettere. Ma lei non vuole, come si ribella a qualsiasi cosa abbia attinenza con la malattia. Per cui, mentre facciamo la fila per comprare il mio biglietto in una calca inverosimile - si’, perché il sindaco quello bravo, quello nuovo, quello ex-ministro arrivato da Bruxelles ecc., quello che qualsiasi cosa accada conosce una risposta sola: transennare e piantar li’,  non ha pensato a far funzionare le quattro macchinette quattro che sono ovviamente sufficienti per la stazione forse più turistica della città e i quattro diconsi quattro tornelli della stessa, due bastano e avanzano, non vi pare? - prima ne butta via una, poi accetta di mettersela ma poi appena entrate se la strappa via. 

Rifiuta in malo modo qualsiasi argomento da parte mia compreso quello che riguarda la salute di suo marito: «Non ce l’ha nessuno! » il che non è vero. Le persone più anziane e molte donne straniere, presumibilmente badanti, e anche qualcuno più giovane, ce l’hanno quasi sempre.

Per fortuna sbuffando accetta di rimettersela quando saliamo. Poi mi fa una carezza sul braccio. Suo marito ci aspetta alla fermata e fa grandi feste al suo vestito nuovo. Lei non parla quasi. Le chiede qualcosa e lei risponde a voce alta ma guardando verso di me: « Ti odio! » « Finalmente so cosa pensi di me » fa lui sorridendo. Spiego che ce l’ha con me perché la costringo a mettere la maschera. 

Li saluto per tornare a casa, ma sono invasa da un abbattimento triste. Lei lo legge nei miei occhi, viene verso di me e mi dà un bacio, un po’ freddo. Giro le spalle e torno via.

Ora, lo so che è malata, che ha paura di esserlo, che sa solo a metà quanto sia grave, che la attende un destino orribile e che tutto questo si somma alla capricciosità degli anziani unita alla sua innata caparbietà, pari a quelle di sua madre e di sua nonna. Lo so che non mi odia e non odia suo marito, ma ecco, finire la giornata su questo bémol mi pesa.

Ritorno nella metropolitana ormai per fortuna vuota, dondolo fino alla stessa stazione, oggi avrò camminato quasi undici chilometri e le mie ossa ringrazieranno,  il concerto è finito, ma appena esco da sotterra vedo la più bella luna rotonda con tanto di pianeta rilucente che si possa immaginare tra alberi e monumenti e, come sempre, m’incanta.

Dentro lo stomaco però rimane qualcosa. Doccia ben calda, letto, internet, libro, frutta secca e mezzo bicchiere di vino rosso, poi dormo.

La capacità di reagire c’è, ma offuscata dalla fatica pervadente per il peso sempre più enorme della situazione professionale (avremmo dovuto avere un aumento entro quest’anno, lo aspettavo per poi trasferirmi ma pare non se ne farà nulla perché hanno già assunto un’infinità di persone, probabile prebenda elettorale trasversale che non gli servi’ e ben gli sta) economica (ho provato a informarmi per un mutuo per una casa più grande e dove entri il sole, insostenibile sia dove l’avrei voluta sia dove sono attualmente) e familiare.

La cosa micidiale è la mancanza di prospettive di un cambiamento a breve e soprattutto medio e lungo termine. La cosa che evolverà senza dubbio è la sua lunga agonia e forse dopo la sua morte potrò comprare un’altra casa, a patto di restare senza risparmi - e ovviamente con la pensione contributiva dell’amato Dini, devastata da quindici anni di contributi non cumulabili da cococo del sempre amato Prodi. Il resto, nella sostanza immobile. Può essere una prospettiva che tiene in vita perché c’è rimasta la luna?

Oggi mi sveglio tranquilla, ma sono poco a poco invasa dalla tristezza.


2 commenti:

  1. Arrivo tardi, visti i giorni pesantissimi . Auguri alla tua mamma e a te che sei un po’ la sua mamma. La sua gracilità richiede protezione, ma è tanto impegnativa. Forza anche a te!

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    1. Grazie.
      Ho letto che la tua mamma è stata male, quindi auguri anche a lei e a te.
      L’inversione dei ruoli per me è psicologicamente faticosissima senz’altro la parte più faticosa. Mi sconvolge. Pellegrina

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